Tocca a me...

News del 24/10/2009 Torna all'elenco delle news

Rabbunì, che io riabbia la vista.

Se in qualche modo avete elevato il vostro intimo per vedere il Verbo, e, abbagliati dalla sua luce, siete ripiombati nei comuni pensieri mortali, pregate il medico che vi dia un collirio efficace, e cioè i precetti della giustizia.
Sant'Agostino

Come vivere questa Parola?
Immediatamente prima di questa risposta data dal cieco Bartimeo, Gesù aveva chiesto: "Che cosa vuoi che io faccia per te?". Come dice qualche acuto commentatore del vangelo di Marco, questa è la domanda fondamentale che Gesù pone anche a noi, oggi, attraverso tutto il suo insegnamento.
 

A noi dunque il far nostra la risposta di Bartimeo che è uno di noi a tal punto da non avere un suo nome proprio. Infatti Bartimeo significa solo: figlio di Timeo. E che cosa significa chiedere di riacquistare la vista? Sostanzialmente vuol dire prendere coscienza di quello sguardo interiore che è l'illuminazione battesimale. Solo se ci risvegliamo a questa possibilità di "occhi nuovi", di occhi che vedono cristianamente tutta la realtà: quella visibile e quella invisibile, noi entriamo in una dimensione di vita vera, profonda e ampiamente pacificata.
Il verbo "che io veda" nell'originale greco è "anablébo" che significa "guardare in alto" o "vederci di nuovo". Sì, vedere nuovamente il Signore come fonte del mio vivere, sorgente della mia pace e della mia gioia: questo conta per me.
Il resto è corollario, derivazione. La fede-illuminazione battesimale è guardare in alto: al Crocifisso Risorto che mi libera da ogni vero male e mi indica la pace in questa vita e la felicità piena nell'altra.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi soffermo a esercitare in pace la mia vista. Posso guardare questo albero fuori dalla finestra, lo identifico come un albicocco. Lo guardo da un punto di vista utilitario e penso che, potato, darà buoni frutti alla comunità. Lo contemplo da un punto di vista estetico e godo dello svariare dei rami alla brezza e della doratura variegata di alcune foglie. Lo guardo con gli occhi interiori illuminati e lo percepisco "dono", ricapitolato con tutto ciò che vive, in un'armonia di cui Cristo è il centro.

Signore Gesù, aprimi gli occhi del cuore e sarò illuminato per contemplare le meraviglie del tuo amore.

Testo di Eremo San Biagio


Tocca a me....

Quello del cieco è l'ultimo dei miracoli raccontati nel Vangelo di Marco. Ultimo e definitivo: la guarigione dalla cecità. Il Rabbi di Nazareth si prepara ad entrare a Gerusalemme (Mc 11,1ss) e gli occhi dei discepoli si devono aprire per riconoscere la novità inaudita del Messia Crocifisso. Proprio per questo l'evangelista sembra descrivere non solo il racconto di una guarigione, ma anche il prototipo del discepolo e del suo cammino: l'ascolto (v.47), l'invocazione e la preghiera (vv.47-48), la chiamata (v.49), l'incontro personale con Gesù (vv. 50-52a) e la sequela (v.52b).
Interessante è anche sottolineare tutta la dimensione fisica della sequela. L'esperienza della fede non è solo questione di testa, infatti troviamo gli orecchi che ascoltano (v.47), la bocca per gridare e pregare (vv.47-48), le mani per liberarsi del mantello (v. 50a), i piedi per correre da Gesù (v. 50b) e gli occhi per vederlo e seguirlo (vv. 51-52).

Ripenso ai poveri Giacomo e Giovanni, usciti ben ammaccati dal colloquio della scorsa settimana con Gesù. Alla loro spavalda richiesta, il Rabbì di Nazareth aveva risposto con una contro-domanda: "Che cosa volete che io faccia per voi?" (v. 36). La stessa identica domanda la troviamo oggi, rivolta al cieco.
Certo, può suonare strano che Gesù chieda ad un cieco che cosa vuole che faccia per lui. In realtà questa domanda è davvero fondamentale, non solo nell'incontro con Bartimeo, ma in tutto lo svolgersi del Vangelo e della nostra vita di discepoli.
Tutti noi abbiamo desideri e li portiamo (spero!) davanti a Dio nella nostra preghiera. Il problema sta nel verificare se questi desideri sono maturati al sole dello Spirito oppure no. A volte incontro persone arrabbiate perché Dio non ha realizzato le loro richieste o i loro piani e spesso mi vien da pensare: per fortuna!
Molti cristiani si costruiscono dei gran progetti, mettono a fuoco le loro mete, impacchettano tutto e poi portano devotamente davanti al buon Dio le loro richieste, aspettando che Lui metta un bel timbro ed esaudisca le richieste con tempistiche svizzere. Un po' riduttivo, non vi pare?
Tutto il Vangelo è educazione del desiderio, per imparare alla luce della Parola cosa desiderare e chiedere. Gesù chiama i dodici a stare con Lui (Mc 3,14) proprio per inzuppare i loro cuori della logica nuova del Regno, per evangelizzare i loro desideri.

Rileggo tutto, e mi convinco che oggi, quella stessa domanda rivolta al cieco Bartimeo, è per me.
Tocca a me fare ordine nel cuore, evangelizzare i miei desideri e lasciarmi trasformare dalla Sua Parola.
Tocca a me rialzarmi dai miei nascondigli e uscire allo scoperto come Bartimeo. La sua voce mi chiama. Chi può resistere?
Tocca a me affrontare quella situazione che continuo a rimandare, donare quel perdono atteso o chiarire quella situazione ambigua.
Tocca a me riconoscermi cieco e lasciarmi guarire dalla potenza dello Spirito.
Pronto?

Testo di don Roberto Seregni 

tratti da www.lachiesa.it