La Santa Famiglia: una madre ed un padre terreni per farci divini

News del 26/12/2009 Torna all'elenco delle news

Festa della Sacra Famiglia
 
 
La Chiesa giustamente in questo clima natalizio celebra la festa di quell'irripetibile famiglia, che era la famiglia di Gesù. Commuove anche solo pensare come il Figlio di Dio abbia voluto sperimentare quello che per noi è vocazione e luogo di crescita o, a volte, di difficoltà: la famiglia.
E come a descrivere le difficoltà, S. Luca racconta la prima esperienza del bambino Gesù, che si fa adolescente e mette in difficoltà i genitori – come accade in tante nostre famiglie.
Sorprende questo brano evangelico, in cui l'evangelista mette a nudo un momento difficile, ma necessario, della Sacra Famiglia, dandoci così una testimonianza di quello che dovrebbe essere lo spirito, la bellezza e la natura della famiglia.
Sappiamo molto bene come oggi, proprio la famiglia, sia al centro del più vile attacco.
Tutti noi, credo, conserviamo ricordi della vita in casa, forse anche alcuni spiacevoli, ma necessari per la crescita. Siamo nati, cresciuti, siamo stati amati, educati da mamma e papà e ci erano cari, erano credibili, non solo perché ci avevano dato la vita, ma perché ci accompagnavano come sicure guide in quel cammino di cui, da bambini e fanciulli, sapevamo nulla.
Era come un addestrarci ad affrontare speranze e difficoltà, che avremmo incontrato nella vita e, quello che stava loro a cuore (almeno in tante famiglie) era di essere maestri di quella vita che, domani, avremmo dovuto affrontare responsabilmente.
La Chiesa sta da sempre ponendo la sua attenzione, cura ed istruzione per il matrimonio e la famiglia. Ma se non c'è un vissuto di fede, prima, difficilmente quello che si cerca di dire e far comprendere porterà frutti.
C'è nel Vangelo di oggi anche un particolare che credo sia stata l'ispirazione dell'Evangelista, ossia l'atteggiamento di Gesù che quasi si svincola dalla famiglia, affermando il primato della sua vocazione o missione, e che è in fondo la ragione di ogni vita e che nessuno può modificare, ma è compito dei genitori educare.
`Non sapete che sono venuto per le cose del Padre mio?.
Dovrebbe essere compito dei genitori educare, favorire questa ragione della vita del figlio, che è il domani in cui il figlio dovrà seguire la strada di Dio.
Offro alle famiglie che mi leggono quanto dice S. Paolo scrivendo ai Colossesi:
"Rivestitevi, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri.
Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi.
Al di sopra di tutto vi sia la carità che è il vincolo della perfeziona
E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete chiamati in un solo corpo.
E siate riconoscenti.
La parola di Cristo dimori in voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole e in opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di Lui grazie a Dio Padre.
Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore.
Voi, mariti, amate le vostre mogli e non inaspritevi con esse.
Voi, figli, obbedite ai genitori, in tutto: ciò è gradito al Signore.
Voi, padri, non inasprite i vostri figli, perché non si scoraggino
." (Lettera ai Colossesi 3, 12-21).
Una vera divina regola di vita per le famiglie, su cui misurarsi con l'aiuto della Grazia.
Preghiamo:
Signore, grazie per la famiglia che ci hai dato,
per l'amore che abbiamo ricevuto e che impariamo a donare ogni giorno.
Ti preghiamo per tutti i genitori, perché, alla scuola della Sacra Famiglia di Nazareth, imparino a cercare il vero bene dei figli
e ad accompagnarli nella ricerca della loro strada.
Ti affidiamo tutti i figli, perché riconoscano l'amore dei genitori,
siano docili ai loro insegnamenti,
custodiscano nel cuore la loro testimonianza
.
 
Testo di mons. Antonio Riboldi
 

Un valore nel quale si può credere

Sebbene nato in umilissime condizioni e sottomesso all'usura e alla precarietà delle vicende terrene, il Figlio di Dio, al momento dell'incarnazione non è solo: nelle ostilità della grotta e e lo assiste con una fedeltà costante che solo la fede e la speranza possono dare: Maria e Giuseppe.

