8 dicembre - Solennità dell'Immacolata Concezione della B.V. Maria

News del 08/12/2024 Torna all'elenco delle news

Quest’anno si commemorano i 170 anni della promulgazione del Dogma dell’Immacolata Concezione avvenuta l'8 dicembre 1854 e suggellata dalla Costituzione Apostolica “Inneffabilis Deus”del Papa Pio IX, dichiarato Beato da san Giovanni Paolo II nell’anno giubilare 2000. Il Pontefice solennemente dichiarava: “dopo aver invocato tutta la corte celeste, invocato lo Spirito..., ad esaltazione della fede cattolica ed ad incremento della religione cristiana…dichiariamo, pronunziamo e definiamo la dottrina che sostiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente ed inviolabilmente da tutti i fedeli…”.

Già molto tempo prima il senso cristiano popolare si era manifestato favorevole al privilegio mariano; inoltre, i Padri abbondavano nell’esaltare la Tuttasanta. Ma fu soprattutto un teologo francescano, il beato Giovanni Duns Scoto, morto nel 1308, ad affermare che «in previsione dei meriti di Gesù, perfettissimo mediatore (il Redentore), la Vergine Maria fu preservata dal peccato originale». Non a caso, il beato è chiamato il “dottore dell’Immacolata”. Non del tutto convinti erano invece i grandi teologi del XIII secolo, Alberto Magno, Bonaventura da Bagnoregio, Tommaso d’Aquino e, prima di loro, Anselmo d’Aosta e lo stesso Bernardo di Chiaravalle: pur essendo tutti grandi devoti di Maria, non riuscivano ad armonizzare come la Vergine avesse potuto essere insieme esente da colpa e redenta da Cristo. Fu il concetto di “redenzione preservativa” elaborato da Duns Scoto ad aprire la strada che avrebbe portato alla proclamazione del dogma. Già Sisto IV (morto nel 1484) aveva iniziato la serie degli interventi pontifici a favore dell’Immacolata, adottando ufficialmente per Roma la festa della Concezione, che nel secolo IX era stata introdotta dall’Oriente nell’Italia meridionale e che nel 1708 papa Clemente XI avrebbe reso di precetto per la Chiesa universale. Successivamente, il Concilio di Trento e papa Alessandro VII, pur senza giungere alla definizione, si dichiararono favorevoli al privilegio mariano, e infine Pio IX, dopo aver interrogato tutti i vescovi mediante un’enciclica (come gli aveva suggerito Antonio Rosmini), avendone raccolto una convergenza quasi plebiscitaria, proclamò il dogma. Quattro anni dopo, la Madonna stessa lo confermava apparendo a Bernadette Soubirous nella grotta di Massabielle e presentandosi come «l’Immacolata Concezione». Nella odierna festa rivolgiamoci alla nostra Madre celeste salutandola con la giaculatoria “O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te”. (Famiglia Cristiana)

 

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Inizio del Vangelo di Gesù. Sembra quasi un'annotazione pratica, un semplice titolo esterno al racconto. Ma leggiamo meglio: inizio di Vangelo, di una bella, lieta, gioiosa notizia. Ciò che fa cominciare e ricominciare a vivere e a progettare è sempre una buona notizia, un presagio di gioia, una speranza intravista.

Inizio del Vangelo che è Gesù. La bella notizia è una persona, un Dio che fiorisce sulla nostra terra: «Il tuo nome è: Colui-che fiorisce-sotto-il-sole» (D.M. Turoldo). Ma fioriscono lungo i nostri giorni anche altri vangeli, pur se piccoli; altre buone notizie fanno ripartire la vita: la bontà delle creature, chi mi vive accanto, i sogni condivisi, la bellezza seminata nel mondo, «la tenerezza che trova misteri dove gli altri vedono problemi» (L. Candiani). E se qualcosa di cattivo o doloroso è accaduto, buona notizia diventa il perdono, che lava via le ombre dagli angoli oscuri del cuore.

Viene dopo di me uno più forte di me. Gesù è forte, non perché "onnipotente" ma perché "onni-amante"; forte al punto di dare la propria vita; più forte perché è l'unico che parla al cuore. E chiama tutti a essere ?più forti?, come lo sono i profeti, a essere voce che grida, essere gente che esprime, con passione, la propria duplice passione per Cristo e per l'uomo, inscindibilmente. La passione rende forte la vita.

