13 marzo 2016 - V Domenica di Quaresima: La misericordia di Cristo verso l'adultera
News del 12/03/2016 Torna all'elenco delle news
Verso la fine del tempo quaresimale (oggi celebriamo la quinta domenica) la parola di Dio ritorna sul tema della misericordia. Un tema centrale nel vangelo e che in questo anno giubilare ha un significato particolare. Ci fa vivere e toccare con mano come è grande e infinità la misericordia di Dio, la misericordia di Gesù Cristo. Se nella parabola del figliol prodigo comprendiamo la misericordia di Dio Padre, nel racconto dell'adultera, di cui ci parla il vangelo di Giovanni, comprendiamo la misericordia di Gesù Cristo, Figlio di Dio che, in base alla sua autorità divina può dire alla donna, di fronte ai suoi accusatori che la volevano lapidare, uccidere e massacrare, perché colta in flagrante adulterio: "Donna, nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».
Siccome solo a Dio spetta il potere di perdonare il peccato, come spesso ha ricordato nei suoi molteplici interventi di guarigione, soprattutto del paralitico. Affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati, alzati e cammina. E così guarì il paralitico.
La donna che in questo racconto è sotto tiro dei giudizi, ma anche delle armi è una peccatrice, colta nell'atto di offendere il matrimonio. La legge prevedeva la lapidazione della donna e stranamente non la lapidazione dell'uomo. Segno evidente della sudditanza della donna nei confronti dell'uomo e della legge maschilista che ha sempre dominata e domina in certe culture e in certe religioni. Stando a quella legge, la donna doveva morire ed essere quindi lapidata. Gesù non permette che questo avvenga, perché nessuno ha l'autorità di togliere la vita agli altri. La pena di morte con qualsiasi strumento non è legittimata da nessuna legge o peggio religione. La persona umana ha una dignità che, anche nei crimini più efferati, deve seguire la logica del perdono e della misericordia e non dell'odio e della vendetta. Gesù quindi, nella sua piena autorità di Maestro e di nuovo legislatore, la cui legge fondamentale è l'amore: perdona la donna e non la condanna; ma obbliga anche a tutti i boia presenti al rito dell'esecuzione collettiva della condanna, di riflettere seriamente sulla loro condotta di vita. L'effetto di questa forzata introspezione di quelle persone la descrive in modo molto preciso l'evangelista che era presente al fatto: "Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani". Facile commentare questi versetti del vangelo: nessuno di loro era senza peccato, come nessuno al mondo è senza colpa e senza peccato. Neppure noi che pensiamo di essere più giusti e retti degli altri, solo perché siamo furbi a non farci trovare con le mani nel sacco. Se andiamo bene ad analizzare il nostro cuore e la nostra vita, davvero ci rendiamo conto che nessuno di noi è senza peccato, dai più leggeri o veniali a quelli più pesanti e mortali.
