6 gennaio 2016 - Solennità dell'Epifania del Signore: Gesù, astro della misericordia divina

News del 05/01/2016 Torna all'elenco delle news

La solennità dell'Epifania di quest'anno 2016 assume un particolare significato spirituale ed ecclesiale nel cammino dell'anno giubilare che stiamo facendo in tutta la Chiesa cattolica.

La prima manifestazione globale di Cristo Salvatore dell'umanità, avvenuta a Betlemme quando, da Gesù Bambino, arrivarono i Magi d'Oriente, ha un valore simbolico in quest'anno della misericordia, in quanto Gesù che si manifesta quale redentore ai Magi è lo stesso Cristo che oggi, nella sua Chiesa, manifesta il volto misericordioso del Padre. Egli è l'astro della misericordia, perché in Lui l'umanità intera, senza esclusione di nessuno, trova la sorgente della vera gioia e speranza nell'amore e nella riconciliazione.

Il racconto del Vangelo di Matteo sulla venuta dei Magi a Betlemme, fa risalare figure inquietanti come Re Erode che ha come idea portante del suo operato quella del male. Poi ci sono i tre sapienti che mossi dal desiderio dei sapere e di scrutare le verità della ragione, seguono l'indicazione della stella cometa, che li fa approdare ai piedi della vera luce e astro dell'universo, che è Gesù, ci aiutare a capire quanto sia importante, nella ricerca della verità, far ricorso alla ragione e parimenti alla fede. Tutte e due sono ali e possibilità per raggiungere la verità, possederla ed annunciarla agli altri con l'umiltà di chi è in un continuo pellegrinaggio giubilare, che ci porta ad attraversare la porta santa che è Gesù Cristo. Il bene e il male coesistono nel tempo e nella storia e solo la cernita finale potrà separare per sempre chi è dalla parte del bene e chi, purtroppo è dalla parte del male, chi è cristiano davvero e chi è erodiano che cultura e atteggiamento di vita, finalizzato alla distruzione e all'eliminazione fisica degli altri. Tra Gesù ed Erode non ci può essere incontro. Tra bene e male non c'è una via di mezzo. Ci può essere una possibilità per approfondire nella conoscenza e nella ricerca cosa sia il vero bene e cosa sia il vero male, e questo può essere espresso giustamente dalla figura dei Re Magi che si recano da Gesù ed offrono al vero Re, oro incenso e mirra, i doni di un Natale che dura nel tempo ed è costante richiamo alla misericordia di Dio, al perdono di Dio. La solennità dell'Epifania è proprio la festa del perdono, cioè del dono dato in modo massimo, gratuito e con generosità. A partire da questa solennità così importante nella cristianità, ogni credente faccia tesoro dello stile di vita dei sapienti dell'Oriente ed orienti la sua vita sull'astro della misericordia che è Gesù Cristo, ma è anche Maria, la sua madre tenerissima, che pure i Magi ebbero la gioia di incontrare in quel luogo di luce, di speranza e di pace che era la grotta di Betlemme, dove nacque Gesù il Messia, atteso dalle gente e loro liberatore. In questa prospettiva di fede e di rinascita che viene a portare il Salvatore, si colloca il testo della prima lettura della solennità di oggi, quando il profeta Isaia, sollecita una risposta di impegno e coraggio per tutto il popolo santo alla venuta del Redentore: "Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te". L'anno giubilare è questo rialzarsi dei singoli cristiani, ma dell'intera chiesa che necessita di conversione, perdono e riprendere un cammino, spesso dimenticato nel cultura dell'indifferenza in cui si trova ad operare, divenendo essa stessa indifferente verso certi bisogni essenziali della persona umana. La chiesa si deve rivestire di luce, si deve rivestire di Cristo, più che vestire abiti ed abbigliamenti sontuosi che sono solo apparenze e non vanno al cuore del vero e sostanziale messaggio evangelico, che è quello dell'amore, della solidarietà e della fraternità universale, della misericordia. Ce lo ricorda con grande passione apostolica san Paolo nella lettera agli Efesini, quando parlando della venuta di Cristo sulla terra dice che "le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo".

