30 maggio 2010: Solennità della Santissima Trinità

News del 29/05/2010 Torna all'elenco delle news

Coinvolti in un mistero d'amore

Domenica scorsa, con la Pentecoste, si sono concluse le celebrazioni pasquali; la festa di oggi invita a riconsiderarle nel loro insieme, per così dire con uno sguardo panoramico.
Se ne coglie in tal modo un aspetto cui spesso non si bada: Pasqua significa redenzione dell'umanità, compiuta da Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione; ma questo egli ha compiuto per volontà del Padre suo, e i benefici giungono a tutti e singoli uomini per opera dello Spirito Santo.
Nel loro operare sono così richiamate le tre Persone, che ci è stato rivelato essere l'unico Dio.
Tutto il Nuovo Testamento trabocca di riferimenti alle tre divine Persone, come accade anche nel brano scelto per il vangelo di oggi. "Lo Spirito vi guiderà alla verità tutta intera… Prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà, perché tutto quello che il Padre possiede è mio", dice Gesù: e bastano queste espressioni per evidenziare nel brano il Padre, il Figlio che parla, lo Spirito Santo.
La Trinità, dunque. Il mistero dei misteri, tanto grande (come tutto ciò che concerne Dio) da eccedere l'umana capacità di comprenderlo fino in fondo, in una certa misura si lascia intuire nel mostrarsi "all'opera". Un po' come quando noi conosciamo una persona dal modo in cui si comporta.
Il comportamento di Dio risulta assai eloquente. Anzitutto rivela che Dio non è solitario, ma è un insieme di persone: e ciò invita a considerare l'umanità, che non è fatta di esseri solitari ma destinati a vivere insieme.
Inoltre, le tre divine Persone sono tra loro in comunione, operano all'unisono, con gli stessi intenti, in perfetto accordo. E' un invito agli uomini a fare altrettanto, cercando l'accordo ai diversi livelli della vita comune: tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra parenti o amici, tra connazionali, tra i popoli.
Ancora, l'operato delle tre divine Persone indica che Dio non se ne sta isolato nella sua perfetta autosufficienza, indifferente e insensibile rispetto a noi, ma è interessato al nostro bene. Dio è amore, e l'amore che lega in unità il Padre, il Figlio e lo Spirito si riversa su di noi, anche in ciò presentandosi come un modello: se l'amore che lega tra loro un uomo e una donna, o un gruppo di amici, o i componenti di un'intera nazione, dovesse restare esclusivo, non si aprisse a considerare gli altri, non sarebbe vero amore ma un egoismo di gruppo. Dio è tutto tranne che egoismo; quello che ha fatto, in particolare quanto abbiamo appena celebrato con la Pasqua, dimostra che egli si apre a noi, ci coinvolge nella sua stessa vita.
Ovviamente, ogni vero amore non si impone ma si propone, non pretende di essere accettato ma si offre. E così fa Dio con noi, rispettando quella libertà che lui stesso ci ha dato. In proposito è eloquente un suggestivo passo della Scrittura (Apocalisse 3,20-22) in cui Gesù dice: "Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. E lo farò sedere con me, sul mio trono, come io siedo con il Padre mio sul suo trono". E conclude: "Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese".
Anche in questo brano è richiamata la Trinità (parla il Figlio, citando il Padre e lo Spirito), che invita, si offre. Ecco, io sto alla porta e busso: quante volte Dio bussa alla porta della nostra coscienza distratta, se persino il grande Agostino ha potuto dire: Timeo Deum transeuntem, Ho timore che Dio mi passi accanto e io non me ne accorga. Siamo distratti; siamo liberi anche di badare ad altro; ma c'è di meglio nella vita che aprire la nostra porta per accogliere Dio? 

