Prima Domenica di Quaresima 2010: occasione divina per cambiare vita

News del 20/02/2010 Torna all'elenco delle news

Abbiamo lasciato alle spalle, con il Carnevale, la farsa che il mondo ci invita a celebrare, con una spensieratezza che vorrebbe forse per un momento dimenticare le difficoltà di ogni genere che stiamo attraversando.
Ci accorgiamo che è necessario un vero cambiamento, non nelle cose, ma nella vita.
Quante volte si sente affermare: 'Così non va', riferendosi ai fatti quotidiani, che appaiono sul quadro della storia; occorre una profonda 'inversione' di rotta.
Confesso che, ogni volta annuncio con la Chiesa; che entriamo nella santa Quaresima, ho come un senso di sbigottimento, quello che viene dal pensare che, l'infinito Amore, il Mistero della morte e resurrezione di Gesù - sostanza della nostra vita di fede - possa disperdersi nel nulla, come le notizie di poco conto: quelle che si sentono di sfuggita dai mass media e che non ricordi nel giro di pochi minuti, a meno che non sia una notizia che ti ferisce profondamente. E sono tante le notizie che feriscono o indignano - e così deve essere - osservando quanto avviene attorno a noi, nel mondo.

"Il mistero pasquale - avverte la Chiesa - risplende al vertice dell'anno liturgico.
Il tempo di Quaresima ha lo scopo di preparare la Pasqua; la liturgia quaresimale guida alla celebrazione del mistero pasquale" (Messale n. 27).

C'era un tempo in cui il periodo della Quaresima era accompagnato da una continua catechesi, come a ricordare i principi della vita cristiana e a questi conformare la nostra vita. Non solo, ma c'era in tanti la volontà del cambiamento, facendo piccoli o grandi gesti di digiuno, segno della penitenza, che seguiva la catechesi. Si voleva, insomma, dare alla vita, tramite questo tempo prezioso, il senso giusto, correggendone la traiettoria.
Non bastava, e non basta, lamentarsi che 'così non può durare': per il bene di tutti, per la nostra gioia interiore, occorre decidere e fare dei giorni di Quaresima, un tempo di revisione seria della propria vita, alla luce della Parola e con atti significativi, che devono condurci ad una vita davvero 'da risorti'.

Gesù, come ripercorrendo i passi della nostra storia, dalla creazione, accetta di essere 'tentato' da satana, ossia di mettere alla prova la propria fedeltà al Padre.

Così, nel Vangelo di oggi, l'evangelista Luca racconta quei momenti drammatici:
"Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto, dove per quaranta giorni fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: 'Se tu sei il Figlio di Dio, dì a queste pietre che diventino pane. Gesù gli rispose: 'Non di solo pane vive l'uomo'.
Il diavolo lo condusse in alto, mostrandoGli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: 'Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri davanti a me, tutto sarà tuo. Gesù gli rispose: 'Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, Lui solo adorerai'.
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: `Se tu sei il Figlio di Dio, buttati giù, perché sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano, e anche: Essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra. Gesù gli rispose: 'E' stato detto: Non tenterai il Signore tuo Dio'.
Dopo aver esaurito ogni specie di tentazioni, il diavolo si allontanò da Lui
". (Lc. 4, 1-13)

Gesù era all'inizio della sua missione, ma si prepara all'altissimo compito di salvarci, affidandosi al digiuno nel deserto e al colloquio continuo con il Padre.
É la Sua Quaresima. Alla fine, come a mettere alla prova Gesù e la Sua stessa fedeltà al Padre, interviene il demonio, tentandoLo, come fece con i nostri progenitori e come fa con noi sempre.
In fondo satana fa leva sulla nostra debolezza, che è orgoglio, voglia di non dipendere da alcuno, per fare spazio solo a noi stessi e, quindi, cedere a quello che più ci attira.

Ricordiamo la storia della tentazione all'origine. Una vicenda che si perpetua nel tempo dell'umanità, è la nostra ogni giorno, e che Gesù ha voluto provare, mettendosi nei nostri panni... con la differenza che noi cediamo, Gesù ne esce trionfatore. É la risposta a satana che i Cristiani di sicura fedeltà a Dio, i santi – e siamo chiamati tutti ad esserlo, e tanti già lo sono – sono sempre chiamati a dare a Dio.

