20 marzo 2016 - Domenica delle Palme: la palma e la croce della misericordia

News del 19/03/2016 Torna all'elenco delle news

La domenica della Passione, meglio conosciuta come Domenica delle Palme, è una domenica speciale, per molti versi più sentita della stessa Pasqua, per un duplice motivo di fondo. Il primo è il simbolo della pace, che è la palma benedetta, che ci scambieremo in segno di ritrovata amicizia e comunicazione tra noi o conferma e potenziamento di tale esperienza umana gratificante; il secondo è il simbolo della croce, di cui facciamo memoria attraverso la lettura della passione di Gesù Cristo. In questa domenica delle Palme e della Passione di Cristo, noi possiamo bene dire di benedire la Palma della Misericordia e di accostarci alla Croce della Misericordia. L'anno giubilare che stiamo vivendo ci immerge sempre più nel mistero della misericordia di Dio, che trova il suo punto culminate nel mistero della morte e della risurrezione di Gesù. Oggi, con la benedizione delle palme e con la lettura del Passio entriamo nella settimana maggiore, la settimana più importante da un punto di vista liturgico e soprattutto il triduo pasquale. In questi giorni, a partire da questa celebrazione festiva, ma anche di dolore, noi siamo chiamati a metterci sui passi del Salvatore, di Gesù Cristo, l'inviato del Padre che viene a noi come messaggero di pace. Il suo ingresso a Gerusalemme accolto da una folla festante è il grande segno di questa speciale attenzione che la gente semplice, di allora come di oggi, presta al Messia. Il quale non entra in Gerusalemme con cavalli, esercito o in veste regale, ma su una mula e con un semplice mantello di stoffa di poco conto e poverissimo. Gesù come Re fa ingresso nella città santa con le insegne regali della misericordia, del perdono, della pace e della riconciliazione. Viene per il popolo di Israele, ma anche per noi, cristiani di questo tempo, con la segreta speranza di cambiare il nostro cuore, da un cuore di pietra e di indifferenza, ad un cuore di carne e di attenzione verso gli altri. Il simbolo con il quale gli abitanti di Gerusalemme lo accolgono è quel ramo di ulivo che riporta alla storia della salvezza dopo la tragedia del diluvio universale. Segno della rappacificazione cosmica e della purificazione di un mondo, oggi ci viene riproposto come segno di rappacificazione tra di noi, segno della misercordia, che significa avere un cuore buono e tenero verso ogni uomo e donna di questa martoriata terra. La Domenica delle Palme è perciò a ben ragione la domenica della misericordia, del perdono e della riconciliazione, tra tutti noi esseri umani che spesso invece di vivere in pace, preferiamo vivere in una guerra continua con noi stessi, con gli altri e con il mondo intere. Il principe della pace, Gesù, viene a portare la gioia del perdono in una Gerusalemme deserta, per mancanza di fede, di speranza e di amore, simbolo delle tante città, popoli e nazioni della società di oggi, dove Dio non trova più posto, non solo per nascere, ma neppure per morire e farllo risorgere nel cuore e nell'intimo di chi crede in Dio. Chiediamo al Signore, in questo giorno della palma misericordiosa e della croce benedetta, quello che il sacerdote rivolge al Signore, all'inizio del rito della benedizione delle Palme: "Fratelli carissimi, questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore, alla quale ci stiamo preparando con la penitenza e con le opere di carità fin dall'inizio della Quaresima. Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione. Accompagniamo con fede e devozione il nostro Salvatore nel suo ingresso nella città santa, e chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce, per essere partecipi della sua risurrezione". Noi dobbiamo accompagnare Gesù vero il calvario. Non ci possiamo tirare indietro. Non scompariamo dalla sua vista e dai suoi occhi che sprizzano amore e misericordia, anche se incastonati in un volto insanguinato. Non abbiamo paura di guardare in faccia ad un Dio crocifisso per amore e che per riconciliare il mondo con l'eternità, offre se stesso sul patibolo della croce, un supplizio il più ignobile che possa esistere per uccidere un uomo e soprattutto Lui, il nostro Signore, l'Agnello immacolato, che muore sull'altare per ridonare pace al genere umano. Immergiamoci oggi in questo grande mistero dell'amore di Dio, che nella sua passione, morte e risurrezione ci ridona speranza e vita nuova. L'immagine del crocifisso, l'Ecce Homo, ci accompagni in questi giorni santi, non solo meditando sul grande mistero della sofferenza di un Dio innocente, ma anche sulla sofferenza di tanti innocenti della terra, a partire dai tanti bambini uccisi dalla guerra, dalla violenza, dalla fame, dalla globalizzazione dell'indifferenza, nel silenzio più assordante di un mondo che non ama guardare in faccia alla realtà, ma che preferisce narcotizzarsi con varie droghe culturali, ideologiche, religiose, politiche, economiche che non vanno nella direzione giusta, non vanno verso Dio e verso Cristo e per ciò stesso non vanno verso l'uomo e l'umanità. Consapevoli dell'infinito amore di Dio verso di noi, meditiamo sulla passione di Cristo, come hanno fatto tutti i santi della Chiesa, a partire dai primi martiri del cristianesimo, fino agli ultimi della immensa schiera di quanti per amore di Cristo e dei fratelli hanno donato la vita per la causa del vangelo, come le quattro suore Figlie della Carità della Beata Teresa di Calcutta uccise nei giorni scorsi nello Yemen. L'inno Cristologico della lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi, ci aiuterà moltissimo a fare un cammino di vera conversione, di vero rinnovamento spirituale per questa Pasqua 2016, che è la Pasqua dell'anno giubilare della misericordia. La sintesi di questa croce misericordiosa di Gesù, la troviamo espresso in modo esemplare in questo bellissimo brano, che dovremmo sempre avere davanti agli occhi e nella nostra mente per bene operare con noi stessi e con gli altri: "Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce". Il racconto della passione di Cristo, tratto dal Vangelo di Luca che oggi ascolteremo ci darà ulteriori elementi di riflessione e di approfondimento, ma soprattutto per chiedere davvero perdono a Gesù, ai sui piedi come Maria, l'apostolo prediletto, le pie donni e i soldati convertiti. Non lo facciamo passare invano o scivolare nel nostro cervello, ma chiediamo davvero al Signore, per intercessione della Madonna Addolorata, che in questo venerdì l'abbiamo ricordata come "Desolata", che la Passione di Gesù Cristo sia sempre impressa nei nostri cuori. E con questo spirito di attenzione a colui che muore per noi sulla croce, questa nostra attenzione si sposti in questi giorni su quanti stanno morendo e soffrendo, come Gesù in Croce, nel silenzio più coerente con la propria fede cristiano che ci invia a rivolgere lo sguardo a Colui che è stato trafitto e crocifisso per amore, per l'amore verso ognuno di noi. Domenica delle Palme è il giorno per leggere nei disegni di Dio la sua volontà su ciascuno di noi e su tutta l'umanità.

