9 agosto 2015 - XIX Domenica del Tempo Ordinario: se ci nutriamo di Cristo, Egli ci abita e la sua parola opera in noi
News del 08/08/2015 Torna all'elenco delle news
I giudei si misero a mormorare perché aveva detto: io sono il pane disceso dal cielo, il pane della vita. Dio è disceso dal cielo, il mondo ne è gravido. È dentro di te, intimo a te come un amante, disciolto in te come un pane dentro la bocca.
Il perno della storia è la discesa di Dio, discesa che continua per mille strade. Dio, il vicino-lontano, "Colui-che-viene" è in cammino verso ciascuno: se lo accogli, ti abita il cuore, la mente, le parole, e li nutre di cielo.
C'è un segreto gioioso nascosto nel mondo e Dio te lo svela: il cibo che sazia la tua fame di vita e di felicità esiste. Non sprecare parole a discutere di Dio, puoi fare di meglio: tuffati nel suo mistero. Cerca pane vivente per la tua fame. Pane vivente che cambia la qualità della tua vita, le dà un colore divino. Non accontentarti di altri bocconi, tu sei figlio di Dio, figlio di Re. Prepàrati allo stupore e alla gioia dell'inedito: un rapporto d'amore al centro del tuo essere e nel cuore del mondo.
Il brano del Vangelo di oggi è riempito dal verbo mangiare. Un gesto così semplice e quotidiano, così vitale, pieno di significati, ma il primo di tutti è che mangiare o no è questione di vita o di morte.
Il Pane che discende dal cielo è Dio che si pone come una questione vitale per l'uomo: davanti a te stanno la vita e la morte. Scegli dunque la vita (Deut 30,19).
Ciò che mangi ti fa vivere e tu sei chiamato a vivere di Dio. Non solo a diventare più buono, ma a nutrirti di un Dio che ti trasforma nell'intimo dolcemente e tenacemente. E mentre ti trasforma in lui, ti umanizza: più Dio in te equivale a più io.
I Padri Orientali la chiamano "divinizzazione", "theosis"; e Dante la trascrive con il potente verbo "indiarsi": diventare figli, della stessa sostanza del Padre.
Assimilare la vita di Gesù non significa solo Eucaristia, non si riduce a un rito, ma comporta una liturgia continua, un discendere instancabile, a ogni respiro, di Cristo in me. Vuol dire: sognare i suoi sogni, respirare l'aria limpida e fresca del Vangelo, muoversi nel mare d'amore che ci avvolge e ci nutre: "in Lui siamo, ci muoviamo e respiriamo" (Atti 17,28).
Chiediti: di cosa nutro anima e pensieri? Sto mangiando generosità, bellezza, profondità? Oppure mi nutro di egoismo, intolleranza, miopia dello spirito, insensatezza del vivere, paure?
Se ci nutriamo di Cristo, egli ci abita, la sua parola opera in noi (1Ts 2,13), dà forma al pensare, al sentire, all'amare.
Se accogliamo pensieri degradati, questi ci fanno come loro. Se accogliamo pensieri di Vangelo e di bellezza, ci renderanno uomini e donne della bellezza e della tenerezza, le due sole forze per cui questo mondo sarà salvato.
Omelia di padre Ermes Ronchi
La forza dell'eucaristia che ci fa scalare le montagne della vita e della santità
Per la terza domenica consecutiva ci viene presentato, nel capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, il tema del pane della vita, che è Gesù Cristo stesso. Questa insistenza della parola di Dio su questo argomento sta a significare la centralità del tema del discorso del pane di vita nell'insegnamento d Gesù, recepito dall'apostolo prediletto, Giovanni, e inserito nel testo del suo vangelo, il quarto, quello che viene classificato come teologico e non cronologico. Infatti, in questo vangelo troviamo sistematiche riflessioni di carattere filosofico e teologico che non troviamo nei sinottici. Il tema del pane della vita, già presente, in modo consistente, nell'Antico Testamento, viene riscoperto e rilanciato nei discorsi di Gesù e che Giovanni inserisce nel suo testo, che è un inno di amore verso Gesù Redentore, Messia, Il Logos de Padre, il Verbo Incarnato, il Figlio di Dio, venuto a salvare l'umanità con la sua passione, morte e risurrezione. Nella prima lettura di oggi, di questa XIX Domenica del tempo ordinario dell'anno liturgico, il profeta Elia viene sostentato dal pane che il Signore gli dona attraverso l'intervento del suo messaggero celeste. Elia è stanco della vita e della missione e chiede di morire, piuttosto che vivere e continuare in quella sua impossibile missione in nome di Dio. Ma il Signore gli dona forza e lo incoraggia per continuare a camminare fino al Monte Oreb, il