Gesù il "vino" della gioia

News del 16/01/2010 Torna all'elenco delle news

A Cana di Galilea si compie di fatto il primo miracolo di Gesù, che doveva essere a conti fatti inaspettato e improvviso anche allo stesso Signore, che non si sarebbe mai aspettato di doverlo compiere.

Come lui stesso afferma, rivolto alla madre presente al banchetto nuziale, "non è ancora giunta la sua ora".
Infatti questa "ora", definita più esattamente "il tempo propizio" (Kairòs) giungerà all'apice della missione pubblica di Gesù, quando questi si troverà ad affrontare la passione e la morte per la salvezza di tutti.
Questa sarà l'ora delle tenebre, nella quale il maligno, che nel deserto fugge sconfitto e impotente di fronte alle risposte di Gesù in seguito alle tentazioni attuate nei suoi confronti, adesso ha il sopravvento su di lui: per volontà del Padre in quell'ora si realizzerà l'immolazione del Figlio, che sarà necessaria per la Resurrezione.

E' quello infatti scopo fondamentale per cui dobbiamo noi meravigliarci ed esultare, la vittoria di Gesù sul potere delle tenebre, sulla morte e sul maligno, la quale avrà luogo solamente alla fine, quando per volontà del Padre egli starà sottomesso agli aguzzini e abbandonato da tutti.

Seppure tutti gli altri miracoli hanno rilevanza in ordine alla presenza del Regno e perché manifestano la misericordia del Padre nei confronti dell'umanità sofferente e povera, essi non hanno importanza quanto quello della Risurrezione, per la quale il male, dopo essere stato debitamente affrontato e dopo che Egli vi si sarà nobilmente esposto senza riserve, sarà definitivamente sconfitto e l'uomo avrà il suo riscatto. Per adesso invece l'ora, cioè il tempo propizio per la salvezza dell'uomo, è ancora lontana e pertanto non avrebbe valore la richiesta di intervento da parte della madre che afferma: "Non hanno più vino".

Sorprende non poco la risposta di Gesù alla madre, che prescinde da ogni affetto e non tiene conto di vincoli di parentela e di gradii di consanguineità: "Che c'è fra me e te o donna?". Gesù certamente intende affermare che la priorità spetta ai disegni del Padre e non alle richieste di favori facili e immediati come quelle che spesso avvengono fra genitori e figli.
Gesù insomma ribatterebbe: "Non posso mica intervenire su questa situazione solo perché tu me lo chiedi. Sebbene tu sia mia madre, tu sei sempre una donna e nei confronti del Padre assumi un ruolo secondario. Non è ancora giunto il momento per il quale io dovrò davvero manifestarmi nella gloria vera e definitiva, quello che realmente il Padre vuole da me, quello della passione. Quindi non mi spetta intervenire."
L'atteggiamento nei confronti di Maria lo si potrebbe comprendere meglio accostando questo episodio a quello del ritrovamento di Gesù fanciullo dopo tre giorni nel tempio, in compagnia dei Dottori. In quella circostanza ribatteva ai genitori, che erano stati in ansia per lui: "Perché mi cercavate? Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?" Anche in quest'occasione Gesù manifesta la priorità di Dio Padre, della sua Parola e della missione per cui Questi lo ha mandato e le relazioni di parentela passano in secondo piano.

Sia quel che sia, la madre non demorde a quella risposta insolita. Forse ha capito profondamente il senso delle parole di Gesù e reagisce conseguentemente forse non aspettandosi un miracolo qualsiasi, ma prevedendo il prodigio reale che Gesù avrebbe operato. Nelle parole "fate quello che vi dirà" non vi è l'intenzione di aspettarsi una soluzione al problema ma semplicemente una volontà di affidamento a Lui come Figlio di Dio: "Fate qualsiasi cosa lui vi dirà", cioè seguitelo e sottoponetevi a lui in ogni caso, anche se non dovesse ovviare alla carenza di vino.

Il Signore opera infatti proprio quello che probabilmente Maria si aspettava: non la semplice provvigione della dispensa del locale delle nozze, ma la trasformazione dell'acqua nel vino della gioia vera e definitiva che solo il Signore può dare: si era infatti nel pieno di un banchetto nuziale dalla durata di nove giorni e come in tutte queste circostanze il vino era elemento di comunanza ed esserne privasti equivaleva a condannare il banchetto a una mestizia irreversibile e ci si potrebbe anzi domandare come mai proprio in una festa nuziale venisse a mancare proprio l'elemento più consono al clima della letizia e della gioia, appunto il vino. Gesù trasforma l'acqua delle giare destinate alla purificazione dei Giudei in vino senza che il maestro di tavola se ne accorga, quindi rifuggendo ogni presunzione, vanità e orgoglio di autoesaltazione.


Nel fare questo prodigio, egli "spiega" e "annuncia" se stesso e in un certo qual modo anticipa quello che avverrà nell'ora estrema del supplizio della croce: Egli con la sua venuta nel mondo infatti inaugura la fine del vecchio sistema giudaico con la Legge dalle prescrizioni e decreti ( le giare d'acqua per la purificazione) e apporta la novità del Vangelo e pone se stesso come punto di riferimento per l'umanità, caratterizzandosi come gioia duratura per tutti (il vino).

E sebbene Gesù sia capace di questi e altri prodigi, Egli tuttavia non vuole essere riconosciuto tramite espedienti soprannaturali da lui compiuti, bensì per mezzo della fede e dell'accoglienza della sua Parola.


Nel manifestarsi in tal senso a Cana Gesù insomma non compie un gioco di prestigio per soddisfare i desideri dei commensali ma annuncia la novità del Regno di Dio e se stesso quale motivo di gioia per tutti, preannunciando la gioia piena e definitiva del banchetto eterno che si avvrà con la sua Resurrezionecosì come anticipa il Profeta Isaia quanto alla Prima Lettura di oggi che evoca la salvezza per Gerusalemme e la conseguente gioia e liberazione: questa è paragonabile nella Bibbia ad una festa sontuosa non priva di lauto banchetto di vivande succulente e di vini prelibati.

Gesù è il vino nuovo che realizza la sua alleanza con noi in modo davvero innovativo ed esaltante e la nostra comunione con lui non può che essere apportatrice di speranza e di salvezza definitiva per noi che a lui aderiamo nella fiducia e nella gioia disinteressate e disinvolte. 

Testo di padre Gian Franco Scarpitta

tratto da www.lachiesa.it