Quarta domenica di Quaresima: il ritorno del figliol prodigo.
News del 13/03/2010 Torna all'elenco delle news
Le meravigliose braccia aperte del padre
In questa domenica la Chiesa con la Parola di Dio ci fa quasi respirare la bellezza della nostra resurrezione, frutto della Resurrezione del Maestro, sempre che la Sua Grazia ci raggiunga e arrivi a parlare al nostro cuore, che ha davvero bisogno di assaporare, nel ritorno a Lui, lo stupendo bacio di gioia e di pace che solo Dio sa e può donarci.
E’ il tempo in cui Dio si 'lascia commuovere' dalla nostra povertà, quando finalmente comprendiamo, 'rientrando in noi stessi', quanto profonda sia la tristezza di sentirsi 'orfani' e lontani da Casa.
Se ci lasciamo conquistare dalla Grazia e non sbarriamo le porte del cuore, fatto per essere amato da Dio ed amarlo, consapevoli della nostra fragilità e pochezza, avvertiremo un profondo bisogno di sentire il calore delle braccia del Padre, che si tendono verso i figli per accoglierli, stanche forse di essere state inutilmente aperte nell'attesa, ma pronte a chiudersi su quanti sanno gettarsi dentro con fiducia.
"Fratelli – ci avverte S. Paolo – se uno è in Cristo, è una nuova creatura: le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con Sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Noi fungiamo, quindi, da ambasciatori per Cristo; come se Dio esortasse per mezzo di noi. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio". (II Cor. 5, 17-21)
In fondo la storia del Padre verso di noi, Sue creature, ha come stupendo scenario immutabile il Suo incredibile Amore: un Amore che dà la vita e rigenera, ossia ci rende pienamente Suoi figli, anche quando Gli voltiamo le spalle, ignorandoLo o ancora peggio offendendoLo.
Il Padre non si lascia intimorire né frenare dal rifiuto in cui noi siamo capaci di cacciarci, per l'egoismo che è spuntato nei progenitori e continua a dare i suoi perfidi frutti anche in noi. Il Padre sa bene, molto bene, che nulla è paragonabile anche solo ad un centimetro di parete della `propria Casa', che è la Sua stessa Casa. Sa molto bene quanto sia dura la solitudine, che può prendere possesso del cuore dell'uomo: è una terribile morte del cuore, che striscia vicino a troppi per un motivo o per un altro.
Troppe volte perdiamo anche la verità del peccato e facciamo passare per lecito quello che invece offende Chi ci ha creati e a cui dobbiamo amore ed obbedienza: l'Unico che ben conosce quanto il peccato possa farci del male.
E tante volte riteniamo che sia sufficiente un superficiale 'chiedere perdono direttamente a Dio', per sentirsi liberati e scolparsi. Ma non è così.
Ci viene incontro, per guidarci ad una retta coscienza e consapevolezza, la stupenda parabola del figlio prodigo, un capolavoro di misericordia.
Una parabola che apre il cuore e la mente sulla misericordia di Dio, che nulla ha a che fare con la cosiddetta 'confessione' di chi sbaglia ed è giudicato nei nostri tribunali.
`Chi sbaglia – si sente dire spesso – è giusto che paghi!': una condanna, che non lascia spazio al perdono o alla speranza.
La parabola del figlio prodigo ha poco a che fare anche con quelle che ancora oggi chiamiamo `confessioni', dove ha spesso più spazio la paura, il senso di umiliazione e di imbarazzo, invece della gioia. É un modo di concepire il sacramento della penitenza sullo stile del giudizio umano: un incontro con un Giudice che condanna, non con un Padre che perdona!
Ma Cristo ci ha insegnato ben altro.
La storia del peccato, è lasciare la Casa del Padre, dove regnava la gioia e l'innocenza, per fare spazio alle prospettive del mondo, dove tutto può avvenire, fuorché donarci la gioia di vivere nell'amore, e quindi nella serenità e nella gioia.
La gioia del mondo è effimera e si consuma in fretta, come avviene per il figlio prodigo.