Testo di mons. Roberto Brunelli
 

Nel Cuore della SS.ma Trinità

Tracciando il segno della croce professiamo le principali verità di fede: Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo e la morte e resurrezione di Gesù, espressione concreta di quanto sia infinito l'Amore.
È tanto grande la verità contenuta nel Mistero della Santissima Trinità, da rimanere sbalorditi, non solo per ciò che è, ma per il Suo divino degnarsi di abbassarsi fino a farsi dono per noi!
Viene proprio da chiedersi quanto prega il Salmista:
"O Signore, nostro Dio, quanto è grande il Tuo Nome su tutta la terra.
Se guardo il cielo opera delle Tue dita, la luna e le stelle che Tu hai creato,
che cosa è mai l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli; di gloria e di onore l'hai coronato;
gli hai dato potere sulle opere delle Tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi". (Salmo 8)
C'è da confondersi, se pensiamo quanto l'uomo di oggi difficilmente sappia riferirsi a questa sua grandezza, che gli viene dalla Santissima Trinità. Difficilmente sappiamo volgere la nostra attenzione sul grande Amore, di cui siamo onorati e circondati.
Così Gesù ha annunciato ed continua ad annunciare questo grande Amore:
"In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: 'Molte cose ho da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito, e vi annuncerà le cose future Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede é mio, per questo vi ho detto che prenderà del mio e ve lo annunzierà". (Gv. 16, 12-15)

Cosi il nostro caro Paolo VI, descrive il grande Mistero della SS.ma Trinità:
"Il santo Natale non ci rivela soltanto Cristo, ma da Lui traspare la visione abbagliante e avvincente della Paternità di Dio e con quella il Mistero della stessa vita di Dio, il mistero della SS.ma Trinità. Dio è Padre eternamente generante, in se stesso, il Figlio, il suo proprio vivente Pensiero, il suo Verbo identico nella natura, cioè nell'essere al Dio unico principio assoluto e insieme, nell'identità di sostanza di Padre e del Figlio, spiranti l'Amore, lo Spirito Santo. Unico l'Essere divino, ma sussistente in Tre Persone uguali, distinte e coeterne, verità eccedente la nostra capacità di conoscenza; essa tratta della vita divina in se stessa e perciò ineffabile, ma non senza un minimo ma meraviglioso riflesso, che riscontreremo e che riscontriamo in S. Agostino: lo dico – scrive – queste tre cose, essere, conoscere, volere. Io sono, io conosco, io voglio... In queste tre cose quanto sia inseparabile la vita... quanto inseparabile la distinzione... veda chi può". (7 gennaio 1974)
Purtroppo sembra difficile vedere oggi gli uomini farsi il segno della croce, accompagnandolo con una vera professione di fede: o non lo sanno più fare o, ancora più triste, non ne conoscono il contenuto. E viene tanta nostalgia di quando le nostre famiglie, nella loro composta, a volte dura povertà, che non si vergognavano di manifestare, erano meravigliosamente illuminate da questo semplice segno di fede. Anzi era la 'croce', che papà e mamma piantavano, non solo al centro della famiglia, ma ancor più della nostra vita, come a ricordarci che 'il Padre ti ama, il Figlio ha dato la vita per questo amore, lo Spirito Santo è l'Amore, prezioso sale della vita'.
Quel 'segno della croce' raccoglieva le tante lacrime, che in Gesù acquistavano il sapore dell'amore. Le braccia aperte di Dio, costrette dai chiodi a non chiudersi mai, mettevano una gran voglia di abbandonarsi, come a voler affondare la testa su quelle spalle, che si offrivano per accogliere. E quel Cuore sempre aperto era come la porta di casa. Sentivi che ti introduceva in un infinito, desiderato Paradiso, la Casa di Dio, che Lui vuole, da sempre e per sempre, condividere con i Suoi figli.
Ma ora la gente pare che voglia camminare senza quella croce, con il senso di chi ha deciso, non se ne capisce la ragione, di sfrattare dalla propria vita il Mistero dell'Amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e così... finisce che ci si sente sfrattati dalla pace, dalla pietà, dalla compassione e dalla misericordia!
Così tanti si sentono come sul lastrico della vita a mendicare gioie che non ci sono, con nel cuore, al posto della Croce, voglia di ricchezza, dì gloria, svendita di vita, dignità e tentazione di violenza. Rimane l'amarezza di non percepire nella propria vita lo sguardo del Padre, che dal trono della croce del Figlio, pare ci dica: 'Sono qui a dirti che ti amo tanto, da darti come segno del mio amore questo stare sulla croce del mio Figlio; un amore che condividiamo pienamente, un amore che diventa Fuoco con lo Spirito."
Non è forse rassicurante e bello sapere di essere amati da Dio?
Nella nostra debolezza o ignoranza, amiamo a volte piccole cose che non hanno cuore e durano poco.
Quanto amore contiene la Trinità, quando la lasciamo 'incarnare' nel nostro vissuto!
E con Madre Teresa di Calcutta offriamo la preghiera:
"O Dio del cuore, tu che hai creato e dato la vita a tutti noi,
facci crescere in amore per Te e l'uno per l'altro.
Hai mandato Tuo Figlio, Gesù Cristo, per rivelarci che Tu ti prendi cura di noi tutti e che Tu ci ami. Donaci il Tuo Santo Spirito, affinché susciti in noi una fede forte, abbastanza forte per capire con profonda comprensione la vita degli altri popoli, in modo da saper scorgere in ogni bicchiere d'acqua, offerto all'assetato, un bicchiere d'acqua offerto all'amato tuo Figlio
".
 
