16 maggio 2010: Solennità dell'Ascensione del Signore

News del 15/05/2010 Torna all'elenco delle news

Tornarono a Gerusalemme, con grande gioia

Celebriamo la festa dell'Ascensione di Gesù al cielo: la Liturgia ci fa vivere questo grande mistero proponendoci i due testi tolti dall'opera lucana Lc.24,46-53 e Atti 1,1-11 e il brano della lettera agli Ebrei 9,24-28;10,19-23. Questo testo ci invita a vedere e a vivere l'Ascensione, e ad interpretare i due testi di Luca, nella prospettiva sacerdotale: "Cristo è entrato nel cielo per comparire alla presenza di Dio per noi" (Ebr.9,24); "Gesù, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccatori, per sempre, si è seduto alla destra di Dio … Infatti, con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati (Ebr.10,12.14).
Gesù ha vissuto in pienezza l'esperienza umana, prendendone su di sé tutta la drammatica fragilità e amandola come Figlio mandato dal Padre a rivelare il suo amore per il mondo: l'ha amata come l'innocente che soffre a causa dei peccatori, come colui che non chiede vendetta ma implora il perdono per i suoi persecutori, come colui che soffre l'ingiustizia ma non maledice né Dio né l'umanità.
Il momento della morte, vissuta come dono totale di sé al Padre e come il più alto atto di amore per l'umanità, è l'ingresso di Gesù nella pienezza della vita di Dio: Gesù è vivo per sempre per l'amore infinito espresso nella morte. "E poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero…": l'amore di Gesù avvolge ormai l'umanità, le infonde fiducia e speranza. "Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso": l'Ascensione di Gesù, esplosione della pienezza dell'amore con cui Gesù ama il mondo, inaugura il corso nuovo della storia non è più nel segno del peccato, ma dell'amore di Dio.
La stessa prospettiva sacerdotale la troviamo negli scritti di Luca, in particolare nel Vangelo che si chiude con la grande visione, icona della comunità dei discepoli di Gesù di ogni tempo: "…alzate le mani, li benedisse e mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, nel cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui" (Lc.24,50-52).

La Liturgia ci presenta i testi di Luca, che contengono due racconti dell'Ascensione: gli esegeti si pongono la domanda sul perché di questi due racconti. Se l'origine del racconto degli Atti degli Apostoli è spiegata con il fatto che Luca ha dovuto dividere in due la sua opera e quindi ha dovuto iniziare la seconda parte con un nuovo prologo che aggancia la conclusione della prima, rimane più impegnativo spiegare il fatto che lo stesso evento è presentato in modo non identico: la lettura parallela delle due pagine mette in evidenza le coincidenze e le differenze. Certo, la prospettiva del Vangelo è più incentrata su Gesù, mentre quella degli Atti degli Apostoli è più rivolta verso la Chiesa. Per questo, se il Vangelo colloca l'Ascensione nel giorno stesso della Pasqua mostrando che la resurrezione di Gesù è il suo ingresso nella pienezza della vita di Dio e l'inizio della sua nuova relazione di amore con il mondo, gli Atti usando lo schema dei quaranta giorni, sottolineano la fine del tempo della presenza fisica di Gesù nella storia e l'inizio del tempo della Chiesa segnato da una presenza non più visibile e tangibile di Gesù, ma pure reale della stessa realtà di Dio.

