1 marzo 2015 - II Domenica di Quaresima: La fede ci trasfigura nel Cristo Redentore
News del 28/02/2015 Torna all'elenco delle news
Il vangelo della seconda domenica di Quaresima ci presenta Gesù che sale sul monte Tabor dove, davanti ai suoi tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, si trasfigura, cambia sembianze risplendendo ai loro occhi di luce incommensurabile e di una bellezza unica. La bellezza della gloria dei cieli, del paradiso, che gli apostoli possono contemplare ed assaporare in un modo tutto speciale al punto tale che di fronte a questa gioia e bellezza infinita chiedono al Signore, che si presenta in questa visione con Elia e Mosè, di restare per sempre lì, di continuare a vivere la bellissima situazione di pace che si presenta ai loro occhi. Ma non sarà possibile perché Gesù, dopo il monte Tabor, dovrà salire su un altro e non meno importante monte, quello del Calvario, dove offrirà la sua vita in riscatto dell'umanità e per ridare la pace nel mistero della redenzione del genere umano che si compie con la sua morte e risurrezione.
Il testo del Vangelo di Marco ci descrive con precisione questo momento di Gesù e degli apostoli, soprattutto la necessità di scendere da quel monte e andare verso Gerusalemme, dove verrà portato a compimento il mistero della salvezza dell'umanità. Il mistero della trasfigurazione di Cristo, inserito tra i misteri della luce nella recita del santo rosario da san Giovanni Paolo II, ci riporta all'altro momento fondamentale della vita di Gesù che è la sua morte in croce e la sua risurrezione. Tale mistero è congiunto a quello della glorificazione di Cristo sul calvario nel momento in cui Gesù muore sulla croce per noi. Ecco perché Gesù vuole che i tre apostoli conservino nel loro cuore la gioia contemplata sul monte Tabor, per attingere poi da essa la forza di continuare a seguire Cristo nel momento del dolore e della morte. Gesù si prepara e prepara gli apostoli allo scandalo della Croce. Li fortifica mediante il dono della preghiera e della contemplazione.
San Paolo apostolo lo sottolinea nel brano della lettera ai Romani che oggi leggiamo come seconda lettura della liturgia della parola. Gesù Cristo è morto per noi e che è risorto per noi sta alla destra di Dio Padre, ove continua a seguire con amore le sorti di questa umanità, non sempre in sintonia di cuore e di mente con il Salvatore. Per essere in tale sintonia abbiamo bisogno di una fede forte, sincera e coraggiosa che sappia guardare in faccia la realtà e leggerla alla luce di questo meraviglioso dono che abbiamo ricevuto dal Signore e che è la fede. Quella fede che ha caratterizzato la vita del patriarca Abramo che offrì in obbedienza alla voce di Dio il suo figlio Isacco, per essere padre di nuove generazioni di credenti. Il racconto della libro della Genesi ci insegna ad avere solo sete e fame del nostro Dio che è gioia.
Alcune importati e approfondite riflessioni sui testi della parola di Dio ci aiuteranno a capire il nostro mondo e quello degli altri e tutti insieme correre speditamente verso la pace.
In primo luogo siamo invitati in questa Quaresima a trasfigurarci mediante la fede in Gesù Cristo, cambiando il nostro modo di vivere, rinnovandoci dal profondo del nostro cuore, per far sì che questi santi giorni che il Signore ci dona da vivere, siano davvero promettenti di pace spirituale. Inoltre, non c'è rinnovamento se la nostra fede è tiepida e ferma nel suo progressivo cammino verso un maggiore e fiducioso abbandono in Dio. Infine, non ci può essere trasfigurazione se non ci facciamo aiutare da Cristo, dalla sua parola che è vita, dalla parola del Dio vivente che per sua natura ci porta a contemplare e a riflettere. Docili alla parola del Signore, attimo per attimo ci trasfigureremo per essere davvero nuove e rinnovate creatura, capaci di atti generosi come Abramo e soprattutto con la stessa potenzialità del Cristo che per amore nostro ha dato la sua vita sulla croce.
Sia questa, allora la nostra costante preghiera, in questo giorno del Signore: O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria. Amen.
Omelia di padre Antonio Rungi
Così il Signore ha sognato il volto dell'uomo
Dall'abisso di pietre al monte della luce, dalle tentazioni nel deserto alla trasfigurazione. Le prime due domeniche di Quaresima offrono la sintesi del percorso che la vita spirituale di ciascuno deve affrontare: evangelizzare le nostre zone d'ombra e di durezza, liberare tutta la luce sepolta in noi. In noi che siamo, assicura Gesù, luce del mondo. Guardate a lui e sarete raggianti e non avrete più volti oscuri, cantava il salmista.
Aveva iniziato in Galilea la sua predicazione con la bella notizia che il regno di Dio si è fatto vicino; convertitevi, diceva, e credete che Lui è qui e guarisce la vita. Oggi il Vangelo mostra gli effetti della vicinanza di Dio: vedere il mondo in altra luce e reincantare la bellezza della vita.
