20 novembre 2016 - Solennità di Cristo Re dell'Universo: come Cristo, servi di un amore misericordioso e gioioso
News del 19/11/2016 Torna all'elenco delle news
La parola di Dio di questa solennità di Cristo Re dell'universo è particolarmente importante in quanto è conclusiva dell'anno liturgico e, quest'anno, è anche conclusiva dell'Anno Giubilare della Misericordia che abbiamo celebrato. Anno santo che Papa Francesco ha indetto per il nostro bene spirituale e per la nostra conversione all'amore misericordioso di Dio Padre, che nel Signore Morto e Risorto trova la manifestazione completa, perfetta e definitiva di questo immenso amore di Dio per l'umanità. Nel ringraziare il Signore per tutti i benefici che ci ha concesso in questo anno straordinario di grazia, ci mettiamo in ascolto della sua parola e ne facciamo tesoro per il proseguimento del nostro cammino verso l'eternità.
Nella prima lettura di questa solennità, tratta dal secondo libro di Samuele, ci viene presentata l'elezione di Davide a Re d'Israele. E' un momento molto importante nella storia del popolo eletto, questa individuazione e questa scelta, fatta su base popolare o tribale, come era prassi a quel tempo. La scelta non era causale e soprattutto ha un valore importantissimo ai fini del Messia che arriverà e che dovrà essere della stirpe di Davide. E Gesù, in linea storica, discende dalla stirpe di Davide, in quanto Giuseppe, padre putativo, ovvero legale, di Gesù, apparteneva alla stirpe di Davide. Nell'ingresso di Gesù a Gerusalemme, prima della sua passione e morte in croce, come ci ricorda, oggi, il brano del Vangelo, viene osannato come Figlio di Davide. Certamente il testo biblico che è alla nostra meditazione non è finalizzato solo per affermare la discendenza davidica di Gesù, ma anche per indicare in Cristo il vero ed unico Re dei Giudei, come giustamente Pilato fece scrivere sul cartello indicatore del condannato a morte sul vero Calvario della storia dell'umanità, quello del Golgota, dove Gesù muore in croce per tutti noi. Come Davide è stato consacrato Re, così Gesù è stato consacrato, Unto dal Padre e suo inviato nel mondo, per redimere l'umanità dai suoi peccati.
Nel brano della seconda lettura, tratto dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési, viene sintetizzato il cammino della nostra redenzione, mediante l'opera salvifica di Cristo, unico redentore del mondo. "È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati".
In Gesù comprendiamo la vera fisionomia di Dio, in quanto "Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze".
Al centro della creazione e al termine di essa, c'è Cristo, in quanto "tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui".
Gesù "è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose". Il centro della creazione della redenzione è Gesù, in quanto è piaciuto "a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli".
Nel brano del Vangelo, la regalità di Cristo è incentrata sul Golgota e nella Passione e Morte del Signore.
L'evangelista Luca nel racconto della passione di Cristo, si concentra proprio sulla sua regalità, ripotando non solo le espressioni della gente che era presente sul Golgota, ma anche su quella sintetica iscrizione fissata sul capo del condannato, in cui la motivazione era indicata nella sentenza: «Costui è il re dei Giudei».
Una regalità che diventa misericordia, perdono e riconciliazione per tutti, in quanto Gesù morto in croce, non è solo l'innocente per eccellenza, ma è il Figlio di Dio che si dona al Padre, in riscatto di tutti i nostri peccati e quelli del mondo intero. Ecco perché l'evangelista Luca, continua il suo racconto della morte in croce di Gesù con il dialogo che intercorre tra i due malfattori, crocifissi insieme a Gesù sul Golgota. Uno lo insultava, l'altro gli chiedeva misericordia e perdono. Al primo Gesù non replica, non risponde, gli parla il buon ladrone, dandogli il tempo necessario per la conversione, per il suo ripensamento e per la sua sincera volontà di pentirsi, ormai, alla fine della sua problematica esistenza, fatta di devianza nel comportamento. All'altro, a colui che si pente, Gesù risponde con la tenerezza del cuore di un Dio misericordioso, che proprio mentre sta per morire Lui e l'altro, dice parole consolanti della fede e per quanti credono fermamente nel perdono di Dio: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
La regalità di Cristo consiste nell'assicurare a ciascuno di noi un posto nel suo regno, non di questa terra, ma di quello del cielo.
Il paradiso è il vero e definito Regno di Dio, a cui tutti aspiriamo di arrivare, nella costruzione di un regno, che Gesù stesso è venuto ad instaurare ed inaugurare, nel quale si affermi la giustizia, la pace, la carità, la verità, l'amore, la vita, la grazia, la santità.
Per questo regno, già su questa terra, è un motivo di santo orgoglio lottare e morire, come hanno fatto tanti martiri della storia del cristianesimo, da quel momento in poi, in cui Gesù, "sacrificando se stesso immacolata vittima di pace sull'altare della Croce, operò il mistero dell'umana redenzione".
