Ogni gesto d'amore avvicina a Dio

News del 12/06/2010 Torna all'elenco delle news

XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
 
Quell'amore che dà tanta pace

Veramente l'uomo non ha più dove riparare la sua intimità, che è poi il piccolo santuario dove solo Dio e chi ama può penetrare per amare, perdonare, capire, piangere insieme, se necessario.
La nostra intimità oggi non viene risparmiata da nulla e da nessuno.
Basta che per un momento di debolezza o distrazione si apra una fessura di questo nostro 'tempio' e subito si affollano i curiosi che sanno solo scandagliare il nostro 'fondo' come fosse un oggetto da museo, ma quello che è peggio, sanno anche costruire 'fole' che nulla hanno a che vedere con la verità e tanto meno con il rispetto doveroso per il santuario della coscienza di ciascuno.
E così, alle volte, la fessura che era ben poca cosa, diventa crollo dell'intera nostra dignità, fino a sentirci 'stracci' esposti al pubblico ludibrio, alla condanna, al disprezzo: 'stracci' che perdono la voglia di vivere, perché senza il rispetto dell'intimità, che è il luogo che Dio ci ha donato, per entrare in dialogo con Lui e i fratelli, non è possibile vivere serenamente.
Questo vizio di 'confessare la gente', di abbattere il santuario della persona, dove vive il segreto della vita, nella sua bellezza e a volte nella sua profonda miseria, oggi è diventato una moda.
Basta dare un'occhiata alle cronache dei mass media e notiamo subito che basta un sospetto o un indizio di corruzione, e tutto viene sbandierato, amplificato e, a volte, mistificato, alla pubblica opinione. Così facendo, non solo la persona viene additata al disprezzo, ma si ingenera l'opinione che 'sono tutti corrotti o cattivi' - gli altri, naturalmente! - al punto di dubitare di tutti e non trovare più motivi per mettere in luce il bello, tanto, che invece esiste.
Come a dare ragione al proverbio 'fa sempre molto rumore un albero che cade, ma non la foresta che cresce'.
È verissimo che il nostro cuore cerca di essere disperatamente capito, rispettato, amato, ossia cerca sempre di trovare qualcuno che lo abiti per aiutarlo a vivere, e ancora di più a risorgere, se è ammalato. Non si può vivere nel sospetto o nella disistima: l'uomo ha bisogno del respiro dell'amore e della stima, nonostante tutto...
Per questo teme la curiosità che è come avere migliaia di occhi sempre puntati addosso, più a sottolineare gli sbagli che a dare una mano di aiuto; teme l'indiscrezione, quel voler sapere a tutti i costi tutto di noi, ma per poi ignorare il bene e sottolineare il difetto o il male.
Lo stesso sacramento della Penitenza o Riconciliazione - ineffabile amore del Padre , come è presentato nella parabola del Figlio prodigo - finisce per essere percepito come una difficoltà nel dover svelare il male che è in noi, senza pensare alla grande gioia che viene dalla misericordia di Dio. È un poco come quando si è colpiti da un male fisico e si teme l'occhio del medico, per paura che trovi in noi una malattia che uccide.
Ma tutto questo è giusto? È sensato? No. Appartiene alla miopia degli uomini che disperatamente cercano a volte di trovare una mano che li sollevi dalla loro miseria morale e hanno paura di trovare un impietoso indice puntato e nessun spazio per l'amore, perché questa è spesso la situazione che si realizza nei nostri poveri rapporti umani.
La Parola di Dio, oggi, giunge come divina lezione di misericordia, che è il 'come' Dio ci ama, soprattutto quando abbiamo sbagliato. È un racconto che svela come il Cuore di Gesù accolga senza fare processi, e perdona, a differenza di chi vede e si scandalizza.
Ed è un grande dono 'entrare' nella bellezza del racconto del Vangelo di oggi, perché, non solo mostra quanto Dio sia davvero buono e misericordioso, ma ci mette in guardia contro le nostre miopie.
Un racconto `da incorniciare' nella nostra vita, per saper sperare quando ci si sente dispersi e si cerca la via della pienezza della vita e della gioia.