Come con Gesù, satana – il serpente - così fece le sue proposte o tentazioni, secondo il testo biblico: "Il serpente era il più astuto degli animali selvatici che Dio, il Signore, aveva fatto. Disse alla donna: 'Così Dio vi ha detto di non mangiare nessun frutto degli alberi del giardino. La donna rispose al serpente: 'No, noi possiamo mangiare i frutti degli alberi del giardino. Soltanto dell'albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: Non mangiatene i frutti, anzi non toccatelo, altrimenti morirete!: 'Non è vero che morirete – disse il serpente – Anzi, Dio sa bene che se ne mangerete i vostri occhi si apriranno, diventerete come Lui, avrete la conoscenza di tutto'. La donna osservò l'albero: i suoi frutti erano certo buoni da mangiare, erano una delizia per gli occhi, era affascinante per avere quella conoscenza. Allora prese il frutto e ne mangiò. Lo diede anche a suo marito ed egli lo mangiò. I loro occhi si aprirono e si accorsero di essere nudi. Perciò intrecciarono foglie di fico intorno ai fianchi.
Ma verso sera l'uomo e la donna sentirono che Dio, il Signore, passeggiava nel giardino.
Ma Dio, il Signore, chiamò l'uomo e gli disse: 'Uomo, dove sei?. L'uomo rispose: 'Ho udito i tuoi passi nel giardino. Ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto'. Gli disse: 'Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai mangiato il frutto che ti avevo proibito di mangiare?: L'uomo gli rispose: `La donna che mi hai messo al fianco, mi ha offerto quel frutto ed io l'ho mangiato'. Dio, il Signore, si rivolse alla donna: 'Che cosa hai fatto?: Rispose la donna: serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato'
." (Gen 3, 1-14)

È l'eterno duro confronto tra il nostro egoismo e l'amore. Nella vicenda dei progenitori si evidenzia la presenza della tentazione del maligno, che cerca di sviarci nelle nostre scelte di vita, portandoci ad una netta disobbedienza e al rifiuto del Padre.

Con Gesù si hanno le giuste risposte a satana, che dovrebbero essere sempre le nostre.
Per avere in cambio che cosa? Alla fine gli Angeli si affiancarono a Gesù e gli offrirono il pane... ma se si segue la strada dei nostri progenitori, c'è solo l'abisso del voltare le spalle a Dio, per voler dare spazio al nostro orgoglio, e, alla fine,... sentirci nudi!

Sappiamo tutti che oggi, come sempre, sono tante le tentazioni che satana sa offrire. È davvero aria di tentazioni anche la nostra: voglia di potenza, voglia di ricchezza, voglia di affermarsi a costo di mandare a brandelli la nostra dignità e la serenità del nostro animo. Paghiamo caro, usciti dall'Eden, l'errore di avere ceduto.

Affermava Paolo VI, la preziosa guida delle nostre riflessioni:
"Noi parliamo di noi stessi come se fossimo padroni della nostra vita e non soltanto responsabili del suo impiego. Parliamo del mondo come se fosse nostro, e non avesse altri rapporti interessanti che quelli che noi creiamo con la nostra conoscenza e conquista. Il senso che abbiamo di noi stessi ci appaga, anche se è privo di valori e di Dio. Siamo egoisti e perciò orgogliosi e presuntuosi. Se avessimo il senso delle proporzioni vere dell'esistere, comprenderemmo la piccolezza nostra e la grandezza di Dio, sospesi tra il nulla della nostra origine e il tutto che potremmo costruire". (1961)
Ma ci vuole un continuo controllo di noi stessi o, se vogliamo, una solida difesa della nostra meravigliosa vocazione alla bellezza di Dio, che faccia da scudo alle tentazioni di ogni tipo che ci assediano.
Per questo la Quaresima diventa tempo di preghiera, di fare della Parola di Dio il nostro pane e abituarci alla penitenza o mortificazione.

Ricordiamocelo: se non moriamo a noi stessi, è impossibile risorgere con Gesù.

Rifletteva don Tonino Bello: "Oggi la gente digiuna per ottenere un posto, un diritto di cui è stato spodestato. Non digiuna più per santificare un periodo sacro come la Quaresima. Che sia il nostro un digiuno di profezia. Astenetevi non tanto da un pasto, ma dall'ingordigia, dal sopruso, dalla smania di accaparramento. Più che privarvi di un piatto, privatevi del lusso, del superfluo: ci vuole più coraggio. E più che non toccare il pane, condividete il pane, condividete il pane con i disperati senza numero che vi stanno attorno".

