11 aprile 2010: Domenica in albis - Tommaso, metti qua la tua mano e credi!

News del 10/04/2010 Torna all'elenco delle news

Fino a poco tempo fa, questa seconda domenica di Pasqua era detta 'in albis', ossia, quanti nella notte di Pasqua erano 'risorti a vita nuova' nel Battesimo o nella conversione della vita, a significare la loro 'nuova vita in Cristo', indossavano una veste bianca, che conservavano per una settimana e deponevano in questa domenica, anche se in realtà erano tenuti, partecipando sempre dello Spirito del Risorto, a conservarla integra, nella vita, fino alla resurrezione dopo la morte.
Se facciamo attenzione, nel rito del Battesimo, dopo aver ricevuto il sacramento, e quindi essere `risorti', il ministro del Battesimo fa indossare al neobattezzato una piccola veste bianca, invitando a non deporla mai con la vita.
C'è da chiedersi se conserviamo quella veste battesimale, ancora oggi, magari stazzonata o sporca per le nostre debolezze, ma con la volontà di non deporla mai?!
In fondo il Mistero pasquale della Resurrezione, dovrebbe essere presente e vissuto e, anche se con tante debolezze e incertezze, accompagnarci nella vita come 'stella polare' delle nostre scelte.
Afferma Paolo VI, che ci accompagna sempre nelle nostre riflessioni:
"Così grande, così importante per noi è il fatto della resurrezione di Gesù, che, come la Chiesa prolunga per alcune settimane la meditazione su di essa e ravvisa nell'avvenimento della passione, morte e resurrezione del Signore Gesù, il Mistero per eccellenza, così noi cristiani, rinnovati dalla sua recente celebrazione, sostiamo ancora una volta sulla riflessione, per chiederci qual è il nostro rapporto tra Cristo Risorto e noi. Cosa ci resta di Gesù Risorto. La questione non è una curiosità vana. È una domanda essenziale per la nostra fede e la nostra vita religiosa. Che cosa resta di Gesù Risorto in noi? È presente in noi e come? Le ultime parole di Gesù, registrate da Matteo, ci attestano una cosa meravigliosa. Nell'atto di scomparire dallo sguardo dei suoi discepoli, Gesù disse: 'Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo'. Dunque Gesù continua la Sua Pasqua, oggi. Sta a noi partecipare, anche se è grande ma necessaria fatica sostenuta dalla Grazia sentire e vivere il Mistero della Pasqua nella vita quotidiana. È possibile? Direi necessaria per dare alla vita quel senso di eternità con Cristo che è la verità dell'esperienza".
Il Vangelo di oggi (Gv. 20, 19-31) ci prende per mano per superare le debolezze della natura così ansiosa di un vero domani. sù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché credendo abbiate la vita nel Suo Nome".

Possiamo immaginare lo stupore degli apostoli nel vedere ciò che mai avrebbero potuto immaginare, ossia che un morto possa risuscitare.
Ma se vogliamo è anche il nostro stupore quando riflettiamo che 'forse' la vita non finisce qui. Confusi di fronte alla prospettiva di una vita senza domani e senza sapore, quando all'improvviso scopriamo che va oltre con la resurrezione, davvero questo Mistero dà quel senso alla vita che cambia tutto in noi.
Altro è vivacchiare, passando da un'esperienza all'altra, senza mai essere felici, altro è sapere con certezza che, se vivremo nella fede di Tommaso, tutto prende altra forma.
In fondo il nostro domani è sempre quello che ci interpella ed è un domani che non ha un suo traguardo solo qui su questa terra, ma va oltre, e lo sentiamo profondamente nel cuore, anche se a volte qualcuno non vuole ammetterlo!
È questa non accoglienza della verità che crea le incertezze di tanti, che sembrano dare ragione alle parole di Tommaso: 'Se non metto le mie mani nelle piaghe... .'
Ma se ci apriamo al 'dubbio' – quello vero, riguardante le nostre 'scientifiche', pregiudiziali, `troppo terra, terra' certezze – disposti ad accogliere la Verità, anche a noi Gesù si fa presente e mostra i segni della Sua Resurrezione e anche noi diremo: 'Signore, mio Dio!'.

