Duc in altum! Prendi il largo!

News del 05/02/2010 Torna all'elenco delle news

Tutte le tre letture della V domenica del tempo ordinario parlano di vocazione: quelle di Isaia, di Paolo e di Pietro.

Hanno in comune che nascono tutte dopo una manifestazione del Signore, sono il frutto di un dono gratuito di Dio che si rivela.

Contempliamo quella di Pietro.
E' andato a pesca tutta la notte e non ha preso nulla. Come quando fatico tanto per poi scoprire che non ho ottenuto nulla. Gesù invita Pietro a buttare le reti, ma questa volta non di sua iniziativa, ma sulla sua parola e il risultato è strepitoso. Rimane però la domanda: Cosa significa fare una cosa non di testa mia ma per ubbidienza, o come segno di fiducia, alla sua parola?
Concretamente, come posso provare a farlo?
Certamente è necessario prima che il Signore mi si manifesti per invogliarmi a fare qualche cosa per lui. Secondo: questo qualche cosa, sarà una vocazione ad amare, per servire il suo regno. In altre parole, fare qualche cosa fidandomi della sua parola significa che qualsiasi cosa faccio non la farò più per guadagnarmi il pane ma, come dice Lui, per amore, per il bene comune, il che valorizzerà il mio operato sia agli occhi miei che degli altri, rendendomi più felice. Ma significa anche rischiare sulla sua parola, fare delle cose affinché si manifesti più facilmente la sua venuta; per esempio aiutando anche chi umanamente non sono in grado di aiutare e fare cosi una grande esperienza della sua provvidenza e solidarietà.

Il Signore mi dice: "Fidati di me e pensa al bisogno degli altri. Svolgi il tuo lavoro non solo per sopravvivere ma anche nel nome di Gesù, come vocazione e come servizio alla parola e all'umanità, come fece Simone, e contempla il risultato".
 
Testo di padre Paul Devreaux



La libera e gratuita scelta di Dio


nesso tra le letture
Il mistero della libera e gratuita scelta di Dio pervade le tre letture liturgiche. Isaia è eletto durante un'azione liturgica nel tempio di Gerusalemme: "Ho udito la voce del Signore che mi diceva: Chi invierò? (prima lettura). Pietro, da parte sua, percepisce la scelta divina in mezzo al suo mestiere di pescatore: "Non temere, da adesso sarai pescatore di uomini" (vangelo). Infine, Paolo, evoca l'apparizione di Gesù risorto, sulla via di Damasco, a lui, "il più piccolo degli apostoli... ma per grazia di Dio sono ciò che sono" (seconda lettura).

Un Dio liberissimo nella scelta. Soltanto un Dio libero può fare appello alla libertà dell'uomo. Soltanto se Dio è libero, si può parlare di scelta, non di coazione. La Bibbia intera testimonia la sovrana libertà di Dio in tutte le cose e in ogni situazione. I testi liturgici attestano la libertà divina nella scelta degli uomini.
Dio è liberissimo per scegliere la persona che vuole: Isaia, nato a Gerusalemme da famiglia agiata, probabilmente di stirpe sacerdotale; Pietro, proveniente da Betsaida, pescatore nel lago di Tiberiade; Paolo, originario di Tarso di Cilicia, con titolo accademico di rabbino, per un certo tempo persecutore della Chiesa di Cristo.
Dio è liberissimo di scegliere nel modo e nel tempo che desideri. Isaia durante una liturgia nel tempio di Gerusalemme, mediante una teofania cultuale; Pietro, su una barca, dopo una pesca miracolosa, segno di una presenza divina; Paolo, sulla via per la città di Damasco, con il cuore ardente di odio verso i cristiani.
Isaia, Pietro, Paolo, tre paradigmi della libertà di Dio nella scelta degli uomini per il grande compito di collaborare con Lui nella redenzione dell'umanità.

