3 novembre 2019 - XXXI Domenica del T.O.: quando la rinascita inizia da uno Sguardo

News del 03/11/2019 Torna all'elenco delle news

Come nell'episodio di Zaccheo, nella vita di ognuno ci sono cose, persone o abitudini che fanno da “folla”, ovvero da agenti che ostacolano la visione di Gesù. E ci sono poi alcune cose, persone, pratiche che fungono da sicomori. Questi richiedono da noi il discernimento per riconoscerli e il coraggio di “arrampicarci“, per così dire, ovvero di investire noi stessi. Anche se può essere costoso o difficile, ne vale la pena. Perché niente è più bello del sentire il Signore che dice: «Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 

Robert Cheaib 

 

Gerico è la città famosa per le sue mura inespugnabili espugnate dagli israeliti senza bisogno di nessuno sforzo se non quello della fiducia nel Signore. Ma c’è qualcosa di più inespugnabile delle mura di una città come Gerico, è il cuore dell’uomo quando per motivi che nessuno può conoscere fino in fondo, si chiude sulla difensiva, trincerandosi in ragionamenti, orgoglio, furbate, paure, malefatte, e dolore subito e procurato. La vera Gerico del vangelo di oggi si chiama Zaccheo. È un ricco, capo dei pubblicani, certamente non simpatico al resto della popolazione. È lui, che spinto da una misteriosa curiosità, cerca di “vedere Gesù”: “cercava di vedere chi era Gesù, ma non poteva a motivo della folla, perché era piccolo di statura. Allora per vederlo, corse avanti, e salì sopra un sicomoro, perché egli doveva passare per quella via”. Ognuno si porta nel cuore un desiderio di vedere Gesù.

Magari è travestito da curiosità, da “niente di impegnativo”, da inquietudine, da crisi, da ricerca, ma nessun uomo vivo è così perduto e malconcio interiormente da non avere in fondo al cuore questo desiderio che delle volte non riesce a consapevolizzare ma che esprime comunque in mille modi. “Quando Gesù giunse in quel luogo, alzati gli occhi, gli disse: «Zaccheo, scendi, presto, perché oggi debbo fermarmi a casa tua»”. È Gesù che contro ogni visione moralistica, intercetta il cuore di quest’uomo e lo disarma come solo lui sa fare entrando “in casa”, cioè nell’intimità di una persona. Ed è proprio lì che nascono i cambiamenti. Essi non sono frutto di lunghi ragionamenti convincenti. Non sono neppure frutto di strategiche cene o pranzi fatti appositamente per ottenere conversioni. Certi cambiamenti sono veri solo perché nascono dalla libertà di chi si sente amato con una gratuità mai incontrata prima. “Ma Zaccheo si fece avanti e disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; se ho frodato qualcuno di qualcosa gli rendo il quadruplo»”. Questa è la conversione: una decisione nata dall’incontro con la gratuità. 

Don Luigi Maria Epicoco

 

La vera conversione conduce al fratello

Dio, io, gli altri. La vita dell’uomo è attraversata da Dio e dal prossimo, ma ciascuno sceglie quanto coinvolgersi in queste relazioni che, se nella fase iniziale dell’esistenza sono offerte alla coscienza del soggetto, negli stadi successivi chiedono di essere scelte e vissute consapevolmente. Gesù attraversa Gerico, la città inespugnabile, come il cuore dell’uomo che resiste alla verità e all’amore, e cerca cuori che lo ricevano lasciandosi purificare.