Gesù porta i tre discepoli sopra un monte alto. La montagna è la terra che penetra nel cielo, il luogo dove si posa il primo raggio di sole e indugia l'ultimo; i monti sono, nella Bibbia, le fondamenta della terra e la vicinanza del cielo, il luogo che Dio sceglie per parlare e rivelarsi. E si trasfigurò davanti a loro. E le sue vesti divennero splendenti, bianchissime. Anche la materia è travolta dalla luce. Pietro ne è sedotto, e prende la parola: che bello essere qui, Rabbì! Facciamo tre capanne. L'entusiasmo di Pietro, la sua esclamazione stupita: che bello! ci fanno capire che la fede per essere pane nutriente, per essere vigorosa, deve discendere
da uno stupore, da un innamoramento, da un "che bello!" gridato a pieno cuore. Avere fede è scoprire, insieme a Pietro, la bellezza del vivere, ridare gusto a ogni cosa che faccio, al mio svegliarmi al mattino, ai miei abbracci, al mio lavoro. Tutta la vita prende senso, ogni cosa è illuminata: il male e il buio non vinceranno, il fine della storia sarà positivo. Dio vi ha messo mano e non si tirerà indietro.
Ciò che seduce Pietro non è lo splendore del miracolo o il fascino dell'onnipotenza, ma la bellezza del volto di Gesù, immagine alta e pura del volto dell'uomo, così come lo ha sognato il cuore di Dio. Intuisce che la trasfigurazione non è un evento che riguarda Gesù solo, ma che si tratta di un paradigma che ci riguarda tutti e che anticipa il volto ultimo dell'uomo, è «il presente del nostro futuro» (come Tommaso d'Aquino chiama la speranza).
Infine il Padre prende la parola ma per scomparire dietro la parola del Figlio: «Ascoltate Lui». Sali sul monte per vedere e sei rimandato all'ascolto. Scendi dal monte e ti rimane nella memoria l'eco dell'ultima parola: Ascoltate Lui. Nostra vocazione è liberare, con gioiosa fatica, tutta la bellezza di Dio sepolta in noi. E il primo strumento per la liberazione della luce è l'ascolto della Parola.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Una prospettiva in un mondo feroce
Gli atti barbari della guerra in corso poco lontano dal nostro Paese, atti di una ferocia quale mai si era vista, spudoratamente ostentati e ancor più spudoratamente compiuti in nome di una fede religiosa, hanno indignato il mondo. Non pare che il mondo faccia molto, per evitare che si ripetano; quanto meno, tuttavia, quegli atti sollecitano i cristiani a guardarli in una prospettiva illuminata dalla Parola di Dio, ad esempio dalle letture della Messa di oggi.
Misterioso e insieme affascinante: così si presenta il fatto narrato nella pagina evangelica (Marco 9,2-10): "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime... E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù... Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: 'Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!'"
La liturgia celebra questo avvenimento con una festa propria, il 6 agosto: lo si ricorda anche oggi perché questa, come le altre letture della quaresima, suggerisce un percorso di preparazione alla Pasqua. Quale sia il suggerimento, lo si percepisce meglio se si considerano anche le due letture che precedono quella della trasfigurazione. La prima (Genesi 22,1-18) riferisce l'episodio della prova suprema cui fu sottoposta la fede di Abramo, capostipite degli ebrei ma anche, sul piano spirituale, di tutti gli altri credenti nell'unico vero Dio, cristiani compresi. A lui Dio ordinò di offrirgli in sacrificio il suo unico figlio: richiesta in sé terribile, aggravata dal fatto che Abramo, ormai vecchio, non poteva sperare di averne altri e dunque non capiva come Dio potesse mantenere la promessa di trarre da lui una numerosa discendenza. Malgrado ciò egli obbedì al comando divino, e già stava per immolare il piccolo Isacco quando Dio lo fermò: "Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito".
L'episodio rimanda spontaneamente al Crocifisso: Dio ha risparmiato il figlio di Abramo, mentre il proprio Figlio, anch'egli unigenito, non l'ha risparmiato! L'ha fatto per amor nostro, come ricorda la seconda lettura (Romani 8,31-34), che dal fatto trae una confortante conseguenza: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?... Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi".
Il richiamo alla risurrezione e alla gloria di Gesù sfocia nel vangelo di oggi. Per un momento egli mostra ai tre discepoli quel che di lui normalmente restava celato: la divinità, lo splendore della gloria e la sintonia col Padre suo. Con questa visione prepara i discepoli alla sua Pasqua, e glielo dice: "Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti". Il significato della croce sarebbe incomprensibile, anzi inaccettabile, se non si associasse all'altra faccia del mistero, la risurrezione. Di qui la scelta delle letture di oggi: nel cammino verso la Pasqua si incontrerà prima la passione e la morte di Gesù, da recepire però nella prospettiva dell'evento successivo, appunto la sua risurrezione.
Per il cristiano non può esserci un percorso diverso; anch'egli, come Gesù, si trova nella vita ad affrontare momenti di tribolazione e sofferenza, nei quali però non deve disperare, perché anche a lui è offerta la prospettiva della vita eterna. Un altro insegnamento è poi da sottolineare nell'episodio della trasfigurazione, quello insito nell'imperioso invito divino ("Questi è il Figlio mio: ascoltatelo!"). Se tutti lo accogliessero, fatti come quelli ricordati all'inizio non accadrebbero; anzi, tutto il mondo sarebbe migliore.
Omelia di mons. Roberto Brunelli
Liturgia e Liturgia della Parola della II Domenica di Quaresima (Anno B) 1 marzo 2015