Sentirsi conosciuti da Dio

News del 17/04/2010 Torna all'elenco delle news

Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?

Come vivere questa Parola?
Pietro, l'apostolo ardente impulsivo pieno di slanci e di intemperanze. Per lui non esistono mezze misure, calcoli prudenziali. Il Maestro è lì? Sì lancia in acqua! Con la stessa prontezza non aveva esitato a seguirlo nella notte del tradimento.

Ma allora proprio questo suo agire di primo impeto, senza rifletterci su tanto, lo aveva messo in una situazione incresciosa che lo aveva visto scivolare nel rinnegamento. Eppure Gesù conserva per lui tutto il suo apprezzamento.
E quando quel mattino se lo vede lì, ansimante e grondante acqua dopo quella nuotata fuori programma, non ha per lui che una domanda: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?".
Gli rivolge la parola non con un generico "tu". Lo chiama per nome e, diremmo oggi, per cognome. È un sottolineare la solennità del momento, ma soprattutto è un dire: "ti conosco fin nelle tue radici", conosco i tuoi limiti, le tue cadute, ma anche l'ardore del tuo cuore. Nulla di te mi è sconosciuto o indifferente. È un sentirsi "conosciuto" da Dio.

Per tutti posso essere semplicemente un "uomo" una "donna" un impiegato un professionista o una casalinga. Per Lui no. Io sono quella persona unica e irrepetibile di cui Lui un giorno ha pronunciato il nome chiamandola all'esistenza e che il suo sguardo non ha cessato di seguire, come se fosse l'unica al mondo, la più vicina al suo cuore. E la domanda che pone va nella stessa direzione: "mi ami tu più di costoro?", dove non si vuole porre in atto un confronto, una contrapposizione. Io sono unico per Lui. Lui è unico per me. Il mio amore non può che qualificarsi per quel "più" che dice tensione verso una pienezza, desiderio di totalità.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, lascerò che Gesù rivolga a me la domanda fatta a Pietro. E con Pietro risponderò umilmente: "Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo"

La consapevolezza del mio essere peccatore non freni mai, Signore, lo slancio sincero del cuore che ti cerca, ti desidera, ti ama.

"Gesù mio, se potessi convertire tutte le gocce d'acqua che sono nel mare, nelle fonti, nei fiumi; tutti i granelli di sabbia che ci sono sulle spiagge, tutte le foglie degli alberi, tutte le piume degli uccelli, tutti i fili d'erba che ci sono nelle praterie, tutti i capelli delle persone e tutti i chicchi di grano, tutti i semi dei vivai: se tutto questo io potessi convertire in atti d'amore e di riparazione al tuo Cuore divino! " (beata Sr. Eusebia Palomino) 

Testo dall' Eremo San Biagio


Come superare la crisi di identità

Gli studiosi biblici ritengono che il cap. 21 sia un epilogo aggiunto posteriormente dallo stesso evangelista o uno dei suoi discepoli. Il testo deve essere nato come risposta ad alcuni problemi, come crisi di identità della comunità in piena missione; il riscatto di Pietro che, finalmente, incontra la sua identità; la perplessità davanti alla morte del "patriarca" della comunità del discepolo amato, probabilmente l'evangelista Giovanni.

1. vv. 1-14: Come superare la crisi di identità della comunità?

Ci troviamo nuovamente in un contesto eucaristico e con molte somiglianze col cap. 6; ma è anche un contesto missionario.
La scena si apre col "mare di Tiberiade" e ci fa pensare all'ambiente di azione della comunità. Tiberiade che diede il nome al lago, fu costruita in onore dell'imperatore Tiberio. Giovanni chiama il lago "mare di Tiberiade" e non "mare di Galilea". Forse la cosa è intenzionale, dimostrando con ciò che la comunità (i discepoli) è in piena attività missionaria (pesca) in mezzo ai gentili (rappresentati dal lago). Cfr. v. 1.

Il v. 2 ci presenta sette discepoli insieme. Sette: ci dà l'idea della totalità; quando è relazionato con "sette popoli", indica la totalità delle nazioni. I sette sono capeggiati da Simon Pietro e decidono pescare (v. 3). Il fatto può essere letto simbolicamente. Da un lato può rappresentare le fughe della comunità che non possiede prospettive chiare. Difatti, secondo i sinottici, i discepoli furono chiamati ad essere pescatori di uomini. E ora ritornano a pescare pesci... D'altra parte - sia questa forse la vera intenzione di Giovanni - il fatto può indicare l'azione missionaria della comunità in mezzo ai pagani, dei quali il mare è simbolo. Nei vangeli, la pesca ha sempre una connotazione messianica ed escatologica.
Accettando la seconda ipotesi, vediamo i sette pescando in una notte senza frutto. É la crisi della comunità missionaria. La notte, in contrasto col giorno, simbolizza l'assenza di Gesù o dello Spirito (cfr. 9,4-5 e 15,5).