La fede di queste due persone dimesse nella Divina Infanzia che ora hanno fra le braccia, la disinvolutura con cui essi si aprono al Mistero di Dio che assume le carni esili e indifese di un fanciullo si trasforma immediatamente nella carità e nello zelo operativo con cui subito ci si prodiga nell'esercizio della maternità e dellla paternità nei confronti di un neonato. Quale mamma, fosse pure la più reietta e riprovevole, non concederebbe subito tutta se stessa nell'accudire con amore un figlio appena nato? Quale madre, sempre che fotata di coscienza, rettitudine e giudizio, non si dedicherebbe con estremo sacrificio all'assistenza del proprio figlio bambino, sopratttto, sapendolo solo e abbandonato? Ebbene, Maria, assieme a Giuseppe sono animati da sentimenti di maternità disinvolta nei riguardi di Gesù, ragion per cui non lesinano nelle attenzioni e nella sollecitudine nei suoi confronti.

Ma siffatto slancio comune da genitori viene in loro animato e assume ancora più consistenza dalla consapevolezza di aver affidato il Bambino Divino, quindi nella fede privilegiata nel Signore che si è incarnato per tutti. Il Bambino che stringono fra le braccia e per la cui tutela e incolumità si teroveranno a dover fuggire, affrontare viaggi e imprevisti anche in luoghi a loro estranei è il Figlio di Dio fatto uomo, che li aveva già interpellati quando aveva raggiunto Maria nella persona dell'angelo Gabriele e aveva convinto Giuseppe alla rinuncia al ripudio segreto della giovane donna; nella convinzione di essere mandatari di una missione di custodia da parte di Dio, si sentono ancora più motivati nel fervore e nella gioia di essere genitori.


Il ruolo di Maria e di Giuseppe è fra i più difficili e corroboranti della storia, perché riguarda una responsabilità e un'attenzione che non hanno precedenti e che non sono equiparabili ad altre situazioni di parto e di gestazione e per questo nella famiglia di Nazareth non si può non riscontrare un monito a che anche nelle nostre attuali dimensioni familiari ci si prodighi marito per la moglie, moglie per il marito ed entrambi per la seria tutela e la crescita dei figli.
Il vissuto odierno, se da una parte si sforza di offrire alla famiglia il sostegno di strutture pubbliche di assistenza come il Consultorio familiare e altre associazioni simili, in linea generale rende complesso e difficile il ruolo di genitore soprattutto per i continui tartassamenti della moda e del costume corrente che toglie sempre più spazio al focolare domestico privando le nostre case del dialogo, aumentando le pretestuosità dei ragazzi che sembrano esigere sempre di più dai genitori senza mai contentarsi delle camerette molte volte stracolme di regali e non i rado sprecando il cibo a tavola. C'è anche in Italia un divario mostruoso fra le famiglie nelle quali i bambini non di rado sono sfruttati per lavori manuali più atroci e aberranti, costeretti anche a mantenere i loro genitori, e altre situazioni familiari in cui il benessere dei fanciulli è raccapricciante e deplorevole, intriso com'è della logica del "voglio tutto e subito" che erroneamente viene spesso assecondata. Quanto spazio si dedica poi nelle nostre case al raccoglimento e al confronto fra coniugi reciprocamente e con i nostri figli? Sussiste ancora la disponibilità mutua a comunicare a casa ciascuno i nostri problemi e le nostre difficoltà nella comprensione e nell'accettazione reciproca, essendo ciascuno pronto a mettersi in discussione?


Genitori e figli, si dovrebbe essere tutti disposti alla mutua solidarietà attenta, per la quale ciascuno si sente libero di esprimersi e allo stesso tempo in dovere di favorire l'espressione dell'altro.
Per quale motivo avvengono infatti numerosi scontri familiari (volte per banali motivi) se non per il fatto che si tende noi ad una certa "coercizione" nell'esporre le nostre opinioni e nel risolvere su certi argomenti decisionali? E' giusto, per dirne una, che i giovani apprendano dall'esperienza degli adulti non omettendo di far tesoro dei loro consigli; ma è altrettanto vero e fondato che da parte degli adulti si debba riscontrare la legittimità delle esigenze dei giovani e considerare la difficoltà del periodo che essi stanno attraversando.
 