Sia questa la preghiera augurale per noi e per gli altri in questa giornata di pace e di fraternità universale, che abbiamo la possibilità di essere vissuta almeno per 24 ore, con la palma in mano come i martiri di ieri e di sempre: "Accresci, o Dio, la fede di chi spera in te, e concedi a noi tuoi fedeli, che rechiamo questi rami in onore di Cristo trionfante, di rimanere uniti a lui, per portare frutti di opere buone". Amen

Omelia di padre Antonio Rungi

 

L'amore eterno penetra nel tempo

Sono i giorni supremi, i giorni del nostro desti­no. «Volete sapere qual­cosa di voi e di Me? - dice il Signore -. Vi do un appunta­mento: un uomo in croce. Volgete lo sguardo a Colui che è posto in alto».

Il giorno prima, giovedì, l'ap­puntamento di Dio è stato un altro: uno che è posto in bas­so. Che cinge un asciugama­no e si china a lavare i piedi ai suoi. Chi è Dio? Il tuo lava­piedi. In ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei pie­di. Davvero, come a Pietro, ci viene da dire: ma Tu sei tutto matto. E Lui a ribadire: sono come lo schiavo che ti aspet­ta, e al tuo ritorno ti lava i pie­di. Il cristianesimo è scanda­lo e follia.

E io, nella vita, di fronte al­l'uomo che atteggiamento ho? Quanto somigliante a quello del Salvatore? Sono il servitore del bisogno e della gioia di mio fratello? Sono il lavapiedi dell'uomo?

Ve la immaginate una uma­nità dove ognuno corre ai pie­di dell'altro? Dove ognuno si inchina davanti all'uomo, co­me il gesto emozionante del vescovo di Roma che si in­china, al balcone di San Pie­tro, al suo primo apparire, chiedendo preghiera e bene­dizione, dando venerazione e onore a ogni figlio della ter­ra?

La croce è l'immagine più pu­ra e più alta che Dio ha dato di se stesso. «Per sapere chi sia Dio devo solo inginoc­chiarmi ai piedi della Croce» (Karl Rahner).

Dio è così: è bacio a chi lo tra­disce. Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue. Non chiede più sacrifici a me, sacrifica se stesso per me.

E noi qui disorientati, che non capiamo. Ma poi lo stupore, e anche l'innamoramento. Do­po duemila anni sentiamo, come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce c'è at­trazione e seduzione, c'è bel­lezza. La suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla col­lina dove il Figlio di Dio si la­scia inchiodare, povero e nu­do, per morir d'amore. Dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa.