Scelta ed esperienza di Dio. Nei suoi misteriosi disegni, Dio ha voluto unire la scelta ad una esperienza forte di Dio da parte dell'eletto. I modi di compiere tale esperienza differiscono gli uni dagli altri, ma l'esperienza è comune ad ogni scelta. Questo significa che soltanto in codesta esperienza profonda, secondo età, circostanza, educazione e carattere, l'uomo può rendersi conto della scelta divina. In questa esperienza di Dio si percepisce con una lucidità solare, da una parte, la distanza e la trascendenza di Dio, e, dall'altra, l'indegnità dell'uomo.
Isaia, da una parte, entra nel mistero di Dio, Re e Signore onnipotente, dall'altra, si sente perso ed impuro per vedere e parlare da parte di Dio (prima lettura). Pietro, davanti alla grandiosità della pesca, possibile soltanto per mezzo del potere di Dio, non ha altra reazione, se non esclamare: "Allontanati da me, Signore, che sono un peccatore" (vangelo). L'apparizione di Gesù risorto a Paolo lo fa cadere a terra da cavallo, restare cieco, umiliarsi di fronte al potere di Dio, e, infine, ricevere il battesimo dalle mani di Anania. Il Dio tre volte santo non può irrompere nella storia, senza che l'uomo sia scardinato dalle sue sicurezze umane e sia invitato a porre ogni fiducia nello stesso Dio.

L'unica risposta degna. L'uomo, che Dio ha scelto, può dare diverse risposte, ma ce n'è soltanto una degna di Dio e dell'uomo: l'umile accettazione.
Abbiamo, anche nei testi liturgici, tre paradigmi differenti di un unico atteggiamento: Isaia, alla domanda di Dio: "Chi invierò?", risponde: "Eccomi, manda me". Pietro, ascoltando Gesù che lo chiama ad essere "pescatore di uomini", insieme con i suoi compagni di lavoro, reagisce generosamente: "Lasciarono tutto e lo seguirono". Non meno generoso è l'atteggiamento di Paolo, dopo la caduta a terra e dopo aver udito la voce di Gesù risorto. Egli domanda al suo interlocutore: "Che cosa vuoi che faccia?". Poi, nella prima lettera ai corinzi (seconda lettura), ricordando codesta visione di Gesù, da una parte si considera il minore degli apostoli ed indegno di portare questo nome, ma, dall'altra, è convinto che "ho faticato più di tutti gli altri; non io, però, ma la grazia di Dio che è con me".

Un Dio che ha bisogno degli upmini. Nella storia della salvezza appare chiaro che Dio ha voluto salvare gli uomini per mezzo di altri uomini. L'unico Salvatore è Dio, ma gli uomini sono le sue mani per distribuire la salvezza a tutti coloro che la chiedano, sono le sue labbra per predicarla nelle migliaia di lingue del nostro pianeta, sono i suoi piedi per portarla a tutti gli angoli della terra, soprattutto laddove ancora non la conoscono, anche se la anelino vivamente.
È un gesto imponente della condiscendenza di Dio nei confronti dell'umanità, del suo infinito amore fino ad abbassarsi ad essere mendicante dell'uomo! Dio mendica da te, sacerdote o laico, religioso o volontario, il tuo aiuto.
Glielo negherai? Mendica da te, giovane, la tua gioventù, per offrire la sua salvezza ai giovani del mondo, e forse non soltanto la tua gioventù, ma tutta la tua vita per salvare l'uomo, per liberarlo da se stesso, per nobilitare la sua vita di figlio di Dio. Mendica da te, adulto, la tua maturità nello stato di vita in cui ti trovi, perché collabori con Lui nella salvezza di te stesso, nella salvezza di coloro che vivono nel tuo ambiente famigliare, professionale, sociale, culturale. Mendica da te, pensionato, anziano, il tuo tempo, la tua esperienza umana e spirituale, la tua saggezza della vita, perché tu la trasmetta agli altri, perché tu contribuisca a costruire un mondo più umano e più cristiano. Ascolteremo, noi uomini, il grido di Dio che chiede il nostro aiuto?

Libertà di Dio, disponibilità dell'uomo. Dio fa appello liberamente a uomini dotati di libertà, una libertà che Egli ci ha dato creandoci e che dobbiamo esercitare per essere autentici, per essere veramente uomini. Dio non forza l'uomo, né lo farà mai, ad essere e a comportarsi come tale.
L'uomo può usare la sua libertà per degradarsi come le bestie, per rinnegare lo stesso Dio che gli diede la vita, per costruire la sua esistenza sull'egocentrismo, per vivere senza speranza. Questo tale non sarà disponibile davanti alla libertà di Dio. Dio vuole che si realizzi come uomo, che si faccia uomo, e lui non è disponibile, preferisce rotolarsi nella terra fangosa dei quadrupedi.
Dio gli si propone come Signore della sua vita, ed egli non è disponibile, anela piuttosto ad essere lui il suo proprio signore e padrone. Dio lo chiama a costruire la sua esistenza e la sua felicità sulla donazione, sul dono di sé, ma lui non è disponibile, non ha orecchi se non per le sirene incantatrici del suo ego, che lo attraggono e soffocano in lui ogni altruismo, ogni umana fraternità.
Dio vuole infondergli una speranza di eternità, di vittoria della vita sulla morte, e lui non è neppure disponibile, è tanto attaccato al tempo e alla materia che considera perfino impensabile l'eternità, un aldilà del tempo, una vita felice con Dio e con i figli di Dio nel cielo. Che cosa posso fare per essere sempre disponibile per Dio, perché anche altri siano ugualmente disponibili?
Testo di Totustuus