monte della preghiera e della contemplazione, il monte della difesa della fede. Ed Elia, oltre ad essere un uomo di Dio e di preghiera, pienamente consegnato alla volontà di Dio, è anche il difensore della fede del popolo d'Israele. Con il pane del Signore, Elia si rialza dalla sua stanchezza fisica e spirituale e riprende il cammino, nonostante le sue personali difficoltà e resistenze. La forza del pane del cielo, ci aiuta comunque a superare le difficoltà del momento e ci sostiene in quel progetto di santità personale, che nessuno può abbandonare per andare dietro a falsi dei e concezioni della vita. Anche noi, sull'esempio di Elia, ci dobbiamo far sostenere dal Padre celeste e pane del cielo, per le nostre quaresime, che sono tante, per l'intera nostra esistenza umana, che ha una meta chiara da raggiungere che è l'eternità, il monte della santità, la collina della gioia, il prato della felicità. Non dimentichiamo le parole di Gesù, del brano del vangelo di oggi, che devono essere il motto costante e lo slogan del nostro vivere da veri cristiani. Il riferimento all'eucaristia è evidente in questo brano e in tutto il capitolo sesto del quarto vangelo. Ma è evidente che il vero pane è entrare in comunione con il Signore, mediante il dono della fede. La fede ci immette nel cammino che porta alla felicità vera in questa vita e per l'eternità.
La preghiera che la chiesa rivolge a Dio oggi, all'inizio della messa, è diretta ed esplicita e si inquadra nei testi biblici che ascoltiamo: "Guida, o Padre, la tua Chiesa pellegrina nel mondo, sostienila con la forza del cibo che non perisce, perché perseverando nella fede di Cristo giunga a contemplare la luce del tuo volto".
San Paolo Apostolo, nella splendida lettera scritta ai cristiani di Efeso e che stiamo leggendo in queste domeniche, ci ricorda cose importanti da fare per essere buoni, veri e sinceri cristiani, soprattutto oggi, in un contesto in cui la fede in Dio e in Cristo è messa in discussione e la Chiesa è vista, da molti, ma non da tutti, come un elemento negativo. Noi, alla luce di questa saggia parola dell'Apostolo comprendiamo bene il da farsi e come regolarci nella nostra vita quotidiana da cristiani. Prima e fondamentale cosa che dobbiamo fare è quella di rattristare lo Spirito del Signore. Noi siamo facili a far soffrire Dio che tanto ci ama e ci guida. Altri fondamentali atteggiamenti che dobbiamo necessariamente assumere, non per mera convenienza, ma perché è l'essenza del comportamento di ogni vero credente sono i seguenti: eliminare ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Al contrario dobbiamo essere benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandoci a vicenda come Dio ci ha perdonato in Gesù Cristo". Infine, ci dobbiamo sforzare nel dare il buono esempio e nell'imitare di Cristo, ma anche nell'imitarci reciprocamente nelle cose buone da fare e non certamente nelle cose cattive ed immorali. Spesso si segue il cattivo esempio e non tanto volentieri il buono esempio.. In poche parole, dobbiamo camminare nella carità. E il nostro modello di carità e di amore è Gesù Cristo che "ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore". Forse è davvero il momento di riprendere tra le nostre mani quel celebre libretto di formazione cristiana "L'imitazione di Cristo" e attuare i consigli spirituali, ascetici, morali, relazionali per essere buoni imitatori di colui che è il modello unico e insostituibile per ogni cristiano, che è Gesù Cristo.
Sia questa la nostra umile preghiera che rivolgiamo al Signore con tutto il nostro cuore.
Dio, Tu che sei Amore,
dona a noi uno sguardo di carità
che si estenda all'intera umanità.
Non abiti nel nostro cuore
alcun sentimento di odio o cattiveria
ma tutto, nella nostra vita,
sia espressione di un amore senza limiti.
Dio, Tu che sei carità,
insegnaci ad amare con cuore retto e sincero
ogni uomo e donna di questa terra,
senza pregiudizi o posizione critica
nei confronti di chi non è con noi o come noi.
Dio, Tu che sei amore infinito,
metti nelle nostre parole e nelle nostre azioni
pensieri e gesti che siano attenzione
e sensibilizzazione verso i più poveri
e bisognosi del mondo.
Dio, Tu che sei amore provvidente,
non far mancare a nessuno il tuo aiuto,
soprattutto nel tempo dell'aridità,
materiale e spirituale,
quando il desiderio di Te
non trova risposta al di fuori di Te.
