Seconda Domenica di Quaresima 2010: la Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor

News del 27/02/2010 Torna all'elenco delle news

La prima domenica di Quaresima siamo stati vicini a Gesù, nostro Maestro nella santità, quando 'condotto dallo Spirito' nel deserto, conobbe le tentazioni di Satana: tentazioni sottili, come sono tutte e sempre le tentazioni, che cercano di fare apparire bene il male, rifiutando così l'amicizia e l'obbedienza al vero e sommo Dio, nostro infinito Amore.
Gesù, le Sue scelte, le vide chiare nel silenzio del deserto, che è sempre stato, per i 'cercatori di Dio', il luogo privilegiato per l'ascolto, nell'intensità della preghiera che diventa l'appassionato dialogo con Dio, in cui diventa facile dire 'sì' a Lui e al prossimo; nella penitenza, che è come uno strapparsi di dosso le false sicurezze, se non addirittura i nostri motivi di rifiuto all'amore, come è ogni forma di egoismo, dalla ricchezza all'indifferenza, diventando disponibili ad accogliere l'Amore, itinerario alla santità.

Le tentazioni rivolte a Gesù furono 'durissime': cercavano di portarlo a scegliere le vie facili ad un messianismo basato sulla potenza, sul prestigio, sul trionfo. Gesù scelse la via dell'umiltà, dell'annientarsi fino a dare tutto di Sé, fino alla crocifissione per la resurrezione. Nel deserto e nelle tentazioni dovevano apparire, senza possibilità di appannamento, 'i segni concreti' e le 'parole vere' dell'amore al Padre.

Ma le Sue scelte avevano bisogno di una conferma presso quelli che Lui aveva scelto, chiamato, gli Apostoli, che avevano accettato di seguirLo, forse sognando di fare con Lui strade trapuntate di gloria, come suggerisce sempre satana.

Le vie della povertà, dell'umiliazione, del disprezzo totale di sé, dell'annientamento, faticavano ad entrare nelle prospettive umane degli Apostoli, e anche nostre, che amiamo vedere successi, più che fare strada ai `successi' del Cuore di Dio.

Da qui il grande evento della Trasfigurazione, raccontato dall'evangelista Luca:
"In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, e salì sul monte a pregare. E mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante Ed ecco due uomini parlavano con Lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a termine a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno, tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con Lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: 'Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè ed una per Elia. Egli non sapeva quel che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube ebbero paura. E dalla nube uscì una voce che diceva: 'Questi è il Figlio mio, l'eletto: ascoltatelo!: E appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono ad alcuno nulla di ciò che avevano visto
" (Lc. 9, 28-36).

Lascio che sia Paolo VI a commentare questo prezioso tassello della vita di Gesù con alcuni dei Suoi Apostoli, che così potranno ricordare, soprattutto nei momenti difficili della passione, Chi davvero era Gesù e perché era tra noi. Dopo aver descritto la scena della Trasfigurazione, Palo VI afferma: "Per gli Ebrei, dire Mosè era come accennare a tutta la propria storia, al popolo eletto, alla Legge; scorgere Elia era come ripercorrere i tristissimi anni durante i quali il grande profeta aveva cercato di rianimare il senso religioso e la tradizione in chi si era lasciato influire da dottrine pagane e aveva perduto la nota dominante del proprio costume religioso (come oggi).
Pietro, come in altre circostanze, il più entusiasta ed esuberante, prorompe in un grido di gioia: 'Come è bello stare qui, per sempre!' e 'Se vuoi, Signore, facciamo qui tre capanne, una per te, una per Mosè ed una per Elia', come a voler permanere in eterna beatitudine. Si aggiunge la parola divina che dona l'identità di Gesù, Figlio dell'uomo: ‘Questi è il mio Figlio prediletto, ascoltatelo!’.
Poi tutto torna alla vita normale.
La testimonianza per Gesù, in questo racconto, rimase quasi un testamento e ci domandiamo: perché la Chiesa ripropone nella liturgia un quadro così sfavillante della gloria del Signore?
In quel contesto sul monte, Gesù intende dare un saggio di chi Egli veramente è: perché poco prima aveva parlato della sua passione e ne riparlerà anche in seguito.
Sono gli ultimi giorni della sua missione in Galilea.
Gesù sta per trasferirsi in Giudea ove accadrà il grande dramma della vita temporale del Signore. Gesù sarà crocifisso. E perché i suoi conservino la fede, non scandalizzati, anzi esterrefatti dalla fine triste del Maestro, decide di imprimere nelle loro anime la meraviglia vista sul Tabor.
In altri termini, questa scena del Vangelo pone dinnanzi a noi oggi una questione di grande attualità; si direbbe fatta su misura delle nostre condizioni spirituali.
La domanda è la medesima rivolta da Gesù, sei giorni prima dell'evento del Tabor: ‘Chi dite che sia il Figlio dell'uomo?’. È la stessa che oggi siamo invitati a rivolgerci: Chi pensiamo sia Gesù? Chi è per noi Gesù? Sappiamo bene cosa sia nella nostra vita realmente?
Alla domanda alcuni, forse molti, non sanno rispondere, non sanno che dire.
Esiste come una nube opaca di ignoranza che preme su troppi. Si ha una vaga conoscenza di Gesù, non lo si conosce bene... al punto che all'offerta di Gesù di essere per tutti guida, Maestro, si risponde di non averne bisogno e si preferisce tenerLa lontano.

