11 dicembre 2016 - III Domenica di Avvento "della gioia": rallegratevi, il Signore è vicino
News del 10/12/2016 Torna all'elenco delle news
La terza domenica di Avvento ha una sua specificità liturgica. Si chiama la domenica della gioia, perché la parola di Dio è incentrata sull'attesa del Messia, che porta gioia e vita a chi lo aspetta con amore e in Lui vede la realizzazione delle proprie aspettative.
L'antifona d'ingresso della liturgia della messa di oggi, ci fa pregare con queste splendide parole di speranza cristiana e di fiducia piena nel Signore che viene: "Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto -ricorda l'Apostolo Paolo ai cristiani di Filippi - rallegratevi, il Signore è vicino".
Considerato il tempo che ci separa dal Natale 2016 non possiamo non accogliere questo invito alla gioia per la prossima venuta del Salvatore nell'annuale celebrazione liturgica del mistero dell'Incarnazione.
Gesù che è venuto nella storia umana non solo l'ha cambiato nella forma, ma soprattutto nella sostanza di un messaggio d'amore e di pace che Egli stesso porta a compimento con la sua morte e risurrezione. Il bambino della grotta di Betlemme è lo stesso Cristo che sale al Calvario e muore in croce per redimere l'umanità dai sui peccati.
In questo messaggio di salvezza un posto privilegiato l'hanno i poveri e gli ultimi, in quanto Gesù viene su questa terra anche per alleviare le sofferenze di chi non contava e non conta in un mondo basato solo sul proprio tornaconto. Questo clima di gioia e di speranza si respira già accostandoci alla prima lettura di questa domenica, tratta dal profeta Isaia, il profeta dell'Avvento per eccellenza.
Infatti, i primi versetti del testo che ascoltiamo oggi ci introducono nel clima di gioia con parole che toccano il cuore e la mente di chi è sensibile al discorso di Dio e si lascia prendere per mano dall'Onnipotente e buon Signore. Si rallegrino il deserto e la terra arida. Esulti e fiorisca la steppa...Irrobustite le mani fiacche, rende salde le ginocchia vacillanti.... Coraggio, non temete, viene il nostro Dio...Egli viene a salvarci.. Felicità perenne splenderà sul nostro capo, gioia e felicità ci inseguiranno ed andranno definitivamente via la tristezza e il pianto.
Per chi ha fede e fiducia nel Signore, tutto questo avviene davvero ogni volta che ci accostiamo al Natale annuale con la consapevolezza che la vera festa sta nel sperimentare una gioia profonda nell'incontrare il Signore nella sua parola, nel suo perdono, nell'eucaristia, in una vita fatta di amore e dedizione verso gli altri. Dio è provvido e sostegno per tutti, specialmente per quanti sono nel bisogno di qualsiasi genere. Egli è la misericordia e guarda con amore tutti i suoi figli bisognosi di tutto, come ci ricorda il salmo responsoriale, tratto dal Salmo 145.
Nella seconda lettura di oggi, l'apostolo Giacomo, che in questa domenica terza di Avvento, viene in nostro soccorso con i suoi scritti di grande respiro umanitario e solidaristico, ma anche mettendoci in guardia da ogni ipocrisia e falsa attesa del Messia.
In ragione di questa imminente venuta, che per noi è il Santo Natale 2016, non dobbiamo lamentarci gli uni degli altri, come, purtroppo, normalmente facciamo in tutti gli ambienti di vita umana e sociale; bisogna avere pazienza, costanza e capacità vera di sopportazione, prendendo a modello di tali atteggiamenti i profeti, che hanno parlato nel nome del Signore.
Tre parole e tre impegni prossimi alla solennità del Natale dobbiamo assumerci con sincerità: fedeltà, coraggio e sopportazione.
Per essere aiutati in questo itinerario pre-natalizio, possiamo assumere come ulteriore modello di comportamento, Giovanni Battista che nuovamente sale in cattedra, come maestro dell'Avvento, per indicarci la strada che porta al riconoscimento di Gesù come Messia e Salvatore.
