2 Febbraio: Festa della Presentazione di Gesù al tempio

News del 02/02/2010 Torna all'elenco delle news

Chiude le celebrazioni natalizie e con l’offerta della Vergine Madre e la profezia di Simeone apre il cammino verso la Pasqua.

Festa delle luci (cfr Lc 2,30-32), ebbe origine in Oriente con il nome di ‘Ipapante’, cioè ‘Incontro’. Nel sec. VI si estese all’Occidente con sviluppi originali: a Roma con carattere più penitenziale e in Gallia con la solenne benedizione e processione delle candele popolarmente nota come la ‘candelora’. (Mess. Rom.)

Festa della Presentazione del Signore, dai Greci chiamata Ipapánte: quaranta giorni dopo il Natale del Signore, Gesù fu condotto da Maria e Giuseppe al Tempio, sia per adempiere la legge mosaica, sia soprattutto per incontrare il suo popolo credente ed esultante, luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo Israele. (Martirologio Romano)

La festività odierna, di cui abbiamo la prima testimonianza nel secolo IV a Gerusalemme, venne denominata fino alla recente riforma del calendario festa della Purificazione della SS. Vergine Maria, in ricordo del momento della storia della sacra Famiglia, narrato al capitolo 2 del Vangelo di Luca, in cui Maria, in ottemperanza alla legge, si recò al Tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, per offrire il suo primogenito e compiere il rito legale della sua purificazione.
La riforma liturgica del 1960 ha restituito alla celebrazione il titolo di "presentazione del Signore", che aveva in origine. L'offerta di Gesù al Padre, compiuta nel Tempio, prelude alla sua offerta sacrificale sulla croce.

Questo atto di obbedienza a un rito legale.. costituisce pure una lezione di umiltà, a coronamento dell'annuale meditazione sul grande mistero natalizio, in cui il Figlio di Dio e la sua divina Madre ci si presentano nella commovente ma mortificante cornice del presepio, vale a dire nell'estrema povertà dei baraccati, nella precaria esistenza degli sfollati e dei perseguitati, quindi degli esuli.

L'incontro del Signore con Simeone e Anna nel Tempio accentua l'aspetto sacrificale della celebrazione e la comunione personale di Maria col sacrificio di Cristo, poiché quaranta giorni dopo la sua divina maternità la profezia di Simeone le fa intravedere le prospettive della sua sofferenza: "Una spada ti trafiggerà l'anima": Maria, grazie alla sua intima unione con la persona di Cristo, viene associata al sacrificio del Figlio.

Non stupisce quindi che alla festa odierna si sia dato un tempo tale risalto da indurre l'imperatore Giustiniano a decretare il 2 febbraio giorno festivo in tutto l'impero d'Oriente.

Roma adottò la festività verso la metà del VII secolo; papa Sergio 1 (687-701) istituì la più antica delle processioni penitenziali romane, che partiva dalla chiesa di S. Adriano al Foro e si concludeva a S. Maria Maggiore.

Il rito della benedizione delle candele, di cui si ha testimonianza già nel X secolo, si ispira alle parole di Simeone: "I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti". Da questo significativo rito è derivato il nome popolare di festa della "candelora". La notizia data già da Beda il Venerabile, secondo la quale la processione sarebbe un contrapposto alla processione dei Lupercalia dei Romani, e una riparazione alle sfrenatezza che avvenivano in tale circostanza, non trova conferma nella storia.

Testo di Piero Bargellini tratto da www.santiebeati.it

 

I miei occhi hanno visto la tua salvezza

L'evangelista Luca, all'inizio della narrazione, si collega alla legge mosaica secondo la quale la madre, quaranta giorni dopo la nascita del primogenito, doveva presentarlo al tempio e offrire in sacrificio al Signore, per la sua purificazione, un agnello oppure una coppia di colombe.
La consacrazione del primogenito (come di ogni primizia) ricordava a tutto il popolo d'lsraele il primato di Dio sulla vita e sull'intera creazione. Maria e Giuseppe, pertanto, obbedienti alla legge di Mosè fecero quanto era prescritto e portarono Gesù nel Tempio per consacrarlo al Signore. Erano poveri e non potendo acquistare l'agnello per il sacrificio offrirono una coppia di colombe, in realtà essi donavano a Dio il "vero agnello" per la salvezza del mondo.

La festa della Presentazione di Gesù al tempio è tra quelle - poche in verità - celebrate assieme dalle Chiese cristiane d'Oriente e d'Occidente.

Di essa si ha memoria già nei primi secoli a Gerusalemme (era chiamata il "Solenne incontro" una processione per le strade della città ricordava il viaggio della Santa Famiglia da Betlemme a Gerusalemme con Gesù appena nato.

Ancora oggi la santa liturgia prevede la processione, cui, si è aggiunta, dal X secolo, anche la benedizione delle candele, che ha dato il nome popolare di "candelora" a questa festa.

La luce che viene consegnata nelle nostre mani ci unisce a Simeone ed Anna che accolgono il Bambino, "luce che illumina le genti", come canta Simeone riprendendo le parole del profeta Isaia nei capitoli 42 e 49 sul Servo di Jahvè.