Ma noi, che abbiamo questo grandissimo e dolcissimo Nome da ripetere a noi stessi, noi che siamo fedeli, noi che crediamo in Gesù, sappiamo bene Chi è?
Sappiamo dirGli una parola diretta ed esatta, chiamarLo veramente per Nome, chiamarLo Maestro, Pastore ed invocarLo quale Luce dell'anima e ripeterGli: Tu ci sei necessario, noi non possiamo fare a meno di Te, sei la nostra fortuna, la nostra gioia e felicità e speranza?

Ecco il senso del racconto evangelico. Bisogna che gli occhi della nostra anima siano rischiarati, come abbagliati da tanta luce e che la nostra anima prorompa nell'esclamazione di Pietro: 'Come è bello stare qui, davanti a Te, Signore, e conoscerTi ed amarTi!’ (4 aprile 1965).

Ho avuto modo di stare vicino a fratelli che avevano un solo desiderio nella vita: 'contemplare, stare con Gesù' ... e la loro vita sembrava una 'tenda', in cui vedevano e stavano con il Maestro.
Sono tanti, più di quello che pensiamo. Gente di tutte le età, che non possono fare a meno di visitare Gesù, capaci di ritagli nella giornata per 'stare con Gesù', per farsi rigenerare nella fede e nella gioia. Vivete, insomma, 'stando in casa con Gesù'.
Gente serena, buona, che nulla ha a che fare con le tende che gli uomini sanno moltiplicare nelle nostre piazze e che contengono amarezza e stordimento, ma nulla che sia respiro dell'animo.
Ci sono chiese aperte anche di notte per accogliere quanti vogliano stare con Gesù… e risulta che sono soprattutto i giovani a scegliere la notte per uscire dal chiasso del mondo e della vita, e gustare il silenzio con Gesù.
Ci sono anime consacrate che fanno della loro vita un continuo stare con Gesù: sono le 'adoratrici perpetue', che si danno il turno anche di notte per non lasciare mai solo Gesù.
Mia mamma, innamorata di Gesù, che aveva sempre sulle labbra e nel cuore, trovava sempre il tempo per il suo turno di adorazione durante la settimana e spesso affermava: 'Per me Gesù è la sola gioia piena della vita'. Sono uomini e donne 'tende di Gesù', che sanno ancora ricordarci che c'è Chi ci ama ed è prezioso ai nostri cuori.

Viene da ricordare un piccolo brano di passione di Paolo VI:
"O Gesù, nostro unico Mediatore, Tu ci sei necessario per venire in comunione con il Padre, per diventare con Te figli adottivi.
Tu ci sei necessario, o vero Maestro delle verità recondite e indispensabili della vita, per conoscere il nostro essere, il nostro destino, la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria e per guarirla, per il concetto del bene e del male e la speranza della santità.
Tu ci sei necessario, o grande Paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza e dare ad essa un valore di redenzione.
Tu ci sei necessario, o Gesù, o Signore, o Dio con noi, per imparare l'amore vero, per camminare nella gioia e nella forza della Tua carità, lungo il cammino della nostra vita faticosa, fino all'incontro finale con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli
".
 
