Lo Spirito del Signore è sopra di me

News del 23/01/2010 Torna all'elenco delle news

Un solo evangelista cita “cosa” lesse Gesù, e cioè il brano di Isaia, e questo evangelista è Luca.
Perchè il fatto fu risaputo nei vari luoghi e raccontato nei vari anni, ma solo Luca aveva per fonte una testimone diretta, attenta, amorevole, che serbava tutto nel suo cuore, un cuore davvero prezioso ..... e questa testimone abitava proprio a Nazareth, faceva parte della prima comunità cristiana come ne faceva parte il medico siriano Luca e anche un certo Giovanni, cui il Signore stesso l’aveva affidata morendo sulla croce .... Maria!

Se si domanda in giro “Chi sono i poveri” si otterranno varie e calorose risposte. Tuttavia nel vangelo e nel linguaggio della Chiesa, i poveri sono “I poveri di Jahvè”, cioè coloro che sono poveri davanti a Dio, che hanno bisogno di Dio e lo cercano, e nelle loro afflizioni sanno che le loro possibilità umane non risolvono, e quindi confidano solo nell’aiuto o nella consolazione di Dio, e se stanno nella buona sorte, con timore e tremore possono anche goderne ma solo in Dio sta il loro cuore e la loro speranza, e soltanto in Dio ripongono ogni loro fiducia, e non “nei carri e nei cavalli” e neppure “nelle opere di giustizia” che ad ogni buon conto COMPIONO per poi affermare con sincerità “Siamo servi inutili” e “Solo Dio basta” (Santa Teresa D’Avila). Questo tipo di povertà e dunque uno stare davanti a Dio invocandolo e confidando in lui, ed è stato tipico del pubblicano nel tempio, di Maria, della prima comunità narrata dagli Atti. Chiaramente questa povertà non è separata dall’umiltà, e anche “il poverello” di Assisi ben rientra in questa famiglia.

In questo brano c’è una designazione profetica della Chiesa futura, e notoriamente Chiesa vuol dire raduno, assemblea, convocazione : se davvero tu preghi Dio e ti incontri con Dio, allora la verifica è data dall’incontrare i fratelli nel luogo, nel giorno, nell’orario preposto alla convocazione, e questo luogo una volta si chiamava sinagoga, ma oggi si chiama chiesa, e bisogna diffidare di quelle persone che si dichiarano credenti, oneste, magari con molti giudizi, ma che mai o raramente mettono piede in chiesa e sempre con mille adeguate giustificazioni. Oggi il vangelo ci ha quasi certificato che quello è il luogo sia dei fedeli che della presenza reale e preferita di Dio.

Fa, o Signore, che ognuno di noi, almeno alla fine della nostra vita quando il nostro libro viene arrotolato (come accadde quel giorno a Nazareth) e poi riposto per sempre, possa dire “Ecco, la tua parola si è avverata sopra di me”.

A Nazaret in quel sabato fu annunciato il tempo nuovo che non avrebbe più avuto per protagonista l’uomo, ma “Dio fatto uomo”. In sostanza il Vangelo dice che non sono gli ordinamenti umani a salvare l’umanità, sarà lo Spirito del Signore. Ancora una volta solo il Vangelo è stato veritiero con la storia passata, ancora una volta solo il Vangelo dice cose ATTUALISSIME OGGI. Allora per noi oggi rifiorisce la speranza, perché sappiamo che lo Spirito è su Gesù e perciò su tutti quelli che fanno comunione con Gesù. “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi ascoltate”. La predica di Nazaret diventa oggi storia nostra.

Il cristianesimo non è mai stato principalmente la religione del libro, ma la religione della persona di Gesù Cristo, che è molto più (infinitamente di più) di un autentico libro sempre vivo e che rivela agli uomini le vicissitudini e i tortuosi cammini della storia di tutti e di ciascuno. Nella Scrittura cristiana (Antico e Nuovo Testamento), si fa presente e viva la persona di Gesù per tutti i credenti. Per questo, i primi cristiani, sia provenienti dal giudaismo, sia dal mondo pagano, non predicano la Torah, ma il Vangelo. E così hanno continuato nel corso dei secoli e dei millenni. A causa della Persona di Gesù accade anche che tutta la Bibbia è cristiana. L'Antico e il Nuovo Testamento sono due fari che illuminano da due angolazioni Gesù Cristo.