E' Gesù stesso che esalta la figura di Giovanni Battista nel testo del Vangelo di Matteo che oggi ascoltiamo: Giovanni Battista è per Gesù, più di un profeta, è il suo messaggero, che è stato chiamato a preparare la via al Signore che viene. Giovanni Battista, tra i nati di donna, non ve ne è uno più grande di lui. Tuttavia, pur essendo di grande statura morale e spirituale, davanti al Signore, Redentore e Salvatore, il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Come dire, che chi si lascia toccare dalla grazia di Dio ed entra in comunione con il Signore, diventa grande non agli occhi del mondo, ma agli occhi di Dio, perché è santo già in questa vita. Alla luce di queste parole sante dette da Gesù ai discepoli di Giovanni che, inviati dal Signore, vogliono sapere se era lui l'atteso Messia, non c'è altro da fare che mettersi all'opera per essere annunciatori di gioia e di vita in una società dove la gioia è poca vissuta e la vita per nulla amata e difesa, spesso è maltrattata e vilipesa. Gesù che sana i malati, guarisce e conforta gli afflitti è il Dio della vita che viene a portare agli uomini la parola della gioia e della bontà immensa del Padre celeste. Sia questa la nostra umile preghiera nel giorno del Signore, nel quale siamo invitati ad assaporare la vera gioia e ad allontanare tristezze e malinconie nella nostra vita: Sostieni, o Padre, con la forza del tuo amore il nostro cammino incontro al colui che viene e fa' che, perseverando nella pazienza e nell'amore di Cristo, maturiamo in noi il frutto della fede ed accogliamo con rendimento di grazie il vangelo della gioia.
A Maria, Madre della gioia, che in questi giorni scorsi abbiamo festeggiato con il titolo di Immacolata, chiediamo il dono di vivere nella gioia e di portare gioia.
E con umiltà profonda diciamo, attraverso Maria, ci rivolgiamo a Dio con queste parole: "Signore fa' che la mia fede sia gioiosa e dia pace e letizia al mio spirito e lo abiliti all'orazione con Dio e alla consacrazione con gli uomini".
Omelia di padre Antonio Rungi
Il miracolo del seme e del lievito che non si «spegne»
Sei tu o no quello che il mondo attende? Grande domanda che permane intatta: perseveriamo dietro il Vangelo o cerchiamo altrove?
Giovanni è colto dal dubbio, eppure Gesù non perde niente della stima immensa che nutre per lui: È il più grande! I dubbi non diminuiscono la fede del profeta. Così è per noi: non esiste fede senza dubbi; io credo e dubito, e Dio continua a volermi bene; mescolo fede e dubbi e la sua fiducia resta intatta.
Sei tu? Gesù non risponde con argomentazioni, ma con un elenco di fatti: ciechi, storpi, sordi, lebbrosi, guariscono, si rimettono in cammino hanno una seconda opportunità, la loro vita cambia.
Dove il Signore tocca, porta vita, guarisce, fa fiorire.
La risposta ai nostri dubbi è semplice: se l'incontro con Lui ha cambiato qualcosa, ha prodotto gioia, coraggio, fiducia, apertura del cuore, generosità, bellezza del vivere, se vivo meglio allora è lui quello che deve venire.
I fatti che Gesù elenca non hanno cambiato il mondo, eppure quei piccoli segni bastano perché non consideriamo più il mondo come un malato inguaribile. Gesù non ha mai promesso di risolvere i problemi della storia con i suoi miracoli. Ha promesso qualcosa di molto più grande: il miracolo del seme, il lavoro oscuro ma inarrestabile del seme che fiorirà. Non ci ha fornito pane già pronto, ma un lievito che non si spegne.
Sta a noi ora prolungare i gesti che Gesù elenca: «Se io riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita. È bello essere popolo fedele di Dio. E acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!» (Francesco, Evangelii gaudium, n. 274).
La fede è fatta di due cose: di occhi che vedono il sogno di Dio e di mani pazienti e fiduciose come quelle del contadino che «aspetta con costanza il prezioso frutto della terra» (Giacomo 5,7). Di uno stupore, come un innamoramento per un mondo nuovo possibile, e di lavoro concreto per volti e nomi che riempiono il cuore. Anche di fatica: «Fino a che c'è fatica c'è speranza» (don Milani).
Beato chi che non si scandalizza di me. Gesù portava scandalo e lo porta oggi, a meno che non ci facciamo un Cristo a nostra misura e addomestichiamo il suo messaggio: non stava con la maggioranza, ha cambiato il volto di Dio e del potere, ha messo pubblicani e prostitute prima dei sacerdoti, ha fatto dei poveri i principi del suo regno.