Testo di mons. Antonio Riboldi, Vescovo
 

Nesso tra le letture

Suggerisco, come centro unificatore delle letture, il concetto di pienezza. Gesù Cristo nel vangelo rivela la pienezza della Legge e della Profezia, apparendo ai discepoli tra Mosè ed Elia; rivela allo stesso modo la sua pienezza più che umana, che risplende nel suo essere sfolgorante e trasfigurato. In Gesù Cristo giunge anche alla sua pienezza la promessa straordinaria fatta ad Abramo (prima lettura). Nella seconda lettura, san Paolo ci insegna che ai cristiani, cittadini del cielo, è comunicata la pienezza di Cristo, che "trasformerà il nostro misero corpo in un corpo glorioso come il suo".
 

Gesù Cristo, pienezza sublime. Sappiamo che il termine "pienezza" è relativo alla capacità dell'oggetto o della persona a cui si riferisce. D'altra parte, non è soltanto un termine con valore quantitativo (capacità di un bicchiere o di una giara), ma principalmente con valore qualitativo (pienezza dell'amore, della salvezza...). Infine, il concetto di pienezza non si trova al margine della storia, ma è intimamente legato ad essa (pienezza di un ciclo storico, di un impero...). Quanto detto ci offre un aiuto per cogliere meglio che cosa significa che Cristo è pienezza sublime. Innanzitutto, la sua pienezza umana è giunta al massimo grado nella trasfigurazione, in cui lo splendore della divinità ha penetrato tutta la sua umanità, e una voce dal cielo lo confessa suo "Figlio prediletto". In codesta medesima esperienza della trasfigurazione, Gesù raggiunge la pienezza della rivelazione, concentrata in due figure dell'Antico Testamento, rappresentanti delle due grandi parti in cui si divideva la rivelazione divina: la Legge o tradizione scritta, il cui rappresentante è Mosè, e la profezia o tradizione orale, rappresentata da Elia. Gesù Cristo è il vertice verso il quale si orientavano sia la Legge che la profezia. Cristo è anche la pienezza della promessa fatta ad Abramo: benedizione, terra, fecondità. In effetti, il Padre ci ha benedetto con ogni genere di benedizioni in Cristo, ci ha fatto partecipi di un cielo nuovo e di una terra nuova, ha fatto di noi un popolo nuovo fecondato con il suo sangue redentore. Gesù Cristo è, allo stesso modo, pienezza della storia. La marcia della storia è giunta al termine nella vita storica di Gesù di Nazaret. Prima della sua presenza storica, tutti gli avvenimenti marciavano e guardavano verso di Lui; dopo la partenza da questo mondo, Gesù è il portabandiera della storia, e gli uomini marciano dietro di lui con la coscienza di non poter sorpassarlo nella sua pienezza umana e divina. Gesù Cristo, infine, riempie con la sua pienezza non soltanto la storia, ma anche l'aldilà della storia. In effetti, la pienezza di Cristo, di cui già partecipiamo nel tempo per mezzo della grazia, ci inonderà e ci darà la pienezza corrispondente alla nostra capacità di essere figli nel Figlio. Il cielo, in realtà, non è altro che la pienezza de Cristo presente in ciascuno dei salvati.

La pienezza di Cristo ci interpella. Interpella lo stesso Abramo, perché la promessa e l'alleanza di Dio con lui avrà compimento pieno soltanto in Cristo. Abramo credette in Dio, gli obbedì, e in questo modo aprì le porte della storia a Cristo. Interpella Mosè, il cui Decalogo anela, per così dire, alla sua pienezza nella Legge di Cristo, coronamento del decalogo e di ogni legge umana. Interpella Elia, il fedele interprete della storia, come lo saranno tutti i veri profeti, il cui significato più genuino e definitivo sarà dato da Cristo, a partire dal legno della croce e della salvezza; Cristo, in effetti, non è un interprete qualsiasi di una particella della storia, ma l'interprete ultimo e definitivo della storia, di tutta la storia umana. Interpella Pietro, Giovanni e Giacomo, ai quali, in relazione alla loro missione futura, venne concessa un'esperienza singolare del mistero di Cristo; in essi, interpella tutti noi, discepoli ed apostoli. Interpella Paolo e i cristiani, che, essendo stati elevati da Cristo a cittadini del cielo, debbono vivere in conformità con ciò che sono, e non trasformarsi in "nemici della croce di Cristo". Cristo, dalla cui pienezza tutti abbiamo ricevuto, interpella ogni uomo, perché è lui l'uomo in pienezza ed è lui, allo stesso tempo, la pienezza dell'uomo.

