3 giugno 2018 - Solennità del Corpo e Sangue di Cristo: Eucaristia, l'Amore che non scappa
News del 02/06/2018 Torna all'elenco delle news
Riti solenni, perpetuati di anno in anno ma sempre attesi con trepidazione come se fossero celebrati per la prima volta. Riti che hanno il sapore di una storia sacra e antica, che racconta la fedeltà di un Dio mai stanco di andare incontro all’uomo peccatore per salvarlo dalle mani dei suoi nemici o, peggio, dalle sue stesse mani autolesioniste. È questo il senso della Pasqua per gli Ebrei; i discepoli si preparano a viverla come la tradizione chiede, nella città santa, con tutto il corredo di segni liturgici e motivi spirituali stabiliti da una storia più che millenaria.
Prendono l’iniziativa ma chiedono al maestro di indicare loro il luogo «perché tu possa mangiare la Pasqua», presagendo inconsapevolmente che quella sarebbe stata la vera Pasqua di Cristo. E Gesù entra subito con cognizione e determinazione in questa sua Pasqua, dando istruzioni precise sulla fase preparatoria della cena. «Vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua», compito solitamente riservato alle donne, ma l’evento che si celebrerà inaugurerà un nuovo modo di vivere le relazioni, in cui ciò che conta non è la differenza di genere o il rango sociale, bensì la comune fraternità in Cristo. Il pasto sarà consumato «al piano superiore», in «una grande sala, arredata e già pronta». Il piano di sopra richiama il monte alto, luogo della rivelazione di Dio, e più specificamente negli Atti degli Apostoli indica un luogo che ha a che fare con la risurrezione: lì a Pentecoste i testimoni della risurrezione riceveranno lo Spirito Santo; lì Pietro risusciterà Tabità e sempre in una stanza superiore Paolo risusciterà Eutico. È necessario che ci collochiamo nella zona di Dio, elevandoci dalle bassezze della mediocrità e dello scoraggiamento, per ricevere il dono di una vita risorta. Questa stanza è adorna di tappeti, segno di una condizione di benessere e libertà. Gli apostoli, che pensano di celebrare la liberazione dalla schiavitù egiziana, scopriranno invece di essere testimoni della nuova alleanza siglata dal sangue del vero Agnello.
In questo scenario Gesù compie i gesti più sacri della sua missione in mezzo agli uomini, gesti impressi nella memoria vivente della Chiesa fin dalle origini, che sono diventati fonte e culmine della vita cristiana. Mi chiedo perché tanti uomini da duemila anni, sia pur con una fede non sempre da ‘piano superiore’, ma spesso incerta, continuino a vedere in un pezzo di pane e in un sorso di vino la presenza reale del loro Dio. In un tempo, come quello odierno, in cui si fa fatica a considerare Dio padre e madre perché, come mi diceva fugacemente un’adolescente, «mia madre ci ha abbandonati tre anni fa per andarsene con un altro uomo», il pane e il vino sono impastati e intrisi dei tre anni di vita pubblica trascorsa da Gesù con noi, sintesi e testamento di tutta la sua missione, cioè amore che resta e non scappa via…avrei voluto dire a quel ragazzo. Tuttavia, anche se non lo rivedrò perché non ne conosco il nome e vive in un’altra città, sono certo che prima o poi incontrerà qualcuno che nel nome di Cristo spezzerà e gli offrirà il pane, spiegandogli che quel pane donato potrà misteriosamente restituirgli l’amore negatogli dalla madre. So bene che dinanzi a tale affermazione uno psicologo si straccerebbe le vesti, ma sono persuaso che l’Eucaristia, debitamente presentata a questo mondo scettico e miscredente, contiene la risposta al bisogno di felicità di ciascuno, a patto che siamo disposti a riconoscere la nostra vera sete di pienezza anche sotto una coltre di delusioni e tristezze. «Solo quando prendiamo sul serio quello che ci portiamo dentro, ci accorgiamo della Eucaristia» (Luigi Epicoco), perché solo Gesù, che ci conosce e ama fino in fondo, può toccare certe corde del cuore, che neanche noi stessi sapremmo far vibrare. Con l’offerta di se stesso, Cristo vuole infatti farci entrare nella logica di una gioia che nasce dal dono e di un dono che si esprime nella semplicità del quotidiano, come pane e vino sono alimenti semplici e quotidiani. Il dono più grande è sapere che, mentre ti spezzi e ti offri agli altri, comprendi il valore del dono di colui che prima lo ha fatto per te, sei in comunione con Lui, diventi ciò che mangi e doni ciò che hai assimilato, in uno scambio d’amore con Dio e con i fratelli che di passo in passo ti porterà al banchetto eterno, perché una vita eucaristica è già l’inizio della vita eterna. Usciamo anche noi insieme ai discepoli dietro a Gesù, dopo aver celebrato la Pasqua domenicale, e annunciamo che l’Amore è presente e non scappa via.
