29 luglio 2018 - XVII Domenica del Tempo Ordinario: Moltiplicazione dei pani, quello che Dio ti dà non è mai troppo poco
News del 28/07/2018 Torna all'elenco delle news
Il celebre racconto della moltiplicazione dei pani è narrato per sei volte nei vangeli e per cinque domeniche consecutive la liturgia interrompe la lettura di Marco per proporre il capitolo 6 di Giovanni. La folla ha davanti agli occhi un uomo capace di rispondere alle proprie attese, di guarire le ferite, di compiere segni mai visti; ecco perché lo segue.
Potrebbe sembrare un comportamento opportunistico, ma è anche vero che si tratta di un fare pienamente umano, perché nessuno può sentirsi così completo da affermare che ha in sé tutto ciò di cui necessita.
Se la gente vede «i segni che compiva sugli infermi», Gesù «alzati gli occhi, vide» non in maniera distaccata, ma come una mamma che ha uno sguardo preveniente: prima ancora che i figli esprimano un bisogno già lo conosce; quando esce si porta dietro sempre una borsa e, all’occorrenza, tira fuori proprio quello che serve e, nel preparare la valigia ai figli, senza dire nulla mette dentro anche qualcosa da mangiare, perché a un certo punto avranno fame, e lei questo lo sa.
Cristo è intento a parlare con i suoi discepoli ma capace contemporaneamente di guardare altro, posando lo sguardo sulla realtà intera che a Pasqua, come suggerisce l’annotazione temporale, chiede di essere liberata dalla schiavitù della contingenza. Noi invece il più delle volte ragioniamo al contrario, guardiamo l’altro cercando quello di cui noi abbiamo bisogno: un aiuto, una semplice presenza, qualcuno che ci faccia ridere. Quasi mai lo guardiamo per intuire quello di cui lui ha bisogno.
Gesù dunque, vedendo quella folla, si preoccupa della sua fame e chiede a Filippo dove possono «comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare».
L’esperienza di Filippo è la stessa che facciamo noi quando ci troviamo davanti a qualcosa che supera le nostre forze; come lui ci rendiamo conto di non avere quello che serve, di non essere abbastanza e, presi dallo scoraggiamento, ci paralizziamo. Filippo provvidenzialmente non era solo e aveva qualcuno che camminava con lui perché, lì dove noi vediamo un ostacolo, qualcuno che ci sta accanto può aiutarci a cambiare prospettiva. Andrea in fondo fa esattamente questo, cambia prospettiva, anche se ancora non è quella giusta. Invece di guardare a quello che non c’è, guarda a quello che c’è. La prospettiva di Andrea è diversa ma anche lui arriva alla medesima conclusione di Filippo: quello che c’è è troppo poco per qualcosa di così grande. Quante volte in tutto ciò che facciamo ci assale il tormento che tutto sia inutile, poiché avvertiamo la sproporzione tra quello che c’è da fare e quello che possiamo fare. Quante volte sentiamo dire: ‘Sì, ma che posso fare io? Quegli incontri preparati con cura ma vissuti con leggerezza da chi vi partecipa, come possono essere utili? Quell’ora a settimana di catechismo come può fare la differenza? Quei pochi minuti passati a fare compagnia a quella vecchietta come possono eliminare la sua solitudine? Quella parola di conforto timidamente balbettata, come può alleviare il dolore di chi lotta con la malattia?’. Proprio in questi momenti Gesù ci chiede di fidarci di lui.
Non siamo noi a dover fare miracoli, Cristo non ci chiede questo! Però ci chiede di non impedire a Lui di fare miracoli. Quel poco che abbiamo, infatti, se lo teniamo stretto nelle nostre mani, per timore che non sia sufficiente, diventa un vero ostacolo che impedisce alla sua grazia di agire; se invece lo consegniamo a Lui, diventa canale di grazia e il miracolo avviene! Il dono si compie attraverso «un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci»; si tratta del «pane nuovo, fatto con il primo cereale che matura. Un giovane uomo, nuovo anche nella sua generosità» (Ermes Ronchi).
Sono iniziati i tempi nuovi, in cui se cinque pani e due pesci sono insufficienti per una grande folla, in realtà sono tanti per una sola persona. Bisogna partire dal dono di Dio ricevuto nella propria storia di vita e saperlo condividere con semplicità e generosità; poi Dio penserà a moltiplicare quanto condiviso. Un’altra dimensione umana emergente è quella dell’attesa fiduciosa della cura di Dio, segnalata dal richiamo ai pascoli verdeggianti su cui il pastore del Salmo 23 nutre e fa riposare il gregge.
Infine è necessario raccogliere «i pezzi avanzati», quel sovrappiù che non va perduto perché ha la funzione di richiamare il desiderio del vero pane che non perisce e che è dato nella relazione con Cristo sperimentabile da ogni frammento di umanità sperduta, ma speriamo sempre capace di non sottrarsi alla forza attrattiva dell’amore.
