7 giugno 2010: Torna il tempo ordinario della liturgia
News del 01/06/2010 Torna all'elenco delle news
Con questa domenica ci lasciamo alle spalle il tempo di Pasqua e le quattro solennità che abbiamo appena celebrato, per tornare a quello che la liturgia chiama Tempo Ordinario.
Non lasciamoci trarre in inganno dal nome: ordinario non vuol dire insignificante, mediocre, di poco valore. Di solito noi pensiamo che ordinario sia il contrario di straordinario, quindi qualcosa di secondario, di poco importante. Però se ci riflettiamo un momento, capiamo subito che non è così: hanno la stessa importanza, non possono esserci da soli, esistono insieme, l’ordinario e lo straordinario. Ciò che è ordinario è come il tessuto dove risplende il ricamo dello straordinario.
Se non ci fossero i giorni normali, non faremmo caso a quelli speciali. Se non vivessimo la tranquilla quotidianità, non potremmo gustare i momenti di festa. Se non ci fosse il tempo della scuola e del lavoro, non ci accorgeremmo delle vacanze. So che qualcuno sta per dirmi: come non ci accorgeremmo? A me piacerebbe tanto una vita tutta di vacanze! Sono d’accordo, piacerebbe a tutti. Ma non ci accorgeremmo che si tratta di vacanza, non le considereremmo giornate speciali, particolari, perché quello sarebbe… tempo ordinario! La nostra vita è fatta di giorni ordinari che ci permettono di gustare fino in fondo quello che accade nei giorni speciali. E dopo alcune giornate straordinarie, abbiamo bisogno della normalità di tutti i giorni per riposare la mente e il cuore, per ricordare e apprezzare quello che abbiamo vissuto nei giorni speciali.
Nella liturgia, il tempo ordinario è molto importante: è quello che ci permette di continuare a rileggere con ordine i Vangeli, per assaporare i gesti di Gesù, le sue parole, le sue parabole, i miracoli che ha compiuto.
Anno dopo anno, il tempo ordinario ci dona la possibilità di assimilare, di fare nostri, tutti i Vangeli: non è cosa da poco! E poi, è vero che lo chiamiamo tempo ordinario, ma riguarda comunque l’unico che è sempre straordinario, cioè il Signore Dio!
Allora avventuriamoci insieme nel Vangelo di oggi, per scoprire quali frammenti meravigliosi sono racchiusi in questa domenica del tempo ordinario.
Il brano dell’evangelista Marco riguarda un grande miracolo compiuto da Gesù, un miracolo che è rimasto fortemente impresso nella memoria degli Apostoli, perché quel giorno si sono presi proprio una grande paura! Che cosa accade? Siamo al tramonto di una giornata intensa: Gesù fin dal mattino ha parlato rivolto a una grandissima folla e ha raccontato alcune delle parabole più belle che ricordiamo. Ha cominciato a rivolgersi ai pochi presenti quando era ancora mattino presto, camminando lungo la riva del lago. Poi la folla è cresciuta, tutti volevano ascoltare e vedere il Maestro di Nazareth e allora è salito su una barca, si è allontanato di poco dalla riva e da lì, dal lago, ha continuato il suo annuncio della Bella Notizia. Il tempo è trascorso rapido, la voce del Rabbi si è fatta rauca, la giornata sta avviandosi alla fine. Gesù ha ormai salutato le persone presenti, ma tutti restano ancora lì, sulla riva: è vero che il Maestro ha terminato di parlare, ma quando la barca tornerà a riva potranno ancora toccarlo, parlargli, chiedergli qualche favore speciale… Gesù vede che tanti lo stanno aspettando, ma preferisce non andare: non ha voglia di applausi o complimenti; ora ha bisogno di silenzio. Così invita gli apostoli ad attraccare dall’altra parte del lago: “Venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: Passiamo all’altra riva” Quello dove si trovano è un lago grande, molto grande, al punto che il Vangelo lo chiama mare. Non è un piccolo laghetto di montagna, è una grande distesa d’acqua e ci vuole un po’ di tempo per andare da una riva all’altra. Ma molti degli apostoli sono pescatori, non si spaventano di certo per una piccola traversata. Prendono il largo e Gesù, stanco, si accoccola sul cuscino a poppa, nella parte di dietro della barca, e si addormenta. Prende sonno proprio profondamente, perché sembra non accorgersi di quello che accade intorno: “Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: Maestro, non t’importa che siamo perduti?” All’improvviso, basta un po’ di vento più forte per scatenare una tempesta. Comincia con piccole onde, ma in fretta aumenta la forza del vento e muri d’acqua sollevano le barche piuttosto leggere. Urla, grida, paura: gli apostoli pensano che non c’è nulla da fare, rischiano davvero di morire. In tutto questo fracasso, in mezzo a questa grande confusione, Lui, il Rabbi di Nazareth, continua a dormire. Agli apostoli sembra incredibile: ma come fa a dormire? Possibile che non si accorga di nulla? E infatti lo svegliano: sembra quasi di vederli, scuoterlo per un braccio in mezzo alla bufera per urlare: “Maestro, guarda che qui è la fine!” Cosa fa Gesù, a questo punto? “Si destò, minacciò il vento e disse al mare: Taci, calmati!. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: Perché avete paura? Non avete ancora fede?” Una scena davvero incredibile, a sentirla raccontare così!
