Sono venuto per servire
News del 17/10/2009 Torna all'elenco delle news
Cosa spinge tanti uomini a 'farsi avanti', ad essere - secondo un gergo che va di moda - 'uomini o donne da copertina', 'di successo', e questo, non solo nel mondo dello spettacolo, ma nella politica, nell'economia e, incredibile anche solo a pensarlo, nella violenza, nel bullismo, nella criminalità organizzata o meno?
È venuto fuori che, considerate fondamentali per il 'successo', sono tre le sirene che attraggono irresistibilmente: il denaro, il potere, il piacere..
È difficile, quindi, sottrarsi al fascino di queste sirene e, se si ha l'occasione, ci lasciamo sedurre.
Una persona cosiddetta 'di successo' finisce sulla bocca di tutti, entra nella vita di tanti, può diventare un 'sogno' per molti. Poco importa se, per arrivare al successo, attraverso la ricchezza e il potere, si debbano percorre vie in cui si fa scempio di ogni rispetto alla giustizia, alla propria dignità morale e, soprattutto, a ogni sentimento di solidarietà.
Purtroppo molte volte il potere, il prestigio, in ogni campo sociale, esigono di porre il proprio interesse e profitto come principio insindacabile, da non mettere mai in discussione.
Anche se è un principio che ha come conseguenza un prezzo altissimo da pagare: masse di affamati, moltitudini di emarginati, schiere di disoccupati.
Prestigio, potere, ricchezza sono padroni senza cuore che esigono dagli altri un 'servizio' che rende abbietti, distruggendo la meravigliosa uguaglianza che solo l'amore, che è servizio, sa costruire.
Anche gli Apostoli, prima della Pentecoste, non ancora trasformati dallo Spirito Santo, ragionavano come noi uomini. Immaginavano, insomma, che, stando vicino a Gesù, sarebbero usciti dalla loro povertà e sarebbero divenuti uomini di potere e di prestigio.
Certamente, in quel momento, gli apostoli difficilmente avranno capito la risposta di Gesù. Solo dopo la Pentecoste sarà per loro tutto chiaro... sino a dare la vita! E lo stile di vita di Gesù - 'essere servo di tutti' - dovrebbe essere lo stile di ogni cristiano... altro che assalto al prestigio e al potere! Affidiamoci alle parole di Paolo VI:
"Quando parliamo di servizio, ci sembra di notare una duplice reazione nell'uditorio: la prima abbastanza negativa. L'uomo moderno non vuole sentirsi servitore di nessuna autorità e di nessuna legge. L'istinto sviluppato in lui, di libertà, lo inclina al capriccio, alla licenza e persino all'anarchia. E in seno alla Chiesa stessa, l'idea di servizio, perciò di obbedienza, incontra molte contestazioni, anche in seminario.
Sarà bene ricordare che questa idea di servizio è costituzionale per lo spirito di ogni cristiano, e, tanto più, per il cristiano chiamato all'esercizio di una qualsiasi funzione: di esempio, di carità, di apostolato, di collaborazione, di responsabilità, e ciò specialmente nell'ambito ecclesiale, in cui la solidarietà, l'unità, l'amore, hanno esigenze di stimolante continuità.
Non dimentichiamo l'esortazione dell'Apostolo: 'Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo'. È certo che anche l'ufficio gerarchico (sacerdoti, parroci, vescovi, operatori) esiste per la comunità e non viceversa; e che la potestà nella Chiesa non è tanto per sovrastare quanto per giovare; non per il proprio prestigio, ma per l'altrui utilità". (marzo 1969)
Chi, come me, medita queste meravigliose parole di Gesù, che designa lo stile del cristiano, 'servire e non essere servito', sa come il servire è davvero la nostra identità.