 
Prendete il largo..
 
L'evangelista Luca oggi ci descrive minuziosamente la chiamata di Pietro: una chiamata fondamentale per la vita della Chiesa. Una chiamata che nel tempo mostrerà generosità, totalità nel darsi, ma anche fallimenti, e, dopo la Pentecoste, la capacità di divenire addirittura l'Apostolo che si prende carico di fondare e diffondere la Chiesa. Una generosità che arriva a noi oggi con la gioia, che dovrebbe essere la caratteristica che ci distingue come cristiani, anche se a volte anche noi conosciamo difficoltà e `fallimenti', che sono la realtà di chi ama e vuole donarsi.
Racconta il Vangelo: "In quel tempo, mentre Gesù, levato in piedi, stava presso il lago di Genezareth e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Sali su una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: 'Prendi il largo, e calate le reti per la pesca'.
Simone rispose: 'Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola getterò le reti. E avendolo fatto presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano
." Pietro aveva faticato inutilmente, per ore, sul lago di Tiberiade, che conosceva palmo a palmo, ma era tornato a mani vuote, il che significa anche... frustrazione per la propria incapacità!
Eppure di fronte al Maestro questo uomo così stanco e deluso... non fa obiezioni!
Riprende il largo e dà piena fiducia a Gesù, che lo invita a riprovare, come sfidandolo sul piano delle sue competenze professionali. Obbedisce con le disarmanti parole che rivelano il suo cuore semplice e la sua fiducia senza limiti: 'Sulla Tua parola getterò le reti!".
Per me è stupendo questo atteggiamento di Pietro.
Aveva mille ed una ragione per essere furibondo con se stesso, con il mare di Galilea, e quindi scettico verso qualsiasi speranza di soluzione, perché per lui, trovarsi a mani vuote dopo una notte di grande fatica, era come avere perso, non solo le forze fisiche, ma la fiducia in se stesso... è come sentirsi rotte le gambe.
Ma Pietro supera se stesso e, con la docilità di un bambino, fidandosi della parola di Uno, che forse conosceva appena di vista o di fama, e con il quale, forse, non aveva ancora familiarità, torna in mare con i suoi, avventurandosi al largo, dove davvero si misurano capacità, fede e coraggio.
"E presero una quantità enorme di pesci che le reti si spezzavano'.
Un fatto che intacca la dura scorza del pescatore.
"Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: 'Signore, allontanati da me che sono un peccatore. Grande infatti era lo stupore che aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo, Giovanni, figli di Zebedeo che erano soci di Simone. Ma Gesù disse a Simone: 'Non temere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini. Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono". (Lc. 5, 1-11)
Quella di Pietro sul lago è la storia di tutti, a cominciare da quelli che Dio ha chiamato a diventare `pescatori di uomini'. È la storia di ogni battezzato, chiamato da Gesù, nel Battesimo e nella Cresima, a seguirlo e quindi invitato a 'gettare le reti al largo'.

Il risultato – e questa è la bellezza della nostra missione – non dipende dalle nostre capacità, ma dalla fede nella Sua Parola. A volte chiamati a stare vicini a Lui nella preghiera, sempre invitati a 'prendere il largo, con fiducia in Lui, conoscendo le nostre debolezze.

Siamo tentati a volte e come scoraggiati nel gettare le nostre reti in questo mondo, diventato un mare inquinato da mille veleni, dove sembra difficile sopravviva, almeno così ci pare, ogni forma di 'vita vera', di Presenza di Dio.
Eppure occorre la piena fiducia di Pietro e 'gettare le reti', come sanno fare tanti.

