30 luglio 2017 - XVII Domenica del T.O: Gesù nel tesoro nascosto ci dà la certezza della felicità
News del 29/07/2017 Torna all'elenco delle news
Un contadino e un mercante trovano tesori. Accade a uno che, per caso, senza averlo programmato, tra rovi e sassi, su un campo non suo, resta folgorato dalla scoperta e dalla gioia. Accade a uno che invece, da intenditore appassionato e determinato, gira il mondo dietro il suo sogno.
Due modalità che sembrano contraddirsi, ma il Vangelo è liberante: l'incontro con Dio non sopporta statistiche, è possibile a tutti trovarlo o essere trovati da lui, sorpresi da una luce sulla via di Damasco, oppure da un Dio innamorato di normalità, che passa, come dice Teresa d'Avila, "fra le pentole della cucina", che è nel tuo campo di ogni giorno, là dove vivi e lavori e ami, come un contadino paziente.
Tesoro e perla: nomi bellissimi che Gesù sceglie per dire la rivoluzione felice portata nella vita dal Vangelo. La fede è una forza vitale che ti cambia la vita. E la fa danzare.
«Trovato il tesoro, l'uomo pieno di gioia va, vende tutti i suoi averi e compra quel campo». La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala, è il movente che fa camminare, correre, volare: per cui vendere tutti gli averi non porta con sé nessun sentore di rinuncia (Gesù non chiede mai sacrifici quando parla del Regno), sembra piuttosto lo straripare di un futuro nuovo, di una gioiosa speranza.
Niente di quello di prima viene buttato via. Il contadino e il mercante vendono tutto, ma per guadagnare tutto. Lasciano molto, ma per avere di più. Non perdono niente, lo investono. Così sono i cristiani: scelgono e scegliendo bene guadagnano. Non sono più buoni degli altri, ma più ricchi: hanno investito in un tesoro di speranza, di luce, di cuore.
I discepoli non hanno tutte le soluzioni in tasca, ma cercano. Lo stesso credere è un verbo dinamico, bisogna sempre muoversi, sempre cercare, proiettarsi, pescare; lavorare il campo, scoprire sempre, camminare sempre, tirar fuori dal tesoro cose nuove e cose antiche.
Mi piace accostare a queste parabole un episodio accaduto a uno studente di teologia, all'esame di pastorale. L'ultima domanda del professore lo spiazza: «come spiegheresti a un bambino di sei anni perché tu vai dietro a Cristo e al Vangelo?». Lo studente cerca risposte nell'alta teologia, usa paroloni, cita documenti, ma capisce che si sta incartando. Alla fine il professore fa: «digli così: lo faccio per essere felice!». È la promessa ultima delle due parabole del tesoro e della perla, che fanno fiorire la vita.
Anche in giorni disillusi come i nostri, il Vangelo osa annunciare tesori. Osa dire che l'esito della storia sarà buono, comunque buono, nonostante tutto buono. Perché Qualcuno prepara tesori per noi, semina perle nel mare dell'esistenza.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Ecco i contorni del regno di Dio
Col brano odierno si conclude il capitolo 13 del vangelo secondo Matteo, tutto dedicato alle parabole sul regno di Dio. Due domeniche fa abbiamo letto la parabola del seminatore: parte della sua semente va persa sul sentiero, sulle rocce o tra i cespugli; solo una porzione cade su buon terreno, dove dà frutti abbondanti. Domenica scorsa, la parabola della zizzania: anche il buon terreno dove il grano può crescere è infestato da erbacce; solo alla mietitura le si separerà dal grano e le si brucerà. Oggi, lo stesso concetto è ribadito dalla breve parabola della pesca: soltanto quando tira a riva la rete, il pescatore raccoglie in canestri i pesci buoni e getta via quelli cattivi (cioè i molluschi e i crostacei, che gli ebrei consideravano non commestibili). Si ribadisce dunque qui il concetto che gli uomini buoni e cattivi temporaneamente, cioè in questo mondo, vivono insieme, e soltanto alla fine il giudizio rivelerà a quale gruppo ciascuno ha voluto appartenere.