Può capitare a tutti di fare questa scelta errata, affidandosi alle chimere ed illusioni del mondo, privandosi del clima della Casa del Padre, un clima di Cielo.
Così come è facile farsi stordire dalle tante offerte del mondo, che sanno di disgusto della vera bellezza e della bontà. Quanto è facile per molti, per ognuno di noi, lasciarsi ingannare anche oggi!
Sotto gli occhi di tutti il disordine morale che ha come conseguenza il disgusto dell'anima, magari sbandierato come spettacolo o capacità di trasgressione, un'amarezza profonda, colmata con ogni sorta di sciocchezze, vanità e idoli sbagliati, o peggio, tradimenti, avventure, senza riuscire a superarla e venirne fuori, anzi!
Si ha voglia di purezza di cuore e ci si sente immersi nel fango.
Si avverte il bisogno di uscirne e non si trova la forza o la Grazia per venirne fuori.
Il figlio prodigo - e qui davvero si tocca con mano l'intervento dello Spirito - dopo aver toccato il fondo, 'rientra in se stesso e dice: Tornerò da mio padre': è la capacità di mettersi in discussione e lasciare che il proprio cuore ricerchi la sua bellezza ed innocenza, ritornando in pace con se stesso, con gli altri e con Dio.
Basterebbe recarsi nei grandi santuari come Lourdes o Fatima e, quello che davvero penso sia il miracolo della Mamma Celeste, è vedere tanta gente accostarsi al sacramento della Penitenza, aiutata dalla Mamma che pare tenerli per mano verso la loro rigenerazione.
Può sembrare difficile lasciare alle spalle il peso delle colpe... ma farlo è rinascere.
Non si può ignorare il Cuore buono del Padre, la sua voglia di riaverci nella Sua e nostra Casa. Occorre superare vergogna o rilassatezza e 'tornare a Casa' !
Cosa scopriremo nel grande sacramento della Penitenza - sbagliato definirla confessione - se avremo il coraggio del figlio che torna a casa?
Ce lo racconta Gesù: "Quando il figlio era lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò".
Sembra quasi impossibile per noi uomini, di piccole vedute, che Dio possa rispondere alle nostre tante offese o indifferenze, o ancora peggio al preferire il nostro egoismo e le sciocche e vane sue gioie senza amore, con quell'Amore misericordioso che giunge alla commozione ed è narrato dal Vangelo. Ma è così l'Amore!
Tutti noi, chi più chi meno, sentiamo l'amarezza nel cuore e il bisogno di Uno che ci ridia la gioia di essere amati, passando per il perdono: Qualcuno che è lì sulla porta di casa, che abbiamo abbandonata, forse da tanto tempo, sino a quasi aver dimenticato (ed è terribile) di avere un Padre.
Non resta che la verità dell'umiltà del figlio prodigo, che sa di non poter avanzare pretese, ma può solo dire: 'Padre, ti ho voltato le spalle, anzi ho preferito sciocchezze, che credevo un 'paradiso possibile' ed erano invece come i colori sulle ali delle farfalle; ho creduto di poter essere felice senza di Te, come se altri o le cose potessero essere 'Padri' e 'casa'. Ho sfidato quella che credevo la tua collera. Oggi mi trovo con i vestiti laceri. Sono disorientato, confuso, angosciato. Prendimi così come sono e rivestimi degli abiti di Casa: ridonami l'innocenza. Hai voluto che il Tuo pieno e sicuro perdono mi raggiungesse tramite il sacerdote che Ti rappresenta e a lui hai dato l'incredibile e stupendo potere di dire, a nome Tuo: Ti assolvo da tutti ì tuoi peccati: va' in pace e non peccare più'.
Grazie, Padre, di questa certezza, ma abbiamo bisogno che lo Spirito, come fece con il figlio prodigo, ci ispiri quel difficile e meraviglioso 'rientrare in noi stessi e dire: tornerò da mio Padre'. Aiutaci.
Ti preghiamo:
"Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi
e molto più: ho offeso Te infinitamente buono,
degno di essere amato sopra ogni cosa.
