La beatitudine della santità

News del 31/10/2009 Torna all'elenco delle news

La liturgia della Festa di Tutti i Santi ci propone il Vangelo delle beatitudini: i santi sono coloro che hanno vissuto lo spirito di questa famosa ma sempre misteriosa pagina evangelica.
I santi sono poveri in spirito. Attingono la loro forza non da se stessi, dalle proprie ricchezze e risorse di qualunque genere, ma unicamente dal Signore.
I santi sono afflitti. Sentono i problemi del Regno e li soffrono come propri. Non si installano soddisfatti del loro piccolo mondo, ma - in sintonia coi sentimenti di Cristo - avvertono come sofferenza tutto quello che, dappertutto, va contro il progetto di Dio.
I santi sono miti. Non ricorrono alla violenza, di nessun tipo, ma affidano fiduciosi la loro causa a Dio. Rispettano gli altri, non cercano di dominarli, di assoggettarli ai loro progetti e vantaggi.
I santi hanno fame e sete di giustizia. Non sono paghi, sentono il bisogno di un di più; non un "di più" di cose, beni, potere, etc..., bensì di "giustizia", cioè, biblicamente, di santità, la giustizia di fronte a Dio.
I santi sono misericordiosi. Si sanno salvati dall'amore gratuito del Padre, e si fanno strumento di questa misericordia prolungandola sugli altri.
I santi sono puri di cuore. Hanno bruciato tutti gli idoli, si danno senza riserve a Dio, non "zoppicano da entrambi i piedi", non cercano di tenere il piede in due staffe, di dare un colpo al cerchio e uno alla botte.
I santi sono operatori di pace. Le loro azioni, parole, il loro modo di essere contribuisce a quella situazione di benedizione, di vita abbondante, positiva, di fraternità, che la Bibbia chiama "shalom", pace.
I santi sono perseguitati per la giustizia. Decisamente schierati per il Regno, trovano ostilità e opposizioni che non incontrerebbero se pensassero semplicemente ai propri affari. Questa persecuzione, però, è il segno che sono dalla parte di Cristo.
Questa la vita dei santi, una vita "beata". Non semplicemente "felice": non si tratta di una felicità umana - la si persegue con ben altri mezzi -, ma della condivisione (sia pure in forma germinale) della beatitudine eterna e infinita del Padre, del Figlio e dello Spirito.
Questa la chiamata battesimale, la nostra. Affrettiamo nella speranza il nostro cammino verso la patria comune, la Gerusalemme celeste, pellegrini sulla terra nello spirito delle beatitudini.

Testo di don Marco Pratesi

Nelle Beatitudini la regola della santità

Non ci stanchiamo mai di ascoltare le nove beatitu­dini, anche se le sappia­mo bene, anche se certi di non ca­pirle. Esse riaccendono la nostal­gia prepotente di un mondo fatto di bontà, di non violenza, di sin­cerità, di solidarietà. Disegnano un modo tutto diverso di essere uomini, amici del genere umano e al tempo stesso amici di Dio, che amano il cielo e che custodiscono la terra, sedotti dall'eterno eppu­re innamorati di questo tempo difficile e confuso: sono i santi.
La storia si aggrappa ai santi per non ritornare indietro, si aggrap­pa alle beatitudini. Beati i miti perché erediteranno la terra, sol­tanto chi ha il cuore in pace ga­rantisce il futuro della terra, e per­fino la possibilità stessa di un fu­turo. Nell'immenso pellegrinag­gio verso la vita, i giusti, coloro che più hanno sofferto conducono gli altri, li trascinano in avanti e in al­to. Lo vediamo dovunque, nelle nostre famiglie come nella storia profonda del mondo: chi ha il cuore più limpido indica la stra­da, chi ha molto pianto vede più lontano, chi è più misericordioso aiuta tutti a ricominciare.
Dio interviene nella storia, an­nuncia e porta pace. Ma come in­terviene?
Lo fa attraverso i suoi a­mici pacificati che diventano pa­cificatori, attraverso gli uomini delle beatitudini.
Il Vangelo ci presenta nelle beati­tudini la regola della santità; esse non evocano cose straordinarie, ma vicende di tutti i giorni, una trama di situazioni comuni, fatiche, speranze, lacrime: nostro pa­ne quotidiano. Nel suo elenco ci siamo tutti: i po­veri, i piangenti, gli incompresi, quelli dagli occhi puri, che non contano niente agli occhi impuri e avidi del mondo, ma che sono capaci di posare una carezza sul fondo dell'anima, sono capaci di regalarti un'emozione profonda e vera. E c'è perfino la santità delle lacrime, di coloro che molto han­no pianto, che sono il tesoro di Dio.
Le beatitudini compongono no­ve tratti del volto di Cristo e del volto dell'uomo: fra quelle nove parole ce n'è una proclamata e scritta per me, che devo indivi­duare e realizzare, che ha in sé la forza di farmi più uomo, che con­tiene la mia missione nel mondo e la mia felicità. Su di essa sono chiamato a fare il mio percorso, a partire da me ma non per me, per un mondo che ha bisogno di e­sempi raccontabili, di storie del bene che contrastino le storie del male, di cuori puri e liberi che si occupino della felicità di qualcu­no. E Dio si occuperà della loro: «Beati voi!». 

Testo di padre Ermes Ronchi 
 

nesso tra le letture

Foglietto della Messa di domenica 1 novembre 2009

Liturgia della Parola di domenica 1 novembre 2009

tratti da www.lachiesa.it