Ma voi chi dite che io sia?

News del 19/06/2010 Torna all'elenco delle news

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) 20 giugno 2010

"Chi dice la gente che io sia?". E' la domanda che Gesù rivolge ai suoi discepoli a Cesarea di Filippo. L'evangelista non riporta il luogo ma precisa il momento in cui Gesù rivolge queste parole ai discepoli, ossia "mentre egli stava a pregare in un luogo solitario e i discepoli erano con lui". Non si tratta di una sorta di sondaggio; anche se i Vangeli fanno emergere le diversità delle opinioni verso questo singolare profeta di Nazareth.
Luca pone in bocca ai discepoli alcune delle opinioni più comuni: "Per alcuni Giovanni Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto". Ad ognuna di queste attribuzioni corrispondeva un grado più o meno elevato di popolarità o comunque di adesione.
Tuttavia, a Gesù non sembra interessare più di tanto il parere della gente; quel che davvero gli sta a cuore è cosa pensino di lui i discepoli. E il perché si comprende dal seguito del racconto evangelico. Gesù sta per intraprendere un cammino davvero difficile verso Gerusalemme. Egli ha ormai chiaro lo scontro che ci sarà tra la sua predicazione e le autorità religiose (gli anziani e i principi dei sacerdoti) e spirituali (gli scribi) che dominano Israele.
E certamente gli tornano in mente i numerosi brani dell'Antico Testamento ove si parla del servo sofferente o del giusto "trafitto", come scrive il profeta Zaccaria. Ma se per lui è chiaro quel che gli accadrà, non lo è affatto per i discepoli.
Per questo, Gesù, senza commentare le opinioni della gente, chiede immediatamente ai discepoli: "Ma voi chi dite che io sia?". E' la domanda centrale del brano evangelico. Essa chiede certamente chiarezza di idee, ma soprattutto adesione del cuore. E Pietro, a nome di tutti, risponde: "Il Cristo di Dio". E' una risposta che se non è del tutto chiara nella mente di Pietro, certamente è piena e limpida sul piano della sua fede. E' ormai chiaro che Gesù per i discepoli non è solo un maestro di dottrine, è l'amico, è il confidente, è la loro vita, è il loro salvatore. La conversazione che si instaura tra Gesù ed i discepoli è un dialogo familiare e confidente. Gesù apre il suo cuore e confida ai suoi più intimi quello che gli accadrà a Gerusalemme. Del resto è venuto sulla terra per compiere la volontà del Padre, qualunque cosa comporti.
L'annuncio "confidenziale" della sua passione, morte e risurrezione, certamente sorprende il piccolo gruppo di discepoli. Ma Gesù sa bene che questa è l'essenza del suo Vangelo e non può rinunciarvi. Anzi, chiunque vuole seguirlo deve accoglierla. Continua perciò, a parlare proponendo alcune indicazioni sulla sequela. La prima e fondamentale condizione, comunque, è una adesione piena e totale a lui. Gesù vuole che i discepoli siano tali non solo esteriormente ma con il cuore; non a metà, ma interamente. E proprio all'inizio del suo viaggio verso Gerusalemme - siamo ancora in Galilea - dice a coloro che lo ascoltano: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua".
 Gesù chiede di essere amato sopra ogni cosa; esige di venir prima di ogni affetto e di ogni affare. O, se si vuole, pretende di essere il primo affetto e il primo affare.
Tutto ciò chiede di operare su ciascuno di noi, iniziando appunto dal cuore. Qui è il luogo ove si sceglie a chi affidare la propria vita: se a se stessi, alla propria carriera, a tanti altri idoli, oppure al Signore. E' ovvio che ogni taglio, ogni divisione, richiede sforzo e sacrificio; talvolta, una vera e propria lotta. Essa va combattuta da ogni discepolo. Seguire Gesù significa essere disponibili a percorrere il suo cammino, a prendere su di sé il rifiuto del mondo, l'incomprensione e anche la diffamazione. Ma il termine sarà la risurrezione, la pienezza della vita. Gesù lega il discepolo al suo destino personale. E chiude con una frase davvero strana per noi, ma è la sintesi della sua vita: "Colui che vuol salvare la propria vita, la perderà; chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà". Chi "perde" la vita, ossia chi la spende al seguito di Gesù, l'ha davvero salvata. Non l'ha persa dietro cose vane e illusorie. 

Testo di mons. Vincenzo Paglia


Chi sono io secondo la gente?
 