Pensiamo alla mamma di S. Agostino, che pregò una vita intera perché il figlio tornasse alla Chiesa di Cristo. E non solo ottenne quanto chiedeva, ma Dio le diede di più: un figlio Vescovo.

Quante volte mi si confida: Non so più che cosa fare per mio marito, per i miei figli, per riportarli a quella bontà e fede su cui da tempo era fondata la mia famiglia'; oppure 'Con tutti gli sforzi, avrei voluto dare alla mia vita un indirizzo che mi portasse alla serenità interiore. Ma mi sento come una persona fallita'.
Un poco come si sentiva Pietro al rientro da una notte di fatica... senza aver pescato nulla!
Ma seguendo senza dubbi la parola di Gesù, può rientrare con la barca che... rischia di affondare per la quantità di pesce pescato!

È in questo momento che si rivela tutta la grandezza di Pietro.
Va da Gesù e si confessa: 'io sono peccatore', ossia 'un buono a nulla, se da solo'. È lo stato d'animo che fa strada alla conversione piena.
È consolante scoprire come Gesù, non solo lo incoraggia, ma addirittura gli indica la sua nuova missione: 'Sarai pescatore di uomini'. E Pietro va oltre: lasciò tutto e seguì Gesù.

È vero che oggi viviamo un tempo,difficile. Fatichiamo e ci sembra di tornare sempre 'a mani vuote'. E si è spesso presi dalla sfiducia.

Diceva Paolo VI:
"Potremmo chiamare la presente perturbazione una crisi di fiducia, se la si considera negli animi nei quali scaturisce. Una sfiducia che percorre l'anima di non pochi.
Sfiducia a volte nella dottrina e nella tradizione e diventa crisi di fede. Sfiducia nelle strutture e nei metodi e diventa critica corrosiva. Sfiducia negli uomini e diventa tensione e disobbedienza. Sfiducia nella Chiesa quale è e diventa crisi di carità e facile ricorso al profano.
Gesù oggi ci dice: 'Uomo di poca fede perché dubiti?' e ci rammenta fino a quale grado noi possiamo spingere la nostra fiducia. Ricordiamolo sempre: Cristo è la nostra speranza e la nostra forza".
Ce lo ricorda anche l'Apostolo Paolo, di cui tutti conosciamo la conversione e l'entusiasmo nell'annuncio del Vangelo a tutte le genti, nonostante le infinite difficoltà e sofferenze sopportate, che avrebbero forse scoraggiato tanti di noi:
"Io sono l'infimo degli apostoli e non sono nemmeno degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Cristo.
Per grazia di Dio sono quello che sono e la Sua grazia in me non è stata vana: anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la Grazia di Dio che è con me". (Cor. 15, 1-11)
Tutti, senza eccezioni, conosciamo momenti difficili, che possiamo attraversare nella quotidianità della vita, nella famiglia, nella fedeltà del matrimonio, nell'educazione dei figli, sul lavoro, nella società in cui sembra che nulla funzioni, nella stessa Chiesa, dove a volte i pastori vedono le loro fatiche annullate, i loro piani pastorali subire fallimenti, causando quel terribile pericolo che è lo scoraggiamento, da considerare una grave tentazione per un uomo di fede 'chiamato e mandato'.

Direi davvero che la nostra fede o, se volete, il nostro coraggio nella prova, nel superare insieme i momenti difficili, che sono per tutti, sostenuti dalla Grazia di Dio, ha dato i suoi frutti.
La misura del coraggio non è nel considerare la vita una bella 'discesa', ma una 'ripida salita' che porta alla 'porta stretta', ma molto in alto!
Perciò che prego per tutti che oggi sia un tempo di coraggio, sentendoci sempre come Pietro 'peccatori', gente che senza la Grazia davvero è incapace anche solo di camminare, ma con la fiducia in Dio sa 'prendere il largo e gettare le reti'.

Preghiamo:
Dio, non solamente confido in Te, ma non ho fiducia che in Te.
Donami dunque lo Spirito di abbandono,
per accettare le cose che non posso cambiare.
Donami anche lo Spirito di forza,
per cambiare le cose che posso cambiare.
Donami infine lo Spirito di saggezza,
per discernere ciò che dipende effettivamente da me
e poi...che io faccia solo la Tua santa volontà.

Testo di mons. A. Riboldi, vescovo
 

Foglietto della Messa di domenica 7 febbraio 2010

Liturgia della Parola di domenica 7 febbraio 2010

tratti da www.lachiesa.it