Luca che in tutto il Vangelo mostra la tensione di Gesù verso Gerusalemme, dove sarebbe avvenuta la sua "elevazione", rimane l'unico autore del Nuovo Testamento che parla dell'Ascensione come uno spettacolo offerto allo sguardo dei discepoli: a lui, dunque, come scrittore va attribuita l'iniziativa di questa descrizione. Fondandosi sulla fede cristiana nella glorificazione di Gesù presso Dio, Luca l'ha "materializzata", come materializza le apparizioni di Gesù facendo in modo che il risorto, lasciandosi toccare e mangiando (Lc.24,39-43), dimostri la realtà fisica della sua esistenza nuova: l'Ascensione, descritta come il passaggio attraverso gli "spazi celesti", è il traguardo a cui arriva il "corpo glorificato" di Gesù per raggiungere il mondo di Dio, dove si crede che egli ormai è vivo.
Dal punto di vista dei fatti storici, è certo che le visioni di Gesù risorto sono finite, egli ha cessato di rendersi visibile e sperimentabile da alcuni dei discepoli, comprese le donne. Essi continuano tuttavia a credere la sua presenza nel mondo di Dio: il suo essersi sottratto all'esperienza sensibile non è un abbandono, ma l'inaugurazione di una presenza nuova mediante il dono dello Spirito (Lc.24,49; Atti 1,5-8).

Celebrare la festa dell'Ascensione di Gesù al cielo significa dunque vivere nella fede il mistero della sua presenza nuova con i suoi discepoli, oggi con noi, entrare nella pienezza della vita inaugurata dal suo passaggio dalla morte alla risurrezione.
La conclusione del Vangelo di Luca (Lc.24, 35-53) può essere letta precisamente così: come una esperienza che la comunità credente vive nella celebrazione liturgica, quella che noi oggi viviamo.
"Gesù in persona sta in mezzo a loro": il punto di partenza è l'affermazione della presenza di Gesù in mezzo ai suoi discepoli, presenza concreta, reale che dona la pace. La preoccupazione di Luca diventa poi quella di superare i dubbi e le difficoltà: Gesù non è un fantasma, la sua non è una presenza vaga: il risorto, pur appartenente al mondo di Dio, è Gesù di Nazareth, il crocifisso, che adesso siede a mensa con loro. Il ricordo della sua Parola che da compimento alle Scritture rende possibile comprendere il senso della sua morte e della sua risurrezione: Gesù morendo per amore e risorgendo ha perdonato tutto il peccato del mondo e lo ha introdotto nella vita di Dio. La comunità che fa questa esperienza ne diventa testimone di fronte al mondo: chi è perdonato, annuncia il perdono. C'è un amore presente nel mondo che è così forte da vincere ogni male ed è capace di rigenerarlo da ogni esperienza di male: questo è possibile perché lo Spirito promesso dal Padre al Figlio amato, lo Spirito che viene dall'alto ricrea veramente l'universo.
Ogni volta che la comunità credente rivive nella celebrazione liturgica il mistero della presenza di Gesù, non fisica ma reale, ne sperimenta concretamente l'infinita fecondità: essa rimane sempre in atteggiamento adorante del suo Signore che dal Padre attinge ogni benedizione.
La gioia frutto della esperienza del sentirsi amata da Lui è la caratteristica della comunità credente: ciò che le è chiesto è di "tornare a Gerusalemme e restare nel Tempio per lodare Dio". A noi è chiesto di non allontanarci dalle radici del mistero espresso da Gerusalemme e rimanere in Cristo, il nuovo Tempio, fonte di vita e di gioia. 