Propongo con il Tuo santo aiuto di non offenderTi mai più,
e di fuggire le occasioni prossime del peccato.
Signore, misericordia, perdonami"
Testo di mons. Antonio Riboldi
Foglietto della Messa di domenica 14 marzo 2010 - IV di Quaresima - anno C
Liturgia della Parola di domenica 14 marzo 2010 - IV di Quaresima - anno C
Nesso tra le letture
"Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove" (seconda lettura). Questo testo di san Paolo ci serve quale punto unificatore delle nostre letture. In Cristo si è rivelato il volto misericordioso del Padre, l'amore del Padre, così che chi vede Cristo vede il Padre. La parabola del "figliol prodigo" che leggiamo oggi nel vangelo, esprime in modo plastico la riconciliazione col Padre che Cristo ha conquistato per noi. "È stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo" (2 Cor 5,19). Attraverso Cristo abbiamo accesso al Padre. Dal canto suo, la prima lettura ci mostra il popolo d'Israele che, attraversando il Giordano, smette di essere un paese nomade, e gusta già i frutti della terra dove "scorre latte e miele". La speranza della terra promessa incomincia a farsi realtà (prima lettura). Tutto è novità per questo popolo che entra come in processione attraversando il Giordano e ratificando di nuovo l'alleanza. In questi frutti della terra, sono rappresentate le offerte del pane e del vino che diventeranno il corpo ed il sangue del Signore.
messaggio dottrinale
"Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove". Chi è di Cristo è una nuova creazione. Tutte le immagini dell'antico testamento: il passaggio attraverso il Mar Rosso o il Giordano, l'ingresso nella terra promessa, il pane del cielo, sono immagini sbiadite di fronte alla realtà che Dio ha operato in noi per mezzo di Cristo. Ha fatto di noi una nuova creazione. Ci ha ricondotti al progetto originario di Dio sull'uomo, e ci ha introdotti nel seno della Trinità attraverso la grazia.
Ad imitazione dei padri nel deserto, ripetiamo questi versetti della Scrittura: "Se uno è in Cristo, è una creatura nuova". Una creatura nuova! Una nuova creazione! Una novità di vita! Nell'Antico testamento già si diceva che Dio avrebbe rinnovato tutte le cose: "Ecco, faccio una cosa nuova" (Is 43,19). "Ecco infatti io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente" (Is 65,17). In quel caso si riferiva al rinnovamento dopo la schiavitù di Babilonia, che era visto come un nuovo Esodo, ancor più grande del primo. Tuttavia, la Scrittura ha qui una portata più profonda, si riferisce ai tempi messianici e, ancora oltre, alla fine dei tempi, quando Cristo sarà tutto in tutti.
È Cristo che ci riconcilia col Padre. La riconciliazione significa, certamente, mettere d'accordo le parti in reciproca unità ed intendimento, ma il verbo greco esprime una forza maggiore: indica il passaggio da uno stato ad un altro. In questo senso, è bello percepire il cuore del Padre che si rallegra perché il figlio che era perduto è stato trovato. Il figlio prodigo passa da uno stato di schiavitù ad uno stato di filiazione. Per questo motivo, il Padre gioisce, perché l'umanità del figlio è stata salvata. " Ecco, il padre è consapevole che è stato salvato un bene fondamentale: il bene dell'umanità del suo figlio. Sebbene questi abbia sperperato il patrimonio, è però salva la sua umanità. Anzi, essa è stata in qualche modo ritrovata. Lo dicono le parole che il padre rivolge al figlio maggiore: "Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato" (Giovanni Paolo II, Dives in misericordia, n. 6).
L'atteggiamento del Padre. Nell'atteggiamento del Padre sta il vero nucleo della parabola. Possiamo dire che l'atteggiamento del Padre verso il figlio errante è di una misericordia infinita, di una tenerezza che commuove. Appena lo vede da lontano, gli corre incontro, gli si getta al collo, lo abbraccia, comanda che lo lavino e lo vestano e che gli mettano il suo anello. Chiede che si faccia una festa. Nella mente del Padre non c'è evidentemente il peccato commesso, ma la conversione, il ritorno di suo figlio. Era perduto e l'ha ritrovato. Questo è ciò che conta per Dio: che nessuno si perda, che tutti arrivino alla casa paterna. La nostra vita è un pellegrinaggio verso la casa del Padre. Ci dice il profeta Michea (cf 7,19): "getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati".