Questo esame di coscienza è possibile farlo a tutto con il Signore. Ed è bello e significativo quello che succede dopo la fuga dei peccatori (che si ritengono giusti) dalla peccatrice pubblica che non si ritiene tale. Giovanni descrive questo bellissimo dialogo tra Gesù e l'adultera con questo versetto: "Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono?". Gesù è a tu a tu con quella peccatrice. La donna sta in mezzo a quello spazio della miseria umana, della debolezza umana, una vera e propria agorà della vergogna. Da quella situazione di abbattimento, di prostrazione, di toccare il fondo e la terra, Gesù si erge, si mette in piedi, come facevano e fanno i veri maestri. L'autorità sta nel comando vero che è quello del cuore e dello spirito, della pulizia morale. Gesù fa esattamente questo: nella sua piena autorità di Figlio di Dio, perdona e con condanna; ma raccomanda d non ripetere lo stessa cosa. Se quella donna abbia appreso la lezione di Gesù ed abbia agito d conseguenza non lo sappiamo. L'evangelista Giovanni non vi ritorna sulla notizia, sul caso posto al giudizio del maestro, dagli scribi e i farisei circa un caso di adulterio. Ma essi "dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo" e quindi condannarlo a morte anche Lui, visto che la legge mosaica era chiara, in quanto Mosè aveva comandato di lapidare donne adultere. Vogliono sapere le opinioni di Gesù. E Gesù non si mette a discutere sulla legittimità e validità della legge, sul diritto civile o diritto penale, si mette a scrivere a terra e dice poche parole ai presenti: "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra". Una grande lezione della bontà e della misericordia divina. Quella lezione che dovremmo apprendere tutti e che dovrebbe ispirare il nostro comportamento in tantissime e frequentissime situazioni del genere che si verificano ai noi giorni. Non siamo nessuno da potere giudicare gli altri; ma solo Dio può comprendere il cuore dell'uomo e valutarlo nella sua interezza. Bisogna riappropriarsi delle bellissime ed incoraggianti parole della prima lettura di questa quinta domenica di Quaresima, che da sole ti fanno assaporare la vera Pasqua della nostra vita, come ci ricorda il profeta Isaia nel brano della prima lettura di oggi oppure immergerci totalmente nel pensiero di Cristo, come scrive l'apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla sua lettera ai Filippesi. Guardare avanti e non voltarsi indietro. Le cose di prima sono passate. Sono passate anche le nostre debolezze, i nostri peccati, i nostri errori e le nostre ipocrisie. Ora è tempo di guardare oltre, all'eternità. La meta è ancora lontana, ma bisogna sforzarsi per arrivarci in buono stato di salute spirituale, perché il Paradiso è per tutti e non solo per alcuni o pochi eletti. La corsa si fa difficile e stancante, ma alla meta bisogna arrivarci. Sia, perciò, quella nostra umile preghiera che innalziamo al Signore in questo giorno di festa: "Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi". Amen.
Omelia di padre Antonio Rungi
La misera e la misericordia
Dio non ti punisce, non hai fatto nulla di male perché il Signore ti mandi un lutto o una malattia. Spesso l'origine del dolore siamo noi, la nostra fragilità, le nostre scelte sbagliate.
Dio non è un concorrente alla tua felicità, non ce l'ha con te, non devi allontanati da lui per realizzarti. Dio non è un padre/padrone da tenere buono con mille devozioni e mille preghiere.
Dio è un padre che ti aspetta, che ti rispetta, che ti lascia fare i percorsi e le esperienze della vita sperando di non perderti. Dio è un padre buono che da del pane al figlio che gliene chiede, che fa piovere sui giusti e sui malvagi. Ti basta per convertirti? Non ancora? Ascolta la storia dell'adultera, allora.
A Gesù viene intessuta una trappola straordinaria, ammettiamolo. Una donna (Non ha nome, gli accusatori non la conoscono, è solo una poco di buono) viene colta in flagrante adulterio (E il fedifrago che era con lei? Non c'è, ovvio. Maschilismo assoluto venduto per giustizia...) ed è portata davanti al falegname divenuto Rabbì. Mosé (Mosé?) ha prescritto che donne come "quella" vanno lapidate, in modo che sia chiaro a tutti (alle donne soprattutto) che è meglio restare fedeli. Gesù, spiegaci tu: cosa dobbiamo fare? Trappola splendida, davvero.
È il Sinedrio che l'ha condannata a morte, quando la pena di morte è riservata ai romani. Gesù si schiererà con l'oppressore? O riconoscerà il giudizio illegittimo del Sinedrio? È Mosè che ha prescritto la condanna a morte: oserà contraddire una legge divina l'anarchico falegname? La condannerà, come dice Mosè, e il padre misericordioso si ritirerà in buon ordine per lasciar spazio al Dio giudice?
