Tutto quello che il Padre possiede è mio
News del 29/05/2010 Torna all'elenco delle news
La Santa Liturgia, riproponendo questo grande e santo mistero alla nostra attenzione, viene incontro alla pochezza di ciascuno di noi. Giustamente diciamo "riproporre", perché questo mistero è presente in tutta la vita di Gesù, fin dal Natale. E' anzi il mistero che guida l'intera storia del mondo fin dalla creazione. E' questo il senso del bellissimo brano della Scrittura tratto dal libro dei Proverbi. Il testo ci presenta la Sapienza di Dio, personificata, che si esprime: "Quando non esistevano gli abissi, io fui generata...; quando (Dio) ancora non aveva fatto la terra... io ero là; quando (Dio) disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con Lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, mi rallegravo davanti a lui in ogni istante; mi ricreavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo" (Pv 8, 22-31). La tradizione cristiana ha visto nella Sapienza quel "Verbo" che "era nel principio" e per mezzo del quale tutto è stato fatto. L'intero processo creativo è radicalmente segnato dal dialogo tra Dio e la Sapienza, tra il Padre e il Figlio. Il Vangelo di Giovanni scrive: "Egli (il Verbo) era in principio presso Dio; tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste" (Gv 1, 2-3). Le "fondamenta della terra", ossia il cuore di ogni realtà umana, ha l'impronta di questo rapporto che c'è tra il Padre e il Figlio. Potremmo dire che ogni cosa porta il "segno" della comunione tra il Padre e il Figlio. Non senza ragione e con grande profondità alcuni padri della Chiesa parlavano dei "semina Verbi", ossia dell'impronta del Verbo presente in tutta la creazione, in ogni uomo, in tutte le fedi, in tutte le culture. Nulla è estraneo alla Trinità, perché tutto è stato fatto ad immagine di Dio. La Lettera ai Romani parla dell'amore di Dio effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (Rm 5, 1-5), lo Spirito che ci rende tempio di Dio, sua casa, suoi familiari. Il Vangelo di Giovanni (16, 12-15) riporta alcune delle parole di Gesù ai discepoli la sera dell'ultima cena. Quante cose aveva ancora da dire loro, prima di lasciarli! Non solo non aveva più tempo a disposizione; soprattutto i discepoli non erano ancora capaci di comprendere appieno quanto avrebbe dovuto dire loro. Ma li rassicurò: "Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma vi dirà tutto ciò che ha udito e vi annunzierà le cose future". Lo Spirito trascina i discepoli verso il cuore di Dio, la vita di Dio, ch'è comunione di amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Dio cristiano (e dobbiamo domandarci se tanti cristiani credono nel "Dio di Gesù"!), non è una monade, un'entità singola, magari potente e maestosa. Il Dio di Gesù è una "famiglia" di tre persone; e, si potrebbe dire, che la loro unità nasce dall'amore: si vogliono così bene da essere una cosa sola. La trinità è entrata nella storia degli uomini per chiamare tutti a far parte del mistero d'amore. All'origine e al termine della storia c'è questa comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. L'orizzonte trinitario ci avvolge tutti, sì che la "comunione" è il nome di Dio e la verità della creazione. Tale orizzonte è senza dubbio la sfida più bruciante oggi lanciata dalla Chiesa, anzi a tutte le Chiese cristiane; vorrei aggiungere a tutte la religioni, a tutti gli uomini. E' la sfida a vivere nell'amore. Certi che là dove c'è amore, c'è Dio.
Testo di mons. Vincenzo Paglia