Simone, a te devo parlare

News del 12/06/2010 Torna all'elenco delle news

Riprendiamo con la undicesima domenica del tempo ordinario, la lettura del Vangelo di Luca. Il brano che oggi leggiamo, Lc.7,36-50, ci porta nel cuore del "lieto annuncio" che l'evangelista Luca più di tutti gli altri ha colto come il messaggio nuovo che Gesù di Nazareth ha da rivelare ad ogni uomo e a tutto il mondo. "Simone, a te devo parlare", "Maestro, dì": con questo dialogo tra Gesù e il fariseo Simone, Luca esprime con evidenza quanto importi a Gesù parlare personalmente, al cuore di Simone ( e oggi al nostro), perché solo un cuore che ne fa l'esperienza può comprendere la novità sconvolgente di Gesù, l'annuncio dell'Amore del Padre che perdona gratuitamente ai figli che si affidano a Lui.
Il centro del brano che oggi leggiamo è proprio questa rivelazione: l'amore che un cuore umano sperimenta e vive, è la manifestazione della forza dell'amore di Dio che per-dona gratuitamente a chi ha il coraggio di aprirsi e di confidare in Lui.
L'amore di Dio non è la ricompensa per chi non ha peccato, ma è il dono gratuito per chi è cosciente della propria povertà: solo chi si lascia amare da Dio, comincia ad amare.
In un contesto nel quale Luca sottolinea tutti i dubbi che i Farisei nutrono nei riguardi di Gesù, uno di loro, Simone, lo invita a pranzo: lo ritengono un "amico dei pubblicani e dei peccatori", "un mangione e un beone". "Simone, uno dei farisei, lo invita a mangiare con lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola": tutto ci orienta a ritenere che Simone, fariseo, voglia entrare in relazione personale con Gesù, voglia verificare di persona chi è Gesù. E Gesù come è suo solito risponde senza esitazione all'invito di Simone. Ma proprio nella casa di Simone, il fariseo puro, avviene il fatto sconcertante, che rompe volutamente ogni regola di purità: entra una donna la cui reputazione e il modo in cui si comporta, permettono di identificarla immediatamente nella sua attività e quindi nel suo peccato. Ella cerca un contatto fisico con Gesù, ardito e molto sensuale: porta un vaso di olio profumato, stando ai piedi di Gesù, comincia a bagnarli di lacrime, ad asciugarli con i suoi capelli, a baciarli e a profumarli con l'olio. Il gesto tradisce l'esperienza della prostituzione a cui è dedita questa donna qualificata come peccatrice. Il suo pianto e il modo con cui si comporta istintivamente, letteralmente gettandosi su Gesù, manifestano due convinzioni che sembrano animarla in questo momento: il rimorso per la sua vita e una grande riconoscenza verso Gesù. La reazione di Simone è comprensibile: come mai Gesù, questo grande profeta, non si accorge di che razza di donna si tratti? Ma Gesù, il grande profeta, ha perfettamente capito non solo chi è questa donna, ma anche i pensieri di coloro che stanno lì attorno: potrebbe fare la morale alla donna e rimproverare gli altri per la durezza del loro cuore. Gesù invece ha una Parola da dire al cuore di Simone, una Parola che fa nuove tutte le persone che l'ascoltano.
"Un creditore aveva due debitori": immediatamente, il fariseo e la donna sono posti dalla stessa parte, due persone che ritenevano di appartenere a due mondi diversi sono dalla stessa parte: entrambi sono debitori pur essendo diverso l'ammontare del debito (ma chi dei due ha il debito più grande?). Il fariseo che si considerava puro scopre di essere lui pure peccatore. E per la donna non è indifferente sapere che anche coloro che accolgono Gesù nella loro casa, sono peccatori.
E la Parola di Gesù diventa sempre più rivelatrice e nuova: "Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due". Gesù ci svela il modo di Dio di guardare e di rapportarsi con gli uomini: Dio guarda con amore alla fragilità degli uomini. Nessuno uomo può porsi di fronte a Dio come "giusto e puro": l'amore di Dio è gratuito, è Lui solo che colma l'abisso della povertà dell'uomo.
La lezione vale soprattutto per Simone, il fariseo: è lui che scopre anzitutto di essere peccatore, perché Gesù gli svela in realtà un senso nuovo del peccato, e scopre che il perdono di Dio non è "un merito" che egli si è conquistato con le sue opere. Il vero peccato è in realtà il senso di autosufficienza del fariseo, è il credere di poter bastare a se stesso perché osserva la legge e il porsi davanti a Dio rivendicando il proprio merito. Il vero peccato è il non sentire il bisogno di essere perdonato gratuitamente, di essere amato di un amore talmente profondo da poter far risorgere la persona umana.
La peccatrice è perfettamente cosciente di tutto questo: per questo non chiede nulla a Gesù, solo esprime l'amore per Lui perché prima si è lasciata amare da Lui.
Per questo Gesù si rivolge a Simone: "Chi dei due lo amerà di più?". Simone non può che ammettere l'evidenza: egli riconosce così la propria situazione (è quello che ama di meno) e la situazione della donna (è quella che ama di più). I ruoli si sono capovolti, ma Gesù ha fatto in modo che gli interessati lo riconoscano. E Gesù si ferma a sottolineare la conclusione di Simone: i gesti di amore della donna sottolineano in modo crudele l'assenza di quelli di Simone. La dimostrazione è evidente: "Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato: ma colui al quale è perdonato poco, ama poco" La peccatrice ha compiuto meravigliosi gesti di amore perché ha lasciato che l'amore gratuito di Dio la raggiungesse nel profondo della propria umanità. Chi crede di essere perfetto e di non aver bisogno del perdono di Dio, chi è chiuso nella propria presunzione ha ben poco da accogliere da Dio e di conseguenza non gustando il suo amore non diventa capace di amare.
E' questa la grande Parola di Gesù, il suo "lieto messaggio": la gratuità dell'Amore del Padre offerta alla fragilità della persona umana, proprio quando si sente tale, fa nuova la vita dell'uomo. Chi non mettendo maschere, liberandosi dalla presunzione ipocrita di autosufficienza si lascia inondare dall'Amore del Padre, entra in rapporto filiale con Lui, lo ama e comincia ad amare i fratelli.
La peccatrice ha creduto, ha gustato, ha iniziato una vita nuova. Lo avrà capito Simone e gli altri ben pensanti che gli stanno attorno? 