Dio, Tu che sei amore che si dona,
libera il nostro cuore dai legacci dell'egoismo
e dalla concentrazione sul nostro io.
Fa' che ogni nostra azione sia espressione
di amore, attenzione e predilezione
per il prossimo più prossimo,
quello che incrociamo lungo le strade
della nostra vita quotidiana.
Dio, Tu che sei l'agape eterna,
accogli nella gioia del tuo regno
tutti coloro che hanno vissuto con amore,
per amore e nell'amore su questa terra,
prendendo ad esempio
il tuo Figlio prediletto,
nel quale Ti sei compiaciuto dall'eternità.
Dio, che sei l'amore, donaci amore,
ora e sempre,
e facci partecipi dell'agape eterna
insieme a Maria ed a tutti i santi del cielo. Amen.
Omelia e Preghiera di padre Antonio Rungi)
Il dono del Padre contro lo sconforto
Nel brano evangelico di oggi (Giovanni 6,41-51) continua l'insegnamento di Gesù, rivolto a quanti l'hanno seguito a Cafarnao, dopo avere beneficiato della moltiplicazione dei pani e dei pesci. All'auto-rivelazione di lui ("Io sono il pane disceso dal cielo"), sentita domenica scorsa e ripresa oggi, i suoi ascoltatori restano sconcertati e si chiedono: "Costui non è forse il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre; come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?" Ma Gesù ribadisce: "Chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita, il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno".
E' già chiaro - lo sarà più avanti ancora meglio - il riferimento all'Eucaristia. E per spiegarne la portata egli riprende il confronto con quello che gli ebrei chiamavano il pane dal cielo, la manna che nel deserto aveva nutrito gli antenati, liberati dalla schiavitù dell'Egitto: "I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; io sono il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia". Gesù stesso stabilisce così una sorta di parallelo tra il "pane del cielo" dell'antico testamento e quello del nuovo: un parallelo in cui l'antico preannuncia il nuovo, e anzi trova nel nuovo il suo senso pieno, il suo compimento, la sua perfezione.
Un preannuncio dell'Eucaristia nell'antico testamento è anche nell'episodio che costituisce la prima lettura di oggi (1Re 19,4-8). Riguarda il profeta Elia, vissuto nell'antico regno dissidente d'Israele, colto in un momento di sconforto: dopo tante lotte, tanti rischi, tante imprese memorabili per ricondurre a Dio un popolo ribelle, egli deve costatare il proprio fallimento: tutti preferiscono seguire le false, ma facili e comode divinità pagane. Allora il profeta se ne va; si inoltra nel deserto, si corica sotto una ginestra e chiede a Dio di farlo morire; ma Dio interviene, mandandogli pane e acqua con l'ordine di proseguire il cammino, che lo porterà all'incontro diretto con lui.
Lo sconforto di Elia riflette quello che prima o poi tanti provano: delusione, sfiducia, amarezza, coscienza dei propri limiti, voglia di gettare la spugna in quel match senza fine che a volte sembrano, uno dopo l'altro, i giorni dell'uomo. Ma quando avviene così, è perché ci si dimentica degli aiuti di Dio: la sua Parola, le sue promesse, la certezza che egli è sempre con i suoi e offre a loro sostegno il vero "pane dal cielo".
Elia, come gli ebrei con la manna, come la folla per la quale Gesù ha moltiplicato i pani e i pesci, ha ricevuto un cibo materiale, concesso "una tantum" in circostanze particolari. Ma quanto più grande è il nutrimento spirituale! Eppure esso non è appannaggio di qualche privilegiato: è disponibile per chiunque lo voglia ricevere, e non una volta sola, ma sempre, per quanto possa durare il viaggio sino alla meta.
L'Eucaristia è anche il sostegno indispensabile a realizzare quel ritratto del cristiano ideale che l'apostolo Paolo traccia a beneficio dei cristiani di Efeso e di tutti gli altri, di allora come di oggi (seconda lettura, Efesini 4,30-5,2). Dice così: Fratelli, "non vogliate rattristare lo Spirito Santo... Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi (per i meriti di) Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi".
Quello dell'apostolo è un ritratto duplice: prima delinea come il cristiano non deve essere, per non rattristare il Signore (che bella motivazione!); poi il positivo, per suggerire come vivere nell'amore, imitando l'amore di Cristo per noi. Non c'è da dire nulla di più.
Omelia di mons. Roberto Brunelli
Liturgia e Liturgia della Parola della XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) 9 agosto 2015
tratto da www.lachiesa.it