Maria nella Liturgia della Chiesa - di don Luigi Cannizzo

News del 28/11/2009 Torna all'elenco delle news

Si chiude con una trattazione sul culto liturgico della Beata Vergine Maria il percorso tematico che per cinque settimane si è snodato con particolare riferimento al culto liturgico riservato alla Vergine con il titolo di "Consolatrice" nella nostra Arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova.

Il ruolo di Maria nella celebrazione del mistero di Cristo viene esaltato dalla presenza di Maria nella preghiera liturgica della Chiesa, all'interno dell'Anno Liturgico, nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali.

In relazione al tempo liturgico dell’Avvento che inizia, e che è anche un tempo mariano poichè riconduce a Maria, la cui attesa del Signore è per tutti esemplare, il culto tributato alla Vergine Maria «è messo in relazione col mistero cristologico dell’incarnazione; difatti particolarmente di domenica gli inni, le antifone dei cantici evangelici di Lodi e Vespri e dell’Ora Media fanno espressamente riferimento alla Vergine, ricordo accentuato nei giorni che vanno dal 17 al 24 dicembre, che precedono immediatamente la celebrazione del Natale del Signore, senza dimenticare che sempre nel tempo di Avvento troviamo la celebrazione della solennità dell’Immacolata Concezione di Maria».



La Vergine Maria nella Liturgia della Chiesa

Maria nella preghiera liturgica della Chiesa

Maria nell'Anno Liturgico

Maria nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali

  
  
«La Vergine Maria occupa senza dubbio un posto di particolare rilievo nella Liturgia della Chiesa e ciò è percepibile a partire dall’ampio spazio che le liturgie d’Oriente e d’Occidente riservano a Lei e al suo ricordo, che diviene lode e confessione di fede, in particolare nelle preghiere eucaristiche, nei testi eucologici dei sacramenti e nelle diverse espressioni di preghiera. Inoltre è da notare come nel corso dei secoli la presenza di Maria emerge in maniera rilevante nelle festività mariane che nascono e si sviluppano con l’accrescersi rituale dell’Anno Liturgico fino a coprire nell’Oriente Cristiano notevoli spazi celebrativi; mentre il rito romano che si caratterizza per la sua tradizionale sobrietà, ha riservato il ricordo di Maria nell’anafora eucaristica1, introducendo nel corso dei secoli elementi mariani nell’Anno Liturgico.
  È di particolare interesse la Riforma del Concilio Ecumenico Vaticano II che ha richiamato l’attenzione dei teologi e dei liturgisti sulla globalità della presenza di Maria nella liturgia in modo che divenga oggetto di studio e di approfondimento storico, teologico, pastorale e spirituale.
  Ciò ci fa capire come nella comprensione teologica, liturgica e celebrativa della Chiesa venga riservata grande importanza al ruolo di Maria e al suo culto nella globalità della celebrazione della storia della salvezza e come la comprensione rinnovata di tale culto avvenuto nello scorrere dei secoli abbia portato la Chiesa a fermarsi e riflettere sulla mediazione di Maria nella comprensione del Mistero di Cristo contemplato e celebrato, e come alla luce della teologia odierna si possa ripensare ad una formulazione del culto mariano nell’ambito della scienza liturgica e della pastorale attuale.
    Da quanto detto possiamo trarre il primo dei due principi fondamentali che regolano il culto di Maria nell’azione liturgica in riferimento alla celebrazione del Mistero Pasquale di Cristo: esiste un vincolo indissolubile che lega Maria e Cristo e, in relazione a questo vincolo, si può vivere ed esprimere correttamente la venerazione liturgica verso di lei.
Un principio che rientra nell’orizzonte della dimensione cristologica della pietà liturgica mariana che permette di scorgere il netto legame tra Maria ed il suo Figlio Redentore dell’umanità. 
  Il secondo principio che richiama la dimensione ecclesiologica del culto mariano presenta la figura di Maria quale modello della Chiesa in cammino verso la santità e la salvezza. 
  Pertanto nella liturgia le categorie che a livello celebrativo specificano meglio la dimensione cristologica e la dimensione ecclesiologica, possono essere sintetizzati nella comunione e nella esemplarità; con Maria e come Maria l’assemblea che celebra la liturgia deve percepire in questa dinamica del culto mariano che nella propria preghiera rivive in qualche modo la stessa preghiera della Madre, ne sperimenta l’intima comunione con lei, imitandone a livello personale ed esistenziale i medesimi atteggiamenti di fede, di apertura alla volontà divina e di servizio nei confronti del prossimo, soprattutto dei più poveri ed emarginati.
  A livello liturgico e celebrativo il cardine della memoria di Maria inserito nel memoriale dei misteri di Cristo, in ordine al mistero della Chiesa orante, può essere colto attraverso la presenza di molteplici atteggiamenti cultuali quali la lode, la supplica, l’imitazione e la comunione.
  In sostanza la liturgia ripresentando la totalità dell’opera salvifica operata da Cristo, riconosce la presenza viva ed operante di Maria, che fu sempre presente e particolarmente associata ai fatti della vita del Figlio, e in maniera celebrativa propone ai fedeli i misteri della vita della Vergine affinché seguendone ed imitandone gli esempi e gli atteggiamenti possano essere più intimamente associati al Salvatore. La liturgia, ripresentando l’opera salvifica, non fa altro che suscitare ed alimentare la comunione di Cristo con la Chiesa». (don Luigi Cannizzo)


Riferimento all'immagine:
"L’opera di Bonfigli è una narrazione molto interessante dell’evento della venuta di Gesù e si presenta come una forte provocazione alla fede. Non può sfuggire all’occhio la presenza, sulla destra, della croce. La croce, il giorno in cui Gesù nasce?
Eppure ci sono tutti gli elementi della tradizione: la capanna di Betlemme in cui vediamo anche l’asino e il bue, Maria che presenta il bambino sulle ginocchia, Giuseppe pensieroso, i tre magi che porgono i doni… Bonfigli illustra il suo presepe nel rispetto dei canoni tradizionali. Sembra non voler tralasciare nessun particolare. La collocazione dei personaggi riprende esattamente il modello della famosissima Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano. Un altro presepe simile in ogni dettaglio a questo, e quindi a conferma della tradizione del Quattrocento, è l’Adorazione dei Magi di Stefano da Verona. Anche qui si nota la contrapposizione fra la povertà della Sacra Famiglia e il corteo sfarzoso dei magi. C’è la corona per terra, deposta da uno dei re in adorazione.
In questo scenario però Bonfigli ha voluto dipingere un paradosso; si vede Gesù nel giorno della sua nascita appeso alla croce. È questo elemento, apparentemente insensato, a rendere interessante la sua scelta iconografica. Nel Quattrocento era comune raffigurare Maria e il Bambino tra le fronde di un albero dai rami rinsecchiti, che assumevano l'aspetto di una corona di spine. Nell’albero vi era il preannuncio della passione di Cristo. Qui l’artista è molto più esplicito: l’albero dai rami secchi è divenuto la croce. Il paesaggio è brullo, cupo. La luce che illumina la scena non si sa da dove proviene, ma colpisce il corpo di Gesù in croce. Il nostro sguardo va al bambino che Maria tiene in braccio, ma al tempo stesso va alla croce dove Egli, già sofferente, versa il suo sangue sulla terra"(tratto dal sito della diocesi di Torino).