30 agosto 2015 - XXII Domenica del Tempo Ordinario: quel rischio di una fede dal «cuore lontano» piegata all'esteriorità
News del 29/08/2015 Torna all'elenco delle news
Gesù viveva le situazioni di frontiera della vita, incontrava le persone là dov'erano e attraversava con loro i territori della malattia e della sofferenza: dove giungeva, in villaggi o città o campagne, gli portavano i malati e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccavano venivano salvati (Mc 6,56). Da qui veniva Gesù, portando negli occhi il dolore dei corpi e delle anime, e insieme l'esultanza incontenibile dei guariti. Ora farisei e scribi lo provocano su delle piccolezze: mani lavate o no, questioni di stoviglie e di oggetti! Si capisce come la replica di Gesù sia decisa e insieme piena di sofferenza: Ipocriti! Voi avete il cuore lontano! Lontano da Dio e dall'uomo.
Il grande pericolo, per i credenti di ogni tempo, è di vivere una religione dal «cuore lontano», fatta di pratiche esteriori, di formule recitate solo con le labbra; di compiacersi dell'incenso, della musica, della bellezza delle liturgie, ma non soccorrere gli orfani e le vedove (Giacomo 1,27, II lettura).
Il pericolo del cuore di pietra, indurito, del «cuore lontano» da Dio e dai poveri è quello che Gesù più teme. «Il vero peccato per Gesù è innanzitutto il rifiuto di partecipare al dolore dell'altro» (J. B. Metz), e l'ipocrisia di un rapporto solo esteriore con Dio.
Lui propone il ritorno al cuore, per una religione dell'interiorità. Non c'è nulla fuori dall'uomo che entrando in lui possa renderlo impuro, sono invece le cose che escono dal cuore dell'uomo...
Gesù scardina ogni pregiudizio circa il puro e l'impuro, quei pregiudizi così duri a morire. Ogni cosa è pura: il cielo, la terra, ogni cibo, il corpo dell'uomo e della donna. Come è scritto: «Dio vide e tutto era cosa buona».
Gesù benedice di nuovo le cose, compresa la sessualità umana, che noi associamo subito al concetto di purezza e impurità, e attribuisce al cuore, e solo al cuore, la possibilità di rendere pure o impure le cose, di sporcarle o di illuminarle.
Il messaggio festoso di Gesù, così attuale, è che il mondo è buono, che le cose tutte sono buone, che sei libero da tutto ciò che è apparenza. Che devi custodire invece con ogni cura il tuo cuore perché è la fonte della vita.
Via le sovrastrutture, i formalismi vuoti, tutto ciò che è cascame culturale, che lui chiama «tradizione di uomini». Libero e nuovo ritorni il Vangelo, liberante e rinnovatore.
Che respiro di libertà con Gesù! Apri il Vangelo ed è come una boccata d'aria fresca dentro l'afa pesante dei soliti, ovvii discorsi. Scorri il Vangelo e ti sfiora il tocco di una perenne freschezza, un vento creatore che ti rigenera, perché sei arrivato, sei ritornato al cuore felice della vita.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Ascoltatemi tutti e comprendete bene
Con la domenica XXII del tempo ordinario riprendiamo la lettura del Vangelo di Marco. Con la lunga sosta sul cap.6 del Vangelo di Giovanni, la Liturgia ci ha condotti a rinnovare la nostra esperienza della fede, a percepire il nostro desiderio di infinito, saziato soltanto dall'appassionato desiderio di Dio di donarsi a noi: Gesù è il dono di Dio per noi, che realizza la sua volontà di stare con noi, di essere in noi, la nostra vita. Gesù è l'Amore di Dio che si fa carne donata e sangue versato, pane da mangiare e vino da bere per essere vita nuova in noi: è così impensabile e meraviglioso il suo desiderio di saziare la nostra fame di infinito! Ed è questa la fede: la nostra fame di infinito, di Amore, rimarrebbe insaziata se non ci fosse Lui che discende sino a farsi cibo perché possiamo gustare la bellezza di una vita piena! È la fede, è Gesù, Dio per noi, con noi, in noi! Ma crediamo noi, in Lui? La Liturgia ci ha condotti a lasciarci interpellare da Gesù stesso: "Volete andarvene anche voi?", perché facciamo nostra la risposta di Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio".
Vivere in Lui, lasciare che Lui viva in noi, è la nostra fede.