Gesù si china e riflette. Fa ciò che loro non vogliono fare, compie ciò che ogni legge, ogni giudizio (anche religioso) deve fare: chinarsi, cioè piegarsi nell'umiltà e riflettere, mettere una distanza prima di esprimere un giudizio. crive, ora, il Nazareno. Scrive sul selciato del Tempio, sulla pietra. La legge scritta nella pietra con le parole stesse di Dio, incise a fuoco e consegnata a Mosè è stata tradita, svilita, asservita a costumi e tradizioni solo umane, piccine e meschine. Sì, questa donna ha tradito il marito. Ma il popolo di Israele ha tradito lo spirito autentico della Legge. Richiama all'essenziale, il figlio di Dio, riscrive sulla pietra la legge che gli uomini hanno adattato e stravolto. Tutti tacciono, ora. Gesù, la Parola, parla.
«Avete ragione: ha sbagliato. Fate bene ad ucciderla, occorre essere inflessibili per salvare la Legge. Nessuno di voi sbaglia, tutti siete migliori, a nessuno di voi capiterà di fare lo stesso sbaglio. Bravi. Il primo che non ha sbagliato lanci per primo la pietra». Tutti tacciono, Gesù riprende a scrivere la Legge. E ora la legge si incide nei cuori. Già, ha ragione il Rabbì. Se ragioniamo sempre col codice in mano chi si salva? Se ci accusiamo gli uni gli altri, chi sopravvive? Tutti se ne vanno, ad uno ad uno. Le pietre restano in terra.
Gesù, ora, è fintamente stupito. Dove sono tutti? Lui, l'unico senza peccato, l'unico che potrebbe a ragione scagliare la pietra, non lo fa. Chiede solo alla donna di guardarsi dentro, di recuperare dignità, di volersi più bene. Gesù non giustifica, né condanna, invita ad alzare lo sguardo, ad andare oltre, a guardare col cuore la fragilità dell'altro e scoprirvi - riflessa - la propria. No, Dio non giudica. Ci giudicano la vita, la società, il datore di lavoro, noi stessi. Tutti ci giudicano, Dio no. Dio ama, e basta. E questa donna viene liberata. Salvata dalla lapidazione, è ora salvata dalla sua fragilità. "Non peccare più" ammonisce Gesù.
Chiesa, amata Chiesa, fatta di perdonati, non di giusti. Chiesa abitata da gente che sa perdonare perché perdonata, che giudica con amore, senza ferire, guardando avanti, che indica una strada, non un tribunale. Quando vivremo del perdono che ci riempie il cuore, diverremo trasparenza di Dio per l'uomo contemporaneo che cerca, nel suo profondo, amore e luce in una società che ama solo i bravi e i giusti e dimentica la verità della nostra fragilità.
È un fiume in piena l'incontro con Dio, che fa guardare avanti, come profetizza il profeta Isaia. Senza guardare indietro, i deportati di Babilonia sono invitati a guardare avanti. Profezia per la Chiesa ripiegata su se stessa, intenta a difendere privilegi e posizioni, sempre impegnata a proteggersi dal mondo esterno invece che a lasciarsi scuotere dallo Spirito! Profezia per l'uomo che cerca e che è ferito dalla vita, invito a guardare avanti, a credere in una vita diversa, come fa la povera donna adultera che incontra l'infinito sguardo di Dio. Tutto il resto, ci provoca Paolo, è spazzatura, perdita, di fronte alla conoscenza di Cristo.
Omelia di mons. Vincenzo Paglia
I gesti della misericordia
Il Vangelo di questa quinta domenica di quaresima è pieno di gesti e poche ma significative parole. Gesù è nel Tempio, al cospetto del massimo segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. La donna di cui non viene riportato il nome viene messa in mezzo, tra Gesù e i suoi storici accusatori, gli scribi e i farisei.