Ma questo capitolo del vangelo non è il solo che parli di questo argomento: con questi e altri brevi racconti, le parabole appunto, Gesù continua un discorso che permea tutto il suo insegnamento. Si può dire che quello del regno di Dio (talora designato come regno dei cieli) è un tema ricorrente, dagli inizi alla fine: il vangelo riassume gli esordi della sua vita pubblica, riferendo che "Gesù cominciò a predicare e a dire: Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino" (Matteo 4,17). E al termine della sua vita pubblica, quando è già in croce, egli esaudisce la preghiera del cosiddetto "buon ladrone" che gli ha chiesto "Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" (Luca 23,39-43). Di mezzo, innumerevoli sono i riferimenti a questo tema, e tra essi si pongono appunto le parabole, intese a far intuire che cosa sia il regno dei cieli, o regno di Dio.
Intuire, perché spiegarlo non è facile, trattandosi di una realtà che va oltre la comune esperienza. Il regno di Dio infatti non è in alcun modo assimilabile ai regni o alle repubbliche di questo mondo: non ha un territorio, non ha un parlamento, non riscuote tasse, non ha un esercito né tribunali. La parabola del seminatore dice che la possibilità di appartenervi è data a tutti, pur se non tutti la accolgono; la zizzania e i pesci da buttare ricordano che al momento buoni e cattivi vi convivono. Due brevi parabole di domenica scorsa accennano al suo mistero, dato da una realtà agli esordi piccolissima ma dotata di insospettate potenzialità: un pizzico di lievito basta a far fermentare una massa di farina; dal più piccolo dei semi, il quasi invisibile granello di senapa, si sviluppa una pianta tanto grande da poter accogliere nidi di uccelli. Altre due di oggi dicono la preziosità del Regno, paragonandolo a un tesoro nascosto o a una perla di incomparabile valore, che chi è accorto fa di tutto per accaparrarsi.
Tante parabole, tanti accenni: ma che cos'è dunque il regno di Dio, e chi ne fa parte? Raccogliendo queste e altre indicazioni dei vangeli, si può rispondere così: il regno è la signoria di Dio sul creato, e vi appartiene chi la riconosce (nei fatti, cioè adottando uno stile di vita adeguato). In questo mondo, il regno di Dio è una realtà in crescita, non ancora compiuta (Gesù insegna a chiedere al Padre "Venga il tuo regno"), ma riconoscerla è come aver trovato un tesoro, una perla preziosissima; è la disponibilità a farsi buon terreno, che dà frutti copiosi.
Questi esempi portano in sé un preciso orientamento per la vita di ogni singolo uomo: invitano a non essere orgogliosi o testardi al punto da ritenersi autosufficienti, né distratti o superficiali tanto da non distinguere i veri dai falsi tesori. Nulla vale di più che riconoscere la signoria di Dio, cioè stare dalla sua parte, fare la sua volontà, accogliere e ricambiare la sua amicizia. E se nulla vale di più, nulla dobbiamo cercare, nulla ci può bastare che valga di meno.
Omelia di mons. Roberto Brunelli
La capacità religiosa di discernere il bene dal male
In questa XVII domenica del tempo ordinario risalta immediatamente ai nostri occhi la figura del Re Salomone, succeduto sul regno d'Israele a Re Davide, il quale, nel brano della prima lettura di oggi, tratto dal secondo libro dei Re, chiede al Signore nulla di materiale o di potere politico ed economico, ma solo la capacità di discernere il giusto per guidare saggiamente ed in modo equilibrato il popolo affidato alla sua responsabilità.