È bene leggerlo, abbandonandosi a tutta la sua dolcezza:
"In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna peccatrice di quella città, saputo che Gesù era nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato, e stando dietro, presso i suoi piedi, piangendo, cominciò a bagnarli delle sue lacrime, poi li asciugava con i propri capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
A quella vista, il fariseo che lo aveva invitato, pensò tra sé: 'Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice'
.
Ed ecco la stupenda risposta di Gesù, che legge nei cuori, anche nei nostri, sempre.
Gesù allora gli disse: 'Simone, ho una cosa da dirti. Ed egli: 'Maestro dì pure. 'Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva 500 denari, l'altro 50. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?'. Simone rispose: 'Suppongo quello a cui ha condonato di più'. Gesù gli disse: 'Hai giudicato bene'.
E volgendosi verso la donna, disse a Simone: 'Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non ha dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai cosparso il mio capo di olio profumato, ma lei ha cosparso di profumo i miei piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, perché molto ha amato. Invece quello a cui si perdona poco è perché ama poco. Poi disse alla donna: 'Ti sono perdonati i tuoi peccati. Allora i commensali cominciarono a dire tra di loro: 'Chi è questo uomo che perdona anche i peccati?: Ma Gesù disse alla donna: 'La tua fede ti ha salvata: va' in pace'.
" (Lc. 7, 36/8,3).
Si rimane come immersi nello stupore dell'amore che Gesù ha per noi, cominciando da quelli che forse si considerano persi per le proprie colpe. Un vero mistero è il nostro convivere a volte nel male, fino ad abituarci, mentre forse nel profondo sentiamo il bisogno di incontrare Chi abbia il potere di riportarci alla gioia di una vita diversa, giusta.
Un vero sbaglio questo adattarsi al male, senza neppure cercare di guarire.
A differenza di quella donna, che vuole uscire dal ghetto della propria miseria e respirare la dolcissima aria dell'amore. E lei, la Maddalena, la troveremo sotto la croce, diventata testimone di chi, lasciandosi amare da Gesù, impara a stargli vicino per sempre, con un amore che sa di meraviglia.
Così scrive il sempre caro nostro Paolo VI:
"Anche Gesù vede e guarda a noi, che siamo della povera gente con tanti malanni.
Al paralitico che gli si presenta, davanti, spiega che vi sono delle paralisi anche più gravi e più costringenti di quella fisica. Tu hai molti peccati e io te li perdono! Gesù è il liberatore assoluto. Egli, dopo aver sollecitato in noi con questa sua luce, un esame di coscienza, per il quale si avverte la colpa ma pure la redenzione, entra nell'anima come un torrente di letizia, di bontà, di amore. `Se lo vuoi' - Egli ci conforta - io ti ridono l'integrità, l'innocenza, la grazia di sentirti veramente quello che devi essere, restituito alla tua statura, alla tua bellezza originaria, e come il Signore ti ha creato, a Sua immagine e somiglianza. Gesù è il divino artefice dell'ineffabile riscatto: si comprende allora il Vangelo. finché ci sarà un mondo travagliato dai propri peccati, miserie, infelicità, disperazioni, il Vangelo, proprio tra gli uomini, susciterà sempre un'eco che non potrà mai attenuarsi. Perché? Ma perché non solo è parola di verità, ma è pure luce di speranza che gli uomini non possono dare a se stessi. Che faremo noi, per cogliere qualche cosa di utile e salutare dalla odierna pagina evangelica? Cerchiamo di farci guardare dal Signore, di presentarci a Lui con sincera umiltà. E con l'esame di coscienza ci accostiamo al sacramento della Penitenza che davvero scruta nel nostro animo e ristabilisce la verità. Ognuno potrà affermare col gemito del dolore: non saprei guarirmi da me, ma se Tu vuoi, o Signore, basta una Tua parola". (Paolo VI)
Non resta a noi che affidarci all'Amore Misericordioso di Dio, con l'umiltà della Maddalena.