E' piccolo Gesù, ha appena quaranta giorni, e subito si reca a Gerusalemme. E' il primo viaggio, ma già prefigura l'ultimo. Tornerà nella città santa al termine della sua vita, ma non più offerto nel Tempio e non più posto sulle braccia di Simeone, sarà invece condotto fuori le mura della città e sarà inchiodato sulle braccla della croce.

Oggi le braccia di Simeone lo prendono e lo stringono con affetto, ma nelle parole di questo saggio vecchio si delinea già il futuro del Bambino: "Sarà rovina e resurrezione per molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori", e guardando la madre - quasi prefigurando la scena della croce - aggiunge: "Anche a te una spada trafiggerà l'anima".

Simeone, uomo giusto e timorato di Dio che "sospirava" il conforto d'Israele, "Mosso dallo Spirito, si recò nel tempio... prese il bambino tra le braccia e benedisse Dio".
Come prima fecero Maria e Giuseppe, ora anche Simeone "prende il Bambino con sé" ed è riempito di una consolazione senza limiti tanto che dal suo cuore salì una tra le preghiere più belle della Bibbia: "Ora lascia, o Signore che il tuo servo vada in pace... perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti".
Era anziano Simeone, come pure la profetessa Anna (il Vangelo ne precisa l'età, ottantaquatttro anni).

In essi sono rappresentati certamente tutto Israele e l'umanità intera, che attende la "redenzione", ma possiamo vedervi anche le persone più avanti negli anni, gli anziani. Ebbene, Simeone ed Anna sono l'esempio di bella anzianità. E' sempre più facile nella nostra società scorgere anziani, uomini e donne, che ormai pensano con tristezza e rassegnazione al loro futuro; e l'unica consolazione, quando è possibile, è il rìmpianto della passata giovinezza.
Il Vangelo di oggi sembra dire a voce alta - ed è giusto gridarlo in questa nostra società fattasi particolarmente crudele verso gli anziani - che il tempo della vecchiaia non è un naufragio, una disgrazia, una iattura, un tempo più da subire tristemente che da vivere con speranza.
Simeone ed Anna sembrano uscire da questo affollato coro di gente triste e angosciata e dire a tutti: è bello essere anziani! Sì, la vecchiaia si può vivere con pienezza e con gioia. Certo, a condizione che si possa essere accompagnati, che si possa accogliere tra le proprie braccia un po' d'amore, un po' di compagnia, un po' d'affetto.
Il loro canto è inconcepibile ed incomprensibile in una società ove quel che solo conta è la forza e la ricchezza, ove quel che solo vale è la soddisfazione individuale a qualsiasi costo, ove il solo ideale è vivere per se stessi; sebbene proprio da questa mentalità - ma è questa la tragica contraddizione che pure viene supinamente accettata e sostenuta dalla maggioranza - che nascono le violenze e le crudeltà della vita.

Oggi, vediamo venirci incontro Simeone ed Anna, sono essi che ci annunciano il Vangelo, la buona notizia all'intera nostra società: un bambino, non forte né ricco, anzi debole e povero, può consolare, rallegrare e rendere persino operosa la vecchiaia. Così fu per loro. Non chiusero gli occhi sulla loro debolezza, sull'affievolirsi delle forze; in quel bambino trovarono una nuova compagnia, una nuova energia, un senso in più per la loro stessa vecchiaia. Simeone, dopo aver preso tra le sue braccia il Bambino, poté cantare il "Nunc dimittis" non con la tristezza di chi aveva sprecato la vita e non sapeva cosa sarebbe accaduto di lui; ed Anna, l'anziana, da quell'incontro ricevette nuova energia e nuova forza per lodare Dio e parlare del bambino a chiunque incontrava. Ambedue, assieme al gruppo dei pastori e dei magi, furono i primi missionari del Vangelo.
Questa pagina evangelica del "solenne incontro" tra un Bambino e due anziani rivela quanto sia Piena e gioiosa la vita: il Bambino, il piccolo libro dei Vangeli, posto nelle mani e nel cuore degli anziani opera ancora oggi miracoli incredibili.

La fragilità della vita, anche quella che giunge con il passare degli anni, non è una condanna quando si incontra con l'amore e la forza di Dio. Il Vangelo sa trarre energie nuove anche da chi il mondo sembra mettere da parte.
L'età anziana può essere motivo di una nuova chiamata: basti pensare al tempo che si ha per pregare per la Chiesa, per la propria comunità, per il mondo intero, per invocare la pace o anche per visitare chi ha bisogno, e comunque per testimoniare la speranza nel Signore. Nessuno è escluso dalla gioia del Vangelo. E il miracolo che Gesù compie in chi lo accoglie tra le sue braccia

Testo di mons. Vincenzo Paglia 

 

Presentati a Dio con Gesù

Celebriamo la festa della presentazione del Signore: Gesù è presentato, offerto a Dio, come prescriveva la legge di Mosè per ogni maschio primogenito. Si tratta di un dono reciproco: Dio ha donato il figlio ai genitori, ed essi contraccambiano offrendo lo stesso dono.