Omelia di don Tonino Sgrò tratto da www.reggiobova.it
Raccogliete i pezzi avanzati
Vide che una grande folla veniva da lui - Lo stesso fatto è raccontato da tutti gli evangelisti (Mt 14,13-21; 15,32-39; Mc 6,30-44; 8,1-10; Lc 9,10-17) in modo quasi simile. Giovanni di distanzia dagli altri per il luogo che non appare desertico, per il tempo: Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei, per la spontanea decisione del Signore [nei sinottici si parla di ?compassione?, di ?ora tarda?, dei discepoli che intervengono] mentre ancora la folla stava arrivando. Gesù percepisce la fame di quella gente e provoca Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Si potrebbe anche immaginare che Gesù più che percepire la fame, la stimola, la suscita, la promuove.
Tenendo conto che il vangelo di Giovanni non parla mai di miracoli ma di ?segni? invitandoci a scrutare i fatti per coglierne il senso, c'è da domandarci di quale fame si tratti se di pane o di umanità.
Guardando al mondo di oggi si potrebbe affermare che dove c'è abbondanza di pane scarseggia l'umanità, al contrario la povertà di mezzi evidenzia la ricchezza di valori umani. Ma forse è sempre stato così. Il benessere è geloso di se stesso, ha paura di perdersi e si accumula proprio come le cellule dell'organismo che accumulano grasso inutile quando è nella abbondanza per il rischio di trovarsi senza l'abbondanza a cui è abituato.
Sapeva quello che stava per compiere - Sarebbe interessante studiare le motivazioni che hanno indotto a riconoscere questo episodio come ?moltiplicazione dei pani? perché sia in Giovanni che nei Sinottici, nei sei racconti paralleli, non si usa mai questo termine che invece è entrato nel linguaggio e nella logica comune. Come capita spesso l'attenzione si concentra più sull'oggetto, il pane, che sul gesto di condivisione; anche nella liturgia facciamo più attenzione al pane diventato Corpo di Cristo che al gesto di spezzarlo che identificava l'Eucaristia nelle prime comunità cristiane (At 2,46).
L'Eucaristia deve divenire ?spezzare il pane? a tutti i livelli, altrimenti il suo significato non si compie. Deve divenire diaconìa, servizio e dono nella vita quotidiana (Benedetto XVI, 06.03.2012).
Il miracolo non è nella "moltiplicazione" ma nella "distribuzione", nel passare di mano in mano, nel diventare ogni volta dono ricevuto ed offerto. Quel pane e quei pesci non sono più ?il mio pane? o ?il pane per me? per diventare il "pane nostro" quotidiano che ogni giorno chiediamo nella preghiera.
Chi mangia il proprio pane si sazia e poi torna ad avere fame ed ha bisogno di accumulare per non restare senza, chi condivide diventa ricco del dono offerto e ricevuto.
Raccogliete i pezzi avanzati - Dobbiamo leggere in questo particolare fatto al termine del racconto come preoccupazione di non disperdere il pane avanzato - un po' come facciamo anche in famiglia in cui possiamo sprecare di tutto ma il pane ha un suo sacrale rispetto? Oppure dobbiamo leggere in quel nulla vada perduto, lo spessore e la memoria di quel gesto di condivisione? Oppure dobbiamo ancora penetrare più in profondità questo segno? Sembra quasi che vi sia più preoccupazione per quei pezzi avanzati che per i pani interi, non importa quanto sia grande il pezzo, come sia ridotto, ogni frammento è prezioso perché è nel desiderio di Dio ?che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato" (Gv. 6,39).
Il cuore di Dio è proprio nei frammenti di esistenza, nelle esistenze frantumate, rifiutate e abbandonate dagli uomini; «Perché in ogni fratello, specialmente nel più piccolo, fragile, indifeso e bisognoso, è presente l'immagine stessa di Dio. Infatti, con gli scarti di questa umanità vulnerabile, alla fine del tempo, il Signore plasmerà la sua ultima opera d'arte» (Papa Francesco, GeE 61).
Omelia di don Luciano Cantini
La fiducia in Dio moltiplica all'infinito ogni pane per la vita
La parola di Dio di questa XVII domenica del tempo ordinario, che chiude il mese di luglio, ci offre l'opportunità di riflettere su un tema molto caro alla teologia cattolica, quello dell'eucaristia. Sia la prima lettura che il Vangelo di questa domenica ci aiutano ad entrare in questo mistero della fede, che è mistero di amore e donazione, mistero di fiducia ed abbandono alla provvidenza verso Chi può sempre tutto. Infatti nel brano del secondo libro dei Re che ascoltiamo oggi ci viene riferito di questa moltiplicazione dei 20 pani d'orzo e grano novello, ricevuto dal profeta Eliseo, da un uomo venuto da Baal Salisà, una quantità molto limitata, con la quale riuscì a sfamare un gran numero di persone, quantificate in 100, che erano al suo seguito. Il testo non ci dice che spezzarono il pane in piccoli pezzi in modo da farli bastare a tutti, come spesso avviene nelle nostre mense o agape fraterne, quando la quantità del cibo è insufficiente, perché gli ospiti sono più numerosi di quelli previsti, ma è detto che Eliseo dispone di darlo da mangiare alla gente. Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: ?Ne mangeranno e ne faranno avanzare». Il risultato finale di aver avuto fiducia nella provvidenza del cielo è che, il servitore ?pose il poco pane davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore?. Il Vangelo bissa il grande intervento del cielo, parlando in questo caso di quello che face Gesù, nel miracolo della moltiplicazione dei pani, di cui ci riferisce, in chiara interpretazione eucaristica, l'evangelista Giovanni, il discepolo che Gesù amava, anzi il discepolo dell'eucaristia, vista come vicinanza e servizio all'uomo da parte del Figlio di Dio.
