26 marzo 2010: XVIII Giornata dei Missionari Martiri, in memoria di mons. Romero arcivescovo di San Salvador

News del 25/03/2010 Torna all'elenco delle news

Come ogni anno la Chiesa Italiana si ritrova per celebrare una giornata di preghiera e digiuno facendo memoria dei missionari martiri e di quanti ogni anno vengono uccisi solo perché “incatenati a Cristo”.

Quest'anno sono esattamente trent’anni dalla morte di mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 mentre celebrava la santa Messa. Una morte che segnò profondamente la vita del Paese centramericano. “Pastore zelante” lo aveva definito nel 2000 Giovanni Paolo II.

Dal 1993 questa data è stata scelta dal Movimento Giovanile Missionario delle Pontificie Opere Missionarie italiane per ricordare ogni anno tutti i missionari uccisi nel mondo, con una “Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri”, quest’anno dedicato proprio a mons. Romero.

Molte le iniziative in programma, che culmineranno il 26 marzo con la veglia ecumenica, in programma a Roma (ore 19, chiesa di San Marcello, Via del Corso) e presieduta da mons. Gregorio Rosa Chavez, vescovo ausiliare di San Salvador, in ricordo di tutti i martiri del mondo.

E proprio in questi giorni (fino al 27 marzo) “Missio giovani”, organismo pastorale della Cei, è in pellegrinaggio con 20 giovani in Guatemala e Salvador sulle tacce di mons. Romero e degli altri martiri latino-americani.

“Il ripetersi fin troppo frequente di episodi di martirio tra i missionari e tra i cristiani rinnovano dolore, smarrimento, talvolta anche paura e rabbia”, osserva don Gianni Cesena, direttore generale di Missio: “Però sul seme di Romero, come su quello dei martiri cristiani antichi o contemporanei, ogni comunità cristiana ha ritrovato il senso profondo della vita secondo il Vangelo e spesso il coraggio di una memoria attiva, non rassegnata, capace di continuare il cammino con uno slancio migliore” (agenzia SIR).

Le offerte frutto del digiuno di quest’anno, in occasione della Giornata dei missionari martiri, si legge sul sito del Movimento Giovanile Missionario (www.mgm.operemissionarie.it) - saranno destinate alla parrocchia di San Pablo Apostol, a Manila, dove da quasi 20 anni operano i Padri Canossiani, per iniziare a costruire un Centro giovanile e poi strutture parrocchiali, pastorali e sociali (tratto da www.l’azione.it)

«Non potremmo intendere il martirio come l'estrema, radicale accettazione dell'altro quale espressione dell'ancora più radicale accettazione di Dio?», si riflette nella presentazione della serata. «Gesù, infatti, non salva l'uomo perché muore "per lui", ma perché, morendo, ribadisce che Dio è padre e che, quindi, l'uomo continua a essergli figlio. Non è la morte che fa vivi bensì l'amore, e l'amore è prima di tutto "spazio che si libera per l'altro" nell'offerta di una relazione senza la quale l'altro non sarebbe. E il martire, dunque, muore perché l'altro sia» (PIME, centro di cultura e attività missionaria, Milano; il numero di marzo di Mondo e Missione è dedicato interamente agli "eredi" di mons. Romero: i martiri dell'America Latina del nostro tempo).

In passato si ricordavano i “martiri progressisti”; oggi quelli causati dall’islam. E si dimenticano i vescovi cinesi in carcere o i cattolici vietnamiti, vittime di uno Stato che vuole controllare la vita degli individui (come è la tentazione dell’occidente).

Il culto dei martiri deve spingere alla missione e al pellegrinaggio. Gli Stati devono garantire la libertà religiosa, base per la pace.

Nell’anniversario dell’assassinio di mons. Romero, occorre fare memoria di tutti i martiri per rinnovare la fede.


Consulta l'elenco dei missionari uccisi dal 2000 al 2009
 

Veglia di preghiera proposta per la Giornata 2010
 

Ricorre oggi la 18ma Giornata di preghiera e digiuno a ricordo dei missionari martiri. Voluta dal Movimento giovanile missionario delle Pontificie opere, essa si celebra ogni anno il 24 marzo, giorno in cui mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador è stato ucciso durante la celebrazione della messa.