Il perdono che Dio ci offre è completo è assoluto, senza restrizione. Dio mi "ricrea", mi ricolloca nello stato di dignità e santità che mi spettano come figlio della casa paterna. Le parole di Ezechiele ci parlano del cuore misericordioso di Dio: "Tu, figlio dell'uomo, annunzia agli Israeliti: Voi dite: I nostri delitti e i nostri peccati sono sopra di noi e in essi noi ci consumiamo! In che modo potremo vivere? Dì loro: Com'è vero ch'io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell'empio, ma che l'empio desista dalla sua condotta e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o Israeliti?" (Ez 33,10-11).
L'atteggiamento del Padre verso il figlio maggiore non è meno significativo. Se il Padre si è abbassato fino ad andare incontro personalmente a suo figlio minore, e a mettergli i migliori vestiti, qui si abbassa anche ad andare incontro al figlio maggiore per convincerlo ad entrare in casa. Il cuore di Dio va incontro all'uomo in Cristo Gesù. Chi ha visto Cristo ha visto il Padre. Chi vede morire Cristo in croce, vedi il Padre della misericordia che va incontro ai suoi figli. Anche il figlio era preda di un momento di superbia, di invidia. Di suo fratello dice "questo tuo figlio che si è comportato così", e il Padre gli risponde "questo tuo fratello era morto"... Il Padre gli mostra che tutti i suoi beni, tutta la sua eredità sono suoi, che non ha voluto conservare quei beni con invidia, ma renderne partecipe suo figlio. È una comunicazione di beni.
La riconciliazione con Dio. Non c'è espressione più splendida: riconciliarsi con Dio, tornare ad essere di nuovo amico di Dio! Sperimentare la misericordia di Dio: cioè, lasciare che Dio eserciti su di noi la sua misericordia! In realtà, tutti abbiamo bisogno di misericordia. Ne abbiamo bisogno di fronte alle nostre gravi ed urgenti responsabilità, ed abbiamo bisogno di essa di fronte alla nostra debolezza e alla miseria morale. Non riusciamo nemmeno a fare due o tre passi, senza che ne sbagliamo uno. Impariamo ad usare la via privilegiata, la riconciliazione, che è il sacramento della confessione, quale segno sacro istituito da Cristo per il perdono dei peccati mortali, e per accrescere la grazia santificante. Pure sono più che opportuni gli atti di presenza di Dio, con un profondo atto di contrizione per le nostre mancanze. Questi atti sono semplici, possiamo farli in qualunque luogo, e mantengono la nostra anima precisa come una bussola, continuamente rivolta verso Dio. Questi gesti ci aiutano a prepararci ad una buona e sincera accoglienza del sacramento della penitenza.
La riconciliazione coi nostri fratelli. Certo, non c'è vera riconciliazione con Dio se non c'è perdono sincero per le mancanze del nostro prossimo. L'atteggiamento del figlio maggiore è altamente significativo. Anche lui aveva bisogno di riconciliarsi col cuore di suo padre. Benché fisicamente gli stesse sempre accanto, spiritualmente era molto lontano ed aveva bisogno della misericordia del Padre. Se interpretiamo la parabola in chiave futura, possiamo dire che il figlio maggiore scopre la misericordia del Padre guardando con misericordia suo fratello. Si fa', per così dire, partecipe della misericordia del Padre. È un compito davvero arduo predicare la riconciliazione in un mondo come il nostro, dove il rancore e la vendetta continuano a farsi spazio nei cuori! E, tuttavia, è imprescindibile che ogni cristiano sia un lume di pace, di perdono e di riconciliazione.
Testo di Totustuus
tratti da www.lachiesa.it