Giovanni non dice: verrà un giorno, o sta per venire tra poco, e sarebbe già una cosa grande. Ma semplice, diretto, sicuro dice: viene. Giorno per giorno, continuamente, ancora adesso, Dio viene. Anche se non lo vedi e non ti accorgi di lui, Dio è in cammino. L'infinito è all'angolo di ogni strada. C'è chi sa vedere i cieli riflessi in una goccia di rugiada, Giovanni sa vedere il cammino di Dio, pastore di costellazioni, nella polvere delle nostre strade. E ci scuote, ci apre gli occhi, insinua in noi il sospetto che qualcosa di determinante stia accadendo, qualcosa di vitale, e rischiamo di perderlo: Dio che si incarna, che instancabilmente si fa lievito e sale e luce di questa nostra terra.

Il Vangelo ci insegna a leggere la storia come grembo di futuro, a non fermarci all'oggi: questo mondo porta un altro mondo nel grembo. La presenza del Signore non si è dissolta. Anzi, il mondo è più vicino a Dio oggi di ieri. Lo attestano mille segni: la coscienza crescente dei diritti dell'uomo, il movimento epocale del femminile, il rispetto e la cura per i disabili, l'amore per madre terra...

La buona notizia è che la nostra storia è gravida di futuro buono per il mondo, gravida di luce, e Dio è sempre più vicino, vicino come il respiro, vicino come il cuore. Tu sei qui, e io accarezzo la vita perché profuma di Te.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Immacolata perché donna di speranza

Il tempo di Avvento è un itinerario di speranza, sia nel concetto immediato di preparazione alla Festa del Natale, sia nel significato più ampio di predisposizione all'incontro con Gesù nella sua venuta finale. La speranza comporta infatti l'attesa fiduciosa, giustificata, di qualcosa di piacevole e di rassicurante che certamente si realizzerà; sperare è attendere con fiducia l'avvento di un piacevole esito o del raggiungimento di un prosperoso traguardo e allo stesso tempo predisporsi con tutti i mezzi al raggiungimento di codesta meta. Coltivare la speranza vuol dire quindi non darla vinta all'ansia e all'apprensione, non lasciarsi sedurre dalla tentazione delle decisioni improprie e aspettate, non aver premura di anticipare il futuro e non ricorrere a qualsiasi espediente pur di risolvere immediatamente il problema. Comporta saper attendere le occasioni migliori, aver fiducia che la pazienza e il tempo apporteranno risultati, aprirsi alla certezza di un avvenire più promettente e intanto sopportare con coraggio avversità, prove e delusioni. Diceva poi Don Tonino Bello che aspettare è sinonimo di amare, perché l'umiltà con cui si esercita la pazienza è la prova evidente che si ha fede, che ci è radicati nel credere, e per ciò stesso che si è abilitati all'esercizio della carità. Chi ha fede è capace di sperare e chi dimostra di avere speranza dimostra allo stesso tempo di essere radicato nella fede. Quale risultato migliore offre, conseguentemente, questo binomio se non l'amore disinteressato e sincero, esperibile nei frutti visibili delle buone opere e nel costitutivo personale della carità?

Sperare vuol dire in sintesi aver fiducia in Dio e saper attendere che lui intervenga nella nostra vita risolvendo ogni cosa o dandoci lume per trovare la soluzione adatta. Non ricorrere alla giustizia sommaria e personale, ma confidare che Dio farà giustizia; non riporre fiducia solamente nelle proprie forze, ma trovare in Dio colui che ci da la forza; non radicarsi su se stesso e vantare presunte autosufficienze o autoesaltazioni, ma esaltare Dio che opera in noi.

E se l'Avvento è il tempo della speranza, cioè dell'attesa di Dio, ebbene ci viene proposta la figura di Maria come donna della fiducia e della speranza.