Testo di mons. Gianfranco Poma 


A cena dal fariseo

I farisei erano, nell'antico Israele, gli esponenti di un movimento politico-religioso che tra l'altro professava una rigorosa osservanza anche delle più minute pratiche legate alla fede; per questo godevano di generale rispetto e ammirazione, ed essi stessi si consideravano superiori alla gente comune. Fariseo divenne però sinonimo di ipocrita, a seguito dei numerosi rimproveri rivolti da Gesù a quanti di loro guardavano gli altri dall'alto in basso, mentre in privato agivano ben diversamente dalla fede che ostentavano.
L'episodio del vangelo di oggi dà un esempio della loro superbia. Per capirlo occorre ricordare certe usanze della "buona società" di allora. Quando un ricco accoglieva un ospite alla propria mensa, anzitutto chiamava un servo a lavargli i piedi, che i sandali non riparavano dalla polvere della strada; poi lo baciava, e gli versava sul capo qualche goccia di olio profumato. Va ricordato inoltre che il banchetto era pubblico: chiunque poteva entrare ad osservarlo. Un giorno un fariseo di nome Simone invitò l'ormai famoso Gesù, si intuisce non per ammirazione verso di lui ma per "studiare" da vicino quell'uomo da molti considerato un profeta, cioè un inviato da Dio. Durante il banchetto entrò nella sala una nota "peccatrice" (così la chiama l'evangelista), la quale si gettò piangendo ai piedi dell'ospite. Gesù la lasciò fare; poi si rivolse al padrone di casa, del quale aveva letto il pensiero ("Se costui fosse un profeta, saprebbe che genere di donna è questa e non le permetterebbe di toccarlo"), ponendogli una domanda: "Un creditore aveva due debitori, uno di cinquecento e l'altro di cinquanta denari; non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro lo amerà di più?" "Suppongo il primo", fu la giusta risposta.
Gesù allora riprese: "Vedi questa donna? Sono entrato a casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto di olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato". E rivolto alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!"
Non sappiamo le reazioni dei due personaggi; ma possiamo immaginare la consolazione della donna e l'imbarazzo del fariseo, smascherato da quelle parole. Da sprofondare nella vergogna, per un uomo che si riteneva superiore, sentirsi rinfacciare la maleducazione nei riguardi dell'ospite, e addirittura vedersi anteposta una prostituta. Evidentemente, dei due debitori lui era il secondo, quello dei cinquanta denari; ma la donna, pentita dei suoi ben più gravi peccati, era stata perdonata, mentre lui, se non riconosceva i propri, restava col suo debito davanti a Dio. Lo si deduce da una parabola (Luca 18,9-14) che in seguito Gesù raccontò, si direbbe ispirandosi a quello che gli era accaduto in casa di Simone: è la parabola del fariseo e del pubblicano che si recano al tempio a pregare, il primo per vantarsi d'essere un uomo "a posto", l'altro per battersi il petto e chiedere pietà per i suoi peccati; questi, disse Gesù, tornò a casa perdonato, "a differenza dell'altro".
Almeno due sono gli insegnamenti che si ricavano da quella cena in casa del fariseo.
Primo, nessuno è perfetto; tutti abbiamo un debito davanti a Dio, e non importa quanto grande: ciò che conta è riconoscerlo, chiedendogli umilmente di condonarcelo.
Secondo, ritenersi superiori agli altri, a chiunque altro, non è solo un atto di superbia: è, semplicemente, sciocco
 