Per gli Apostoli, come per noi, da quel momento la prospettiva cambia.
Essi avevano lasciato tutto per seguire Gesù, lasciando alle spalle le poche sicurezze che offre la vita. C'era stato il momento della prova nella passione e morte del Maestro, come un sogno, forse, di felicità terrena svanita e la grande paura del fallimento e di una fine come quella del Maestro.
Ma poi tutto è cambiato.
Ora sanno, e anche noi lo comprendiamo, che cosa significhi seguire Gesù,
Vuol dire andare dove Lui è andato, essere magari scherniti, essere uccisi... ma è soprattutto partecipare alla gloria del Maestro, che li ha, ci ha chiamati a seguirlo, fino a risorgere con Lui. È la vocazione di tutti coloro che sono stati 'chiamati da Gesù nel Battesimo', sempre che Lo seguiamo.

Ma Gesù non si limita a confermare i suoi nella fede in Lui; apparendo loro li fa partecipi della Sua missione tra di noi, consegnando loro, addirittura, `le chiavi del Regno': 'Tutto quello che voi rimetterete, sarà rimesso'.

Così là dove Gesù risorge inizia la resurrezione degli uomini; là dove si manifesta la gioia, la pace del Signore, questa è estesa a tutti gli uomini.
Gli apostoli sentono ormai di appartenere a quella Resurrezione, di essere inondati da quella gioia, da quella pace, ma nello stesso tempo ricevono il mandato di farne parte all'intera umanità.
Il dubbio di Tommaso sembra proprio la provocazione dell'uomo che di fronte a tanto ineffabile Mistero contrappone le sue certezze, ed è accettata da Gesù, per dare una ulteriore conferma alla Resurrezione.
E Tommaso rappresenta molto noi.
C'è troppa gente, magari battezzata e quindi chiamata alla resurrezione, che vive, ma senza pensare al domani che l'attende e neppure si dà pensiero del dopo.
È triste vivere così, è riduttivo...è drammatico, angosciante.
Spiega forse il fallimento di tanti nella vita, che ricorrono al suicidio e di tanti che si disperano interiormente perché non trovano la ragione e il senso del vivere, quasi la vita fosse una maledizione e non una meravigliosa opportunità, una vocazione alla felicità piena con Dio e con gli altri.
È facile incontrare persone così, vanificate o distrutte dentro.
Ne ho incontrate nella mia vita di pastore e si rimane senza parole, perché di fronte a queste tragedie dell'anima, l'unico atteggiamento è l'ascolto... è la preghiera. , . nell'attesa che Gesù si affacci e trovi spazio nel loro cuore per dire: 'La pace sia con te.
Sono tanti questi 'smarriti' tra di noi.
È il dolore di noi pastori che spesso non riusciamo a raggiungerli, perché spesso rifiutano di essere raggiunti.
In questo caso non sono paragonabili a Tommaso: egli non ha rinunciato a stare con gli altri apostoli ed è lì che Gesù lo ha cercato e trovato... ed è rinata la gioia.
A volte, è vero, ci sentiamo cosi miseri e confusi nella nostra vita di cristiani, che proviamo un senso di smarrimento, quasi di averLo perso e ci ritroviamo 'abbattuti e nascosti', come gli Apostoli.
Ricordiamocelo sempre: nella vita non c'è peggior scelta di quella di chiudere la porta del cuore in faccia a Dio o di perdere la fiducia in Lui, nel dono della Sua Resurrezione, tanto da credere che parlare di Pasqua sia qualcosa che non ci appartiene.
Noi pastori vorremmo 'usare le chiavi del Regno' per aprirlo a tutti, rimettendo i peccati.
Ma quanta fatica. Una fatica però necessaria se si ama l'uomo ovunque sia, comunque sia.

Vorremmo che la Pasqua fosse la festa per tutti e non resta che pregare e amare.
Lo faccio con le parole di Madre Teresa di Calcutta:

"Signore, Ti prego dona luce agli smarriti e disperati
per vedere la cupa profondità della loro tentazione.
Dà loro il Tuo amore affinché possano almeno intravedere
le ricchezze che Tu hai preparato per tutti noi.
Infondi in loro lo Spirito Santo
affinché possano vedere che Tu hai bisogno di loro
e li ami ed hanno ancora uno scopo nella vita,
quello di trasmettere l'amore e la misericordia che hai per loro.
Dà loro la speranza per il futuro e lasciali vivere, Signore
".
 
 
Testo di mons. Antonio Riboldi, vescovo 

Foglietto della Messa di domenica 11 aprile 2010, II Domenica di Pasqua (Anno C)
Liturgia della Parola di domenica 11 aprile 2010, II Domenica di Pasqua (Anno C)