Noi non abbiamo più vino...

News del 16/01/2010 Torna all'elenco delle news

Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli a Cana di Galilea

La liturgia di questa seconda domenica del tempo ordinario (anno C) continua a sviluppare il mistero della manifestazione del Signore che abbiamo celebrato nel giorno dell'Epifania. L'antica liturgia cantava: "Oggi la Chiesa si unisce al celeste Sposo: i suoi peccati sono lavati da Cristo nel Giordano; i Magi accorrono alle regali nozze portando doni; l'acqua è mutata in vino a Cana e gli invitati al banchetto sono nella gioia. Alleluia".

In realtà, si può dire che ogni domenica celebriamo il mistero della epifania del Signore. Egli si manifesta a noi nella santa liturgia: ha i tratti del risorto, di colui che ha vinto il male e la morte, che ha cambiato la solitudine in comunione, la tristezza in gioia. Ogni domenica è Pasqua, il momento più alto dell'Epifania del Signore. Per questo la santa liturgia assume il tono festoso e veste gli abiti della solennità: siamo sottratti dalle nostre case e dai nostri ritmi quotidiani per essere ammessi alla presenza di Dio, per ascoltare la Sua Parola, per rivolgere a Lui la nostra preghiera, per gustare la dolcezza della Sua mensa.

L'evangelista pone l'episodio delle nozze di Cana al termine della narrazione di una settimana di Gesù. Nei primi giorni Gesù era stato con Giovanni Battista al Giordano, nel quarto aveva chiamato i primi discepoli ed era stato con loro, nel settimo giorno conclude recandosi a Cana per partecipare alla festa di nozze di due suoi amici.
Il racconto inizia con una notazione temporale: "Tre giorni dopo ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea". Non è a caso che l'evangelista ponga il miracolo di Cana a chiusura della settimana. Egli ricorda a tutti noi che anche la settimana della creazione terminò con il giorno del riposo e della festa. Non solo. Più avanti scriverà che Gesù, tre giorni dopo la sua morte, risuscitò.

Il segno di Cana, perciò, va ben oltre il semplice episodio di quel matrimonio. Unisce il riposo della creazione e l'inizio del tempo nuovo del Signore risorto.

Cana è la festa del cambiamento, è il giorno della rinascita, è il giorno della gioia di stare con il Signore. Cana è la domenica; è il giorno della nostra festa, il giorno nel quale veniamo raccolti e - come scrive il profeta Isaia - siamo "una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più 'abbandonatà né la tua terra sarà più detta 'devastatà ma tu sarai chiamata 'mio compiacimento' e la tua terra 'sposatà perché il Signore si compiacerà di te" (Isaia 62, 3-4). Dovremmo riscoprire così la grazia della domenica, il giorno in cui il Signore ci tiene in mano come lo sposo tiene la sposa nel giorno del matrimonio.

Questo brano evangelico è tra quelli che forse conosciamo meglio. Tutti ricordiamo la madre di Gesù che, unica, si accorge che sta finendo il vino. Non è preoccupata per sé o per il suo apparire. I suoi occhi e il suo cuore guardano e si preoccupano che tutti siano felici, che quella festa non sia turbata. Si avvicina quindi al Figlio e gli dice: "Non hanno più vino".

Maria sentiva anche sua quella festa; sentiva anche sua la gioia dei due sposi. Il senso vero delle parole di Maria, perciò, possiamo tradurlo così: "Noi non abbiamo più vino". Dovremmo dirlo ogni giorno per noi e per i tanti che hanno bisogno di aiuto, di misericordia, di perdono, di amicizia, di solidarietà. Quando tutti costoro potranno vedere il miracolo di Cana? Quando il Signore potrà compiere per loro il "segno" che salvò la festa in quel giorno a Cana? C'è bisogno dei "segni" del Signore, della sua presenza. E a Cana Maria indica la via ai servi: "Fate quello che egli vi dirà". E' la via semplice dell'ascolto del Vangelo; una via che tutti possiamo percorrere. Quel che conta è obbedire al Vangelo: di qui iniziano i segni del Signore, i suoi miracoli in mezzo agli uomini.

I servi, vanno dal Signore e si sentono dare un singolare comando: "Riempite d'acqua le giare". E' un comando semplice; tanto semplice da indurre a non farlo: cosa c'entra tutto ciò con la mancanza di vino? Ma obbediscono. E dopo aver riempito le sei giare si sentono dire di attingere e portare a tavola. Un comando che appare ancora strano. E tuttavia ancora una volta obbediscono. La festa è salva. Anzi finisce in crescendo, come riconosce lo stesso maestro di tavola: "tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono".

Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea. Abbiamo somigliato le nostre domeniche a Cana, e potremmo paragonare le sei giare di pietra ai sei giorni della nostra settimana. Riempiamoli come fecero i servi con la forza del Vangelo e anche i nostri giorni saranno più dolci e più belli.

Cana può essere davvero la festa della domenica che, attraverso il dono del Vangelo, ci permette di conservare il vino buono del Signore per l'ultima settimana. 

Testo di mons. Vincenzo Paglia 

 

Nesso tra le letture

L'immagine delle nozze occupa un posto centrale nella liturgia di oggi.
Nel vangelo si parla delle nozze di Cana, ma soprattutto si insinua Gesù come sposo.

Gerusalemme non sarà chiamata "Abbandonata" né "Devastata", ma sarà chiamata "Sposata", e la sua terra avrà uno sposo (prima lettura).

La comunità cristiana, sposa di Cristo, gode della diversità di carismi che l'unico e medesimo Spirito sparge su di lei per metterli al servizio di tutti, e che costituiscono il dono nuziale di Cristo sposo (seconda lettura).
 

Messaggio dottrinale

La prefigurazione sponsale del Messia. Nell'Antico Testamento si menziona con frequenza la figura dello sposo per parlare delle relazioni di Javeh con il suo popolo Israele. Dio, in quanto sposo, mostra da una parte gelosia verso il suo popolo; una gelosia, che si manifesta come castigo, quando la sposa non corrisponde; un castigo di purificazione e che invita a ritornare al primo amore. D'altra parte, Dio si rivela come sposo fedele, che, nonostante tutto, mantiene la sua parola di alleanza, di indissolubilità e di lealtà. Infine, è uno sposo che trabocca di gioia nello stare col suo popolo e nell'accompagnarlo nelle sue vicissitudini. Poiché Javeh è geloso, Gerusalemme venne abbandonata da Lui e devastata dai suoi nemici; poiché è fedele, tornerà ad essere chiamata "sposata". Poiché è uno sposo gioioso, infonde e sparge codesta medesima gioia in tutto Israele, come un dono prezioso e magnifico per la sposa. La figura sponsale di Javeh, con le tre caratteristiche indicate, prepara la rivelazione di Gesù come sposo della Chiesa nel Nuovo Testamento.

E' giunta l'era messianica. Nel Nuovo Testamento il messia appare sotto la figura dello sposo. Nel testo delle nozze di Cana, Gesù è insinuato come sposo nelle parole del maestro di sala allo sposo: "Tutti servono per primo il vino buono e, quando già sono ubriachi, quello meno buono. Ma tu hai conservato il vino nuovo fino ad ora". In realtà, il "tu" si riferisce non tanto allo sposo, quanto a Gesù. Questo testo è importante, dato il carattere programmatico che possiede nella struttura del quarto vangelo.
C'è qualcosa di caratteristico, in questa figura di Gesù sposo? 1) Certamente, il potere di cambiare l'acqua in vino allude all'incipiente gioia e pienezza di grazia del Regno di Dio. L'acqua dell'Antico Testamento, del messia atteso, si trasforma in vino del Nuovo Testamento, del messia giunto. 2) L'abbondanza messianica. Gesù non trasforma in vino pochi litri d'acqua, ma una grande quantità (240 litri).
La sovrabbondanza e generosità di Gesù all'inizio della sua vita pubblica caratterizzerà il resto della sua esistenza terrena e la vita stessa del cristianesimo, di cui costituirà un elemento strutturale. 3) Il messia sposo manifesta la sua gloria ai discepoli, che hanno creduto in lui. La gloria dello sposo è proprio il donarsi in pienezza alla sposa, e, in questa maniera, iniziare una nuova era di relazioni di Dio con l'umanità: l'era cristiana.

Il dono nuziale del Messia-sposo. Il dono nuziale è il simbolo dell'alleanza tra gli sposi. Il dono che Gesù-sposo offre alla Chiesa-sposa sono i carismi, che concede mediante il suo Spirito. Tutti e ciascuno dei carismi Cristo li dona alla sua Chiesa, affinché possa realizzare la sua vocazione sponsale. Lo Spirito distribuisce questi carismi con grande libertà, ma allo stesso tempo indirizza tutti loro all'utilità comune di tutta la Chiesa.
Con essi, la Chiesa può garantire la sua fedeltà all'alleanza sponsale con Cristo. A maggior abbondanza di carismi nella Chiesa, maggior possibilità di realizzare con perfezione la sua vocazione sponsale e la sua missione di sacramento universale di salvezza tra gli uomini.