Gesù: un uomo solo, con un pugno di amici, di fronte a tutti i mali del mondo. Beato chi lo sente come piccolo e fortissimo seme di luce, goccia di fuoco che vive e opera nel cuore dell'uomo. Unico miracolo di cui abbiamo bisogno.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Per il Regno parlano i fatti
E' ancora esplicito Isaia nelle promesse di futuro benessere e di pace, questa volta allusive alla sanità e alla guarigione di zoppi, sordi e non vedenti. Molti capitoli più avanti il profeta utilizzerà immagini metaforiche esaltanti e significative, quali "la pantera che si sdraia accanto al capretto" e "il bambino che mette le mani nel covo dei serpenti velenosi"(da noi già incontrate e riflettute), le quali alludevano a un avvenire di pace e di serenità universale apportato dalla venuta del Messia; adesso invece promette interventi concreti di guarigione, di conforto agli smarriti e di liberazione per i prigionieri, il tutto ancora una volta nell'orizzonte della salvezza divina universale. Eventi a favore dell'uomo, opere che trasudino l'amore concreto di benevolenza, atti di solidarietà esplicita verso bisognosi e sfortunati, attestano che Dio è vicino e contrassegnano l'avvento del suo Regno. Così Isaia, così anche Gesù, Messia e Figlio di Dio. Questi, rispondendo agli emissari del Battista che si trova in carcere, mette in evidenza la concretezza di opere che parlano da sole: il Regno di Dio è venuto, è già presente e si dispiega nella società e a provarlo è il fatto che i sordi odono, i ciechi vedono e ai poveri è annunciata la Buona Novella. Ciechi, sordi e poveri sono i privilegiati destinatari di tale annuncio di salvezza e il fatto che ora sono raggiunti da concreti benefici di matrice divina dovrebbe essere sufficiente a ragguagliarci che Dio regna. Il suo regno è infatti una realtà di amore, di giustizia e di pace, che raggiunge tutti e che interpella il cuore dell'uomo e si estende come il lievito che fermenta la massa della pasta (Gal 5,9). Il Dio della nostra rivelazione è il Dio Amore e misericordia, che preferisce proporre se stesso nella semplicità e nella piccolezza e in questo regime di umiltà suole palesarsi dalla parte degli ultimi e degli esclusi. Quindi di coloro che prima tacevano e ora possono parlare; che prima non vedevano e ora distinguono gli oggetti. Dalla parte di quanti prima disperavano per il disagio sociale dell'abbandono e della discriminazione e adesso possono confidare nel sostegno dei favori divini, appunto i poveri e gli ultimi. Nella sua venuta nella carne Dio regna in quanto per amore si china sull'uomo pecora smarrita e soprattutto sull'uomo smarrito e depresso, oppresso dal dolore e dalla povertà e questo e quello che i fatti concreti testimoniano a favore di Gesù. Il Regno di Dio, come dicevamo, chiama in causa il cuore dell'uomo e tende ad estendersi a partire dalla soggettività intima di quanti vi si adeguano e vi corrispondono e chiunque vi prende parte è "grande". Altrove Gesù insegna che solo chi si fa piccolo come un bambino può entrare nel Regno di Dio, adesso suggerisce che chi accetta il Regno con la medesima umiltà e vi si predispone con cuore risoluto e riconoscente è davvero un "grande". Perfino Giovanni Battista, nonostante sia il più apprezzabile "fra i nati d donna", diventa infinitamente più piccolo rispetto a coloro che accolgono e vivono la realtà del Regno. Pace, giustizia, serena convivenza, armonia e amore sono le risorse necessarie per instaurare un nuovo sistema nel quale tutti si riconoscano l'un l'altro e interagiscano senza tensioni e motivi di diffidenza e di paura; sono prerogative che rappresentano ciascuna un anelito fondamentale di ciascun uomo affinché tutto il mondo si trasformi e solamente quando prenderanno piede sulla terra si instaurerà un vero clima di vita sulla terra, ma soltanto il Messia può essere apportatore di simili aspettative di novità e solamente chi lo accoglie come tale può assumerne e incarnarne i contenuti. "La bellezza salverà il mondo" diceva Dostoevskij ma chi mai può essere definito somma Bellezza se non colui che è già decantato come la Sapienza di Dio, ossia Cristo il Dio stesso fatto uomo
La realtà del Regno di Dio è innovativa e del tutto gratuita e non la si acquista con i nostri risparmi. Ce la dona Cristo Verbo Incarnato, che è a sua volta dono del Padre che procede verso di noi in u continuo avvento nel quale noi siamo perennemente invitati ad andargli incontro mentre egli viene senza tardare.
Omelia di padre Gian Franco Scarpitta
Liturgia e Liturgia della Parola della III Domenica di Avvento (Anno A) 11 dicembre 2016
tratto da www.lachiesa.it