 
Il più delle volte noi ci conosciamo superficialmente, la nostra conoscenza viene dal nome, dal volto, ma raramente scende in profondità.
Conoscere in profondità una persona è davvero entrare nel santuario della vita, che tante volte sfugge a noi stessi, quando vogliamo sapere chi siamo.
E quante volte, di fronte a scelte o atteggiamenti incomprensibili anche a noi stessi diciamo: `Non mi capisco', che è quanto dire non mi conosco.
Ma una vera amicizia si fonda sulla conoscenza dell'altro: ed è il dono proprio dell'amicizia, che porta poi a confidarsi e così sciogliere reciprocamente i dubbi e, soprattutto, se abbiamo chiara la natura della nostra vita, condividere le scelte del bene e di ciò che è giusto.
Le persone che si amano davvero sanno cosa significa 'conoscersi'. Non hanno bisogno di tante parole... basta uno sguardo e l'occhio diventa specchio dell'anima.
Ma come è difficile 'conoscersi'.
E come è facile e dannoso dare giudizi su persone senza cogliere in profondità il loro vero `volto'. Da una cattiva conoscenza nascono solo giudizi e comportamenti che fanno male. Se succede così tra noi, cosa possiamo dire oggi della nostra conoscenza profonda di Chi davvero chiede di entrare nella nostra vita come amico, conoscendoLo?
E questo è ciò che chiede, oggi come ieri, Gesù.
Ci sono anime innamorate di Lui e dalle loro parole si coglie la profonda comunione e passione che li unisce: ci si vuole bene.
E vi può essere una conoscenza di Gesù che non sia guida alla santità e alla gioia? Così un giorno S. Ambrogio si esprimeva:
"Tutto abbiamo in Cristo. Tutto è Cristo per noi. Se tu vuoi curare le tue ferite, Egli è Medico. Se sei ardente di febbre, Egli è la Fontana. Se sei oppresso dall'iniquità, Egli è Giustizia. Se hai bisogno di aiuto, Egli è Vigore. Se temi la morte, Egli è la Vita. Se desideri il cielo, Egli è la Via. Se rifuggi dalle tenebre, Egli è la Luce. Se cerchi cibo, Egli è Alimento". (De verginitate)
Dovere di ogni credente, per essere tale, deve essere una continua ricerca della conoscenza di Gesù... diversamente come Lo si può amare e seguire?
È davvero urgente e necessario chiederci: 'Ma Chi è Gesù per me? Cosa conta nella mia vita? O meglio, è la guida e il senso della mia vita?
È il Vangelo di oggi che ci provoca ed a cui siamo chiamati a dare una risposta:
"Un giorno Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i suoi discepoli erano con lui e pose loro questa domanda: 'Chi sono io secondo la gente?",
Ed essi risposero: 'Per alcuni Giovanni Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto'.
Allora domandò: 'Ma voi chi dite che io sia?. Pietro, prendendo la parola rispose: Cristo di Dio. Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno.
`Il Figlio dell'uomo - disse - deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno'.
Poi a tutti diceva: 'Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita la perderà e chi perderà la propria vita per me, la salverà". (Lc. 9, 18-24)
Quella di Pietro è una vera professione di fede, di uno che, vivendo accanto al Maestro, ha imparato a conoscerLo e, ispirato dallo Spirito Santo, ne annuncia l'identità.
Una confessione che viene certo dalla esperienza di stare insieme a Gesù, dell'essere stato scelto da Lui e di averne gustato l'amicizia.
"Sì - afferma Paolo VI - tutto è Cristo per noi. Ed è dovere della nostra fede, bisogno della nostra umana coscienza ciò riconoscere, confessare e celebrare....A Lui è legato il nostro destino, a Lui la nostra salvezza".
Ma Gesù non si accontenta di essere riconosciuto per quello che è: se davvero è la via, la verità e la vita, non resta che seguirLo.
Non basta fermarci alla conoscenza. Questa è sempre legata, per sua natura, all'amore, se per conoscenza intendiamo 'entrare nel profondo' della vita di chi si ama o si vuole amare, Direi che conoscere e seguire sono due verbi inseparabili.
Certamente è per questa mancanza di conoscenza profonda di Gesù, che non si trova la gioia, il desiderio di stare con Lui, di interpretare la vita, qualunque sia, nel desiderio di seguire Cristo. Chi questo lo fa non può non conoscere speranza, verità e gioia.