La memoria dei martiri è uno degli elementi cardine per approfondire la fede: Giovanni Paolo II ne ha rilanciato il valore quando ha voluto preparare la Chiesa ad entrare nel terzo millennio. Ora, sulla sua scia, molte comunità cristiane, associazioni, semplici fedeli organizzano marce, digiuni, rosari per onorare fratelli e sorelle che nel mondo muoiono a causa della fede. Ma perché il culto dei martiri divenga una base per il rinnovamento della nostra fede, sono necessarie alcune puntualizzazioni.

Occorre anzitutto ricordare tutti i martiri, senza scremare, nascondere o dimenticare quelli che non sono assimilabili alla nostra mentalità. In passato, si preferiva parlare soprattutto di martiri “progressisti”, uccisi da regimi di destra – soprattutto in America Latina – o da regimi succubi del neocolonialismo occidentale (come in Africa).

Lo stesso mons. Romero è stato usato per molto tempo come una bandiera per criticare la supremazia Usa in America Centrale. È stato Giovanni Paolo II a strappare dalle viscide strumentalizzazioni politiche la figura di questo martire, mettendo in luce il suo cuore appassionato a Cristo e la prontezza nel suo donare la vita per il bene del suo popolo. Oggi sembra si preferisca parlare soprattutto dei martiri nel mondo islamico, forse perché si vede in questo un loro possibile uso nella lotta mondiale al terrorismo e per esaltare la necessità di sicurezza nelle proprie frontiere.

C’è anche il pericolo opposto: che per paura di strumentalizzazioni politiche, i cristiani tacciano sui loro eroi della fede. Ricordare i martiri è onorare la loro fede e il dono fatto della vita a causa del Vangelo, per imparare a divenirne imitatori, non un mezzo per fare campagne politiche.

A questo proposito vale la pena ricordare che vi sono martiri cinesi, fra i più dimenticati dalla Chiesa e dalla società. Pochi cristiani – nemmeno vescovi – si ricordano che nelle prigioni cinesi ci sono tre prelati della Chiesa cattolica scomparsi da anni (qualcuno da decenni) nelle mani della polizia. Poche volte ho visto pregare per loro, implorare la loro liberazione alle autorità di Pechino.

Un simile destino capita ai cristiani vietnamiti (e all’arcivescovo di Hanoi, mons. Kiet), da anni sotto le percosse, i soprusi, il bombardamento mediatico del governo. Eppure la loro testimonianza è fra le più feconde in Asia, e la loro persecuzione è molto vicina a quella che potrebbe capitare a noi, da parte di un governo statolatrico che pretende occupare tutti gli spazi sociali e morali della vita della gente: un po’ come fanno i governi occidentali con l’aborto, la pillola, il preservativo e altri fantomatici “diritti”.

Il ricordo dei martiri deve spingere anche al pellegrinaggio. Anzitutto alle loro tombe, ma poi alle case e alle chiese delle comunità del Salvador, del Messico, del Medio Oriente, della Cina. Questi viaggi devono servire a condividere la sofferenza, ma soprattutto la fede di questi nostri fratelli, “portando le loro catene” (Ebrei 13, 3), perché nasca una maggiore decisione missionaria in ognuno, in particolare nei giovani.

Il culto dei martiri ha un valore anche per la società civile: in un mondo relativista, che rischia il suicidio per mancanza di verità, la loro preziosa testimonianza afferma che vi sono valori per cui vivere e morire, che vi è una Vita più potente della morte. Non per nulla i vescovi del Giappone hanno voluto mettere sotto la protezione dei martiri giapponesi la vita di tanti loro giovani tentati dal suicidio.

Per gli Stati e i governi, il culto dei martiri deve muovere a garantire ovunque la libertà religiosa. Il loro sacrificio è il segno di disordine e violenza nella società, due elementi che non aiutano né la crescita, né la pace.

La loro morte per amore a Cristo è un pegno di riconciliazione ( Testo di Bernardo Cervellera - © Asia News - 24 marzo 2010 rassegna-stampa-cattolica/dal-mondo/ricordare-tutti-i-martiri.html)