6 giugno 2010: Solennità del Ss. Corpo e Sangue di Cristo o del "Corpus Domini"

News del 05/06/2010 Torna all'elenco delle news

Mangiarono e tutti furono saziati

La Liturgia della festa del Corpus Domini ci invita a fermarci a riflettere sul mistero eucaristico, fonte e culmine dell'esperienza della Chiesa, che l'abitudine rischia di ridurre ad una pratica devozionale facendocene dimenticare la infinita ricchezza. L'Eucaristia è la memoria del dono che Gesù Cristo fa della sua vita per il mondo: è il compimento del progetto del Padre che ha mandato il proprio Figlio nel mondo perché, assumendo la carne dell'uomo, potesse amare il mondo sino al dono totale di sé e attirandolo a sé, ricondurlo nell'unità dell'amore del Padre. Celebrando l'Eucaristia, l'umanità entra nell'amore di Cristo, si lascia identificare con Lui, e con Lui vive la vita di Dio.
La festa del Corpus Domini ci invita a comprendere la relazione tra l'Eucaristia e la Chiesa: la Chiesa è il Corpo di Cristo che nasce dal realismo con cui Cristo ama l'umanità e donando la propria carne per l'amore del mondo, trasforma il mondo nella propria carne. Nella preghiera eucaristica preghiamo il Padre perché santifichi il pane e il vino con l'effusione dello Spirito Santo perché diventino "per noi" il corpo e il sangue di Gesù Cristo che in quell'ultima sera prese il pane, rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: questo è il mio corpo offerto per voi…E poi preghiamo perché "per la comunione al corpo e al sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo". E il punto di arrivo è che uniti in Cristo e trasformati in Lui, possiamo dire: "Padre nostro…"
Nella festa del Corpus Domini comprendiamo che la Chiesa nasce dall'Eucaristia e nell'Eucaristia, perché l'Eucaristia è l'incontro tra l'Amore di Cristo e l'umanità che diventa una cosa sola con Lui: il Corpo del Signore è l'umanità in cui vive l'Amore del Signore risorto, è la Chiesa in cui Lui vive.
Quest'anno celebriamo questa festa leggendo il brano di Luca 9,11-17, la moltiplicazione dei pani. Il contesto in cui Luca colloca questo evento riguarda la preoccupazione di Gesù di formare i Dodici per la missione nel mondo: abbiamo così una pagina di grande interesse ecclesiale che dovrebbe essere studiata per intero. Tutto inizia da Gesù che chiama "insieme" i Dodici e dà loro forza ed autorità su tutti i demoni e di guarire le infermità: e li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Tutto parte da Gesù che chiama, dà loro la sua forza e li manda: e tutto riguarda i Dodici, la comunità, tutto è "comunione ecclesiale" (9,1-2). E poi essi ritornano, e narrano a Lui ciò che hanno fatto: ogni parola ha senso per illuminare il metodo che Gesù vuole che i Dodici seguano nella loro missione. La loro azione non li conduce lontano da Lui: essi si "voltano verso" di Lui, narrano a Lui ciò che hanno fatto, perché la loro azione è sempre un rendere concreto Lui e la sua parola. "E prendendoli con sé, si ritirò con loro verso una città chiamata Bethsaida": è ancora Lui che prende l'iniziativa di fare comunione con loro.
Ma adesso si apre una nuova fase nel loro cammino verso la missione: lo stare con Lui non è finalizzato a un bene solo per loro, Gesù non è solo per loro. Compare la folla che rappresenta l'umanità intera che ha bisogno di Lui, aspira a Lui, lo segue: e Gesù accoglie la folla e comincia a parlare del regno di Dio e a guarire quanti hanno bisogno di cure. Gesù educa così i Dodici perché imparino da Lui che cosa significa accogliere la folla, annunciare il regno di Dio e guarire i mali dell'umanità. Il rischio più grande che i Dodici possono correre nella loro missione è di guardare al mondo con il loro sguardo e non con quello di Gesù, di costruire il proprio regno e non quello di Dio, di seguire un proprio metodo e non quello di Gesù e tutto questo avviene quando i Dodici dimenticano che Gesù è con loro, sempre: Gesù ha bisogno della loro fragile debolezza per mostrare che attraverso la fragilità della Chiesa passa la forza dell'Amore di Dio.
Così, quando "il giorno cominciava a declinare i Dodici si accostarono a Gesù": viene la sera, la folla è numerosa, il luogo è deserto e i Dodici, umanamente ragionevoli, sono presi dalla preoccupazione e dalla paura. Nella prima parte del nostro brano, i Dodici parlano, prendono l'iniziativa, si rivolgono a Gesù: la logica in cui si muovono è tutta umana e quello che chiedono a Gesù è di entrare nella loro logica. La risposta di Gesù è tutta "irragionevole", è la logica del regno di Dio. La richiesta dei Dodici è: "Sciogli la folla, perché si disperdano nei villaggi e nelle campagne…comprino il cibo… perché siamo in un luogo deserto"… La risposta di Gesù: "Date a loro voi stessi da mangiare": la logica del regno di Dio è la comunione, non la dispersione, la responsabilità non il disinteresse, l'impegno concreto anche con i pochi mezzi possibili, non il rimandare ad altri i problemi. La logica del regno di Dio è l'Amore sempre, non la chiusura, l'egoismo, il tirarsi fuori.
Di nuovo i Dodici dicono: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci… a meno che andiamo noi a comprare". Ancora fanno leva sulla logica umana: è impossibile con così poco provvedere a molti, non rimane che comprare, ma come è possibile, per così tanta gente?
Adesso Gesù prende l'iniziativa con la sua logica del regno di Dio, adesso i Dodici non parlano più, sono i discepoli che ascoltano la Parola di Gesù e la mettono in pratica. "Fateli sedere a gruppi…": la logica del regno è la comunione, la folla che diventa un popolo ordinato. "Fecero così e li fecero sedere". "Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero": i gesti che Gesù compie, sono quelli che troviamo nell'ultima cena, nella eucaristia. Le piccole cose umane sono un dono accolto da Dio: riconoscere questo, ringraziare Dio per la gratuità del dono, non trattenerlo per sé ma trasformarlo in un dono significa entrare nella logica del regno di Dio, lasciare spazio alla forza dell'Amore del Padre che provvede a tutti i suoi figli. Gesù ci mostra che la logica del regno di Dio non è quella per cui ognuno pensa a se stesso: è la logica dell'Amore gratuitamente ricevuto, gratuitamente donato.
La missione dei Dodici consiste nell'essere nel mondo coloro attraverso i quali passano i doni dell'Amore di Dio: l'Eucaristia è il sacramento nel quale il dono della vita di Cristo trasforma la nostra vita perché noi a nostra volta diventiamo un dono per il nostro mondo, che in questo modo non è più il luogo della solitudine, dell'egoismo e della morte, ma un giardino in cui fiorisce la vita.
Ma abbiamo il coraggio di abbandonare la logica della nostra razionalità calcolatrice, per seguire quella della gratuità dell'amore di Cristo? 