Testo di mons. Gianfranco Poma
 

Gesù ascende al cielo

Negli Atti degli Apostoli è narrata la solennità di Gesù che ascende al Cielo: Gesù, che dopo la sua missione tra gli uomini - diremmo noi - 'torna a Casa': ma è un ritorno che, in altro modo, assicura la Sua Presenza - come è di fatto - tra di noi.
"Nel mio primo libro – così inizia S. Luca, riferendosi al suo Vangelo – ho già trattato, Teofilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo avere dato istruzione agli apostoli, che si era scelto nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo.
Egli si mostrò vivo ad essi, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio. E mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre: 'quello che avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni'. Così, venutisi a trovare insieme Gli domandarono: 'Signore, è questo il tempo in cui ricostruirai il regno di Israele?: Ma egli rispose: 'Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti in cui il Padre ha riservato la sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra.' Detto questo fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché stavano a guardarlo, fissando il cielo mentre se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: 'Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che è stato tra di voi assunto in cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo.'" (At. 1, 1-11)
Forse ci saremmo aspettati, alla fine del breve racconto dell'Ascensione, che si evidenziasse l'afflizione degli Apostoli per la partenza ormai definitiva del Maestro,
Ma non è così, perché non vi fu tristezza, come racconta, sempre Luca, nel suo Vangelo:
"Poi li condusse fuori verso Betania, e alzate le mani li benedisse, Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. E gli apostoli, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio, lodando Dio". (Lc. 24, 46-53)
C'è una bella differenza rispetto al Venerdì santo, quando erano stati lasciati nella paura e nello smarrimento... come se tutto avesse avuto una fine inaspettata.
Sulla croce era apparso un 'uomo' privo dì dignità e di grandezza. Come se Gesù, che era stato seguito come il Maestro, il Signore, si fosse sbriciolato sotto i colpi della superbia umana: un 'giocattolo' di estrema fragilità, che pareva non resistere al paragone con l'apparente potenza dell'uomo. Non avevano ancora capito che era proprio quella croce a glorificarlo.
Era vero: gli uomini, nella loro stupidità, non avevano fatto alcuna fatica a 'demolire' la potenza del Figlio dell'uomo... almeno esternamente. È un poco quello che accade anche tra di noi, quando crediamo di poter annientare la potenza di Dio, per dare posto alla nostra immensa fragilità, che cerchiamo di nascondere con la superbia.
Non si erano resi conto, e a volte non ce ne accorgiamo neanche noi, che 'quella' era stata la scelta dello stesso Gesù: non era stato crocifisso, ma si era lasciato crocifiggere, dando di propria volontà la vita, estremo atto di amore per noi.
Era difficile però, per gli Apostoli, capire il trionfo di Gesù sulla croce e la sconfitta dei crocifissori. Erano poveri uomini, con l'ignoranza e la cecità di spirito, che sperimentiamo anche noi.
Ma ora Gesù, con la sua resurrezione, ha messo fine, ai loro e nostri dubbi: ha cambiato completamente la verità della fragilità nella nostra vita, chiamata ad una gloria, che solo Dio, il Figlio di Dio, poteva conquistare per noi. La resurrezione ha ormai tracciato strade, che possono conoscere l'infinito di Dio. Gesù 'passa le pareti', non conosce più spazio né tempo: ci ha aperto la porta della vita eterna.
I discepoli ormai sanno che ora il Maestro sarà sempre con loro... e dovremmo saperlo anche noi! L'Ascensione chiude solo l'esperienza terrena di Dio tra noi, ma continua la più grande storia di amore mai scritta o immaginata. Adesso sappiamo che la nostra vita non è un'esperienza di poco conto, senza alcuna speranza nel dopo.... al contrario, anche se può essere o apparire un Calvario, ci conduce ad ascendere con Gesù. Chi davvero crede e vive, preparandosi all'eternità, sa quanta nostalgia prende a volte di entrare nel Cielo.
Dando uno sguardo al mondo, proprio non capisco perché questa nostalgia non appaia, forse troppo `appagati' dal nulla di questa terra.