L'eredità di Cristo è il Paradiso, la gloria del cielo, la felicità eterna. Gesù non ha altre eredità. E' nato povero, è vissuto da povero ed è morto sulla croce svestito e privato di tutto. Siamo chiamati a formare il corpo lo Cristo, che è la chiesa e sentirci davvero uniti ad essa e in essa, sviluppando quella comunione ecclesiale che è fondamentale per essere dei buoni cristiani. Siamo chiamati ad essere partecipi della stessa promessa che troviamo espressa nel Vangelo e che trova la sua piena espressione in quel Dio che è misericordia per sempre e per tutti. Nessuno è escluso da questa misericordia, da questo progetto universale di perdono, in quanto Cristo è venuto per salvare e non condannare, è venuto a salvare ciò che era perduto è venuto per sostenere il cammino di conversione, penitenza e riconciliazione dei peccatori. Non senza motivo la solennità dell'Epifania ci proietta già nel mistero della Pasqua-Risurrezione ed è chiamata Pasqua-Epifania e in questo giorno si legge, dopo la proclamazione del Vangelo e prima dell'Omelia, l'Annuncio del giorno della Pasqua.

Omelia di padre Antonio Rungi

 

I Magi, cercatori di Dio

Il cammino dei Magi, venuti dall'oriente, simbolo di tutte le nazioni presenti sulla terra, è da sempre immagine del cammino di ogni uomo che cerca sinceramente Dio. Sono uomini sapienti, desiderosi di scoprire la profondità del senso della vita, abituati a scrutare i misteri del cielo e della terra. Richiamano anche noi alla sapienza del cuore, alla cura di quell'atteggiamento fondamentale per la vita che ci spinge ad andare oltre le apparenze, a non accontentarci del superficiale, a penetrare in profondità la presenza di un Oltre in ogni piccola cosa che viviamo.

I Magi sono immagine del nostro cammino di scoperta della nostra vocazione, del meraviglioso progetto d'amore intessuto da Dio nella nostra storia personale. In qualche modo, sono l'esempio di chi sa di non essere mai arrivato: sono uomini spirituali, poiché mantengono uno spirito in ricerca e desideroso di crescere per tutta la vita.

Il discernimento, dunque, sembra proprio essere il loro stile di vita. La formazione ricevuta - e sicuramente è stata tanta! - non si è ridotta a essere un pacchetto assunto e incamerato una volta per sempre. La formazione degli uomini e delle donne di Dio, infatti, è sempre con-formazione a Colui che chiama e seduce. E la vocazione a essere ?di Dio' è per ogni uomo e donna nati su questa terra!

Anche i Magi si sono sentiti chiamare, prima senza comprendere bene, poi con sempre maggior chiarezza: la stella, segno della presenza di Dio, ha lasciato il posto all'incontro personalissimo con Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo.

Siamo così invitati anche noi a verificare come viviamo il nostro processo di formazione umana, spirituale, religiosa. Essere cristiani significa donarsi totalmente giorno per giorno, senza mezze misure. Con-formarsi a Colui che ci ha fatti suoi vuol dire darGli tutto, senza trattenere nulla per noi, perché tutto da Lui abbiamo ricevuto.

I Magi ci fanno ancora una volta da specchio evangelico. Essi infatti viaggiano portando dei doni, che poi lasciano davanti al piccolo Gesù. La tradizione li ha riconosciuti come omaggi alla divinità e alla regalità del Figlio di Dio, come annuncio della sua Passione. Noi vogliamo coglierli come un'offerta di se stessi e dei popoli da cui provengono e a cui torneranno come evangelizzatori.

