E noi che cosa dobbiamo fare?

News del 12/12/2009 Torna all'elenco delle news

"Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti" (Fil 4,4).
Con queste parole dell'apostolo Paolo si apre la liturgia della terza domenica di Avvento, chiamata domenica gaudete, domenica della gioia.
L'apostolo dettava queste parole mentre era in carcere a Roma - vicino a Trastevere, dice la tradizione - e forse aveva già di fronte la prospettiva della sentenza capitale. Eppure esorta se stesso e i cristiani di Filippi a gioire perché, aggiunge, "il Signore è vicino".
Il motivo della gioia sta proprio nella prossima venuta del Signore. Anche il profeta Sofonia esorta Gerusalemme a rallegrarsi: "Grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!". Perché gioire? Sofonia spiega: "Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico... Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente... Ti rinnoverà con il suo amore" (Sof 3,14-17). Il profeta parla della liberazione di Gerusalemme: scompare la condanna, viene tolto l'assedio alla città, il nemico è disperso e la città può finalmente tornare a respirare e a vivere. Il Signore l'ha salvata.
La Parola di Dio spinge a non lasciarsi prendere dalla tristezza, a non lasciarsi sopraffare dall'angoscia. Ne avremmo tutti i motivi guardando questo nostro mondo, vedendo le numerose guerre, le innumerevoli ingiustizie e la drammatica crisi che stiamo attraversando. Come non essere tristi e angosciati di fronte a tutto questo? Eppure la liturgia ci esorta a gioire. Non perché - come talora si sente superficialmente ripetere - il cristiano è per natura ottimista. No, è l'avvicinarsi del Natale il motivo della nostra gioia. Con il Natale non siamo più soli, il Signore viene ad abitare in mezzo a noi.
La liturgia interrompe la stessa severità del tempo di Avvento: lascia le vesti violacee della penitenza e indossa quelle della gioia, orna l'altare con i fiori e fa festa. Il Signore, infatti, sta per arrivare. È ormai vicino. Tutto nella liturgia si fa invito affinché ciascuno si disponga ad accogliere il Signore che viene. Siamo esortati ad alzarci dal sonno dell'egoismo e dall'ubriacatura dell'orgoglio per andare incontro a Gesù. Restano pochi giorni al Natale e il nostro cuore è ancora distratto e per nulla pronto. L'evangelista Luca nota che tutto il popolo era nell'attesa del Messia. Egli avrebbe cambiato il mondo, liberato gli uomini e le donne da ogni schiavitù, soccorso i poveri e guarito i malati. Per questo molti, da ogni parte della Galilea e della Giudea - una folla, nota l'evangelista - lasciavano le loro città e i luoghi ove abitualmente vivevano per recarsi nel deserto ed incontrare il Battista.
Anche noi abbiamo lasciato le nostre case e soprattutto le nostre faccende abituali e i nostri pensieri di ogni giorno per venire ad ascoltare Giovanni Battista in questa Santa Liturgia.
Oggi, Giovanni è qui che parla, in mezzo a noi. La sua predicazione ha lo stesso vigore, la stessa forza di cambiamento che aveva allora nel deserto, accanto al fiume Giordano. Assieme a quella folla di uomini e di donne, assieme a quei soldati e a quei pubblicani che si erano accalcati attorno a lui, ci siamo anche noi e, con loro, chiediamo: "Che cosa dobbiamo fare?". È la nostra domanda di oggi: che cosa dobbiamo fare per accogliere il Signore che viene? Giovanni risponde con semplicità e chiarezza: "chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto".
La carità è la prima risposta al "che fare?". L'amore gratuito, il servizio ai più poveri, la disponibilità ad amare tutti dispongono i cuori ad accogliere il Signore, che l'evangelista Matteo pone sotto le sembianze dei poveri e dei deboli.
Giovanni, rivolto poi ai pubblicani e ai soldati, li esorta a non esigere nulla di più di quanto è stato fissato e a non maltrattare e a non estorcere niente a nessuno. Chiede, insomma, di essere giusti, di essere rispettosi gli uni degli altri.

Il predicatore del deserto ricorda che l'attesa del Messia si compie tra carità e giustizia, tra misericordia e rispetto, tra tenerezza e compassione.