La Bibbia non è un libro che si legge per conciliare il sonno la sera. La Bibbia è Parola che Dio rivolge personalmente a me quando la leggo. E a partire dal testo la Parola di Dio mi interpella, mi legge e mi interpreta. Mi interpella, cercando una risposta a ciò che mi dice mediante la lettura del testo. Mi legge, sviscerando i segreti del mio cuore, e suscitando il desiderio di cambiamento. Mi interpreta, dando un orientamento sicuro alla mia esistenza : al mio modo di essere, di pensare, di vivere, di agire nel mondo, e muovendo la mia volontà a seguirlo.

Questo è l'anno di Luca. Luca è Siriano e non ha mai visto Gesù, come noi. Appartiene alla prima comunità dopo l’Ascensione, la stessa di Maria. E’ stato avvicinato al Vangelo da san Paolo e lo ha seguito dal secondo viaggio missionario in avanti. Ha studiato, scrive in un greco raffinato e scolastico, da molti indizi e dalla tradizione se ne ricava che è un medico. Luca vuole dire una cosa alla sua comunità : Gesù è il volto misericordioso di Dio, Gesù è il volto splendido del Padre e la tenerezza di Dio emerge continuamente nel suo racconto. Dante dirà di Luca che è lo "scriba mansuetudinis Chrsti”. L’introduzione al suo Vangelo è un capolavoro : Luca ci ricorda che si è documentato, che ha sentito testimoni, che è andato alla ricerca delle fonti per stendere il suo racconto e che tutto questo l'ha fatto perché Teofilo, destinatario del suo scritto (sarà un trucco? "Teofilo" significa: "amico di Dio", cioè noi!) possa verificare la saldezza della fede in cui crede.

La nostra cultura contemporanea occidentale guarda con sospetto e sufficienza alla fede e al cristianesimo. E forse anche noi. Siamo in fondo convinti che la religione è qualcosa di utile sì, tutto sommato male non ne fà, insegna il bene, ma che in fondo in fondo tutto si risolva in una pia esortazione che non può certo passare al vaglio della storia o della scienza. Il Vangelo è e resta uno splendido esempio di libro religioso, Gesù è una figura ammirevole, ma tutto si confonde: morale, favola, dottrina…… Ma Luca scuoterebbe la testa, invitandoci a prendere un po' sul serio la nostra fede, a dedicare del tempo alla nostra preparazione e a renderci conto che la fede va nutrita, informata, capita, indagata.

Le quattro nozioni imparate di malavoglia al catechismo sono molte volte l'unico nutrimento spirituale di tutti noi. Salvo poi essere convinti di sapere molto sulla fede, come i quacquaraquà di stampa e TV circa i quali ….. sarebbe come affidare la progettazione di una centrale nucleare ad un ragazzo di quinta elementare che va bene in matematica!

Vuoi veramente cercare la fede? Indaga. Cerchi davvero Dio? Informati. Vuoi davvero dare senso alla tua vita? Fidati. Sì perché – ci ricorda Luca – la fede nasce dalla testimonianza di chi ha visto e creduto.

Il maestro perfetto della Parola di Dio è la Parola stessa. E’ come se in tutta la Bibbia Dio cercasse affannosamente la parola giusta per farsi capire, per spiegarsi, per mostrarsi così come è. E Gesù è il culmine e il compimento di questa ricerca, egli è la Parola, il pronunciamento ultimo e perfetto di Dio. "Ascoltatelo". "Oggi si è adempiuta questa parola". Dopo Gesù non c’è più bisogno di altre parole, di altre istruzioni, egli è l’espressione perfetta del pensiero di Dio. Il Verbo. Il Verbo era Dio, accogliamolo quale egli è. Non un mero compagno di viaggio, non sminuiamolo, non banalizziamolo, ".. ma le tenebre non l’hanno accolto".

.... per rimettere in libertà gli oppressi ...."La vera libertà consiste nello scegliersi il padrone migliore" vien da pensare leggendo questo Vangelo e anche ricordando il salmo 19 ove si afferma che la legge, gli ordini e i comandi del Signore son fatti per noi, per la nostra salvezza personale e sociale, non già e non solo nella vita che sarà, ma qui ed ora. L’adesione alla volontà di Dio, ai suoi comandi, qui ed ora rinfranca l’anima, dà gioia al nostro cuore, illumina le nostre scelte, pacifica la nostra esistenza. Al contrario, l’allontanamento dai comandi di Dio è fonte di inquietudine, angoscia, insicurezza, disperazione, pessimismo, tensione prima ancora del peccato. Perché "la nostra anima non ha pace finché non riposa in Te" (S. Agostino).

Tornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo... Insegnava nelle Sinagoghe... Sempre Sant'Ambrogio ci ricorda come questa affermazione si richiami al prologo: lo Spirito di Verità echeggia nelle sue parole come pure nelle interpretazioni che dà delle Scritture nelle Sinagoghe. Cristo conferma che è lo stesso Spirito quello che ha ispirato l'antico come il nuovo testamento. Ecco allora che il Signore commenta il brano di Isaia che chiaramente afferma: "Lo Spirito del Signore è sopra di me...". Su queste parole, sempre il Vescovo di Milano, afferma: "Considera la Trinità, coeterna e perfetta". Agisce in modo distinto rivelando l'eterno amore che la caratterizza.

Questa è la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

A proposito dell’amicizia e del dialogo tra ebrei e cristiani ricordiamo che questo Apostolo arrivò a pronunciare le seguenti parole [Rm 9,1-6]: Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

Quando la Parola viene capita e accolta come vera, quando essa diventa viva e mi scalda il cuore perché è accolta qual è veramente: Dio in persona che mi parla… allora Essa produce in me una beata afflizione che si esprime con il pianto, cioè il primo segno della vera conversione a Dio. Si percepiscono, allo stesso tempo, la vicinanza di Dio a noi e la nostra lontananza da Lui. Contemporaneamente si sperimentano la fedeltà di Dio al suo amore per noi e la nostra infedeltà-rifiuto del suo modo di pensare e agire espresso attraverso la sua Parola, cioè la Via-Verità-Vita del Verbo fatto carne. Questa Parola è mediatrice dell’incontro col Dio Vivo. Non parole mie ma Parole di Dio per la mia preghiera!

“Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme. Quando Saulo di Tarso diventa S. Paolo, la conversione avviene attraverso l’ascolto della Parola di Dio: Gesù vivo, risorto, parla… e chiede conto della sofferenza provocata a Lui in persona da Paolo nelle membra del suo corpo mistico (con le parole e i giudizi quanta violenza facciamo a tante persone create da Dio e per cui Cristo ha versato il suo sangue!). Il primo momento della conversione, dunque, consiste in una caduta, una crisi dolorosa e profonda (cecità di Paolo). È capire e accettare che le proprie convinzioni o la propria indefettibile conoscenza e osservanza della Parola di Dio non coincidano affatto con l’esperienza del Dio vivo che parla e che vive nella sua Chiesa.

La relazione con la Parola di Dio, cioè la relazione con Dio che mi parla non può essere lasciata al caso. Sono necessari un tempo e un luogo da dedicare all’ascolto della Parola. Circa la durata dell’ascolto ci vuole un tempo consistente per quantità e qualità.. Si ascolta Dio che parla quando si è freschi, non quando si è cotti. Non si offre un ritaglio di tempo a fine giornata se rimane tempo, ma la primizia del tempo (la domenica) e un tempo preciso ogni giorno della settimana.
È così nella nostra vita?

Mezzogiorno è il momento di massima luce, è simbolo di piena rivelazione di Dio. Era verso mezzogiorno quando crocifissero Gesù, ed era verso mezzogiorno quando la Samaritana incontrò Gesù al pozzo dell’Acqua. Era verso mezzogiorno quando Paolo udì la voce di Gesù sulla via di Damasco… Forse posso fermarmi un attimo a Mezzogiorno per dire con Maria nell’Angelus: «si compia in me la tua Parola!» O come Gesù oggi «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». A chi o a che cosa mi dedico per prima e per più tempo?

Chi non si nutre della Parola non capisce se stesso, non capisce gli altri e non capisce la manifestazione di Dio nella sua vita. A lungo andare non capisce più la vita e la sua fede rimane un qualcosa di muto, incapace di parlare (un catechismo, un dovere, una tradizione religiosa), mentre la fede è Qualcuno che parla e con la sua Parola fa palpitare il cuore, riempie di senso e di gioia la vita anche quando passa attraverso l’esperienza del dolore.