Testo di mons. Antonio Riboldi
 

Nesso tra le letture

La solennità della Santissima Trinità ci introduce nel mistero dell´autorivelazione di Dio. Dio stesso ci viene manifestato nell´unità della natura e nella distinzione delle persone. La liturgia del ciclo C sottolinea in modo particolare l´amore di Dio Trinità per l´uomo.
Nella prima lettura, tratta dal libro dei Proverbi, troviamo una personificazione della Sapienza che è come un´anticipazione preparatoria alla rivelazione delle Persone della Trinità. La Sapienza non è ancora una persona, ma è personificata e, così, si vuole esprimere che tutto è stato creato con ammirabile concordia, con armonia e bellezza, "ponendo le delizie tra i figli dell´uomo" (prima lettura).
La Lettera ai Romani sottolinea il tema della "speranza nella quale ora ci troviamo grazie a Cristo". Questa speranza è già realizzata, ne siamo parte, cioè siamo già stati giustificati e redenti, tutto questo è già una magnifica e profonda realtà; ma, allo stesso tempo, è una speranza che si deve realizzare nel tempo, cioè non è ancora possesso pieno della Gloria. "Già, ma non ancora", come recita una splendida espressione escatologica. Continuiamo ad essere pellegrini per la via e, di questa speranza, ci vantiamo nelle tribolazioni (seconda lettura).
Nel vangelo si dà ancor più rilievo all´amore di Dio per gli uomini: Cristo saluta i suoi apostoli ed annuncia loro che lo Spirito Santo verrà e li guiderà alla verità completa. Lo Spirito Santo spiegherà loro "le cose che devono venire", spiegherà loro il mistero della passione, della morte e resurrezione del Signore (Vangelo). La solennità della Trinità è, dunque, la grande solennità di Dio, Uno e Trino, e del suo ineffabile amore per noi uomini.

La speranza cristiana non delude, perché l´amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo.
L´uomo ha sempre bisogno della speranza, della virtù che gli assicuri che i suoi sforzi non sono vani e che otterrà quel che il suo cuore anela: la felicità eterna. Nella lettera ai Romani san Paolo afferma solennemente che noi siamo in pace con Dio grazie a Cristo. Il Signore, con la sua obbedienza filiale, si è offerto in sacrificio per tutti noi uomini e ci ha riconciliati col Padre. Questa è l´opera della redenzione degli uomini che già si è compiuta nel mistero pasquale di Cristo, nella sua passione, morte, resurrezione ed ascensione al cielo. È una speranza già concretizzata.
Tuttavia, questa speranza non è ancora un possesso perfetto, è una via verso la gloria definitiva, verso la contemplazione definitiva del volto di Dio. Perciò, la speranza cristiana è compatibile con le difficoltà e le contrarietà della vita. Anzi, è proprio nel dolore e nella sofferenza che la speranza si esprime meglio. Così, ciò che caratterizza la speranza cristiana non è un vano ottimismo, bensì la certezza del trionfo definitivo del bene sul male, della grazia sul peccato, con una visione molto realistica della condizione umana e delle conseguenze del peccato originale sulla storia dell´umanità. È una speranza che non delude, perché l´amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo.
La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull´aiuto della grazia dello Spirito Santo. ´Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promessoª (Eb 10,23). Il Dio che si rivela come Padre, Figlio e Spirito Santo è un Dio che ama gli uomini e che desidera la loro salvezza eterna. Sappiamo, in effetti, che uno degli aspetti del cuore di Dio è la sua sovrabbondanza d´amore per gli uomini. Il dinamismo della rivelazione sta, dunque, in questo: Dio, in qualche modo, si è lasciato totalmente coinvolgere per salvarci: "perché Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione... Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (cfr 2Co 5,17-21).