Gesù si sveglia, sgrida il vento e il mare e subito loro si placano, si calmano. Tutto diventa quieto e silenzioso. I più silenziosi di tutti, ci scommetto, sono gli apostoli. Per forza! Ma ve lo immaginate? Uno che si alza in piedi, sgrida le onde e quelle si calmano? Uno che si alza in piedi, rimprovera il vento e quello smette di soffiare? Voi siete mai riusciti a far smettere di piovere sgridando le gocce di pioggia? Avete mai chiesto al sole di spostare un pochino i suoi raggi perché vi sta accecando? Ovviamente no! Nessuno di noi può fare cambiare parere al tempo. Nessuno di noi può modificare il vento, il sole, la neve o la pioggia. Nessuno può farlo. Nessuno, tranne Dio. Per questo, racconta l’evangelista Marco, gli Apostoli, sottovoce, ancora sconvolti e senza fiato, si domandano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?” Per fare un miracolo del genere, questo Maestro Gesù deve essere per forza Dio!
Con questa convinzione nel cuore, gli apostoli remano fino alla riva e penso proprio che quando poggiano finalmente i piedi per terra, si sentono le ginocchia tremolanti. Il racconto del Vangelo si ferma qui, e ci sarebbe già di che restare a pensare con il cuore pieno di stupore, davanti a un miracolo così grande.
Mi sembra, però, che questa pagina di Vangelo contenga anche due suggerimenti per noi, due piccole perle preziose che possono riguardare noi, sì, proprio noi che non c’eravamo quella sera, sul lago, e non abbiamo visto il miracolo con i nostri occhi. Nella vita capitano situazioni in cui ci sentiamo come gli apostoli in mezzo alla tempesta: quello che succede intorno è tanto più grande di noi, da farci paura. Ci sentiamo impotenti, deboli, incapaci di risolvere certe situazioni, e allora ci prende lo sconforto, la sfiducia.
Anche noi abbiamo l’impressione che Dio non stia ascoltando il nostro grido, la nostra preghiera, le nostre paure. E magari glielo diciamo: possibile, Signore, che non ti accorgi che siamo alla fine? Che non c’è niente da fare? non ti interessi più a noi? Non ti curi di noi? Ti sei forse addormentato? Ci sono molte pagine nella Bibbia che dicono proprio questo: scusa, Dio, ma stai dormendo?
Quando ci sale alle labbra questa domanda, ricordiamoci del miracolo di oggi e delle parole pronunciate dal Maestro e Signore: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” Avere fede, fidarci di Lui, anche quando siamo in mezzo alla tempesta. Avere la certezza, ben radicata nel cuore, che anche se ci sembra addormentato e ci sentiamo abbandonati, il Signore Dio non è lontano: è proprio lì, insieme a noi, nel mezzo della tempesta. Pronto ad intervenire quando ce ne sarà veramente bisogno. Sì, avete sentito bene: pronto a intervenire, ma solo quando ce ne sarà veramente bisogno.
Nel frattempo, resta tranquillo sul cuscino di poppa, e questo non ci deve spaventare, ma anzi, ci deve riempire di gioia e di gratitudine: se se ne sta così tranquillo, vuol dire che si fida di noi! Nei momenti difficili, nelle tempeste della nostra vita, quando ci sembra che la nostra barchetta stia per affondare, il fatto che Lui possa dormire tranquillo è un segno che ci conforta: vuol dire che si fida di noi! Altrimenti non dormirebbe di certo, affidandosi a così completamente a noi! È bello sapere che possiamo contare su di Lui nei momenti difficili. Ma è altrettanto bello sapere che Lui conta su di noi, che si fida, che affida se stesso alle barchette del nostro cuore, della nostra vita.
Commento di suor Daniela De Simeis