Le parole dei farisei sembrano una innocente domanda di discepoli che vogliono sapere dal maestro tutto quello che riguarda il peccato e la condanna secondo la legge di Mosè. Ma tutti i gesti e il tono della voce che ci pare di udire leggendo il racconto di Giovanni, dicono che il loro vero interesse è accusare Gesù e poterlo "fregare" con le sue stesse parole. Gesù questa volta non risponde subito con altre parole ma con un gesto tanto strano quanto incredibilmente efficace. Si china per terra e per terra scrive. Con un gesto simbolico Gesù riassume la sua storia e la sua identità. Non rimane in alto a pontificare sul bene e sul male, ma scende a terra, proprio là dove immaginiamo sia la donna, e dove questa donna rischia di finire mentre viene lapidata.
Gesù si china a terra proprio dove questa donna anche dal punto di vista morale e spirituale si trova. La donna ha fatto qualcosa che non doveva fare, e lei per prima lo sa. Forse lei stessa conosce bene la legge di Mosè ed è consapevole che deve morire per la sua condotta. Che sia giusta o meno questa legge mosaica, la donna si trova a terra anche spiritualmente, perché vede i responsabili religiosi del suo tempo pronti a condannarla. Gesù prima di rispondere alla domanda maliziosa dei farisei e degli scribi, si china a livello della donna con un gesto che è già inizio di perdono e misericordia.
Cosa avrà scritto per terra? Alcune tradizioni dicono che ha scritto i peccati dei presenti per metterli di fronte alla loro piccolezza. Con i giovani ieri sera abbiamo letto questo brano e ho chiesto loro di immaginare Gesù che scrive per terra, e di dire cosa secondo loro ha scritto. Interessanti le proposte fatte.
C'è chi ha detto che Gesù ha scritto che il male non si combatte con il male ma con il bene. Uno dei giovani ha immaginato Gesù che tira una linea tra loro e la donna, in modo da far loro capire di fermarsi prima e di non andare oltre al linea della strada dell'odio, dalla quale poi non si torna più indietro. Un altro ha pensato che Gesù ha disegnato una pecora, per ricordare che anche questa donna fa parte del gregge del Signore e che lui è venuto a salvare la pecora smarrita e non a condannarla.
Uno ha pensato che Gesù ha scritto proprio la frase che pronuncerà successivamente a voce ("Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei") in modo che queste parole si fissino nella mente e nel cuore dei presenti, come stile perenne di misericordia reciproca.
Io ho pensato che Gesù con il dito ha segnato per terra attorno alla donna diverse scritte: "sono tua sorella", "sono tua madre", "sono la tua amica", "sono la tua vicina di casa", "sono la tua compagna di lavoro...", in modo che coloro che la stavano per lapidare non si fermino al solo aggettivo "peccatrice", ma vedano in questa donna tutta una vita e un mondo che va conosciuto a fondo, e non condannato frettolosamente.
Gesù si alza solamente quando tutti sono andati via e rimane solo con questa donna. E' il gesto della resurrezione nella quale vuole coinvolgere anche lei. La risolleva prima spiritualmente e poi la invita risollevarsi nella vita ("Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più").
I gesti di Gesù sono stati il veicolo efficace di quello che le parole hanno detto. Lui condivide realmente la condizione della donna, e in questa condivisione profonda e vera la donna si sente risollevata e invitata a vivere di questa misericordia perenne.
Siamo noi questa donna, quando ci sentiamo a terra e la polvere si mescola con la nostra tristezza e paura di non farcela. Siamo noi anche questi farisei e scribi, quando alziamo le mani e puntiamo il dito per condannare, diventando ciechi verso noi stessi. Siamo noi anche Gesù, quando ci mettiamo gli uni al livello degli altri, quando siamo capaci di piegarci nella condizione di chi si sente a terra e ha bisogno non di condanne ma di condivisione.
Omelia di don Giovanni Berti
Liturgia e Liturgia della Parola della V Domenica di Quaresima (Anno C) 13 marzo 2016
tratto da www.lachiesa.it