Così presentava l'Ascensione di Gesù al Cielo il nostro sempre caro Paolo VI, che ci guida nelle riflessioni: "L'avvenimento finale della vita di Cristo sulla scena della storia umana, è la sua ammirabile ascensione al Cielo, il suo passaggio da questa terra, da questo nostro mondo, a noi conoscibile, in cui noi siamo immersi come pesci nell'oceano, ad un altro mondo, ad un altro universo, ad un'altra forma di esistenza, della quale abbiamo la certezza, ma ancora scarsa notizia e, forse, nessuna esperienza. Si chiude così quel breve periodo di presenza dell'umanità del Figlio di Dio tra di noi, e comincia quell'altro periodo che dura tuttora e che chiamiamo storia del cristianesimo.
Perciò da un lato il nostro pensiero, il nostro culto è rapito in alto nello sforzo amoroso di seguire Gesù, che scompare al nostro sguardo, e si sottrae alla nostra conversazione terrena: non lo vedremo più, fino a quell'ultimo giorno, non da noi calcolabile e in cui ritornerà per giudicare i vivi e i morti.
Dall'altro canto il nostro ricordo di tale avvenimento misterioso e storico ad un tempo, ci fa sentire la nostra solitudine, la nostra condizione di seguaci di Cristo, di credenti in Cristo, di legati a Cristo, rimasti in terra senza la sua visibile presenza. Nasce nei fedeli, privi del rapporto sensibile con Gesù, lo sforzo di comunicare ugualmente con Lui; nasce cioè la ricerca di vincoli che tuttora ci uniscono a Lui; una ricerca che sarà subito ricca di risultati, fino a darci la prova della promessa realizzata di una sua dolcissima parola di commiato: 'Non vi lascerò orfani, verrò da voi' e di quell'altra parola solenne, che proclama Cristo presente nei secoli: 'Ecco io sono con voi fino alla fine del mondo'. E noi vogliamo metterci nei panni degli apostoli, che scomparso Gesù dai loro occhi, se ne tornarono a Gerusalemme, si raccolsero con Maria nel cenacolo in attesa dello Spirito Santo." (maggio 1963)
Dovremmo anche noi ritrovare quanto hanno provato gli Apostoli il giorno in cui Gesù salì al Cielo: `Tornarono a Gerusalemme can grande gioia', una gioia che diverrà, con la Pentecoste, forza e capacità di trasmetterla a tutti.
II giorno dell'Ascensione, gli Apostoli sanno ormai - e dovremmo esserne certi anche noi - che Gesù sarà dovunque essi si troveranno. Quando parleranno diranno 'Parole Sue'; Lo troveranno nel cuore, riempito dalla Sua pace, anche quando saranno arrestati; i loro gesti saranno i 'Suoi gesti', per continuare la Sua opera, segno del grande bene che il Padre ci vuole, quella carezza che quotidianamente Dio, se abbiamo fede, ci fa, perché dimentichiamo le frustate dell'indifferenza, della cattiveria e violenza cieca. E per sentirseLo ancora più vicino, ogni volta parteciperanno, parteciperemo, all'Eucarestia, lasceranno il posto principale libero, perché a presiedere sia sempre Lui.
Con passo deciso, illuminati dalla certezza del nostro futuro con Lui, camminiamo per le strade del mondo, testimoni del Risorto, a 'predicare' Lui, salvezza di tutti.
Sono venti secoli che questa Presenza divina nella Chiesa si fa strada nella storia, tessendo la vera nostra storia, che non conoscerà più tramonto.
Oggi davvero tutti noi, che crediamo, alzando le mani al cielo, indichiamo il Maestro che si eleva su di noi ed è assiso alla destra del Padre, eppure continua a camminare al nostro fianco!
Questa è davvero la gioia dell'Ascensione di Gesù al Cielo per noi.
Con madre Teresa di Calcutta preghiamo:
"Signore, nostro Dio, tu hai dato te stesso per noi.
Noi vogliamo essere a tua disposizione per essere tuoi, affinché un giorno possiamo possederti e per ricevere tutto ciò che dai e dare tutto ciò che chiedi, con un sorriso.
Prendi ora tutto di noi, perché ti serva di noi come ti piace, senza tentennamenti. Prenditi la nostra volontà e tutta la vita
affinché tu possa compiere le tue opere con le nostre mani,
e così un giorno possiamo ascendere in cielo con te. Per sempre
."
 
Testo di mons. Antonio Riboldi


Foglietto della Messa di domenica16 Maggio 2010, Solennità dell'Ascensione del Signore (Anno C)
 
Liturgia della Parola di domenica16 Maggio 2010, Solennità dell'Ascensione del Signore (Anno C)