E riprendiamo con questa domenica la lettura di Marco. La Liturgia ci presenta un importante discorso di Gesù (Mc.7,1-23) che segna un'altra tappa nel cammino della formazione del suo discepolo. Si tratta di un discorso dalla struttura unitaria e da un contenuto preciso che mette in discussione gli aspetti della Legge che avrebbero impedito l'apertura della missione cristiana verso i pagani: Gesù, secondo Marco, qui apre la via che rende possibile l'apertura missionaria del lieto annuncio. Attraverso il suo Vangelo si delinea progressivamente ormai un progetto di salvezza che non ha più i confini della "terra santa" ma quelli del mondo. Nella sua narrazione infatti Marco mostra che Gesù opera in terra pagana sino ad arrivare a dire espressamente che "il Vangelo deve essere proclamato a tutte le nazioni" (Mc.13,10): proprio in funzione di questa intenzione missionaria Gesù insiste sul superamento di regole di purità che servono a delineare una società particolare (che tende a diventare integralista).
Tutto parte da una domanda che gli scribi e i farisei pongono a Gesù: "Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo le tradizioni degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?" A cui Gesù risponde: "Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini... Così annullate la Parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi..."
Continua Gesù a parlare alla folla: "Ascoltatemi tutti e comprendete bene: non c'è nulla di fuori che contamina l'uomo, ma sono quelle che escono dall'uomo che lo rendono impuro".
E termina nella casa, lontano dalla folla, parlando ai discepoli: "Anche voi non siete capaci di comprendere: non capite che ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può renderlo impuro... Così rendeva puri tutti gli alimenti". L'ultima frase di Gesù sintetizza tutto il suo pensiero: "Tutte queste cose cattive escono dall'interno e rendono l'uomo impuro". L'attenzione è così riportata al centro del dibattito siscitato dagli scribi e dai farisei venuti da Gerusalemme: la vera purità che delinea il popolo di Dio non è quella rituale, quella a cui "le tradizioni degli uomini" hanno delegato il comandamento di Dio. Gesù non condanna questa ritualità, ne dichiara il limite, quando essa viene praticata in modo da dimenticare il comandamento di Dio: a questo, alla Parola viva di Dio Gesù vuole ricondurre il vero senso della purità. Agli scribi e ai farisei, alla folla ed espressamente anche ai suoi discepoli, Gesù ricorda che la durezza del cuore, anche di chi pratica la purità rituale, impedisce di comprendere la Parola di Dio. La vera purità nasce dal cuore, è morale, non rituale: solo i vizi che vengono dal cuore possono rendere impuro l'uomo.
Per ben nove volte ritorna il vocabolo "uomo" in questa pagina che ha una notevole importanza per quella che possiamo chiamare l'antropologia del Gesù di Marco: il vocabolario con tante sfumature della "purità" dell'uomo, e l'allusione alle parti del corpo, le mani, il gomito, il cuore, le labbra, le orecchie, il ventre, l'occhio, sono presenti qui come in nessuna altra pagina.
Per gli scribi e i farisei, le regole devono essere come barriere che proteggono l'uomo dall'impurità: il loro obbiettivo è di esercitare un controllo dall'esterno, per prevenire ed impedire che venga corrotto il cuore: quando, nonostante queste precauzioni, l'uomo cade nell'impurità, i precetti di purificazione rituale indicano come ritrovare lo stato di purità. Si tratta di un sistema elaborato dagli scribi e dai farisei che induce ad una strategia passiva e difensiva: la pretesa di un controllo esteriore genera un sistema di potere che porta all'ipocrisia e non fa' che cercare inutilmente di tacitare l'insopprimibile bisogno di vita del cuore dell'uomo. Appare così la novità di Gesù: c'è lungo il corso del Vangelo di Marco una precisa pedagogia del cuore. Per Gesù non serve esercitare un inutile o dannoso controllo esteriore che difenda le frontiere del cuore (è ciò che Marco sottolinea mettendo in evidenza l'ipocrisia degli scribi e dei farisei): nel nostro cap.7 Gesù contrappone il cuore alle labbra e poi al ventre, per mostrare che ciò che importa non è ciò che entra, ma ciò che esce dal cuore, e presenta tutta una lista di mali perché i farisei prendano atto del fallimento del loro sistema. Nei capitoli successivi Marco svilupperà positivamente la cura di Gesù per liberare il cuore dell'uomo da barriere difensive perché possa vivere, amare e gustare la vita. Gesù non è preoccupato che l'uomo possa venire a contatto con fonti di impurità: egli crede nella possibilità del suo cuore di essere fonte di santità. Ma questo è possibile perché il Regno di Dio si è fatto vicino: solo il cuore non chiuso da barriere, che si lascia amare dall'Amore del Padre, è libero per vivere, per amare. Ed è il cuore dell'uomo al di là di ogni razza, sesso, religione: il Vangelo liberato da strategie o dottrine, è annuncio liberante per il cuore di ogni uomo. "Acoltatemi tutti e comprendete bene": comincia così la missione univerale per i discepoli di Gesù, affidata oggi a noi.