Spesso definita la "cellula della società" e rilevata anche come la "piccola Chiesa domestica", la famiglia è comunque tutt'oggi un valore nel quale, nonostante tante pecche e lacune, ancora si crede e che va valorizzato come opportunità fondamentale di crescita e di sviluppo, coltivato con interesse e abnegazione. Le coppie che hanno impostato la loro convivenza sulla base di valori etici promettenti e forieri di garanzie e di ricomnpense sono fortunatamente numerose come pure quelle fanmiglie nelle quali il sacrificio e la rinuncia, accolte con spirito di umiltà e di mansuetudine, hanno costruito l'intero habitat e se da un lato sono parecchie le coppie che si disgregano quasi sul nascere socccombendo a ridicoli problemi, dall'altro vi è ancora chi persevera nel bene affrontando con fiducia la non facile esperienza della famiglia.


Gesù, Giuseppe e Maria, che ravvivano ancora in noi l'armonia del Natale, ci indirizzano alla riscoperta del valore familiare ritenuto prezioso e irrinunciabile e soprattutto alla considerazione di tutte quelle condizioni per le quali la famiglia potrà sempre essere un successo raggiunto e un traguardo conseguito, cioè la fede nel Bambino divino che ha scelto una madre e un padre terreni perché noi fossimo divini

Testo di padre Gian Franco Scarpitta 

 

Quale altro concetto può riassumere i testi di questa domenica, se non quello della famiglia? Si parla della famiglia di Dio: Dio Padre, il Figlio di Dio, e gli uomini resi figli di Dio per mezzo della fede (seconda lettura, vangelo).
 
Nella prima lettura e nel vangelo si menzionano due famiglie, tra le quali sembra esserci un certo parallelismo, con alcune somiglianze e con molte differenze. Sono la famiglia di Anna e quella di Maria. Ad entrambe le donne, Dio concesse un figlio in un modo singolare. Il profeta Samuele ad Anna, Gesù di Nazaret a Maria.

La famiglia di Dio. Quando parliamo della famiglia di Dio, non possiamo farlo se non in modo analogico. In Dio, per esempio, non esiste la sessualità, e per questo non c'è un padre da una parte e una madre dall'altra. In Dio non esiste neppure la molteplicità di natura, conseguentemente una stessa ed unica natura viene partecipata dal Padre e dal Figlio. Ciononostante, la rivelazione ci parla di Dio come Padre, di Gesù Cristo come Figlio naturale di Dio, e dei cristiani come figli adottivi di Dio. I tratti più belli e pieni del padre e della madre: il loro amore generoso, disinteressato, la loro capacità di donazione, la loro fecondità, la dedizione ai figli, il loro desiderio ardente che crescano sani e che siano felici, questi ed altri aspetti si trovano in Dio in modo eminente. Allo stesso modo, brillano nel Figlio di Dio l'affetto e l'obbedienza filiale, la gratitudine, il volere e cercare ciò che è gradito al Padre, l'intimità e l'assoluta fiducia nel Padre. Il cristiano è figlio nel Figlio, e, pertanto, il Padre riconosce come figli soltanto quelli che hanno incarnato gli stessi tratti filiali di Gesù Cristo, suo Figlio. San Giovanni, di fronte a questa realtà della famiglia divina esclama, come estasiato: "Guardate quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (seconda lettura). E nel vangelo, Gesù, ritrovato nel tempio dopo tre giorni di ricerca da parte dei suoi genitori, dice loro: "Non sapevate che dovevo occuparmi delle cose del Padre mio?". È importante elevarsi fino alla famiglia di Dio perché, in un certo modo, è l'archetipo della famiglia umana.