Suggerimenti pastorali

La generosità, virtù cristiana. Dare e darsi, donare e donarsi, donazione, generosità... sono parole frequenti nel vocabolario dei cristiani. Le ascoltiamo non poche volte nelle omelie, nella catechesi, nella conversazione quotidiana. Grazie a Dio, non sono soltanto parole, ma una vera realtà nella Chiesa.
C'è la generosità nel dare parte dei propri beni. Non c'è dubbio che i cristiani dei paesi ricchi danno notevoli quantità di denaro ed altri beni economici ai cristiani e non cristiani dei paesi poveri, o che soffrono il flagello della guerra o delle calamità naturali. È immenso il bene che fanno la Caritas internazionale, Adveniat, Kirche im Not, Missio, I Cavalieri di Malta, i Cavalieri di Colombo, e tante altre istituzioni benefiche di carattere nazionale o internazionale.
C'è la generosità del dare se stessi. Quanti missionari e missionarie, quante volontarie e volontari, che danno la loro vita, fuori della propria patria, in paesi lontani, in mezzo a grandi difficoltà, con il rischio perfino di finire la vita crivellati di pallottole o sotto la lama del machete! Tutti loro hanno marciato verso i propri destini disposti a perdere la vita, se è necessario, per guadagnarla di nuovo in Cristo.
C'è la generosità interiore, la generosità del cuore nei confronti di Dio, con il vicino, con il figlio malato di aids o tossicodipendente, con il marito in stato terminale, con la madre anziana che non può più badare a se stessa. Tante persone che forse non danno denaro, o ne danno poco, perché non ne hanno, e non partono nemmeno come missionarie o volontarie verso altri paesi, ma che danno se stesse, danno il loro affetto, la loro pazienza, la loro disponibilità, il loro tempo, la loro virtù, la loro scienza...

La nuova era compie duemila anni. In questi ultimi decenni si è parlato molto di nuova era (New Age). È un movimento culturale e religioso recente, che si oppone come alternativa al cristianesimo. Secondo esso, il cristianesimo ha compiuto il suo ciclo vitale, scritto nello zodiaco, e il nuovo ciclo sta già alle porte, il ciclo dell'acquario, che instaurerà una nuova era nella storia dell'umanità. È un movimento confuso e diffuso, senza struttura e senza fusto, ma che, come la nebbia, penetra in tutti gli spazi: arte, mezzi di comunicazione, cinema, religione, istituzioni, ecc. È un nuovo messianismo con ornamenti di scientifico e di spirituale allo stesso tempo. Di fronte a tale situazione, sommariamente descritta, è necessario affermare che di messia ce n'è uno solo, e che tale messia atteso dal popolo di Israele e dalle nazioni è già arrivato duemila anni fa con l'incarnazione del Verbo in Gesù di Nazaret. Che la nuova era cominciò con Gesù Cristo Messia, e che, dopo duemila anni, continua ad essere assolutamente nuova, perché non è tanto opera degli uomini, quanto di Dio stesso. Attenti alla moda della nuova era, e alla nuova era di moda! 

Testo di Totustuus 

Foglietto della Messa di domenica 17 gennaio 2010 (seconda T.O. anno C)

Liturgia della Parola di domenica 17 gennaio 2010 (seconda T.O. anno C)

tratti da www.lachiesa.it

 

"Le nozze di Cana" di Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova, 1304-5

I significati iconografici
  
L'iconografia sembra rifarsi alle "Meditationes" sulla vita di Cristo dello Pseudo-Bonventura (Bellinati), un testo molto popolare nel medioevo. Secondo un'antica tradizione, il personaggio seduto alla sinistra di Cristo (lo sposo) sarebbe il futuro evangelista Giovanni che, lasciata la moglie nel giorno delle nozze, avrebbe seguito come apostolo Gesù. Il personaggio con l'aureola, invece, è Andrea apostolo. Al centro, il gruppo delle donne con al centro la sposa e Maria, che chiede al figlio di trasformare l'acqua delle sei giare in vino.

tratto da www.giottoagliscrovegni.it/