Omelia di mons. Gianfranco Poma
Il luogo del cuore
Secondo la tradizione degli antichi - Quando dividiamo l'atteggiamento degli uomini tra tradizione e progresso combiniamo un gran guaio perché non possiamo parlare dell'una senza l'altra. È la tradizione che fa progredire e il progresso si fonda sulla tradizione, i problemi nascono quando vorremmo accelerare o bloccare questa dinamica nella assolutizzazione della novità che esplode dal nulla o nella cristallizzazione dell'antico come immutabile. Il nuovo e l'antico fanno parte dello stesso tesoro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52).
L'espressione "abbiamo sempre fatto così" non corrisponde alla realtà di una storia che con lentezza e rapidità cammina avanti, storia in cui Dio continua a rivelarsi. Perché non c'è un luogo deputato all'incontro con Dio, mentre è nel tempo che la sua Parola prende corpo e diventa viva.
Il comandamento di Dio - Fossilizzata nel tempo la Parola di Dio diventa parola di uomini che Gesù chiama in modi diversi: tradizioni degli antichi (vv.3 e 5), cose per tradizione (v.4), dottrine che sono precetti di uomini (v.7), tradizione degli uomini (v.8), la vostra tradizione (v.9), tradizione che avete tramandato voi (v.13), ben sette volte per affermare una realtà che si contrappone al comandamento di Dio (vv.8 e 9) e la Parola di Dio (v.13).
C'era una mole enorme di precetti e di divieti che avrebbero dovuto garantire l'osservanza della legge, nei fatti discriminavano il popolo allontanando le persone semplici da Dio; un sistema opprimente toglieva libertà al pensiero e al comportamento delle persone che tentavano di vivere religiosamente.
Dovremmo costantemente, e forse anche ossessivamente, domandarci se i nostri pensieri, le norme del nostro vivere nella società e nella Chiesa non siano dedotti dalla nostra razionalità, dalla nostra scienza, da filosofie più o meno accreditate piuttosto che dalla Parola del Vangelo.
Non siamo esenti dal pericolo di nasconderci dietro una religiosità per non metterci in discussione, o dietro a regole e precetti, anche pesanti da osservare, che sembrano capaci di esonerarci dalla fatica di una fede matura; fa impressione immaginare quanti cattolici praticanti e quanti religiosi hanno perso il senso della misericordia di Dio e i suoi frutti!
Nella sua radicale autenticità il Vangelo supera ogni legge umana (giuridica, morale, religiosa, affettiva) per rendere l'uomo libero e vivo: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti (Mt, 8, 21).
Quelli che non seguono soltanto Gesù, senza girare indietro la testa, senza guardare nient'altro che lui solo, Gesù li chiama morti, tanto sono lontani dalla verità, tanto sono lontani dalla vera via!... (C. de Foucauld, Opere Spirituali).
Soltanto i vivi sono liberi. Eppure la libertà fa paura, l'uomo libero fa paura a se stesso e al prossimo.
Dal cuore degli uomini - Punto cruciale della questione, ma anche il luogo della soluzione è il cuore degli uomini, nodo decisivo di ogni storia e di ogni persona. Perché è dal cuore degli uomini, escono i propositi di male... l'elenco che il vangelo ci lascia è lungo. Eppure il ventaglio dei mali che umiliano le relazioni tra le persone continua a accrescere di nuove sfaccettature, cerca percorsi nuovi, si manifesta con aspetti impensabili.
La verità non è ciò che appare discriminante per l'uomo, anzi la diversità e la pluralità delle cose e delle persone che rende ricco e piacevole l'universo, l'unica discriminante è l'interiorità dell'uomo che seleziona, cataloga, giudica, divide... è l'azione propria del diavolo (diaballo colui che divide).
A Gesù interessano le persone: guarda al cuore degli uomini prima che ai suoi atteggiamenti. Quella Legge che Gesù non ha intenzione di abolire, ma a dare pieno compimento (Mt 5,17), deve passare attraverso il cuore dell'uomo, senza il cuore non ci sono abluzioni e regole, riti e celebrazioni che servano. Il cuore dell'uomo capace di generare una coscienza viva e responsabile, capace di pensieri e sentimenti, di progetti e decisioni, è l'unico luogo dove si vive la relazione con Dio.
Omelia di don Luciano Cantini
Liturgia e Liturgia della Parola della XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) 30 agosto 2015
tratto da www.lachiesa.it