L'oro, infatti, può indicare tutto il bene che essi hanno compiuto nella loro vita: i moti di bontà, le opere di misericordia, i gesti di servizio. L'oro è la dignità della persona, di ogni persona, che si manifesta in atteggiamenti e scelte di diaconia verso i fratelli. È la bellezza più evidente dell'essere umano, che i Magi porgono a Gesù, in segno di gratitudine, perché sanno di avere ricevuto tutto da Dio.

L'incenso è l'intimo desiderio di andare oltre, la nostalgia di infinito che abita i loro cuori, la spinta alla trascendenza che li muove. In fondo, si sono messi in cammino per questo, per dissetare la loro sete di Dio. Così è l'uomo: l'unica creatura al mondo capace di relazione con Dio! La preghiera, il silenzio della meditazione, la celebrazione della vita, che per noi cristiani diventa liturgia, sono elementi indispensabili per essere veramente uomini. Esigono la capacità di fermarsi e di ascoltare se stessi, e la voce di Dio in noi. I Magi porgono a Gesù anche questa vita interiore, di cui sono umilmente riconoscenti.

E infine la mirra. Unguento destinato ai defunti, essa è simbolo di tutte le sofferenze e i dolori dell'uomo e della donna, di ogni popolo. L'esperienza della fragilità è parte costitutiva dell'essere creatura, e per i figli dell'uomo è necessario percorrere un itinerario che aiuti a riconciliarsi con la propria debolezza. Quanta paura ci fa la morte, di cui ogni contatto con la vulnerabilità è annuncio! I Magi offrono a Gesù anche la loro piccolezza, perché sanno che solo in Dio essa trova senso: nella nostra miseria, siamo invitati ad alzare lo sguardo per contemplare l'infinita misericordia di Dio, e sarà Lui che trasformerà la nostra povertà in umiltà.

Nella carovana dei Magi siamo anche noi. Facendo il punto del cammino, siamo invitati a riflettere e a condividere la nostra bellezza, il nostro rapporto con Dio, la nostra fragilità. Quanto più scopriamo chi siamo e ci riconosciamo in queste dimensioni del nostro esistere, tanto più siamo capaci di condividerle per trasformare i nostri incontri in fraternità. Solo la relazione autentica, infatti, svela e guarisce, scava e accoglie, libera e fa crescere.

Omelia di don Luca Garbinetto

 

Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra

Occupati in questi giorni a guardare questa nostra terra, dove stanchezza e violenza dilagano ancora, di fatto rischiamo di non sapere più guardare in alto, anche solo per ammirare un cielo trapuntato di stelle. Del resto, anche quando ci siamo affidati alle stelle e ai loro movimenti siamo rimasti delusi. I Magi dell'Epifania (6 gennaio 2016), invece, fanno un gesto semplice e mirato: tra le molte stelle ne scelgono una e cominciano a lasciarsi guidare dove non avrebbero mai pensato di arrivare.

Vengono da Oriente  Cosa ci dicono i Magi? Che vengono da Oriente: "ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme". Tanto è precisa Gerusalemme, la località d'arrivo, quanto è ampia e generica, la loro provenienza. "Da Oriente": senza aggettivi, senza precisazioni. Oriente dice un riferimento grande. Quasi un paese che contiene tutti i paesi e tutte le provenienze. Mentre una cosa certa è che l'Oriente è là dove sorge una luce. E proprio perché sorge, allora non è ancora luce piena. Oriente, dunque, come luogo degli inizi. Luogo dell'aurora. Questo stadio aurorale, questo luogo di una luce che sta per cominciare e non è ancora la luce fiammeggiante che di giorno copre l'intero arco del cielo, nasconde una grazia. È come un dono. Proprio perché non è luce piena, consente a chi guarda di vedere una stella che attraversa il cielo non ancora inondato di luce. Sembra un paradosso e invece è la realtà. Senza questo buio, senza qualche ombra che si muove nell'oscurità, le stelle non le vedresti mai. Perché Oriente è anzitutto un paese dello spirito. Terra di ricerca, di domande, di ipotesi e di prospettive. Terra di uomini e donne che non danno mai niente per scontato. Imparare a essere come i Magi che all'aurora sanno scorgere il germogliare della speranza, là dove nessuno avrebbe mai osato. Tanto che qualcuno, al loro ritorno, sentendo che in quel lungo viaggio avevano solo adorato un bambino, avrebbe potuto dire con un po' di ironia: tutto qui? Ed essi prontamente avrebbero detto: sì, è proprio tutto qui. Che il tutto inizia proprio da qui. Dal coraggio di sostenere la speranza nel suo inizio aurorale. Questo ci insegnano anzitutto i Magi.