Ciascuno di noi è un miracolo! E ciascuno di noi è vivo per miracolo! «Non restare in silenzio, mio Dio, perché se Tu non mi parli io sono come chi scende nella fossa» (Salmo 28,1). Ciascuno di noi è vivo e realizza la sua vita nella misura in cui ascolta la Parola di Dio e le permette di incarnarsi nella propria vita. Ciascuno di noi è una parola viva che Dio dice al mondo perché il mondo si salvi dal nulla (il senso di vuoto, il senso di angoscia, il non senso) da cui è stato tratto per mezzo del Figlio-Parola e in vista di Lui. Noi siamo per Lui e in Lui, come le lettere dell’alfabeto che compongono una parola, un verbo (il predicato!) e da questo verbo ricevono il senso, il proprio giusto posto, l’energia che compie l’azione che esso stesso descrive!

Non separiamo mai la Parola di Dio dall’Eucaristia! Sono lo stesso Cristo, vero Uomo e vero Dio, che mentre assumiamo come cibo fa di noi degli uomini e cristiani veri, cioè santi. Parola ed Eucaristia sono la stessa Persona Divina, il Figlio Unigenito di Dio fatto uomo, che mentre assumiamo e con la meditazione e la contemplazione della Parola assimila gradualmente ciascuno di noi alla personalità di Gesù, cioè ci conduce alla piena maturità della sua natura umana. Per questo motivo non possiamo fare la comunione sacramentale senza comunicarci con altrettanta frequenza con i testi biblici ed il Vangelo.

Una fede che è viva e vive della Parola di Dio e dell’Eucaristia, è una fede che opera sempre e per il bene.

Dopo la risurrezione, gli apostoli cominciarono subito ad annunciare a tutti la vita e le parole di Cristo, tenendo conto dei bisogni e delle circostanze dei diversi ascoltatori. Il loro scopo non era quello di fare della storia, ma di portare le persone alla fede. Con la comprensione più chiara che ora ne avevano, essi furono in grado di trasmettere agli altri quello che Gesù aveva detto e fatto, adattandolo ai bisogni di coloro a cui si rivolgevano.

Una trentina d’anni dopo la morte di Gesù, alcuni autori cominciarono a mettere per iscritto questa predicazione giunta fino a essi per via orale. Nacquero così i quattro Vangeli che conosciamo. Delle molte cose giunte fino a loro, gli evangelisti ne scelsero alcune, ne riassunsero altre, altre infine le spiegarono, per adattarle ai bisogni del momento delle comunità per le quali scrivevano. Il bisogno di adattare le parole di Gesù a delle esigenze nuove e diverse influì sull’ordine con cui i fatti sono raccontati nei quattro Vangeli, sulla diversa colorazione e importanza che rivestono, ma non ha alterato la verità fondamentale di essi.

I Vangeli non sono libri storici nel senso moderno di un racconto il più possibile distaccato e neutrale dei fatti accaduti. Sono però storici nel senso che quello che ci trasmettono riflette nella sostanza l’accaduto. Ma l’argomento più convincente a favore della fondamentale verità storica dei Vangeli è quello che sperimentiamo dentro di noi ogni volta che siamo raggiunti in profondità da una parola di Cristo. Quale altra parola, antica o nuova, ha avuto mai lo stesso potere?

Dice con una bellissima sintesi il Concilio: "nella sacra Scrittura Dio parla agli uomini come ad amici", dimostrando con il semplice fatto di comunicare il suo profondo desiderio di stringere un legame di intensa amicizia con ciascuno di noi. Spesso il nostro ascolto della Parola di Dio è segnato dalla tristezza e dalla noia, perché parte in maniera sbagliata: ci attendiamo rimproveri, pie esortazioni, prediche noiose. Dio invece parla da amico per stringere amicizia, non vale forse la pena di ascoltare con rinnovato interesse? Solo così la Parola comincia a compiersi nel nostro quotidiano.

Il Vangelo riprende l’esperienza dell’incontro con la Parola di Dio descritta nella prima lettura e la porta a pienezza. Anche Gesù come Esdra apre il libro della Parola di Dio, davanti ai suoi compaesani di Nazareth, e legge un brano di Isaia.

Se Esdra proponeva giustamente al suo popolo una risposta piena di gioia e di fiducia alla proclamazione della Parola dell'Antico Testamento, quanto più noi dovremmo gioire e fare festa all'annuncio del Vangelo di Gesù! Che oggi le sue parole si possano compiere, deve essere il desiderio più grande per ogni Cristiano.
 

tratto da www.parrocchiaspiritosanto.org