Omelia di don Tonino Sgrò tratta da www.rwggiobova.it
Il suo sangue nelle nostre vene. Così l'eucarestia ci trasforma
Prendete, questo è il mio corpo. Il verbo è preciso e nitido come un ordine: prendete. Stringente e senza alibi. Gesù non chiede agli Apostoli di adorare, contemplare, venerare quel Pane, dice molto di più: io voglio stare nelle tue mani come dono, nella tua bocca come pane, nell'intimo tuo come sangue, farmi cellula, respiro, pensiero di te. Tua vita. Vi prego, prendete e dentro risuona tutto il bisogno di Dio di realizzare con noi una comunione senza ostacoli, senza paure, senza secondi fini.
«Stringiti in me, stringimi in te» (G. Testori): il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola. Lo esprime con una celebre formula Leone Magno: partecipare al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo. Che possiamo tutti diventare ciò che riceviamo: anche noi corpo di Cristo.E allora capiamo che Dio non è venuto nel mondo con il semplice obiettivo di perdonare i nostri peccati. Sarebbe una visione riduttiva, sia di Dio che dell'uomo.Il suo progetto è molto più grande, alto, potente: portare cielo nella terra, Dio nell'uomo, vita immensa in questa vita piccola. Molto più del perdono dei peccati: è venuto a portare se stesso. Siamo abituati a pensare Dio come Padre, portatore di quell'amore che ci è necessario per venire alla vita; ma Dio è anche Madre, che nutre di sé i suoi figli, li nutre al suo petto, con il suo corpo.
Ed è anche Sposo, amore esuberante che cerca risposta. Dice Gesù: i miei discepoli non digiunano finché lo sposo è con loro. E l'incontro con lui è come per gli amanti del Cantico: dono e gioia, intensità e tenerezza, fecondità e fedeltà. Nel suo corpo Gesù ci dà tutta la sua storia, di come amava, come piangeva, come gioiva, ciò che lo univa agli altri: parola, sguardo, gesto, ascolto, cuore.Prendete questo corpo, vuol dire: fate vostro questo mio modo di stare nel mondo, il mio modo libero e regale di avere cura e passione per ogni forma di vita.Con il suo corpo Gesù ci consegna la sua storia: mangiatoia, strade, lago, volti, il duro della Croce, il sepolcro vuoto e la vita che fioriva al suo passaggio.
Con il suo sangue, ci comunica il rosso della passione, la fedeltà fino all'estremo. Vuole che nelle nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita, che nel cuore metta radici il suo coraggio. Che si estende fino ad abbracciare tutto ciò che vive quaggiù sotto il sole, i poveri, gli scartati, e poi i nostri fratelli minori, le piccole creature, il filo d'erba, l'insetto con il suo misterioso servizio alla vita, in un rapporto non più alterato dal verbo prendere o possedere, ma illuminato dal più generoso, dal più divino dei verbi: donare.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Gesù, donaci anime eucaristiche, capaci di offrire come Te la loro vita.
La solennità del Corpus Domini, del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo ci impegna in un modo del tutto singolare nel meditare su questo grande mistero della fede: Gesù come Egli stesso ci ha detto, nell'ultima cena, è presente in mezzo a noi con il sacramento dell'eucaristia, per accompagnarci nel cammino della vita terrena, con questo sacramento, che, come tutti i sacramenti, ci dona la grazia santificante. Qui la grazia è ricevuta direttamente mediante l'assunzione del corpo di Cristo con l'ostia consacrata e il bere il vino consacrato, perché in questi due segni scelti da Gesù Egli è presente in corpo, sangue, anima e divinità. Il testo del Vangelo di Marco che oggi ascoltiamo ci racconta il momento dell'istituzione dell'eucaristia nel giovedì santo, in quell'ultima cena di Gesù fatta con gli Apostoli, prima di essere condannato a morte. ?Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Pane e vino segni della sua presenza speciale e sacramentale in mezzo a noi. Il Pane che fa riferimento al suo corpo donato e il vino al suo sangue versato, fino all'ultima goccia, sulla croce per salvare l'umanità. E sul sangue offerto a Dio è incentrato il testo della prima lettura di oggi, tratto dall'Esodo, in cui è scritto che Mosé ?si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d'Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l'altra metà sull'altare. Quindi prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!». Chiaramente questo sangue è prefigurazione del sangue di Cristo versato sulla croce per noi, anzi nel mette in risalto, anticipatamente, il valore redentivo e la risposta che i credente deve dare a Dio, quale segno di riconoscenza e gratitudine verso di Lui.