La famiglia di Anna e di Maria. Due famiglie di cui ci parla la Bibbia! Una, quella di Anna, appartiene all'Antico Testamento; l'altra, quella di Maria, al Nuovo. Entrambe le famiglie: Elkana ed Anna, Giuseppe e Maria, erano giusti agli occhi di Dio. Anna era sposata e non poteva aver figli, essendo sterile, Maria era promessa a Giuseppe ed era vergine. Anna chiede a Javeh che le conceda un figlio, Maria gli chiede che si faccia in tutto la sua volontà. Dio ascolta la preghiera di Anna, rendendo fecondo il suo seno; Dio compie la sua volontà con Maria, rendendola madre senza cessare di essere vergine. Samuele, figlio di Anna, occupa un posto rilevante nella storia della salvezza; Gesù, figlio di Maria, ne occupa il vertice e la pienezza. Elkana è il padre naturale di Samuele, Giuseppe è soltanto il padre legale di Gesù. Samuele, a tre anni, venne portato al santuario di Silo, davanti a Javeh, e consacrato a lui per tutta la vita. Gesù fu consacrato a Javeh a quaranta giorni dalla sua nascita, e visse trent'anni a Nazaret con i suoi genitori. Samuele visse nel santuario al servizio di Javeh; Gesù, a dodici anni, rimase nel tempio senza che i genitori lo sapessero, lasciò stupefatti i maestri per la sua intelligenza e le sue risposte e, a Maria e Giuseppe rispose con una domanda enigmatica: "Perché mi cercavate? Non sapevate che dovevo occuparmi delle cose del Padre mio?". Della relazione di Samuele con i suoi genitori il libro sacro non ci dice nient'altro; Gesù, al contrario, visse a Nazaret con i suoi genitori fino all'età di trenta anni, in atteggiamento di obbedienza filiale.
Nei due casi, si mette in evidenza un elemento comune: tanto nella famiglia di Anna, come in quella di Maria, Dio conta e si conta su Dio. Le condizioni culturali e sociologiche della famiglia possono cambiare enormemente, ma il fatto che Dio conti e che si conti su Dio costituisce un aspetto essenziale di ogni famiglia, in qualsiasi condizione culturale, politica o sociologica.

Essere e fare famiglia. Innanzitutto, essere famiglia. E questo vuol dire un padre, una madre e almeno un figlio e, se di più, meglio.
In secondo luogo, essendo famiglia, fare famiglia. Cioè, costruire giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, l'edificio familiare.
La famiglia si costruisce con la collaborazione di tutti i suoi membri, e compiendo ciascuno le sue proprie funzioni di padre, madre e figli. Se le funzioni o i ruoli si traspongono o si alterano, non si costruisce la famiglia. È un compito che esige il sacrificio degli uni e degli altri (sposi, genitori, figli) per rendersi scambievolmente tutti felici.

Salvate la famiglia! Che la famiglia sia attaccata da molte parti, risulta alquanto ovvio. Che fino ad ora l'istituzione familiare abbia resistito bene agli attacchi, benché molti siano caduti nella battaglia, è anche vero. Sembra sempre più chiaro a politologi, sociologi, e ad uomini dei mezzi di comunicazione di massa, che la voce unanime della Chiesa cattolica, da sempre, ma più intensa a partire dal secolo XX, per salvare la famiglia, per salvare la società e l'uomo, sia una voce profetica e piena di sapienza, che si deve ascoltare. Al momento di portare a termine il giubileo dell'Incarnazione del Verbo, la Chiesa e tutti gli uomini retti e giusti, debbono levare la loro voce molto in alto per gridare: "Salviamo la famiglia!". Si deve salvarla dal linguaggio equivoco che la insidia da ogni parte. Si deve salvarla promuovendo il senso della famiglia, valutando la ricchezza umana e spirituale della famiglia. Si deve salvarla formando i giovani nell'amore, nella responsabilità, nel dono di sé e nella capacità di donazione. Si deve salvarla, offrendo diversi modelli di autentica famiglia. Nessuno se ne escluda. Ciascuno ha la sua parte in questo grande compito di salvare la famiglia. 

Testo a cura di Totustuus 

Foglietto della Messa di domenica 27 dicembre 2009

Liturgia della Parola di domenica 27 dicembre 2009

tratti da www.lachiesa.it