Solennità di Cristo Re dell'Universo
News del 22/11/2009 Torna all'elenco delle news
La Chiesa chiude il suo anno liturgico, in questa XXXIV domenica del tempo ordinario, con la solennità di Cristo Re. L'anno liturgico, agli occhi di Dio, è tempo senza fine, in cui si intreccia il dialogo tra Dio Creatore e noi uomini.
Un dialogo in cui Dio non si arrende ai ‘no’ dell'uomo, ma va oltre, cercando di vincere la nostra resistenza con un amore che è davvero infinitamente grande: il Padre non vuole che alcuno si perda! Gesù, venendo tra noi, fattosi uomo, cerca di riportare non solo la verità, ma l'amore, chiamandoci ad entrare nel Suo Regno.
Così, durante l'anno liturgico, che inizia con l'Avvento, si 'fa memoria' - rivivendola - della passione di Dio per noi. Ci si ripresenta la vita del Figlio, perché noi possiamo farci coinvolgere, partecipare e così, raggiungere la mèta: entrare nella salvezza.
Dobbiamo sempre ricordarci che ciascuno di noi non è, come qualcuno ha definito l'uomo, 'uno scherzo della natura'. Dio sa quanto siamo grandi ai Suoi occhi: e non può essere diversamente, se pensiamo anche solo un attimo all'amore immenso di un padre che genera un figlio.
Ed è giusto che oggi facciamo festa a Gesù, nostro RE, per quello che, non solo ha operato, ma opera continuamente tra noi e in noi.
Basterebbe pensare alla Sua presenza nell'Eucarestia, al farsi 'pane della nostra vita', prendendo addirittura fissa dimora in ciascuno di noi, partecipando della nostra vita, qui, che lo vogliamo o no. Questa è la santità e il vero significato di una vita vissuta con Dio: 'vivere di Gesù', o, come dice Paolo :'Vivere Gesù'.
Troppi neppure sanno o pensano che Dio prende tanta parte nella nostra vita. Che perdita! Facciamoci illuminare dalle parole che oggi ci dice l'Apocalisse:“Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti, e il principe dei re della terra.. A Colui che ci ama e ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a Lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli, Amen, ecco viene sulle nubi e ognuno Lo vedrà: anche quelli che Lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per Lui il petto. Sì. Amen. Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente” (Ap 1, 5-8).
Leggendo il Vangelo, pare che Gesù abbia scelto i momenti più drammatici per affermare le grandi verità, che non ammettono ombre. Davanti a Pilato, che aveva il potere di giudicare e condannare, Gesù si poteva difendere da una precisa accusa, imperdonabile: 'Tu sei il re dei Giudei?'. Quell'accusa poteva essere, agli occhi di Pilato, una grottesca invenzione degli avversari di Gesù. Come poteva infatti essere re senza incoronazione, senza territorio da governare, soprattutto senza potenza? Altra era Pilato, che aveva alle spalle l'impero romano, pronto a intervenire con la forza militare, altro era Gesù, solo, abbandonato da tutti, forte solamente per il suo essere Figlio di Dio, ma volutamente alieno da ogni esercizio di potere terreno.
La Sua potenza era l'Amore del Padre. Pilato aveva davanti a sé un uomo che non faceva assolutamente paura: una povera cosa che si poteva schiacciare quando e come si voleva. E Gesù, con semplicità, sapendosi totalmente in mano ad un simile mostruoso potere e avendolo accettato con la logica ferrea dell'amore, risponde con chiarezza disarmante:
“Gesù rispose: Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto? Pilato rispose: Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto? Rispose Gesù: Il mio regno non è di questo mondo: se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei: ma il mio regno non è di quaggiù. Pilato allora disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici: io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Gv 16, 33).
Sappiamo che di fronte a questa proclamazione della verità, Pilato chiese: “Ma cos'è la verità? e non ebbe risposta.
Due modi diversi, contrapposti, di esercitare la regalità e il potere.
Il primo, quello di Pilato, è lo stesso del mondo in tutti i tempi, quando addirittura il potere diventa assoluto, annullando la libertà delle persone, come è nelle dittature. É diventare 'padroni degli uomini e delle cose', è la potenza o prepotenza, a cui poco importa che gli uomini trovino pace, ricevano rispetto della propria dignità e libertà. É un potere che a volte si esercita con tanta virulenza da suscitare terrore.
Ma l'autorità che si esercita nel potere, qualunque questo sia o da qualunque parte venga, dalla famiglia - se volete - dalla società, dalla stessa Chiesa, dovrebbe aiutare a crescere nella libertà, nella giustizia, nel bene: e tutto questo disinteressatamente, senza, con il potere, 'farsi strada', vincendo la tentazione di badare solo ai propri interessi, che, se diventano l'obiettivo del potere, si trasformano in squallide 'rapine' agli uomini e grave bestemmia alla nobile natura dell'autorità, che discende dal Cielo.
‘Fare strada agli uomini - affermava don Milani - senza farsi strada’.
Gesù, e con Lui tutti i fedeli che Lo seguono, con esemplarità in tanti Santi - continua a dirsi Re, davanti a Pilato e davanti a noi, nella sua nudità e apparente debolezza, che ignora ogni forma errata di potere.
Gesù continua ad affermare che il suo potere è l'amore: un amore che non si vergogna di essere servizio, fino a lavare, come avvenne nell'Ultima Cena, i piedi dei Suoi discepoli, scandalizzando gli Apostoli.
Un potere che si fa dono, fino a dare la vita sulla croce, perché quelli che Lui governa, noi, abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
Un potere che celebra la sua gioia nel farsi cibo nell'Eucarestia. Eppure Lui, a differenza di noi uomini, davvero ha potere su di noi, è il nostro Re, Lui e Lui solo può chiamarsi Via, Verità e Vita.
Per Lui tutte le cose sono state fatte e, con Lui, se accettano la sua regalità, condivideranno la gloria. Di Lui solo possiamo dire in pienezza: 'Tu sei la mia vita, altro io non ho'.
Eppure tanta regalità quasi non si fa sentire, fino a poterla ignorare, anche se così agendo è come oscurare il sole della vita, mettendosi le mani davanti agli occhi per paura della luce, come facciamo a volte, tanti.
E allora se regnare per Gesù è amare, noi possiamo donare a Lui un 'sì' con tutto il cuore, come è nella natura dell'amore.
DirGli 'Grazie, perché mi ami'; farsi portare sulle braccia, anche se qualche volta, seguendo Lui, le nostre braccia, con le Sue, si troveranno distese sulla croce, ma sarà sempre riposare in Dio.
Che lo Spirito ci aiuti ad abbandonarci a tanto amore.
Testo di Antonio Riboldi, Vescovo (testo integrale)
Foglietto della Messa di domenica 22 novembre 2009
Liturgia della Parola di domenica 22 novembre 2009