Seguimi! ....Una strada da abitare, un cammino da compiere

News del 26/06/2010 Torna all'elenco delle news

C'è un luogo che caratterizza ed ambienta il vangelo di questa XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C )... a dire la verità non solo il vangelo di oggi, ma anche tutta la vita di Gesù è segnata da questo luogo: la strada.
Mentre andavano per la strada scrive Luca. C'è una strada da abitare per il cristiano, e se c'è una strada da abitare c'è anche un cammino da compiere. Scrive don Angelo Casati: Questa è la figura più appropriata della fede, perché la fede è un cammino, la fede è stare sulla strada, dietro a Gesù.
Mi colpisce molto il fatto che l'evangelista Luca, che ascoltiamo quest'anno ogni domenica, abbia addirittura strutturato il suo vangelo dandogli la forma di un viaggio.
E' il viaggio della vita di Gesù che parte da Betlemme e si compie a Gerusalemme. Un viaggio difficile, ma bello... bello perché è un cammino vissuto sempre in compagnia, mai da solo ma sempre dentro a degli incontri, infatti ha sempre intorno a sé grandi compagni di viaggio.
Ecco allora un primo dato importante sul camminare: il viaggio della vita non lo si compie mai in solitudine, ma sempre accompagnati dalla presenza amicale di chi desidera condividere con noi la medesima esperienza ed avventura.
Il viaggio della vita è per conoscere se stessi ed il progetto che è scritto entro ad ognuno di noi; per fare questo è necessario imparare a fare passi decisi, proprio come Gesù che, come ci ricorda il vangelo, si dirige decisamente verso Gerusalemme. Il testo greco sottolinea la risolutezza di Gesù (Egli rese dura la sua faccia per andare a Gerusalemme). E' un modo forte per dire che la decisione che è stata presa nel cuore è quella di perseguire fino in fondo nel cammino intrapreso... indica la concentrazione di chi si prepara a resistere alle difficoltà, alle opposizioni e alle violenze che la propria missione può riservargli.

Un primo passo deciso che ci è chiesto dal vangelo è quello di abitare fino in fondo la strada, a costo di trovarci anche cose sgradevoli, perché i discepoli ci dicono che sulla strada ci sono a volte le nostre intolleranze, le nostre intransigenze, si minaccia fuoco e fiamme e ci si sente autorizzati ad invocare dall'alto un fuoco che consumi coloro che non accolgono Cristo. Quanta intransigenza tra noi cristiani, quanta intolleranza, quanti aut-aut... d'altronde anche loro, anche i discepoli tanto abituati alla strada non erano; chi pescava, chi era fermo al banco delle imposte, chi era fermo sotto il fico, chi tramava contro i romani. E' necessario convertirsi alla strada perché possiamo comprenderla come una realtà complessa e contraddittoria accettandola per quello che è e non semplificandola secondo i nostri schemi, secondo i nostri o dentro o fuori. Possiamo incontrare il rifiuto lungo la strada, ma non è con la violenza che si cambiano le cose: basta leggere il vangelo per capire che Gesù non ha nulla da spartire con coloro che invocano il fuoco, un fuoco che consumi, lui che è venuto perché nessuno, proprio nessuno vada perduto. E' ben altro il fuoco che lui vuole che si accenda.

Un secondo passo deciso, che è quello di Gesù sulla strada, con i discepoli ma non solo, ci dice proprio questo: la relazione è il libro nel quale andare a scoprire chi siamo, è lo spazio dove scopriamo la nostra verità: lì scopriamo ciò che ci piace, scopriamo le nostre emozioni, scopriamo le nostre intuizioni, scopriamo la nostra diversità, la nostra originalità, i nostri desideri. Torniamo, come chiesa, ad abitare la strada... torniamo ad essere quelli della via e non quelli della dottrina... torniamo ad essere quelli che aiutano uomini e donne a mettersi in cammino dietro a Gesù e non quelli che tengono fratelli e sorelle dietro i banchi per "ammaestrarli". Facciamolo, indurendo il volto e seguendo i passi di Gesù. 