Con animo grato e riconoscente a Dio Padre, a Dio Figlio, a Dio Spirito Santo, in questo giorno di grazia speciale, vogliamo pregare il Signore con le bellissime parole della colletta della solennità di Cristo Re dell'Universo: "O Dio Padre, che ci hai chiamati a regnare con te nella giustizia e nell'amore, liberaci dal potere delle tenebre; fa' che camminiamo sulle orme del tuo Figlio, e come lui doniamo la nostra vita per amore dei fratelli, certi di condividere la sua gloria in paradiso".
Regnare nel cuore di Cristo è servire, fino al sacrificio supremo della propria vita, per amore dei fratelli che il Signore ha messo lungo il percorso della nostra esistenza terrena.
Esercitiamo la nostra regalità, acquisita per grazia, nel Battesimo e sul modello di Cristo, Re dell'universo diventiamo servi per amore di un amore misericordioso e gioioso per tutti gli uomini, che è il nostro universo umano e temporale.
Omelia di padre Antonio Rungi
La storia del re che morì amando, all'inverosimile
Se sei il Cristo, salva te stesso! Sono scandalizzati gli uomini religiosi: che Dio è questo che lascia morire il suo Messia?
Si scandalizzano i soldati, gli uomini forti: se sei il re, usa la forza! Salvati. C'è forse qualcosa che vale più della vita? Ebbene sì, risponde la narrazione della Croce, qualcosa vale di più, l'amore vale più della vita. E appare un re che muore ostinatamente amando; giustiziato, ma non vinto; che noi possiamo rifiutare, ma che non ci rifiuterà mai. E la risurrezione è il sigillo che un amore così non andrà mai perduto.
Un malfattore appeso alla croce gli chiede di non essere dimenticato e lui lo prende con sé. In quel bandito raggiunge tutti noi, consacrando - in un malfattore - la dignità di ogni persona umana: nella sua decadenza, nel suo limite più basso, l'uomo è sempre amabile per Dio. Proprio di Dio è amare perfino l'inamabile. Non ha meriti da vantare il ladro. Ma Dio non guarda al peccato o al merito, il suo sguardo si posa sulla sofferenza e sul bisogno, come un padre o una madre guardano solo al dolore e alle necessità del figlio.
Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. E Gesù non solo si ricorda, fa molto di più: lo porta con sé, se lo carica sulle spalle, come fa il pastore con la pecora perduta, lo riporta a casa: sarai con me! E mentre la logica della nostra storia sembra avanzare per esclusioni, per separazioni, per respingimenti alle frontiere, il Regno di Dio è la terra nuova che avanza per inclusioni, per abbracci, per accoglienza.
Ricordati di me prega il peccatore, sarai con me risponde l'amore. Sintesi estrema di tutte le possibili preghiere.
Ricordati di me, prega la paura, sarai con me, risponde l'amore. Non solo il ricordo, ma l'abbraccio che stringe e unisce e non lascia cadere mai: con me, per sempre. Le ultime parole di Cristo sulla croce sono tre parole regali, tre editti imperiali: oggi-con me-paradiso.
Oggi: adesso, subito; ecco l'amore che ha sempre fretta; ecco l'istante che si apre sull'eterno, e l'eterno che si insinua nell'istante.
Con me: mentre la nostra storia di conflitti si chiude in muri, frontiere e respingimenti, il Regno di Dio germoglia in condivisioni e accoglimenti.
Nel paradiso: quel luogo che brucia gli occhi del desiderio, quel luogo immenso e felice che «solo amore e luce ha per confine».
E se il primo che entra in paradiso è quest'uomo dalla vita sbagliata, allora non c'è nulla e nessuno di definitivamente perduto, nessuno è senza speranza. Le braccia del re-crocifisso resteranno spalancate per sempre, per tutti quelli che riconoscono Gesù come compagno d'amore e di pena, qualunque sia il loro passato: è questa la Buona Notizia di Gesù Cristo.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Regalità di Gesù: un potere che si fa dono
L'anno liturgico, che segna la Storia di Dio con e per l'uomo, inizia con l'attesa del Messia, ossia con l'Avvento, che porta al Natale, e si chiude con la Solennità di oggi: Gesù Cristo, Re dell'universo.
E' tempo che, per noi credenti, dovrebbe essere vissuto ?per Cristo, con Cristo e in Cristo'.
Dovrebbe farci riflettere e soprattutto riempire il nostro cuore di gratitudine verso il Padre, come ci ricorda S. Paolo: "Fratelli, ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È Lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre, e ci ha trasferiti nel regno del Suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati.', ricordandoci come Cristo deve diventare l'Unico, il Centro della nostra vita, poiché ?Egli è l'immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura: perché per mezzo di Lui sono state create tutte le cose,... Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui. Egli è anche il Capo del Corpo che è la Chiesa, il principio, il Primogenito di coloro che resuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perciò piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a Sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della Sua croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli".(Col. 1, 12-20)
Parole di un Apostolo veramente innamorato di Gesù, che riassumeva il senso della sua vita e missione proclamando: ?Per me vivere è Cristo'.