Ci aiuti il Signore a rompere quel ghiaccio nella coscienza, quel 'sentirci a posto', che ci impedisce di conoscere l'amore.

E ci tenga sempre vicino a Lui. Vorremmo tutti, spero, avere il coraggio della Maddalena. Si può se abbiamo fiducia nell'Amore Misericordioso.

Con Madre Teresa di Calcutta preghiamo:
"Signore, ti prego, dacci la luce per vedere, a volte, la cupa profondità della tentazione e del male. Donaci il tuo amore, affinché possiamo intravedere la ricchezza che Tu hai preparato per noi. Infondici lo Spirito Santo affinché possa vedere che ho bisogno di Te, e mi ami
e ho ancora uno scopo nella vita: quello di trasmettere l'amore e la misericordia che hai per noi".
 
Testo di mons. Antonio Riboldi 
 

Ogni gesto d'amore avvicina a Dio

Un momento esplosi­vo del Vangelo, che rovescia convenzio­ni e ruoli, che mette prepo­tentemente al centro l'amo­re: questa donna ha molto a­mato. Questo basta.
Un Van­gelo che ci provoca, ci con­testa e ci incoraggia.
La fede non è un intreccio compli­cato di dogmi e doveri.
Gesù ne indica il cuore: ama, hai fatto tutto.
Ecco una donna venne… con un vasetto di profumo. Non con la cifra corrispon­dente (da dare ai poveri), non a mani vuote, non con un di­scorso di belle parole. Viene con quello che ha, con ciò che esprime amore, più che pentimento. Qualcosa per il corpo di Gesù, solo per il cor­po, e che rivela amore.
Bagna i suoi piedi con le la­crime, li asciuga con i capel­li, li profuma, li bacia. Sono gesti imprevisti, nuovi, oltre la legge, oltre lecito e illecito, oltre doveri o obblighi, con una carica affettiva veemen­te. Ai quali Gesù non si sot­trae, che apprezza. Bastava, come tanti altri, chiedere perdono. Ma perché questi gesti eccessivi, il profumo e le carezze e i baci? Già nella legge antica Dio aveva chie­sto per sé un altare per i pro­fumi; nel Cantico dei Canti­ci il profumo prolunga la pre­senza dell'amato, quando ha lasciato la stanza; le carezze e i baci sono la lingua uni­versale dove è detto il cuore. Ogni gesto d'amore è sem­pre decretato dal cielo.

Gesù gode il fiorire dell'a­more, vede la donna uscire dalla contabilità del dare e dell'avere, come se avesse u­na specie di conto da regola­re con il Signore, ed effon­dersi negli spazi della libertà e della creatività, fino a bru­ciare in un solo gesto un in­tero patrimonio di calcoli e di tristezze.
Ogni gesto umano compiuto con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio.

Gesù guarda al di là delle e­tichette: arriva una donna, gli altri vedono una pecca­trice, lui vede un'amante: ha molto amato.
L'amore vale più del peccato. È la nostra identità. L'errore che hai commesso non rèvoca il be­ne compiuto, non lo annul­la. È il bene invece che revo­ca il male di ieri e lo cancel­la. Una spiga conta più di tut­ta la zizzania del campo. Questo Dio che ama il pro­fumo e le carezze, mi com­muove. Non è il grande con­tabile del cosmo, ma è offer­ta di solarità, possibilità di vi­ta profonda, gioiosa, profu­mata, che sa le sorgenti del­la gioia, del canto, dell'ami­cizia. Un solo gesto d'amo­re, anche muto e senza eco, è più utile al mondo dell'a­zione più clamorosa, dell'o­pera più grandiosa. È la rivo­luzione totale di Gesù, pos­sibile a tutti, possibile ogni giorno

Testo di padre Ermes Ronchi 
  

Foglietto della Messa di domenica 13 giugno 2010, XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Liturgia della Parola di domenica 13 giugno 2010, XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

tratti da www.lachiesa.it