La consapevolezza della sua giovane età, dell'inesperienza e di quanto altro possa di fatto limitare un'azione di governo molto importante come quella di un Re, giustamente pone Salomone di fronte ad una richiesta ben precisa al Signore: ?Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Di fronte a questa richiesta, lo stesso Signore rimane sorpreso, abituato Dio, da sempre, alle richieste degli esseri umani che hanno attinenza solo con le cose materiali (la salute, il lavoro, la casa, i soldi, ecc..). Infatti, nei successivi versetti del brano leggiamo queste bellissime espressioni riportate nel testo scritturistico: ?Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te».
Quante persone in qualsiasi posto di responsabilità, anche nell'ambito ecclesiastico chiedono al Signore solo questo? Ci sono poteri di qualsiasi genere e a tutti i livelli che si sono consolidati nel tempo e dai quali sono si riesce a sradicare quella persona o quel gruppo di potere che tra l'altro non governano neppure bene e saggiamente. Quanta corruzione nel mondo. Quanta gente affarista, quante persone che aspirano al comando e fanno carte false pur di raggiungere tali obiettivi della loro misera vita. Con le conseguenze ben note che fanno solo danni e si sistemano i loro affari e quelli dei familiari, degli amici e degli amici degli amici. Il saggio Re Salomone chiede al Signore un saggio e intelligente per discernere il bene del male e sapere guidare gli altri con il buon esempio e non con la prepotenza e l'imposizione.
Nel salmo responsoriale si ritorna sul tema della sapienza che viene dall'osservanza della legge di Dio, quella che dà certezze assolute e stabilità a livello personale e istituzionale. Infatti il salmista, sottolinea che ?la mia parte è il Signore: ho deciso di osservare le tue parole. Bene per me è la legge della tua bocca, più di mille pezzi d'oro e d'argento?.
Nell'amore di Dio sta la saggezza di ogni persona retta e disposta a lasciarsi toccare da questo amore che va oltre la legge e l'osservanza esteriore. Ci ricorda, infatti, san Paolo Apostolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla sua lettera ai Romani, che ?noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno?.
L'amore di Dio apre nuovi spazi di vita spirituale e prospettive di salvezza vera, in quanto come scrive l'apostolo: ?Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati?.
Nel testo del vangelo di questa domenica troviamo altre tre parabole dette da Gesù per presentare il vero volto del Regno di Dio: la prima riguarda il tesoro nascosto nel campo e per averlo una persona si compra tutto il campo; la seconda riguarda un mercante che trovata la perla preziosa di cui andava alla ricerca, vende ogni cosa per acquistarla; la terza riguarda la rete gettata nel mare che pesca ogni tipo di pesce e alla fine i pescatori fanno la selezione tra i pesci buoni e quelli cattivi. Tre chiari riferimenti di come accogliere il regno di Dio nella nostra vita, come arricchirlo con il nostro personale impegno potenziando le opere di bene e ciò che conta davvero ed infine come essere accorti nell'operare per raggiungere il vero scopo dell'essere in cammino in questo regno, che è la salvezza eterna. In fondo, anche nel brano del vangelo di questa domenica ci viene detto con estrema chiarezza che ?verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti?. Il rischio della dannazione eterna per tutti è un fatto vero e non ipotetico. Perciò alla fine del brano del vangelo Gesù stesso ci raccomanda di agire di conseguenza: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Rinnovarsi, camminare, non fermarsi è questo l'impegno del cristiano battezzato che ha chiara davanti a sé la meta da raggiungere che non è il successo materiale, ma la salvezza della sua anima. La sapienza e la saggezza sta proprio in questo, come ci fa pregare la colletta di questa domenica: ?O Padre, fonte di sapienza, che ci hai rivelato in Cristo il tesoro nascosto e la perla preziosa, concedi a noi il discernimento dello Spirito, perché sappiamo apprezzare fra le cose del mondo il valore inestimabile del tuo regno, pronti ad ogni rinunzia per l'acquisto del tuo dono?. Amen.
Omelia di padre Antonio Rungi
Liturgia e Liturgia della Parola della XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) 30 luglio 2017
tratto da www.lachiesa,it