L´inabitazione della Santissima Trinità nell´anima
Oggi siamo invitati a fare una riflessione su questa mirabile realtà: nel nostro intimo, quando siamo in stato di grazia, dimora la Santissima Trinità. Lo Spirito Santo, il Verbo e il Padre pongono la loro dimora nei nostri cuori. La dottrina dell´inabitazione della Trinità deve essere per ogni cristiano una verità che lo sostiene e lo sospinge lungo gli ardui percorsi della vita.
Il fine ultimo di tutta l´economia divina è l´accesso delle creature all´unità perfetta della Trinità. Ma d´ora in poi siamo chiamati ad essere abitati dalla Santissima Trinità: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).
´O mio Dio, Trinità che adoro — diceva Suor Elisabetta della Trinità —, aiutami a dimenticarmi completamente per dimorare in Te, immobile e quieta come se la mia anima fosse già nell´eternità! Che niente possa turbare la mia pace, o farmi uscire da Te, mio Immutabile, ma che ogni istante mi conduca più addentro nella profondità del Tuo mistero. Pacifica la mia anima, fa´ di lei il tuo cielo, la tua dimora amata e il luogo del tuo riposo; che io non Ti lasci lì solo, mai, ma che sia là tutta intera, completamente risvegliata nella mia fede, tutta adorante, tutta abbandonata alla tua azione creatriceª.

Lo spirito del cristiano di fronte al mondo.
L´amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato dato. Per questo motivo, il cuore del cristiano è un cuore pieno d´amore. Ha ricevuto uno spirito di Figlio, non di servo, non di timore, non di meschinità. Lo spirito del cristiano si pone di fronte al mondo, cammina in mezzo ad esso portando una speranza, una certezza. È importante che i cristiani si assumiamo la propria responsabilità di fronte al mondo. Non dobbiamo disinteressarci di esso, né abbandonarci allo sconforto di fronte alla crescente secolarizzazione, ma proporre sempre in modo nuovo la novità del vangelo e dell´amore di Dio.

Far conoscere l´amore di Dio.
Forse non esiste nulla di più bello del dolce dovere di annunciare agli uomini che Dio li ama. È un compito proprio del cristiano. Il cristiano è colui che annuncia la buona novella, che annuncia il vangelo, cioè che Dio ama gli uomini fino al punto di "non perdonare" il suo stesso Figlio. Cerchiamo di essere predicatori coraggiosi del vangelo dell´amore di Dio. Questo annuncio è specialmente necessario ed attuale nel mondo in cui ci troviamo a vivere, dove la vita dell´uomo è così minacciata fin dal suo inizio, a causa dell´aborto, e fino alla sua fase terminale, a causa dell´eutanasia. Il cristiano deve annunciare con coraggio che, se è vero che la vita dell´uomo è nelle mani di Dio, non è men vero che le sue mani (quelle di Dio) sono affettuose come quelle di una madre che culla, nutre e si prende cura di suo figlio. 

Testo di Totustuus

Foglietto della Messa di domenica 30 Maggio 2010, Solennità della Santissima Trinità (Anno C)
 
Liturgia della Parola di domenica 30 Maggio 2010, Solennità della Santissima Trinità (Anno C)