Le pagine evangeliche che si riferiscono a questa giovane fanciulla inaspettatamente eletta per essere Madre straordinaria, ce la presentano come umile donna credente, consolidata nella radicalità nel suo Signore, convinta e per ciò stesso capace di sperare in lui, di essere cioè la donna dell'attesa e della pazienza. L'annuncio della maternità improvvisa da parte dell'angelo non comporta in lei turbamenti e agitazioni, ma decisioni convinte e consapevoli su quanto sta per realizzarsi in lei; non la induce a cercare fughe, soluzioni rimediate o di ripiego, né la spinge a iniziative improprie e spropositate: viene ispirata semplicemente ad aver fiducia in Dio e ad attendere che sia lui a manifestarsi ulteriormente nella sua vita per indicarle il giusto atteggiamento da seguire.

Maria quindi spera, cioè attende che Dio operi in lei e che manifesti di volta in volta la sua volontà, indicandole i percorsi da seguire e allo stesso tempo si mette in ascolto attivo e intraprendente. Lascia che sia Dio a fornirle i mezzi necessari alla missione, senza adoperare strumenti inappropriati e fallaci. E tutto questo non avviene certo in una situazione in cui è facile coltivare la speranza: il suo stato di gravidanza prematura, sia pure per opera dello Spirito Santo, le costa illazioni e pregiudizi da parte della gente, umiliazioni ed esecrazioni, rischi legali di condanna e perfino l'atroce perplessità del suo promesso sposo. E tuttavia lei non cessa di sperare nel Signore perché la fede in Lui riposta comporta che a lui debba anche abbandonarsi. La speranza di Maria si rinnova nei banchi di prova della gestazione all'addiaccio, della dimora in una grotta, della fuga in Egitto e delle continue lotte familiari man mano che il suo Figlio cresce e matura come uomo.

La speranza di Maria non è passata inosservata, come dimostra lo stesso fatto che oggi Le si dedica la presente Liturgia che la esalta come Immacolata, cioè incontaminata dal peccato originale, oltre che attuale.

"Piena di Grazia" è l'aggettivo con cui l'angelo si rivolge a Maria iniziando la sua rivelazione divina. Esso, dall'originale greco Kekaritomene significa letteralmente: "che è stata resa oggetto di ogni benemerenza e di ogni favore"; che ha ottenuto assoluta dignità, perfezione e illibatezza. "Piena di grazia" vuol dire ricolma di ogni beneficio divino, anche fra quelli dei quali gli altri uomini non possono disporre. Dal peccato originale Maria è stata "preservata", cioè purificata ancor prima di essere concepita, per un singolare privilegio finalizzato alla concezione del Figlio di Dio che in lei doveva diventare Figlio dell'Uomo: a veicolare la nostra salvezza non poteva essere un corpo contaminato da colpa, sia pure minima o insignificante. Dio ha reso illibata questa fanciulla perché il suo Verbo trovasse appropriato luogo ove entrare in comunicazione con la nostra precarietà. Fede e speranza, unitamente alla carità, hanno reso possibile l'incarnazione in un evento speciale di gestazione casta e illibata che sarà edificante anche nella vita della Chiesa.

Aver perseverato nella speranza in Colui che l'aveva eletta ha comportato altresì l'ulteriore vantaggio che i Padri della Chiesa abbiano individuato in Maria la Nuova Eva, vale a dire colei le cui virtù di obbedienza, sottomissione, costanza e perseveranza compensassero le magagne e le manchevolezze della prima donna (Eva) concepita come simbolo di perdizione umana.

Karl Rahner scriveva: "Questa persona che chiamiamo Maria, in tutta la storia della salvezza, è come il punto sul quale cade direttamente dall'alto, in questa storia, tutta la salvezza di Dio" e in questo tempo di privilegiata attenzione alla venuta del Signore, la sua figura ci introduce nel mistero stesso della salvezza la cui gioia ci verrà svelta nella semplicità di un Bambino.

Contemporaneamente siamo esortati anche noi a coltivare la stessa speranza che, poggiando sulla fede, ci sprona a rinnovarci interiormente per acquistare serenità, fiducia e coraggio, facendoci vincere tutte le battaglie e spronandoci sempre al meglio per cogliere successivamente i frutti di un prosperoso raccolto di amore solerte e consolidato.

Omelia di padre Gian Franco Scarpitta

 

 

LITURGIA E LITURGIA DELLA PAROLA DELLA SOLENNITA' DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA B.V. MARIA 8 DICEMBRE 2024