A volte la gente vede in noi, parroci o vescovi, - anche per i nostri atteggiamenti - un'autorità cui inchinarsi come davanti a 'padroni' da servire. La realtà è o dovrebbe essere molto diversa. I fedeli devono poter vedere in noi solo la guida, in quanto siamo persone chiamate e scelte da Dio stesso per essere servi della Sua Grazia. La nostra 'autorità', infatti, è tale solo quando si tratta di guida al servizio del Vangelo, della Grazia, dell'unità nella comunità, ...tutto, sempre, solo, in spirito di servizio.
Ogni altro atteggiamento, che deturpa questo aspetto, offende la carità e l'umiltà.
Del resto sappiamo tutti che Gesù demolì la potenza e il prestigio umano fino all'umiliazione della croce, dove veramente si manifestò il nulla che siamo noi e il tutto che è Dio per noi nella Resurrezione. Ed è quello che afferma Isaia oggi:
"Il Servo del Signore è cresciuto come un virgulto davanti a Lui e come una radice in terra arida. Disprezzato e reietto dagli uomini, Uomo dei dolori, che ben conosce il patire.
Al Signore è piaciuto prostrarlo con i dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo, la volontà del Signore" (Is 53, 2-3).
Con Mons. Tonino Bello, preghiamo così Maria:
"Santa Maria, Donna del terzo giorno, donaci un poco di pace.
Impediscici di intingere il boccone traditore nel piatto delle erbe amare.
Liberaci dal bacio della vigliaccheria. Preservaci dall'egoismo.
E regalaci la speranza che, quando verrà il momento della sfida decisiva,
anche per noi, come per Gesù, Tu possa essere l'arbitro che omologherà la nostra vittoria".
Testo di mons. Antonio Riboldi, vescovo di
Internet: www.vescovoriboldi.it
email: riboldi@tin.it
L'identità del cristiano: vivere per servire
Vivere per servire: ecco un ideale davvero bello per un cristiano! Ogni autentico servizio, infatti, ha la sua radice nel mistero di Cristo che per salvarci « pur essendo di natura divina..., spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo » (Fil 2, 6-7). Gesù è venuto sulla terra per insegnarci a servire. Egli è il nostro modello. Durante l'ultima Cena, dopo la lavanda dei piedi, disse ai suoi discepoli: « Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi » (Gv 13, 12-15).
Conformarsi a Cristo significa, dunque, nelle situazioni in cui si vive e si lavora, saper dire con spontaneità: « Sono venuto per servire, non per essere servito » (cf. Mt 20, 28), « essere cioè sempre a disposizione per il bene degli altri », anzi, « diventare un bene per gli altri ». La differenza non è piccola: si tratta di passare dal fare qualcosa a favore dei fratelli, ad essere una persona per gli altri, come Gesù è « per noi ».
Questo modo di porsi in relazione a Dio e al prossimo dona alla vita una dimensione nuova: in qualunque stato ci si trovi — consacrati o laici, soli o sposati, sani o malati — sempre si ha una missione da compiere, quella di donarsi.
Per servire gli altri bisogna veramente farsi piccoli, umili, fino a sapersi inginocchiare davanti a loro, mettersi ai loro piedi. È difficile, perché il nostro io è duro a morire; ma in questo sacrificio non c'è tristezza, anzi proprio da esso scaturisce la vera gioia. Gesù stesso ha detto: « C'è più gioia nel dare che nel ricevere », e l'apostolo Paolo afferma: «Dio ama chi dona con gioia ». Queste parole di vita sono da ricordare sempre.
Chi si fa « servo » per amore di Cristo e dei fratelli si trova libero e felice di godere, insieme con tutti, il tesoro del Regno dei Cieli.
Come cambierebbe il mondo se ogni mattino ciascuno di noi si proponesse di rivestirsi di Cristo assumendone i pensieri e i sentimenti per riprodurne le opere; se con risolutezza ci mettessimo al lavoro come buoni operai dicendo: « Per me servire è regnare: oggi voglio cominciare a vivere così! ».
Testo di Madre Anna Maria Cànopi osb, Abbadessa del Monastero Mater Ecclesiæ, Isola san Giulio, Orta (No)