Passando per Gerusalemme  Poi i Magi, guardando alla stella, hanno il coraggio di mettersi in viaggio. Come Abramo, come i grandi patriarchi. E da Oriente giungono a Gerusalemme, dove, in ragione delle loro domande, avviene una grande consultazione circa il luogo dove sarebbe dovuto nascere il Messia. E così a Gerusalemme viene aperto il libro della Scrittura. È importante questo passaggio. Per incontrare il Messia non basta consultare i cieli e interrogare la natura. Occorre confrontarsi con la storia di un popolo, la promessa fatta a questo popolo. Ricordate quanto già ci diceva il Siracide a riguardo della Sapienza, che, dopo aver avvolto la terra come una nube, decide di fissare la sua tenda in Giacobbe? (24,1-12). È proprio qui che entra in gioco il Libro. Un libro da aprire, un libro che appartiene a un popolo che andrà sempre consultato. Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica ha recepito l'importanza di Israele per arrivare ad adorare Gesù Bambino. Un passaggio spesso dimenticato, taciuto: "Non si può conoscere Gesù se non volgendosi ai giudei e ricevendo da loro la promessa messianica quale è contenuta nell'Antico Testamento"(I parte, n. 528). Questo l'avevamo dimenticato a forza di sentirci dire che anzitutto importava entrare nella Chiesa, far parte della Chiesa. I Magi, prima di arrivare a Betlemme ci insegnano a passare da Gerusalemme per consultare la Scrittura, per passare poi dalla Scrittura ad adorare la luminosità di Gesù Bambino.

La stella ricompare  Ma non basta avere il libro, essere depositari della promessa di un Messia che sta per arrivare. Come non bastano i preti con i loro sermoni e i teologi coi loro libri. Il pittore Van Gogh scriveva nel suo diario: "Il Dio dei parroci è morto, morto stecchito. Ma io amo e quindi vivo. Non voglio più dipingere Dio nelle cattedrali e nelle chiese; voglio dipingere Dio negli occhi lucenti degli uomini". Non basta più un uso strumentale del libro sacro, come fa Erode per consolidare il suo potere. Occorre uscire dalle proprie abitudini, dalle codificazioni, da certe tradizioni svigorite. Da una fede ritagliata sulla propria misura. Come insegnano i Magi, dobbiamo uscire persino da Gerusalemme. Ed è così che ancora la stella ricompare: "ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino". Se la stella ricompare è perché era scomparsa. Anche questo ci insegnano i Magi: a non scoraggiarci nella ricerca, a non fermarci davanti a nessun intoppo. Può anche essere strano che la stella si oscuri mentre ormai ti stai avvicinando alla mèta. Perché è normale che ci siano giorni in cui ti sembra di brancolare nel buio. Anche Gesù sperimenta lo scomparire della stella, avvicinandoSi a Gerusalemme per compiere la Sua missione. E l'agonia nell'Orto degli ulivi lo testimonia. Tu però non temere. Perché la stella riappare, per guidarti dove c'è il Bambino. Solo non oserà entrare. Si fermerà fuori, perché dentro quell'umile casa la illumina Gesù Bambino, "la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo"(Gv 1,9).

Omelia di don Walter Magni

 

Liturgia e Liturgia della Parola della Solennità dell'Epifania del Signore 6 gennaio 2016

tratto da www.lachiesa.it