Dalla sua pienezza tutti abbiamo ricevuto... La pienezza totale di Cristo e la partecipazione di ogni uomo a tale pienezza non se la sono inventata né il Papa, né i vescovi; fa parte della rivelazione cristiana. Se a un buddista, a un ebreo, a un musulmano venisse chiesto di rinunciare a parte dei loro libri sacri, o ad una dottrina che essi considerano rivelazione divina, come reagirebbero? Si può rinunciare a qualcosa in cui lo stesso Dio è impegnato? A noi, cristiani, viene richiesto di essere i primi nel mostrare coerenza con la rivelazione cristiana, che comprende l'Antico e il Nuovo Testamento. Noi cristiani, per coerenza con la nostra fede, dobbiamo essere rispettosi con i credenti di altre religioni, ma dobbiamo chiedere anche ai non cristiani il rispetto dovuto alla nostra fede. Sarebbe una buona iniziativa dai parte dei cristiani spiegare, in modo semplice e convincente, la pretesa cristiana della pienezza di Gesù Cristo: che cos'è ciò che significa, come influisce nella relazione con le altre religioni, in che modo spiega la salvezza universale voluta da Dio, come possiamo conoscerci meglio gli uni gli altri per evitare così malintesi, confusione, manipolazione... Si parla di dialogo ecumenico, interreligioso, e questo è stupendo; tuttavia, è ben risaputo che la base di ogni dialogo non può essere altra se non il rispetto della persona e dell'identità dell'interlocutore. Diciamo la verità cristiana con carità, con rispetto. Soltanto allora potrà cominciare il dialogo autentico e fruttuoso con coloro che cercano ed amano la verità.

Una vita trasfigurata. L'esperienza di Pietro, Giovanni e Giacomo durò soltanto un attimo. I suoi effetti, tuttavia, continuarono per tutta la vita. Non fu qualcosa di indimenticabile e di efficacemente trasformante? Anche nella nostra vita ci sono stati e potranno esserci momenti di "trasfigurazione", di esperienza nuova e gratificante di Dio. A volte, tale esperienza di Dio si prolunga per un certo tempo o perfino una vita intera, ma con non poca frequenza passa l'intensità con cui si è esperimentato Dio. Deve, ciononostante, lasciare la propria impronta. Questa impronta, io la chiamo "vita trasfigurata". In altre parole, vita di chi ha visto e vede il volto di Dio nelle realtà e negli avvenimenti dell'esistenza. Vede il volto di Dio in quel bambino sorridente ed attivo, come lo vede allo stesso modo in quell'altro piccolo handicappato. Vede Dio negli occhi trasparenti di una giovane dall'anima pura, che ha consacrato a Dio la sua intera vita; ma lo vede anche negli occhi di una prostituta, obbligata a questo lavoro forzato per sopravvivere e sostenere genitori e fratelli. Scopre il Vivente nelle specie del pane e del vino, non meno che nelle scintille di redenzione che saltano dalla pietra focaia di una coscienza indurita e peccatrice. Tutto viene trasfigurato, perché tutto porta con sé in qualche modo il marchio originale: made by God. 

Testo di Totustuus 

Foglietto della Messa di domenica 28 febbraio 2010 (II di Quaresima, anno C)

Liturgia della Parola di domenica 28 febbraio 2010 (II di Quaresima anno C)

tratti da www.lachiesa.it

"La Trasfigurazione" (1308-1311), opera di Duccio di Buoninsegna, fa parte della tavola della "Maestà", una delle opere più significative dell'arte italiana, una grande tavola di 125 x 232 cm realizzata come pala per l'altare maggiore del Duomo di Siena ed attualmente esposta nel Museo dell'Opera metropolitana del Duomo. Sul lato posteriore, destinato alla visione del clero erano dipinte alcune scene della Passione e Resurrezione di Cristo, divise in formelle, di cui non tutte si sono conservate, ed alcune sono disperse in altre collezioni come quella della National Gallery di Londra e del Museo Frick di New York.