La ricchezza e la bellezza di questo testo giovanneo ci far rimanere tutti a bocca aperta, non per mangiare il pane moltiplicato e benedetto da Gesù, bensì il grande amore che il Figlio di Dio manifesta nei confronti dell'umanità affamata di verità, giustizia, pace, amore e bontà. Il testo della moltiplicazione dei pani è collocato nel tempo della vicinanza alla Pasqua, chiaro riferimento alla morte e risurrezione di Cristo, di cui l'eucaristia e memoriale perenne. Gesù era passato all'altra riva del lago di Tiberiade e una gran folla di persone seguiva Gesù, considerato il fatto che operava miracoli e prodigi e la gente lo seguiva e lo cercava soprattutto per questo. Ebbe, quando Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui, disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Cosa poteva dire Filippo? Signore «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Ma Giovanni commenta: ?Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere?. E quello che stava per compiere è detto subito dopo. Gesù non si ferma di fronte ai limiti delle cose e delle persone, dell'economia del risparmio, ma apre l'orizzonte dell'economia che si fa dono e si moltiplica per sfamare, per dare il necessario per vivere. Un esempio da cui dovremmo prende stimolo e spinta ognuno di noi quando si trova di fronte alle reali necessità di chi ha bisogno di cibo e di altro per sopravvivere. Bisogna, anche notare, che gli apostoli al seguito di Gesù si resero disponibili e trovare una soluzione: ?Gli disse allora Andrea, fratello di Simon Pietro: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini?. Sistemata la gente, tranquillizzata, chiesto il silenzio e soprattutto iniziata la preghiera, Gesù ?prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano?. Il miracolo è compiuto, al punto tale che ?quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato?. Gesù è l'unico vero cibo che soddisfa il bisogno dell'anima e del corpo di ogni essere umano in cerca del cose che contano, in cerca del cielo, ove Dio ci attende per il banchetto celeste.
Di fronte a questo miracolo e segno straordinario scatta la risposta della fede in chi ha visto, osservato ed ha partecipato attivamente alla liturgia della moltiplicazione dei pani e dei pesci, simboli, per i cristiani, da sempre, dell'eucaristia. Cosa professa e dice la gente lì convenuta? «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!».
Si sa che quando una persona dà sicurezza economica, soddisfa lo stomaco della gente, quella persona viene indicata la più giusta per assumere il posto di comando, di governo. Lo era al tempo di Gesù, lo è ancora oggi, quando tutti promettono a parole, che toglieranno la miseria, la fame e la povertà dalla faccia della terra o di quella nazione particolare. Qualcuno tempo fa, aveva ideato uno slogan nei paesi della povertà del terzo mondo: Fame zero. Da allora la fame è aumentata, piuttosto che essere azzerata, al punto tale che la fame e la miseria degli altri ha costituito il motivo della ricchezza di qualcuno di ieri e di oggi. Si sfruttano i poveri per diventare ricchi, si affama la gente per potenziare i propri beni. Altro che vangelo della carità e della giustizia?
Ecco perché Gesù, dopo aver compiuto il miracolo ?sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo?. Solo Cristo poteva e di fatto ha scelto questa via. Sarà dei Giudei, ma offrendo la sua vita sulla Croce per la salvezza del mondo. Quella scritta del motivo di condanna di Gesù Nazareno, che Pilato dispose di fissare sulla croce di Gesù, oltre il suo capo inclinato, dice tutto sulla vita del Redentore dell'umanità. L'esempio di Gesù è scuola continua per tutti coloro che si professano cristiani e si vantano, solo a parole, di esserlo, e mai di praticarlo. Perciò l'Apostolo Paolo, nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla sua lettera agli Efesini, rivolge questo monito preciso: ?Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti?.
Fare eucaristia, moltiplicare i pani per noi cristiani è vivere nell'unità, nella carità, nella comunione ecclesiale, nella solidarietà vera verso chi non ha nulla e chiede il sostegno per affrontare le dure prove della vita.
Omelia di padre Antonio Rungi
Liturgia e Liturgia della Parola della XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) 29 luglio 2018
tratto da www.lachiesa.it