Testo di mons. Roberto Brunelli 



Lo sguardo

Certo che i poveri farisei escono sempre martoriati dai racconti del Vangelo! Sono una figura simbolica di un modo sbagliato di stare davanti a Dio. La critica che gli si rivolge non è sulla loro buona volontà - di questa ne hanno a bizzeffe - e nemmeno sulla loro morale, ma sull'immagine di Dio che alberga nei loro cuori, che è alla base dei loro comportamenti e delle loro scelte.
Noi, discepoli del 2010, siamo chiamati a scovare il fariseo che abita in noi, a convertire il Dio della nostra immaginazione religiosa al Padre d'amore rivelato da Gesù, a portare allo scoperto la presunta giustizia che ci autorizza a puntare il dito contro quelli che non sono come noi.
La donna peccatrice che entra in casa di Simone il fariseo è sotto gli occhi di tutti, ma l'abile penna di Luca ci fa intuire che ci sono sguardi diversi posati su di lei. Il fatto è il medesimo, ma molto diverse sono le reazioni.
Il fariseo rimane scandalizzato che un giovane e promettente Rabbì come Gesù si faccia avvinare, toccare, baciare da una donna del genere. Ma come? Un profeta che si fa avvinare da una peccatrice? Nemmeno per sogno…
Gesù, invece, proprio perché è un profeta si fa avvicinare, ungere, asciugare e baciare da quella donna; proprio perché conosce il cuore del Padre alla ricerca di ogni figlio accoglie quella donna e, senza che lei chieda nulla, la perdona.
Il fariseo vede una peccatrice, Gesù invece vede una donna da accogliere e da amare.
Mi stupisce sempre la potenza dello sguardo di Gesù. Cosa ha visto quella donna negl'occhi del Rabbì di Nazareth? Come si è sentito guardato Zaccheo per ribaltare la sua vita? Cosa ha provato Levi quando il Maestro lo ha schiodato dal banco delle imposte? Cosa hanno visto Simon Pietro e gli altri pescatori in quello sguardo, per lasciare tutto e seguirlo?

Oggi questo sguardo è per te. Per te così come sei oggi, con le tue bellezze e tue fragilità, con le tue amarezze e le tue gioie. Questo sguardo è per te, per fare pace, per lasciarti perdonare e accogliere dall'abbraccio del Padre, per portare allo scoperto il piccolo fariseo giudicante e moralista che ti abita, per scoprire che c'è una possibilità nuova, che c'è uno sguardo posato su di te che può rialzarti da tutte le tue miserie e accompagnarti in ogni tua gioia.

Testo di don Roberto Seregni



Il peccato

Gesù accetta l'invito di un fariseo senza preconcetti e, mentre sono a tavola, entra una peccatrice che comincia a lavargli e profumargli i piedi.

Sono due persone molto diverse. Il primo offre l'ospitalità per conoscere meglio questo personaggio, mentre la donna vive l'atteggiamento di chi, cosciente di avere ricevuto tanto, vuole ringraziare, come per esempio potrebbe ringraziarlo la donna colta in flagrante adulterio e che Gesù salva dalla lapidazione.

Da questo emerge un dato fondamentale della buona notizia: il fatto che la donna del Vangelo, come del resto Davide nella prima lettura, sentendosi amati e perdonati, riescono a sopportare la vista del loro peccato.
 

Questa è la chiave della loro conversione e cambiamento di vita.

Nella vita funziona diversamente; bisogna sempre dare per ottenere, pagare per ricevere, umiliarsi per ottenere un perdono. Molti pensano che è così anche nei confronti di Dio, per cui alcuni s'inventano dei sensi di colpa e altri cercano di negarne l'esistenza per liberarsene. Ma davanti a Dio non è così. É sempre Lui che prende l'iniziativa, che ama e perdona per primo. Da questo scopriamo la sua gratuità e grandezza. Lui è il totalmente altro!

Io, come vivo il mio rapporto con il Signore? Come il fariseo giusto e che gli offre un po' del suo tempo, o come questa donna che ringrazia per il dono ricevuto?

E' importante pensarci perché poi la conseguenza è che Gesù dice a questa donna e non al fariseo: "va' in pace". Va' in pace significa: ti viene donata la pace, puoi cammina verso di essa, ti si apre un futuro nuovo, una nuova vita!

Il fatto che questa donna riconosce il dono ricevuto le consente di ricevere un dono ancora più grande: un nuovo futuro, costruito sui valori del vangelo, frutto della sua fede.

Il fariseo non sappiamo se ha accolto l'aiuto che Gesù gli offre cercando di aprirgli occhi, i commensali sappiamo che continuano con i loro ragionamenti teologici inutili, mentre la donna ha ricevuto tanto. E io?

Signore donaci di vedere il dono ricevuto per poterti ringraziare come questa donna. 


Testo di padre Paul Devreux

Tratti da www.lachiesa.it