Testo di don Maurizio Prandi
 

Lascia che i morti seppelliscano i loro morti

Il Vangelo ci presenta Gesù che si dirige "decisamente verso Gerusalemme" (letteralmente, "indurì il suo volto verso Gerusalemme"). E' una decisione ferma ed irremovibile nonostante che Gesù sapesse quel che lo attendeva. Del resto già i profeti avevano detto: "E' necessario che io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori da Gerusalemme" (Lc 13, 33).
Gesù, da questo momento, inizia il suo pellegrinaggio verso Gerusalemme. E' un viaggio emblematico: tutti, infatti, siamo pellegrini verso Gerusalemme, la città della pace.
Il Vangelo parla della Gerusalemme terrena (e quanto sarebbe importante che i responsabili politici si incamminassero "decisamente" verso questo traguardo! Se ogni città ha diritto alla pace; quanto più Gerusalemme che l'ha scritta nel suo stesso nome!). In verità, il traguardo è verso la Gerusalemme del cielo, verso la pienezza del regno di Dio. In questo viaggio di Gesù, noi saremo portati con lui.
Il Vangelo che ci verrà annunciato di domenica in domenica, possiamo paragonarlo al mantello che il profeta Elia gettò sulle spalle di Eliseo, come ascoltiamo dalla prima lettura della liturgia. Elia incontra Eliseo, mentre sta arando alla guida di dodici paia di buoi; passandogli accanto, il profeta gli getta sulle spalle il suo mantello. Eliseo, nota la Scrittura, "lasciò i buoi e corse dietro a Elia". Non voleva perdere il legame con il profeta. Ma Elia scomparve, e gli rimase il mantello. Ogni domenica il Vangelo sarà per noi come questo mantello, gettatoci sulle spalle, perché possiamo correre dietro a Gesù. E non sarà un giogo pesante che schiaccia. Al contrario, ci è dato per la nostra libertà. L'apostolo Paolo, nella Lettera ai Galati lo scrive: "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Voi, infatti, siete stati chiamati a libertà".
E la libertà è, appunto, seguire Gesù in questo viaggio. I due episodi ricordati nel Vangelo lo esplicitano bene. Il primo è ambientato in un villaggio di samaritani, la comunità ostile agli ebrei. Quando due discepoli vanno a chiedere a quegli abitanti di ospitare Gesù, si trovano davanti a un netto rifiuto. La reazione è altrettanto implacabile: "Signore vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? Ma Gesù si rivoltò e li rimproverò". Anche noi probabilmente avremmo reagito come quei discepoli. Gesù, non è d'accordo.
Il Vangelo è estraneo al modo di reagire del mondo; e lo sarà sempre. Guai se dovessimo applicare la nota legge: "occhio per occhio e dente per dente". Saremmo tutti ciechi e sdentati. Seguire il Vangelo vuol dire accogliere Gesù e il suo spirito nella nostra vita, metterci dietro di lui senza riserve. La parola "seguimi" fa da raccordo tra i vari quadretti evangelici. Analogamente dovrebbe legare i nostri giorni al Signore. Seguire Gesù comporta non pochi tagli e distacchi. Ci viene spiegato attraverso i paradossi del funerale del padre e del saluto alla famiglia, vietati al discepolo. Gesù non vuole impedire atti di pietà e di umanità. Vuole affermare con chiarezza il primato assoluto del Vangelo sulla nostra vita. E non è una pretesa del più forte. Egli sa bene che non c'è libertà al di fuori di lui: o liberi con lui, o schiavi dei tanti padroni di questo mondo. Non c'è alternativa. Gesù ci vuole liberi. Di qui la ragione ultima della affermazione finale: "Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno dei cieli". 

Testo di mons. Vincenzo Paglia
 


Nesso tra le letture

"Chiamata e risposta": due parole che riassumono il contenuto sostanziale delle letture della presente domenica. Gesù, nel suo camminare verso Gerusalemme, chiama alcuni a seguirlo e a dargli una risposta radicale (vangelo). In questo, Gesù supera le esigenze della chiamata e della sequela nell'Antico Testamento, particolarmente nella vocazione di Eliseo (prima lettura). I galati - e tutti i cristiani in generale - sono stati chiamati alla libertà dello spirito, di conseguenza debbono rispondere con il loro comportamento alla nuova condizione di uomini liberi, evitando di cadere un'altra volta nella schiavitù (seconda lettura).

I passaggi biblici di questa domenica ci presentano alcune caratteristiche fondamentali della risposta alla chiamata che Cristo fa agli uomini. Caratteristiche esigenti, per nulla convenzionali.

Con Gesù verso il Golgota. Con il passaggio evangelico, Luca comincia la grande marcia di Gesù dal luogo del trionfo e del successo (Galilea) verso il luogo della morte e della sconfitta incomprensibile (il Golgota a Gerusalemme). Gesù inizia questo cammino "con ferma decisione". Egli cammina innanzi, per primo, portabandiera dei disegni del Padre, "per compiere i giorni della sua assunzione", cioè, i giorni del suo martirio fuori delle mura di Gerusalemme, e della sua esaltazione gloriosa mediante la resurrezione. I discepoli hanno detto sì alla chiamata e adesso seguono i suoi passi, senza comprendere molto bene dove vanno. Gesù, in questa lunga marcia verso Gerusalemme, li andrà istruendo, e a poco a poco essi coglieranno che il cammino termina su una croce. Gesù parla chiaro, ma la cecità dei discepoli non è facile da vincere. Avranno bisogno della luce della Pasqua.