E per noi? Gesù è davvero il Re dei nostri cuori?
Se così fosse quanta più pace vivremmo, anche in mezzo alle difficoltà e drammi della vita, perché la potenza di Gesù, la Sua regalità, è l'Amore, che non è mai imposizione, ma solo dono, incredibile dono, che non ha paura di andare incontro ad ogni conseguenza per essere tale. L'Amore, quando è vero, non si ferma davanti alle difficoltà, ma va fino in fondo... pagando di persona.
Questo Amore che si dona, oggi viene raccontato dall'Evangelista Luca:
"In quel tempo, il popolo stava a vedere, i capi invece schernivano Gesù dicendo: ?Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il Suo eletto'. Anche i soldati lo schernivano e Gli si accostavano per porgerGli l'aceto, e dicevano: ?Se tu sei il re dei Giudei salva te stesso'.
C'era anche una scritta sopra il suo capo: ?Questi è il re dei Giudei'.
A questo punto, proprio nel momento più drammatico, più difficile e incomprensibile per noi uomini, sollecitati dalla superbia ad affermarci sempre sugli altri, Gesù offre una meravigliosa prova della natura del Suo Amore, della Sua Regalità.
"Uno dei malfattori - continua il Vangelo - appeso alla croce, Lo insultava: ?Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!'. Ma l'altro lo rimproverava: ?Neanche tu hai timore di Dio, benché sia condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, Egli invece non ha fatto nulla di male'. E aggiunse: ?Gesù, ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno'. Gli rispose: ?In verità in verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso'. (Lc. 23, 35-43)
La vicenda del ?buon ladroné fa nascere un profondo stupore interiore.
Ecco un uomo che ammette i suoi errori, riconosce quello che ha fatto di male e, di fronte all'innocenza di Gesù, che dà la vita per salvare chi è perduto, comprendendone misteriosamente il senso e il valore, Gli rivolge quella stupenda preghiera: ?Ricordati di me nel tuo Regno': una preghiera che compendia una conversione e che subito riceve la risposta, che giunge a ciascuno di noi, quando imitiamo il buon ladrone: ?Oggi sarai con me in Paradiso'.
Meraviglioso e fedele Amore di Dio che non si fa deviare, ridurre, bloccare, consumare - come il nostro povero amore umano - dalle nostre negligenze o peccati, ma diviene tenerezza e calore, quando Lo riconosciamo, accogliamo, e a Lui ci affidiamo.
Appartenere al Regno di Dio, e quindi accettare la Sua regalità, è quello che i martiri desideravano e per cui davanti alla morte gioivano, come se questa, subita per amore a Lui, fosse un premio e non una pena.
Lo comprendono tanti che, per rispondere all'Amore di Gesù che ?chiama', si lasciano affascinare e donano totalmente se stessi, consacrandosi a Lui.
Un giorno, una persona consacrata, a cui chiesi come considerava la sua vita da ?esclusa da questo mondo', mi rispose: ?Sono felice perché non esisto più per me, ma per Gesù'.
Lo comprendono tanti laici cristiani, che pur essendo immersi nelle tante forme di vita attiva sulla terra, non mettono in un angolo l'amore a Dio, ma lo vivono e rendono la loro vita ?normale', ?quotidiana' un continuo: ?Ti amo e mi dono'.
È davvero inconcepibile pensare di definirsi cristiani, vivendo come se Gesù non esistesse, solo concentrati sul nostro ego. Che senso ha?
Se davvero Lo si ama, sperimentando la gioia che si riceve da Lui che ci ama, si dà alla vita, già ora, la pace e fecondità di appartenere alla Sua regalità. E poiché la regalità di Gesù è amare, non si può non partecipare i doni che si ricevono, diventando dono di amore a Lui e ai fratelli.
È vero che noi a Gesù possiamo donare solo un ?sì', come è nello stile dell'amore, ma poi è un farsi portare sulle Sue braccia, anche se qualche volta ci invita a distenderle con le sue sulla croce.
Ma, se ci pensiamo bene, con Lui o senza di Lui, nella vita le croci sono inevitabili... meglio allora, con Lui! Non dobbiamo avere paura di amare e farci amare da Gesù. Dobbiamo temere di metterLo in un angolo, come non esistesse...perché è come mettere in un angolo il dono che Dio fa del Suo Amore, unica nostra forza, speranza e senso della vita.
Abbiamo bisogno, e tanto, di Lui, carissimi. Accogliamolo nella nostra vita e ogni giorno sperimenteremo la gioia di una ?piccola resurrezioné per noi e per i fratelli che ci affida, preparandoci così in un'attesa serena di quella definitiva, ritornando nella Casa del Padre.
Omelia di mons. Antonio Riboldi
Liturgia e Liturgia della Parola della Solennità di Cristo Re (Anno C) 20 novembre 2016
tratto da www.lachiesa.it