Testo di mons. Gianfranco Poma
 

Il Pane di Vita

Gesù eucaristia oggi esce trionfalmente dai tabernacoli e dalle chiese per essere portato in processione per le strade del mondo: ciò è dettato dal desiderio, dalla fede e dalla devozione dei fedeli che vogliono percepire ancora più intensamente, viva e pulsante la presenza del Cristo, come quando percorreva duemila anni fa le strade della Palestina. Vogliamo farlo immergere di nuovo nel cuore del mondo per fargli sentire da vicino l'urgenza della sua rinnovata presenza tra noi. E' sicuramente anche il canto della gratitudine e della lode della chiesa militante, dei pellegrini della terra, che lo, seguono imploranti e devoti. E' anche una presa di coscienza di tutto il cammino che ci ha fatto percorrere dal deserto delle nostre povertà, dalla condizione servile, nutrendoci di Pane e d'amore e riscattandoci a prezzo del suo sangue. Da quell'Ostia consacrata, da quella prima misteriosa Cena, sgorga come un memoriale, la nostra comunione con Cristo e la vera fraternità tra gli uomini. Quel pane di vita spezzato e moltiplicato sugli altari del mondo, sfama ancora la fame più acuta dell'umanità. È garanzia d'immortalità, è recupero pieno della dignità filiale, è fonte inesauribile d'amore divino che si riversa nel cuore dell'uomo. Non bisognerebbe attendere la solennità annuale odierna per ricordarci di queste verità: per troppo tempo Gesù rimane forzatamente recluso negli angusti tabernacoli delle nostre chiese. Egli chiede di abitare tra gli uomini, di vivere in comunione con ciascuno di noi, di condividere la nostra esistenza per rinvigorirla, per nobilitarla, per condurla all'approdo finale, alla mensa di Dio. 

