Seguire Cristo "lungo la strada"
News del 24/10/2009 Torna all'elenco delle news
I testi liturgici di questa XXX domenica del Tempo Ordinario mettono in risalto l'efficacia di Dio nella sua azione con gli uomini.
Dio è efficace facendo ritornare dall'esilio alla patria anelata numerosi figli di Israele (prima lettura). Gesù Cristo, con il potere efficace di Dio, concederà la vista al cieco Bartimeo che vince qualsiasi ostacolo, pur di vedere realizzato il suo grande desiderio di vedere (Vangelo). L'efficacia salvifica di Dio si mostra in modo speciale in Cristo, sommo sacerdote, che trae fuori gli uomini dall'ignoranza e dal dolore, e li libera dai loro peccati.
Un Dio efficace per amore. Efficace è colui che raggiunge, per strade giuste, con i migliori mezzi e nel minor tempo possibile, tutto ciò che si propone. Questa è una definizione accettabile per la mentalità comune. Però l'efficacia di Dio risulta non poche volte sconcertante. Perché nessuno dubita del fatto che Dio sia efficace, ma i modi e i tempi dell'efficacia divina seguono percorsi estranei a quelli umani.
Molte volte le vie giuste per Dio non sono giuste per gli uomini, e viceversa. Ai giudei non dovette sembrare una via giusta l'esilio di Babilonia, ma lo fu per Dio, che così manifestò la forza del suo amore e della sua misericordia facendoli ritornare alla loro patria, perché "io sono per Israele un padre, ed Efraim è il mio primogenito" (prima lettura).
Salire a Gerusalemme è bello, ma farlo in compagnia di Gesù che lì troverà la croce e la morte, sfida inevitabilmente le nostre categorie umane e la nostra volontà di sequela. Tuttavia, non c'è alcun dubbio che sulla croce rifulga la forza divina dell'amore, e l'amore potente del Redentore. Tale efficacia misteriosa dell'amore redentore continua viva e vivificante nel corso dei secoli fino ai nostri giorni. Ai primi cristiani dovette sembrare alquanto sorprendente che Gesù, in quanto sommo sacerdote, non provenisse dalla tribù di Levi. Ma così l'efficacia divina brillò con nuovo fulgore, costituendo Gesù Cristo non soltanto come sommo sacerdote del popolo giudaico, ma dell'intera umanità, alla maniera di Melchisedec.
Nella vita non c'è nulla più efficace dell'amore, e Dio è Amore. Ma l'efficacia dell'amore, più che con la pura ragione, si scopre con l'amore puro e sincero. I requisiti dell'efficacia divina. La liturgia di questa domenica ce ne indica alcuni.
Gli esuli di Babilonia non potevano dimenticare le meraviglie di Dio nella storia del loro popolo. Dio aveva mostrato la forza del suo braccio nell'Esodo e nella conquista della terra promessa. Essi credono e confidano che Dio tornerà ad agire efficacemente in loro favore, anche se non sanno quando né come. Bartimeo ha una fede immensa che Gesù, il Messia discendente da David, possa guarire la sua cecità; per questo grida senza alcun timore e con audacia: "Gesù, Figlio di David, abbi pietà di me". I giudei credevano che Dio avesse concesso al sommo sacerdote, nella festa dello Yom Kippur, il potere di perdonare i peccati di tutto il popolo. E noi cristiani crediamo con assoluta sicurezza che Gesù Cristo, nostro sommo sacerdote, distrusse sulla croce i peccati del mondo. È impossibile che Dio manifesti la sua efficacia in chi non crede in essa.
- Sentirsi bisognoso della forza di Dio
I giudei nell'esilio sapevano molto bene che da soli non avrebbero potuto essere rimpatriati. Bartimeo era ben cosciente che nulla avrebbe potuto fare per recuperare la vista. Gli ebrei, e anche noi cristiani, siamo convinti che soltanto Dio può perdonare i peccati. Chi è autosufficiente e non sente la necessità della forza di Dio, non potrà mai essere testimone della sua efficacia nella vita degli uomini e nella storia.
Se accettiamo l'efficacia divina nella nostra vita, dobbiamo accettare l'essere coerenti con le sue esigenze. Cioè, come cristiani, dobbiamo essere una specie di "vetrina" dell'azione efficace di Dio in noi. Gli esuli di Babilonia si mettono in cammino verso la Palestina, Bartimeo segue Gesù sulla strada per Gerusalemme, i cristiani non soltanto sono stati redenti da Cristo sommo sacerdote, ma vivono come redenti.
Signore, che io veda! Il cieco Bartimeo è figura e simbolo dei discepoli di Gesù in quel momento storico, in cui Gesù passò per Gerico, e in tutti i tempi. Di fronte al mistero della croce e della morte ignominiosa, noi cristiani esperimentiamo con non poca frequenza la cecità di Bartimeo, il suo immobilismo, la sua indigenza. "Bartimeo, un mendicante cieco, seduto vicino alla strada". Quanti "Bartimeo" nel nostro tempo davanti al grande mistero della passione e del dolore innocente!
C'è molta cecità negli uomini di fronte l'ingiustizia della sofferenza, come se il non soffrire fosse la vetta della perfezione umana. A molti i piedi si fanno di piombo davanti alla sola idea di camminare con Cristo verso la città del dolore e della morte.
Restiamo immobili nel territorio del nostro ego, troppo svogliati per metterci in cammino verso la terra del dolore altrui. Siamo indigenti, immensamente indigenti che qualcuno - o, meglio, Qualcuno - ci apra gli occhi e ci strappi alla nostra immobilità.
Cristiano è colui che non ha paura della sofferenza. Chi dice con medesima decisione "sì" alla salute e al benessere, e "sì" alla sofferenza e alla tribolazione. Perché il sì del cristiano è un sì al mistero di Dio-Amore, e per quelli che amano Dio tutte le cose contribuiscono al loro bene. Magari il Signore conceda a tutti noi cristiani di ripetere qualche volta: "Signore, che io veda!". Perché vedendo io creda, e credendo segua fermamente i tuoi passi verso la croce.
Seguire Cristo. Cristiano è colui che crede in Cristo e cammina dietro alle sue orme. La sequela di Cristo non è la sequela di una dottrina, per esempio quella pitagorica, quella di Aristotele o di Zenone. Cristiano non è neppure chi segue un cammino di vita tracciato in pagine imperiture, allo stile dei grandi maestri di morale d'Oriente e Occidente. Cristiano è colui che segue una persona, la persona di Gesù di Nazareth. Più ancora, cristiano è chi presta a Gesù Cristo la sua natura umana per farsi presente nella storia, nell'oggi di ogni giorno. In altre parole, essere cristiano è essere trasparenza di Cristo per gli altri, lasciarsi interpretare da lui. Siamo, noi cristiani, trasparenza di Cristo? Sei tu trasparenza di Cristo nella tua famiglia, nella tua parrocchia, tra i tuoi amici? O sei piuttosto una deformazione di Cristo? Prendere sul serio la nostra vocazione cristiana è stato un imperativo storico fin dagli inizi del cristianesimo. Che posso fare io, per essere trasparenza di Cristo in ogni luogo e circostanza? Costruiamo una catena di trasparenze di Cristo affinché il mondo, il nostro mondo, sia salvato dall'unico Salvatore.
Testo di Totustuus
tratto da www.lachiesa.it