Fondamento della fede cri­stiana è la cosa più bella del mondo: un atto d'amore to­tale. La croce è domanda sempre aperta, so di non ca­pire. Alla fine però ciò che convince è di una semplicità assoluta:

Perché la croce / il sorriso / la pena inumana?/ Credimi / è così semplice / quando si ama. (Jan Twardowski)

Si fece buio su tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre. U­na notazione temporale che ha il potere di riempirmi di speranza: perché dice che è fissato un limite alla tenebra, un argine al dolore: tre ore può infierire, ma non andrà oltre, poi il sole ritorna. Così fu in quel giorno, così sarà an­che nei giorni della nostra an­goscia.

«Ciò che ci fa credere è la cro­ce, ma ciò in cui crediamo è la vittoria della croce, la vit­toria della vita» (Pascal).

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Le ultime parole dell'innocente in croce

La Pasqua, centro della fede cristiana, celebra di Gesù due aspetti che, come le due facce di una moneta, sono tra loro inscindibili: la passione e la risurrezione. La liturgia della domenica detta delle Palme li richiama entrambi due volte.

Nella prima lettura (Isaia 50,4-7) e nel salmo responsoriale (è il n. 21), entrambi scritti secoli e secoli in anticipo sugli eventi, troviamo un impressionante preannuncio delle sofferenze cui il Messia è stato sottoposto, mentre nella seconda lettura (Filippesi 2,6-11) è ricordata la sua esaltazione dopo la morte.

La Messa di oggi è preceduta di norma dal rito che dà nome alla festa, la breve processione verso la chiesa portando rami di palma o d'ulivo, per ricordare il Gesù osannato dalla folla al suo ingresso a Gerusalemme. E' una simbolica anticipazione della gloria del Risorto, mentre il vangelo narra l'altra faccia, quella della passione, morte e sepoltura.

Soffermandosi sul vangelo, quest'anno si legge quello di Luca (capitoli 22 e 23) che si distingue dagli altri per alcuni particolari. Soltanto lui, ad esempio, riferisce che Gesù, mentre pregava nell'orto degli ulivi, sapendo a che cosa andava incontro provò un dolore tale da fargli sudare sangue (particolare straziante, da non credere se anche la moderna medicina non lo ritenesse possibile). Ancora: soltanto Luca parla di un processo avvenuto anche davanti ad Erode, il quale al vederlo si rallegrò perché sperava lo divertisse con qualche miracolo; ma Gesù, che non era un clown, gli oppose soltanto il silenzio, per cui il tiranno lo insultò, si fece beffe di lui e lo rimandò a Pilato.

Di particolare rilevanza sono poi le parole di Gesù in croce: poche, considerando quale fatica, in quelle condizioni, gli devono essere costate; ma straordinariamente significative. Luca tramanda tre brevi frasi, nelle quali si concentra larga parte della valenza del suo messaggio; tre brevi frasi, coerenti con tutto il suo insegnamento, e orientative per come dovrebbero vivere i suoi seguaci.

La prima: "Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: 'Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno'". Nessun odio, nessun desiderio di vendetta traspare da questo atteggiamento; anzi, vi troviamo persino la voglia di spiegare e quasi giustificare chi si stava comportando da nemico. Tante volte, nel corso del suo ministero, Gesù ha perdonato i peccatori; ma arrivare a perdonare persino quelli che lo stavano crocifiggendo... Ci può essere prova più grande della divina misericordia? Si impone un confronto con i nostri sentimenti e i nostri comportamenti verso quanti, a torto o a ragione, riteniamo ci abbiano fatto del male.

Seconda frase: "Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: 'Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!' L'altro invece lo rimproverava dicendo: 'Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male'. E disse: 'Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno'. Gli rispose: 'In verità di dico: oggi con me sarai nel paradiso'". Il cosiddetto buon ladrone: una vita sbagliata, riscattata all'ultimo dalla fede, che lo premia con la più importante delle promesse. Quanto abbiamo da riflettere, ciascuno di noi!

Terza frase, le ultimissime parole: "Gesù, gridando a gran voce, disse: 'Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito'. Detto questo, spirò". Il Padre, che egli aveva insegnato essere il suo e il nostro, era stato il costante riferimento della sua vita: a lui si rivolgeva spesso, in pubblico e in privato, e sino all'ultimo, quando tutto induceva a disperarsi, ha manifestato la sua piena fiducia in lui. Una fiducia ripagata con la risurrezione; ma di questo si parlerà domenica prossima.

Omelia di mons. Roberto Brunelli

Liturgia e Liturgia della Parola della Domenica delle Palme (Anno C) 20 marzo 2016