14 febbraio 2016 - Elezione dei Catecumeni in Cattedrale - Morosini: “Cos’è il di più che la fede ci dà?”

News del 13/02/2016 Torna all'elenco delle news

Nell’anno che la Diocesi ha dedicato alla trasmissione della fede il rito di Elezione dei Catecumeni che si celebra nella prima Domenica di Quaresima assume un significato particolare. Perché coloro che la Chiesa accoglie in questo giorno per sancire ufficialmente l’ultimo tratto del percorso di fede che li porterà a ricevere il sacramento del Battesimo nella Notte di Pasqua, hanno deciso di diventare cristiani tramite un’opera di trasmissione della fede che ha cambiato la loro vita.

Essi in qualche modo costituiscono, con la loro scelta consapevole di adesione alla fede cristiana, un esempio di quello che dovrebbe avvenire nella  famiglia e nella comunità, quando la testimonianza  fa incontrare la fede.

“La Chiesa solennizza questo momento” – ha spiegato l’arcivescovo Morosini nell’introdurre la Celebrazione in Cattedrale: una cerimonia di iscrizione che prevede che i catecumeni vengano presentati al vescovo e, dopo aver manifestando apertamente, accompagnati dai loro padrini, l’intenzione di entrare a far parte della comunità cristiana, siano iscritti nel registro ufficiale, in attesa di coronare il cammino di fede intrapreso con i sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucarestia che riceveranno nella Veglia Pasquale. Durante questo tempo quaresimale, i giovani  catecumeni continueranno il lavoro di preparazione nelle rispettive parrocchie. 

“Questa era la prassi naturale agli inizi della chiesa”  ma anche adesso che “i tempi stanno cambiando   e la nostra società sta diventano una società scristianizzata diventa sempre più frequente che i bambini non vengano battezzati o che dall’altro lato ci siano persone di origini diverse che, da adulti, chiedono di diventare cristiani” – ha spiegato l’arcivescovo. 

Celebrare questo rito nella prima domenica di Quaresima, in cui la liturgia ripropone la pagina evangelica delle tentazioni di Gesù, suggerisce una domanda che vale per tutti: “la fede è per noi la chiave di lettura per capire e per impostare la vita?”

Nel proporre questo interrogativo non solo ai giovani catecumeni ma a tutti i fedeli presenti, l’arcivescovo Morosini ha ribadito che, come “Gesù che si ritira nel deserto dopo il Battesimo nel fiume Giordano  per  cercare di capire la sua vita e la sua missione alla luce della Parola di Dio”, così tutti noi dobbiamo domandarci: “cosa Dio chiede a noi?” Gesù “il cui cammino sulla terra è stato un cammino umano, nel deserto si interroga come noi ci interroghiamo quando vogliamo capire la vita, quando ci chiediamo dove stiamo andando”…. “Cos’è il di più che la fede ci dà?”

Quando, nel nostro deserto, “rileggiamo la nostra vita ed esprimiamo il bisogno di dare a questa vita un senso religioso e un senso cristiano nello specifico”, incontriamo la fede. Dove non è più sufficiente continuare a vivere con una buona moralità umana, lì nasce il desiderio, il bisogno della fede. Come è successo per i cinque giovani catecumeni.

“Dobbiamo però accettare” ­ - ha sottolineato l’arcivescovo - che questa fede non è una prospettiva di onnipotenza, ma lo “scandalo di un Dio crocifisso!”. 

Anche a noi, come ai  farisei del suo tempo, “Gesù sulla croce appare non solo come l’uomo fallito, ma il Dio che fallisce”. Anche noi, “dinanzi ai problemi e alle difficoltà della vita tante volte perdiamo la fede …se Dio esiste, perché non è potente? Se Dio c’è, perché non interviene?”

“La chiave attraverso la quale entriamo nel mistero della nostra fede” è nella similitudine del seme che caduto in terra muore e dà vita: “Gesù nel deserto capisce che il Padre lo conduce non per una strada di gloria  ma per una strada che porta alla croce” e la accetta. Egli stesso dirà più tardi: “se il chicco di grano non muore non porta frutto” consegnandoci questa verità di fede. 

E’ questa “l’immagine che ci fa capire che il Figlio di Dio solo perché muore dà vita e dà salvezza, solo perchè accetta di condividere con noi le difficoltà della vita, ci salva. Ecco perché il crocifisso troneggia in maniera solenne in tutte le chiese e non l’immagine di Gesù risorto, perchè quel mistero di morte e di resurrezione ci fa capire il dolore umano, la sofferenza, la morte. Ci fa comprendere che il bene non può essere conquistato se non attraverso il sacrificio”.

Su questo punto l’arcivescovo Morosini ha voluto ribadire ai catecumeni, cinque giovani di età compresa tra i 15 e i 30 anni, che i sacramenti non danno la certezza che nella vita non ci saranno difficoltà, ma solo “l’aiuto da parte di Dio a camminare nonostante  le difficoltà”: “la religione non vi dà nulla in più di quello che avete già materialmente, non dà un posto di lavoro a voi che siete giovani, non vi garantisce rispetto alla malattia, alle  difficoltà che dovete affrontare, dà una chiave di lettura per capire la vostra vita, per darle un senso, non solo nel tempo ma anche al di là, dopo la morte”.

Per i giovani catecumeni è stato un monito forte ad avere piena consapevolezza di quello che stanno chiedendo. E’ stato un forte richiamo a quel senso di responsabilità nel vivere la fede che l’appartenenza alla comunità cristiana comporta e che in realtà ogni cristiano dovrebbe avere: “siate cristiani seri, non aumentate quel carrozzone senza ruote che deve essere trascinato” di cristiani apatici, “se dovete appartenere a quel numero di cristiani che poi non ricevono mai i sacramenti, o che si comportano in maniera non cristiana fuori dalla chiesa, ascoltate la parola del vescovo: non vi battezzate!” “Ricordate che il Battesimo vi fa entrare in una comunità di fede che si riunisce ogni domenica per celebrare l’Eucarestia!”. “Oggi abbiamo bisogno di cristiani convinti” ha ribadito l’arcivescovo.

Il suo augurio è che tra questi ci siano comunque anche questi giovani, che ha incoraggiato: “il Signore stesso vi aiuterà, vi darà quella forza necessaria per poter essere testimoni di Gesù nel mondo”. Ed ha assicurato loro l’aiuto della comunità.

A tutti, nelle sue parole, è consegnato l’invito a riflettere: “cosa ci dà la fede?”

“Di accettare Dio che si fa nostro compagno di viaggio, come per i discepoli di Emmaus che tornano a casa disillusi dopo la Passione e Gesù si accompagna a loro senza essere conosciuto e li conforta. E’ questa l’immagine della fede: Dio non ci toglie la fatica della vita” ma, con Lui accanto, ci sentiamo sicuramente meno soli.

di Antonia Cogliandro