Non a caso il Vangelo collega la 'confessione' dell'identità di Gesù con l'invito a seguirlo. Deve essere la scelta di chi davvero è cristiano.
"Quale scelta? - si chiede Paolo VI - Quella di Cristo. State a sentire. Voi avete già scelto. Voi siete cristiani. Ma quali cristiani siete voi? Essere cristiani non è cosa da poco: vuol dire essere già inseriti nel dramma della salvezza; vuol dire avere già una concezione del mondo e della propria esistenza, della storia passata; vuol dire avere un programma impegnativo di vita, cioè credere, operare, sperare, amare. Ebbene, quali cristiani siete voi? Non conta guardare a come si comportano tanti cristiani. Bisogna che ciascuno badi al proprio comportamento.
Vi è una categoria di cristiani che spesso senza nemmeno pensarci sceglie un comportamento `zero'. Chiamiamo 'zero' quel comportamento che non dà alcun peso, alcuna importanza al fatto di essere cristiani. Cioè: è un comportamento nel quale il carattere cristiano non significa nulla. Nei Paesi di missione questo non avviene: un cristiano è cristiano e sa di dover vivere in una certa maniera, con un certo stile che lo distingue, che lo qualifica.
Da noi avviene e spesso che l'essere cristiano non significa nulla, zero. Anzi spesso un cristiano è una contraddizione vivente, perché egli contraddice con la propria maniera di pensare e di vivere come figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, essere come lampada accesa in cui arde lo Spirito Santo, ossia un uomo che sa come vivere e dove va....
Ci sono poi anche uomini disponibili alle idee altrui, pronti a chinarsi al dominio dell'opinione pubblica, uomini dal rispetto umano, uomini, direi, 'pecora'. Purtroppo è un fenomeno diffuso nella gioventù e si spiega: vuole mostrarsi forte e indipendente, vera, all'ambiente che conosce, la famiglia, la società. ne vede i difetti e cerca di affrancarsi. Si intruppa con chi conduce il gioco e fa la moda, e diventa un 'numero mediocre' senza un proprio valore.
Ma viene il momento in cui bisogna essere 'persone', cioè uomini, donne, che vivono secondo dati principi. Secondo idee-luce.
Uomini, donne che hanno fatto la loro scelta e secondo questa scelta camminano. E questa è la categoria degna delle persone intelligenti e cristiane". (aprile 1971)
Parole dure, ma molto chiare per chi vuole essere coerente con la fede che professa.
E tutti sappiamo, o dovremmo sapere, che vivere una vita cristiana, che è un meraviglioso e necessario 'seguire Cristo', è fare oggi una scelta controcorrente.
Era la scelta che chiedeva con forza il Santo Padre ai giovani, nella Giornata Mondiale della Gioventù a Loreto. Essere gente che non ha paura di apparire 'diversa', ben lontana dal conformismo che toglie ogni bellezza alla persona; capaci di distinguersi per la coerenza e il comportamento da cristiani che viene sì, a volte, deriso, ma in fondo si stima e si finisce per desiderare di imitarli.
Ci sono in ogni città o paese luoghi dove i giovani si radunano in tantissimi.
Spesso regna sovrana la stessa mentalità... di non avere mentalità propria! Si ritrovano per non sentirsi soli, come quei ragazzi che mi dissero: 'Noi ci incontriamo senza conoscerci. Stiamo insieme senza amarci. Ci lasciamo senza rimpiangerci'.
la descrizione di che cosa significhi, spesso, essere nella società di oggi, senza una fede che ci renda persone vive e riconoscibili.
Bella questa preghiera di Newmann, adatta oggi:
"Mio Signore e mio Salvatore, mi sento sicuro tra le tue braccia. Se tu mi custodisci non ho nulla da temere,
ma se mi abbandoni non ho più nulla da sperare.
Non so cosa mi capiterà fino a quando morirò, ma mi affido a Te. Ti prego di darmi ciò che è bene per me
e ti prego di togliermi quanto può porre in pericolo la mía salvezza. Non ti prego di farmi ricco, non ti prego di farmi molto povero, ma mi rimetto a Te interamente
perché Tu sai ciò di cui ho bisogno e che io stesso ignoro. Concedimi di conoscerTi, di credere in Te,
di amarTi, di semini e di vivere per Te e con Te
e di dare buon esempio a quelli che mi stanno intorno
".
 
Testo di mons. Antonio Riboldi  

Foglietto della Messa di domenica 20 giugno 2010

Liturgia della Parola di domenica 20 giugno2010