È proprio questa l'unica risposta adeguata ai doni di Dio: offrire a Dio il suo stesso dono. Pensiamo, per esempio, ad Anna la sterile, che offre a Dio Samuele. Pensiamo soprattutto alla Messa, come si dice nel canone romano: "offriamo alla tua maestà divina, tra i doni che ci hai dato, la vittima pura" (offerimus praeclarae maiestati tuae de tuis donis ac datis hostiam puram), che è Gesù.

Il dono che proviene da Dio deve tornare a Dio, ma arricchito del nostro contributo, del frutto della nostra operosità.
Tutto il senso della vita umana consiste in questo movimento, non esiste un altro significato: la nostra vita deve diventare un'offerta, un dono a Dio. È il culto specificamente cristiano, il culto della vita: "vi esorto ad offrire, a presentare i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Rm 12,1).

Lo chiediamo in questa liturgia con le parole della colletta: "concedi anche a noi di essere presentati a te pienamente rinnovati nello Spirito". Concedici che la nostra vita sia un dono per te, Signore (anche questo è dono!).

La presentazione che oggi festeggiamo è un'anticipazione: il grande momento dell'offerta, del dono della vita, sarà per Gesù la croce. Il pane eucaristico è proprio Gesù "eternizzato" in questo suo dono, e fatto pane per noi, perché a nostra volta possiamo offrirci a Dio: "concedi anche a noi, con la forza del pane eucaristico, di camminare incontro al Signore, per possedere la vita eterna" (Orazione dopo la comunione). Amen.

All'offertorio:
Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci dia forza per fare della nostra vita un dono al Signore, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Testo di don Marco Pratesi 

 

L’aspetto più importante è l'offerta di sé.
Quello che avviene nel Tempio di Gerusalemme è la realizzazione di un gesto profetico contenuto nella Legge mosaica, che prescriveva l'offerta dei primogeniti. E’ Gesù il primogenito che offre se stesso al Padre per la salvezza del mondo; che con la sua azione redentrice riscatta l'umanità peccatrice.
Quindi nella presentazione di Gesù al Tempio si contempla anticipatamente quale sarà la sorte di Cristo, e indirettamente quella dei suoi discepoli. Ogni cristiano autentico è partecipe di questa realtà fatta di donazione incondizionata della propria vita, di accettazione del disegno di Dio, di superamento del proprio egoismo nell'umiltà.

Il cristianesimo si fonda su una persona concreta, viva, Gesù di Nazareth, l'Uomo-Dio, da amare. E’ da questo amore che scaturisce la forza di ubbidire ai comandamenti che egli ha dato e di amare il prossimo come se stessi. 

Chi non ama Dio in tale modo difficilmente sopporta il richiamo evangelico; lo avverte come un fastidio alla propria tranquillità, al proprio benessere, ai propri principi, risulta irritante ai benpensanti pieni di sè, i quali volentieri si piegherebbero alla forza di un Dio potente, ma non accettano di mettere in discussione se stessi per amore.
Chi prende sul serio il Vangelo risponde all'amore gratuito, assoluto e liberante di Dio con un amore altrettanto grande che, poiché così radicale, è il risultato dell'unione dell'amore umano con quello divino: è l'opera dello Spirito Santo in noi. Questo amore si concretizza nell'offerta di se stessi a Dio, affinché, proprio sull'esempio di Cristo e di Maria, egli compia la sua opera in noi. (Congregazione Figli Immacolata Concezione, Roma)
 

Liturgia della parola della Festa della Presentazione di Gesù 2 febbraio 2010

tratti da: www.la chiesa.it
 

La "Presentazione di Gesù al Tempio" di Giotto, 1303-5, Cappella degli Scrovegni, Padova 

I significati iconografici  
E' una scena molto importante perché ha consentito di individuare la fonte letteraria di Giotto in questo ciclo: sotto la volta del Sancta Sanctorum, il vecchio Simeone (112 anni) riceve da Maria il bimbo, con le mani coperte da un drappo ( come si usava fare quando si riceveva un dono dall'imperatore, secondo il Bellinati). Alla sua destra, la profetessa Anna reca un cartiglio con la scritta " quoniam in isto erit redemptio mundi" , unica negli apocrifi e citata dal vangelo dello Pseudo Matteo. Giuseppe reca in dono due giovani colombe.

Le fonti della scena
Dal Vangelo dello Pseudo Matteo (15, 1-3), che racconta l'episodio: "Quando Giuseppe presentò il fanciullo Gesù nel Tempio di Gerusalemme, c'era colà un uomo di Dio perfetto e giusto, di nome Simeone. Vecchio di 112 anni, Simeone prendendo in braccio il bimbo e adagiatolo sul pallio, esclamò ' Ora lascia o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola '. C'era nel Tempio anche una profetessa, di nome Anna, vedova ( di 84 anni). Ella adorò il fanciullo dicendo che in lui si realizzava la salvezza del mondo".
(C. Bellinati, Atlante iconografico della Cappella di Giotto 1300- 1305)