Agganciandosi proprio a questo testo, l'autore della Lettera agli Ebrei, sviluppando la sua riflessione biblica e teologica sul valore del sangue nell'Antico Testamento, si concentra sull'infinito valore del sangue di Cristo versato sulla croce per la redenzione dell'umanità. Leggiamo, infatti, ?se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo - il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio - purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente? Per questo egli è mediatore di un'alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che era stata promessa.
Gesù quindi superare la vecchia alleanza e la porta a compimento con la sua morte e risurrezione, soprattutto versando il suo sangue, quale elemento identificativo della vera oblatività e vittimalità del Figlio di Dio. ?Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d'uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna?.
Nella liturgia solenne del Corpus Domini, oltre al valore della santa messa, da cui parte tutto il culto eucaristico al di fuori di essa, è messa in risalto la Chiesa, che nell'eucaristia si ricostruisce e si rigenera continuamente. Nella sequenza che caratterizza questo giorno speciale, nella sua parte iniziale che, di norma non si legge in chiesa, ma che è importantissima peri contenuti teologici e biblici, oltre che spirituali e dogmatici inclusi possiamo meglio entrare nel grande mistero della santissimo sacramento, incentrato sulla transustanziazione, sulla comunione, sull'unione, sulla purificazione del cuore e sulla conversione: ?Sion, loda il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore con inni e cantici. Impegna tutto il tuo fervore: egli supera ogni lode, non vi è canto che sia degno. Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto, oggetto della lode. Veramente fu donato agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena. Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito. Questa è la festa solenne nella quale celebriamo la prima sacra cena. È il banchetto del nuovo Re, nuova Pasqua, nuova legge; e l'antico è giunto a termine. Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra: luce, non più tenebra. Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo. Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza. È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi. Mangi carne, bevi sangue; ma rimane Cristo intero in ciascuna specie. Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve. Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato. Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l'esito! Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell'intero. È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona?.
Sta in questo bellissimo testo della sequenza la sintesi del grande mistero della presenza reale di Gesù Sacramentato nell'ostia consacrata. A Gesù eleviamo la nostra umile preghiera, in questo giorno solennissimo del Corpus Domini, con queste parole che sgorgano dal nostro cuore, particolarmente sensibile alla santissima eucaristia: O Gesù Eucaristia, qui presente sacramentalmente in corpo, sangue, anima e divinità, nell'ostia consacrata, Ti adoriamo profondamente con tutto il cuore e la mente e crediamo fermamente che Tu, o Gesù, sei il Dio vivente, che si dona a noi nel santissimo sacramento da Te istituito nell'ultima cena, per essere nostro alimento nel cammino dell'umana esistenza. O Gesù amabilissimo, tutto nascosto nei veli eucaristici, insegnaci a praticare la santa umiltà per farci cibo e bevanda per il bene dell'umanità. Fa' che diventiamo, anche noi, pane spezzato e sangue versato per amare e perdonare, per offrire e soffrire, per vivere e morire ogni giorno sulla croce eucaristica. O Gesù, fonte di gioia e sostegno all'anima nostra, noi Ti adoriamo con tutto il nostro essere e ci prostriamo umilmente ai tuoi piedi. Come i tuoi fragili discepoli riconosciamo le nostre debolezze e Ti chiediamo quell'energia potente per la nostra anima gemente e sofferente che promana dal santissimo sacramento. Rinnova in noi, o Gesù, la profonda gioia di essere con noi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo senza mai abbandonarci nella tentazione, ma donandoci costantemente il Tuo amore misericordioso. Gesù, fonte di gioia e alimento quotidiano della nostra vita spirituale, donaci sempre Te stesso nel santissimo sacramento dell'altare, mediante il servizio sacerdotale, di persone sante a Te consacrate, che siano anime eucaristiche, fino a sacrificare la loro vita per il proprio ovile. Amen.
Omelia di padre Antonio Rungi
Liturgia e Liturgia della Parola della Solennità del Corpo e Sangue di cristo (Anno B) 3 giugno 2018
tratto da www.lachiesa.it