Testo dei Monaci Benedettini Silvestrini
 

Una grande festa il Corpus Domini - Gesù in noi: l'Eucarestia

"Ecco il pane degli Angeli, pane dei pellegrini,
vero pane dei figli, non deve essere gettato...
Buon Pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi.
Nutrici e difendici, portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi". (Inno)
Sappiamo tutti, o dovremmo saperlo, che non c'è amore più grande per noi, di quello di dare la vita. E sappiamo che, il più delle volte, dell'amore conosciamo solo la superficie, fino ad usare la parola, troppe volte, con scorrettezza o ambiguità, o semplicemente come 'un modo di dire'. Noi, tutti, abbiamo un enorme bisogno di amare ed essere amati, più dell'aria che respiriamo. Sappiamo tutti, se siamo sinceri, che il dono di un vero amore è respiro dell'anima. L'amore è davvero l'impronta che Dio ha lasciato in noi creandoci.
Ignorare questa verità è cadere nell'infelicità, o peggio, affidarsi all'odio o all'indifferenza.
E Gesù ha voluto essere il grande Dono del Padre: ha accettato di farsi uomo come uno di noi, condividendo tutto della nostra condizione umana, da Nazareth al Golgota.
Ha conosciuto l'indifferenza di molti, l'odio devastante di alcuni, l'amore sincero e profondo dei Suoi. Non ha avuto vergogna di piangere nel dolore, per la morte dell'amico Lazzaro. Non ha nascosto la compassione, che poi trasformava in amore fattivo, come nella moltiplicazione dei pani: 'Ho compassione di questa folla - disse - è un gregge senza pastore'.
Che cosa prova oggi di fronte al nostro mondo, che davvero fa compassione per le tante sofferenze, povertà o ingiustizie e cattiverie?
Gesù è andato oltre: ha assicurato che Lui, dopo la Resurrezione, sarebbe stato vicino a noi 'fino alla fine del mondo'. Fa sussultare di gioia e fiducia chi crede, il sapere che, mai e poi mai, è 'solo': Gesù è con noi, a condividere tutto.
Il Suo Amore oltrepassa quei confini che appartengono alla nostra povera e fragile umanità.
Gesù non si accontenta di dare la vita per noi, ma vuole addirittura essere 'cibo', 'pane della nostra esistenza'. Vivere di quel pane dovrebbe essere la fame di ogni credente che vuole conoscere da vicino e ricevere la forza, la fede che Dio può e vuole donare nell'Eucarestia.
Sapessimo, mediante la fede, cogliere quello che realmente avviene nella S. Messa, al momento della consacrazione, quando il sacerdote pronunzia le parole di Gesù, che rinnovano il dono di Dio, credo che 'vivremmo di Eucarestia'!
Mettiamoci in ascolto, col cuore, del discorso di Gesù sul pane della vita – un discorso di grande attualità, perché sembra rivolto a noi:
Andare alla S. Messa, almeno alla domenica, anziché essere considerato come il grande evento di Dio, che chiede di essere accolto come pane della vita - 'Prendete e mangiate questo è il mio corpo' - viene ritenuto da troppi un tempo perso.
Sarà colpa di una superficiale formazione alla fede, o ignoranza, o incomprensione, come accadde aí discepoli che abbandonarono Gesù per sempre, o disistima del divino... Di certo, è voltare le spalle a quello che è l'Amore indispensabile per la nostra vita: 'pane della vità.
Questa è la lezione che Gesù imparte nel suo Vangelo. Ce lo ripete la Chiesa che chiede a ciascuno di noi: 'Ma io ho desiderio di Cristo? So che posso nutrirmi di Lui? So cogliere dalla sua grazia, dalle sue parole, dal suo insistere alla porta della mia anima, il senso della prossimità che Egli stabilisce col mio spirito? So avvalermi della immensità di bontà, di carità, con cui Egli vuole che io viva di Lui?".
Sono domande che dovremmo porci per scrutare in noi stessi quale posto abbia Gesù: è pane della nostra vita?
Sappiamo che chi 'vive veramente Cristo', non riesce a vivere senza Eucaristia: cristiani dal cuore grande che sanno accogliere la bontà di Dio, colmando il nulla che siamo senza di Lui.
È una domanda che non vuole una risposta banale, ma esige di entrare nel mistero di Amore di Dio che chiede di essere nostro pane.
Con la Chiesa preghiamo:
'Tu che tutto puoi e sai, che ci nutri sulla terra,
o Gesù, pietà di noi,
conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo
nella gioia dei Tuoi santi'. (Inno) 

Testo di Mons. Antonio Riboldi (testo integrale)

Testo di Padre Ermes Ronchi: La legge suprema dell'esistenza è il dono di sè stessi

Testo di Mons. Vincenzo Paglia: Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue.

Foglietto della Messa del 6 giugno 2010, Solennità del Santisimo Corpo e Sangue di Cristo (anno C)

Liturgia della Parola del 6 giugno 2010, Solennità del Santisimo Corpo e Sangue di Cristo (anno C)