Non dice forse Paolo ai Filippesi: "La vostra amabilità sia nota a tutti"? Il Signore verrà e scenderà nel cuore di ognuno per battezzarci in Spirito Santo e fuoco. Nessuno resterà con quello che possiede, nessuno rimarrà così com'è. Lo Spirito Santo allargherà le pareti dei nostri cuori e il fuoco del suo amore ci guiderà. 

Testo di mons. Vincenzo Paglia
 


Il fuoco dello Spirito

"Preparate la via del Signore": l'invito di Giovanni Battista, risuonato la scorsa domenica, si concretizza oggi in un elenco di indicazioni su come tradurlo in pratica. Glielo chiesero quanti accorrevano a lui: "Che cosa dobbiamo fare?"
La prima è un'indicazione valida per tutti: chi ha due vestiti ne dia a chi è senza, e altrettanto faccia per il cibo. Seguono indicazioni per categorie particolari; ai pubblicani, gli esattori delle tasse, dice di non esigere più di quanto è dovuto, e ai soldati raccomanda: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe". Si legge, dietro queste esortazioni, un costume sociale allora (solo allora?) diffuso, di disinteresse verso i meno fortunati e di abusi da parte di chi sa imbrogliare o usare la forza. E si legge una delle ragioni per le quali Giovanni è designato come il precursore di Gesù, di chi cioè ha elevato l'amore del prossimo (che implica l'evitare ogni forma di ingiustizia e di violenza) a cardine dei suoi precetti: l'amore per il prossimo, come traduzione concreta dell'amore per Dio.
Giovanni è chiamato anche, quasi fosse un suo secondo nome, Battista, cioè "battezzatore", e il motivo è spiegato nella seconda parte del brano evangelico odierno. Egli predicava sulle rive del Giordano, e quanti erano disposti a riconoscere le proprie colpe e intraprendere una vita migliore lo dichiaravano pubblicamente, compiendo un gesto simbolico: scendevano nell'acqua per ricevere da lui il battesimo. Era un gesto di buona volontà, ben diverso dal battesimo poi istituito da Gesù. In quello amministrato da Giovanni Battista, protagonista era l'uomo adulto, il quale manifestava così la sua fede, sperando nella misericordia di Dio; nel battesimo che ricevono i cristiani, protagonista è Dio, che interviene nella vita dell'uomo per risanarlo da tutte le sue colpe: non è una speranza, ma una certezza; non è un desiderio, ma la sua realizzazione; per i meriti del suo Figlio che proprio per questo si è sacrificato, col battesimo cristiano Dio purifica chi lo riceve, e così purificato lo adotta come figlio. Se il battesimo è dato anche ai neonati dipende proprio da questo: ad agire nel sacramento non è l'uomo, ma Dio.
La radicale differenza tra il battesimo di Giovanni e il battesimo cristiano è lo stesso Giovanni a dichiararla. Dopo le esortazioni a cambiare vita da lui rivolte a quanti si recavano ad ascoltarlo, "poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: ".
E' chiaro in queste parole il riferimento allo Spirito Santo, cioè a Dio operante nel battesimo; può invece sorprendere l'accenno al fuoco, di cui non c'è traccia nel rito cristiano del sacramento. Il fuoco ha una doppia valenza, negativa (distrugge) ma anche positiva (riscalda, illumina, purifica) e in questo secondo senso la Bibbia ne fa un segno di Dio: basti ricordare il roveto ardente, da cui Dio parla a Mosè per inviarlo a liberare gli ebrei dalla schiavitù dell'Egitto (Esodo 3,1-10) o i carboni ardenti che simbolicamente passano sulle labbra del profeta Isaia per purificarlo e così renderlo capace di parlare a nome di Dio (Isaia 6,1-9) o la Pentecoste, quando lo Spirito Santo scende sugli apostoli in forma di lingue di fuoco (Atti degli apostoli 2,1-4). Il fuoco cui accenna Giovanni Battista è dunque il fuoco purificatore, che brucia tutto il vecchiume, tutte le impurità, per dare spazio a una vita nuova. Ed è esattamente quello che lo Spirito Santo fa', in chi riceve il battesimo. 

Testo di mons. Roberto Brunelli
 

Foglietto della Messa di domenica 13 dicembre 2009

Liturgia della Parola di domenica 13 diecmbre 2009

tratti da www.lachiesa.it