Come Gesù, passare facendo il bene. I figli del tuono vogliono gettare fuoco e scintille sul popolo che rifiuta di dare loro ospitalità. Sicuramente avevano ascoltato nella sinagoga che Elia aveva fatto cadere fuoco dal cielo (1Re 18,38) ed essi non volevano essere da meno di quel grande profeta. Elia, però, fece scendere il fuoco di Dio non su una città e i suoi abitanti, ma sul sacrificio, sul monte Carmelo. Giacomo e Giovanni, come buoni discepoli di Giovanni il Battista, vanno oltre, perché essi hanno sentito dire il loro antico maestro che "il Messia brucerà la paglia con fuoco che non si spegne" (Lc 3,17). Luca ci dice che Gesù "li riprese con durezza". Ma, non si sono resi forse conto che Gesù non è venuto per fare il male, ma soltanto il bene? Non comprendono che Gesù cammina verso Gerusalemme per vincere il male col bene sul Calvario?

Tre atteggiamenti per seguire Gesù. Possiamo formularli così: Dono completo di sé, decisione assoluta, disinteressata generosità. Si deve essere disposti a lasciare il passato, a non guardarsi indietro, ma a tendere gli occhi in avanti, verso la terra che si deve lavorare e che un giorno darà il suo frutto. Nella sequela di Gesù Cristo non si ammettono condizioni, se queste implicano il subordinare la chiamata al proprio volere. Si richiede radicalità, perché il Regno di Dio incalza, e non può attendere: Eliseo poté porre condizioni ad Elia (andare a prendere congedo dai suoi genitori), ma il cristiano, se così richiede il Regno, deve liberarsi da questa preoccupazione per un bene urgente e superiore. Infine, al discepolo Gesù chiede di porre esclusivamente in Lui la sua sicurezza, rinunciando a ogni tipo di sicurezze materiali e umane. Gesù non ha nulla, soltanto suo Padre. Il discepolo dovrà essere disposto a non aver nulla, soltanto una via e un viandante che lo sta portando verso la croce.

Seguire Cristo con libertà. Prima del battesimo, il cristiano era schiavo di se stesso e del Maligno. Cristo lo ha liberato, ma non per gettarlo un'altra volta in una nuova schiavitù, ma perché viva sempre in chiave di libertà, sotto la guida dello Spirito Santo. Per un cristiano non circonciso, ci insegna Paolo, il circoncidersi è perdere la libertà dello Spirito e cadere nella schiavitù della legge. D'altra parte, un cristiano, proveniente dal paganesimo, perde la libertà se torna a vivere come prima, seguendo i desideri della carne, cioè l'idolatria, la fornicazione, la discordia, l'ubriachezza e, in genere, qualsiasi forma di libertinaggio. Il cristiano, liberato da Cristo, deve accettare e vivere il rischio e la sfida della libertà.

 

Un cammino e molti sentieri. Cristo è l'unico cammino, un cammino sul quale si stende, potente, l'ombra della croce. Questo è l'unico cammino della sequela, della missione, della pienezza cristiana. Sono, tuttavia, molti i sentieri che conducono a questo cammino. Sono molti i modi e i tempi con cui Cristo chiama gli uomini a camminare con lui, vicino a lui. C'è il sentiero della fedeltà coniugale e quello della consacrazione radicale, c'è il sentiero della sofferenza e quello della donazione amorosa di se stessi nel servizio ai bisognosi, c'è il sentiero della vita pubblica e quello della vita nascosta nelle occupazioni quotidiane della famiglia, c'è il sentiero dello spettacolo per il riposo dell'uomo, e della suola per la sua istruzione. C'è il sentiero di...Tutti i sentieri possono, debbono incontrarsi nel medesimo ed unico cammino: Gesù Cristo, maestro degli uomini, redentore del mondo. Nel collegare il nostro sentiero con il cammino di Cristo, percepiremo che non giungiamo nudi al cammino, ma che portiamo con noi la nostra croce e il nostro calvario. E ci convinceremo forse che la croce di Cristo è fatta di milioni di croci, e il Calvario che sostiene la croce è un promontorio formato da molti calvari. È il momento di domandarci se il sentiero della nostra vita è collegato al cammino di Cristo. È il momento di supplicare il Signore che i nostri sentieri confluiscano sempre nel cammino di Cristo maestro e redentore.

Camminare senza comprendere del tutto. Nelle cose dello spirito non tutto è chiaro, né tutto evidente. Ma non si può restare paralizzati, si deve camminare, sebbene non si comprenda tutto né del tutto. Camminare guardando una stella che si è vista un giorno, e che adesso forse è coperta da una densa nube. Camminare, come Gesù, con passo fermo, senza paura, sebbene l'intelligenza voglia che il passo si arresti e perfino che retroceda davanti alla nebbia del cammino. Camminare nel chiaroscuro della fede, guardando sempre avanti, verso Gerusalemme, la meta della nostra esistenza. Camminare, camminare, camminare... Non ci succede a volte che la nostra intelligenza ci freni nel cammino della vita spirituale, del lavoro apostolico? Cammina illuminato dal cuore, perché il cuore ha le sue ragioni che la ragione non comprende. E l'amore difficilmente si sbaglia. 

Testo di Totustuus

Liturgia di domenica 27 giugno 2010: XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Liturgia della Parola di domenica 27 giugno 2010: XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
 
tratti da www.lachiesa.it