Voglio augurare a tutti un santo cammino di Quaresima, che ci accosti di più al Bene di Dio, prendendo le distanze da noi stessi: è l'unico modo per resistere alle tante tentazioni che il mondo ci offre. Buona Quaresima.
 
testo di mons. Antonio Riboldi, Vescovo


Nesso logico tra le letture

Non è difficile scoprire, nelle tre letture di oggi, una confessione di fede o piccolo "credo". Il credo del popolo israelita, professato nel tempio, durante la festa delle Primizie: "Mio padre era un arameo errante... Il Signore ci diede questa terra che emana latte e miele. Per questo, traggo le primizie di questa terra che il Signore mi ha dato" (prima lettura). Le tre risposte che Gesù dà a satana nel testo evangelico costituiscono una confessione di fede esistenziale da parte di Gesù: "Non di solo pane vive l'uomo", "Adorerai il Signore tuo Dio", e "Non tentare il Signore tuo Dio". Infine, nella seconda lettura si trova una formula molto concisa ed antica di professione cristiana: "Gesù è il Signore", che Dio ha risuscitato dai morti.

La confessione di fede di Gesù. In un momento tanto esistenziale, come è la tentazione, e in certe circostanze tanto favorevoli per cadervi, Gesù esce vincitore mediante il ricorso alla Parola del Dio vivo. Di fronte alla prima tentazione, di carattere materiale ed economico (fa' che queste pietre si trasformino in pane), Gesù confessa che ci sono beni superiori all'alimento, e che non si può ridurre l'essere umano a un oggetto di consumo, ad un homo oeconomicus, senza trascendenza. Agli attacchi diabolici nel campo politico, che lo invitano ad usare mezzi illeciti e ingiusti per ottenere potere e influenza (tutti i regni della terra io ti darò...), e a lasciare al margine la volontà di Dio, Gesù confessa con vigore che non è disposto a lasciarsi ingannare dall'ambizione di potere, e che Dio è per lui un assoluto e basta ("Adorerai il Signore tuo Dio"). Quando, nella terza tentazione, satana lo attacca dal lato della religione, citando la Sacra Scrittura, ed inducendolo a chiedere a Dio un miracolo, Gesù dichiara apertamente che
l'uomo non deve mai mettere alla prova Dio (Non mettere alla prova il Signore tuo Dio). Le tentazioni di Gesù (economica, politica, religiosa), sono le tentazioni del popolo di Israele nel deserto. E sono le tentazioni di ogni uomo. Il popolo di Israele è soggiaciuto ad esse, Gesù le ha vinte, all'uomo è stata data da Cristo la capacità di vincerle, se accetta il mistero della Redenzione.

La fede cristiana non è "idee", ma "storia". Il "credo" che ci presenta la liturgia odierna non è formato da alcune idee elevate su Dio, la sua essenza e i suoi attributi, o sulla ragione di essere dell'uomo e del mondo nella mente divina. Il "credo" del popolo di Israele, di Gesù e della comunità cristiana è un credo marcato dalle vicissitudini storiche di un popolo, di un uomo-Dio, di una comunità credente. Il credo di Israele inizia con la storia di Giacobbe, un arameo errante, e della sua discendenza, condotti da Dio, nel corso di due secoli, fino a portarli alla terra promessa. Gesù, nella sua confessione davanti alle tentazioni, che cosa fa', se non situarle nelle relazioni della storia stessa di Dio con il suo popolo? Il credo del popolo cristiano si fonda sulla storia di Gesù di Nazaret, costituito Signore da suo Padre, con il resuscitarlo dai morti. Le idee non sono per essere credute, ma per essere pensate; la storia, quando Dio entra in essa, non deve essere tanto oggetto di riflessione, quanto di professione di fede.