Come uscire dalla crisi di una comunità che non realizza il progetto di Dio? Troviamo la risposta in seguito. "Sul far del giorno" (v. 4a) è una allusione alla nuova realtà inaugurata dalla risurrezione. Ma i discepoli non "sapevano" che Gesù era sulla spiaggia. Manca qualcosa alla comunità: senza la fede nella risurrezione di Gesù il suo compito è sterile. E la risposta dei discepoli (v. 5) conferma questa sterilità.

La parola di Gesù risorto muta la situazione. Lanciando la rete a destra della barca, i discepoli prendono una grande quantità (lett. moltitudine) di pesci. Giovanni aveva utilizzato solo una volta questa parola "moltitudine" (cfr.. 5,3) riferendola ad "una moltitudine di infermi". Scegliendo questa "moltitudine", la comunità diventa feconda e fruttifera. La coscienza di questo nasce dall'amore. Il "discepolo amato" è l'unico capace di percepire che la comunità realizzerà la sua missione con successo (v. 6b) quando farà la sua scelta per Gesù e per la "moltitudine". Perciò è lui che scopre chi diede questo ordine: "É il Signore" (v. 7a).

Identificata la radice della crisi, Pietro sintetizza le nuove disposizioni della comunità: si veste (allusione al servizio, cfr. v. 13,4 come Gesù) e si butta in mare (disposizione ad affrontare il rischio). Pietro fa questo da solo perché ha il dovere di riconciliarsi con Gesù ed il suo progetto: non aveva accettato Gesù come servo (cfr. 13,6.8) e lo negò tre volte (18,17-27).

Giunti alla spiaggia, i discepoli vedono in primo luogo i segni dell'amore di Gesù per loro: brace, pesce e pane (v. 9). Vedono il segno di ciò che Gesù aveva loro preparato (cfr. cap. 6). Ma Gesù chiede qualcosa del frutto del loro lavoro. É così che si stabilisce la comunione tra Dio e le persone (v. 10).
Pienamente riconciliato, Pietro entra "da solo" nella barca e trascina la rete per terra (v. 11a). Da dove gli viene tanta forza per fare da solo ciò che prima era fatto con tanta difficoltà? (v. 6). É che "entrare nella barca" è la conseguenza immediata di "buttarsi in mare" (v. 7b). L'evangelista parla di 153 grandi pesci. Si è parlato molto di questa cifra. La spiegazione più plausibile sembra quella di S. Girolamo. Secondo lui, gli zoologi greci avevano classificato 153 specie di pesci. Il significato sarebbe dunque questo: l'azione della comunità, col mandato di Gesù, è capace di riunire tutti i popoli attorno a sé, senza con questo soffrire rotture (la rete che non si strappa; cfr. l'allusione alla tunica di Gesù, 19,24). E Pietro, convertito e riconciliato con Gesù, tira la rete che non si strappa (v. 11b).

Gesù prende l'iniziativa ed invita la comunità all'Eucaristia: "Venite a mangiare" (v. 12a). É la refezione dove sono presenti tutti i popoli (153 grandi pesci). A partire da questo gesto più nessuno ha bisogno di chiedere a Gesù: "Chi sei tu?" perché "sanno" che lui è il Signore (v. 12). Nel 4º vangelo troviamo varie volte questa domanda (cfr. 1,19; 8,25; 10,24; 18,33) senza che ci sia una risposta definitiva. Qui, nel finale, cessano le domande perché l'esperienza del Cristo risorto non ha più bisogno di loro.

2. vv. 15-19a: La vocazione del discepolo: comunione con Dio e solidarietà con le persone  Nella scena precedente Pietro non aveva nessuna attenzione da parte di Gesù: ora è il centro dell'attenzione di Gesù. Cosa si chiede a qualcuno che ha fatto le stesse scelte di Gesù? Lo troviamo nei versetti 15-19a, mentre i vv. 19b-23 illustrano la vocazione del discepolo.

Le condizioni per seguire Gesù diventano evidenti nella triplice domanda diretta a Pietro: "Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?", nella triplice risposta e nella conferma del compito. C'è una stretta relazione con la triplice negazione di Pietro (18,17-27). Difatti, Giovanni non ricorda il pianto di Pietro come aveva fatto invece Luca (22,62). Ciò che Gesù chiede è l'amore incondizionato. Concretamente questo amore si effettua nell'azione di Pietro che prolunga l'azione di Gesù, pastore e porta. Il discepolo entra per la porta che è Gesù (10,9), e di là condurrà le pecore, portandole a possedere la vita di Gesù (10,10).

Questo progetto assunto dal discepolo comporterà dare la propria vita, come fece Gesù. Difatti, l'espressione "stendere le mani" è una probabile allusione al gesto dei condannati alla crocifissione, che aprivano le braccia per essere caricate con la trave superiore della croce. E "lasciarsi cingere" ricorda la corda legata a quelli che erano condotti alla crocifissione. La vocazione è dunque seguire Gesù: "Io sono il cammino" (14,6) e diventa evidente nell'azione di Gesù. 

Testo di padre Tino Treccani (2001)