Il passaggio del Maestro suscita l’interesse di Zaccheo, il ‘puro’, che però ha smarrito tutta la bellezza del nome e della vita: in quanto capo dei pubblicani ha preso violentemente e impunemente beni altrui senza accorgersi che è rimasto preda della sua insaziabile avidità. Forse però sta cambiando qualcosa in lui; si lascia afferrare dal desiderio di incontrare un uomo diverso da tutta quella folla che non vede l’ora di restituirgli il male che egli le ha procurato. È un peccatore, più o meno consapevole di non avere le carte in regola dinanzi a Dio e al prossimo, ma è soprattutto «un uomo» che si fa guidare più dall’intuizione che dalla paura: «vedere chi era Gesù» diventa per lui un desiderio ancora povero ma autentico. Quanto è importante seguire le proprie intuizioni e non scoraggiarsi dinanzi agli ostacoli frapposti dagli altri o anche dal mio essere «piccolo di statura» morale; persino un desiderio povero può trovare una risposta infinita quando è coinvolto Colui che «doveva passare di là», nel luogo in cui ti sei appostato. La nostra storia con Dio è esperienza di essere visti, di essere preceduti, perché il Signore cerca il «figlio di Abramo» nascosto in noi e per questo si è posto più in basso del piedistallo in cui ci eravamo innalzati. Ma stavolta Zaccheo non ha scelto un piedistallo, bensì l’unico aiuto possibile per realizzare l’incontro desiderato, considerato che nessuno lo avrebbe ospitato sul terrazzo di casa. La nostra fortuna è che quando per gli uomini noi siamo spacciati, Cristo a differenza della massa non guarda il nostro peccato, ma ci offre la forza trasformante della sua Parola. Davvero inaspettata è la parola che Gesù rivolge a Zaccheo: lo chiama per nome, gli comanda di scendere «subito», si invita a casa sua. Le prime due espressioni potrebbero nascondere una certa ambiguità: chiamandolo, lo espone al pubblico ludibrio o vuole farlo uscire dall’anonimato instaurando con lui una relazione personale? Imponendogli di scendere, mostra l’autorità di un superiore o la tenerezza di un padre? In realtà la terza parola svela tutto l’amore del Maestro, che domanda ospitalità a dispetto delle convenzioni e delle mormorazioni che non mancheranno di innescarsi. È questo il cuore del racconto: se Gesù avesse ‘approfittato’ per chiedere a Zaccheo in quella situazione favorevole di fare pubblica ammenda e di convertirsi, probabilmente non avrebbe cavato nulla. Domandando di essere accolto a casa del peccatore, Egli sfonda il muro del prevedibile e porta l’uomo a disarmarsi totalmente dinanzi ad una offerta incondizionata di amicizia. La discesa «in fretta» e la «gioia» di avere Gesù in casa sono presentati in rapida successione, senza uno stacco temporale, quasi ad indicare che la scelta della conversione ci rende agili, capaci di compiere passi decisi che procurano una felicità prima sconosciuta. Le critiche arrivano puntuali e suonano come un giudizio di condanna inappellabile; Zaccheo se le aspetta, le ode, ma rende ragione della sua nuova condizione, stavolta senza prepotenza. Si alza, come uno che risorge dalla situazione di peccato in cui versava, e pronuncia una professione di fede completa: chiama Gesù «Signore», dà ai poveri, andando oltre le richieste della legge, e restituisce il quadruplo, trasformando il denaro da strumento di separazione in mezzo di condivisione, per poter così incontrare i fratelli in giustizia e amore. L’annuncio solenne di Gesù, «oggi per questa casa è venuta la salvezza» è rivolto ad ogni peccatore convertito di qualunque tempo: solo «il Figlio dell’uomo» ti rende «figlio di Abramo», restituendoti alla tua originaria verità e bellezza che il peccato aveva deturpato.

Vogliamo andare oltre il testo e porci un problema oggi assai diffuso: riuscirà Zaccheo a custodire la santità di questo incontro e della sua nuova vita? Assistiamo con tanta facilità a conversioni ‘mordi e fuggi’, a fiammate improvvise e percorsi interrotti. Zaccheo pone segni di rinnovamento: sta qui la differenza tra vera e falsa conversione. L’incontro con Dio si concretizza nell’incontro coi fratelli.

don Antonino Sgrò tratto da www.reggiobova.it

 

Quando la rinascita interiore parte da uno sguardo di Gianni Mussini

 

LITURGIA E LITURGIA DELLA PAROLA DELLA XXXI DOMENICA DEL T.O. (3 novembre 2019) tratto da www.lachiesa.it