Due fedeltà che Dio vuole unite. I testi liturgici manifestano la stupenda fedeltà di Dio all'uomo. In mezzo alle oscurità e agli "assurdi" della storia, Dio camminò fedelmente accanto al suo popolo in Egitto, nel lungo errare per il deserto, fino ad introdurlo alla terra promessa ad Abramo (prima lettura). Dio fu allo stesso modo fedele nei confronti di suo Figlio, Gesù Cristo, davanti ai duri attacchi del demonio, e davanti alla tremenda sconfitta della morte (vangelo, seconda lettura). Dio vuole che a questa fedeltà sua si unisca la fedeltà dell'uomo. Gesù unì la sua fedeltà a quella del Padre in un modo straordinario. Gli israeliti del deserto non risponderanno con la stessa fedeltà. All'uomo, al cristiano di oggi, viene offerta l'alternativa: sceglierà di unire la sua fedeltà a quella di Dio, come Gesù Cristo?


Confessare la fede in un mondo tentatore. La tentazione è una compagna inseparabile della vita umana. Il tentatore è uno solo, e tanto orgoglioso che non ha remore nel tentare lo stesso Figlio di Dio. Le forme che adotta e i mezzi che utilizza per tentare gli uomini vanno cambiando con i tempi, i costumi, le culture, anche se le tentazioni fondamentali sono sempre le stesse: Avere, potere, sapere, piacere. In qualsiasi tentazione immaginabile si include qualcuno di questi ingredienti. La società attuale offre al tentatore un ventaglio di possibilità numerosissime. Diciamo che le forme e i modi che il demonio possiede di tentare l'uomo di oggi sono cresciute in una maniera geometrica, e l'uomo è stato in certo modo sorpreso da questa valanga di tentazioni, e con non poca frequenza vive abbastanza sprovvisto e poco protetto di fronte ad esse. Come credenti in Cristo, è un onore per noi e una grande audacia confessare la nostra fede in mezzo a questo mondo tentatore, che si è riproposto di dimenticarla, di affogarla e di emarginarla tra le cose inutili che non si osa abbandonare del tutto. Le tentazioni provenienti dal mando saranno per noi una occasione importante per confessare Gesù Cristo, nostro Dio e Signore, e, mediante la nostra confessione di fede, per vincere la tentazione con la forza di Dio. Non dobbiamo aver paura di questo mondo tentatore. "Questa è la vittoria che vince il mondo: la vostra fede".

Non lasciarci cadere in tentazione. Il cristiano, come qualsiasi altro essere umano, è debole, ed ha altresì la coscienza di esserlo. Ma lo accompagna anche la coscienza di possedere una forza superiore, che gli viene da Dio. Poiché è debole, è convito che le aggressioni del tentatore possano distruggerlo. Poiché conta sulla forza di Dio, è sicuro che non c'è tentazione, per potente che sia, che non possa vincere. Per questo il cristiano, chiede varie volte al giorno nel padrenostro: "Non lasciarci cadere in tentazione". Ovviamente, si riferisce a qualsiasi tentazione, ma in modo speciale a quella grande tentazione che è l'idolatria e l'apostasia. Il culto di altri "dei" o idoli sta in agguato fortemente all'uomo attuale, perché nel supermercato della religione e del sacro, insieme a "prodotti" genuini, ce ne sono molti che sono succedanei e non autentici. Anche l'apostasia è molto tentatrice nel nostro tempo. Apostata è chi rinnega la religione cristiana. Al giorno d'oggi, forme light di apostasia potrebbero considerarsi il sincretismo religioso promosso in parte dall'ignoranza e in parte dall'accentuazione del sentimento, l'ateismo pratico di chi si chiama cristiano, ma vive come pagano, l'atteggiamento agnostico di non pochi santoni liberali e laici, che officiano nel panteon della dea scienza e del Dio progresso e gli rendono culto. Come individui, e come membri della Chiesa, preghiamo tutti i giorni con fervore il padrenostro, e chiediamo umilmente al Signore che "non ci lasci cadere in tentazione".
 

Foglietto della Messa di domenica 21 febbraio 2010, I domenica di Quaresima 2010

Liturgia della parola di domenica 21 febbraio 2010


"La tentazione di Cristo" (1308-1311), opera di Duccio di Buoninsegna, fa parte della tavola della "Maestà", una delle opere più significative dell'arte italiana, una grande tavola di 125 x 232 cm realizzata come pala per l'altare maggiore del Duomo di Siena ed attualmente esposta nel Museo dell'Opera metropolitana del Duomo. Sul lato posteriore, destinato alla visione del clero erano dipinte alcune scene della Passione e Resurrezione di Cristo, divise in formelle, di cui non tutte si sono conservate, ed alcune sono disperse in altre collezioni come quella del Museo Frick di New York.