22 febbraio 2015 - I Domenica di Quaresima: "Convertitevi e credete al Vangelo"

News del 20/02/2015 Torna all'elenco delle news

In questa prima domenica di Quaresima sembra che Gesù ci indichi come vivere il grande dono della Quaresima. Un tempo davvero di grazie che non può essere consegnato alla normalità, troppe volte senza senso.

E per ottenere che questo tempo, e non solo, sia vissuto bene, il Vangelo ci avverte:

"In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto ed egli vi rimase quaranta giorni, tentato da satana: stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni (Battista) fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il Vangelo di Dio, e diceva: 'Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo" (Mc. l, 12-15)

Un programma denso di significato, ma che Gesù riassume con due parole dal contenuto difficile ma innovativo: convertirsi e credere al Vangelo!

Ma sapremo, in ogni modo, pone al centro della nostra vita, in questo tempo santo, l'urgenza di una necessaria conversione, con la guida del Vangelo?

Lasciamoci condurre dalle parole a noi sempre preziose di Paolo VI.

"Dobbiamo dunque convertirci al Signore. Qui sarebbe necessaria un'analisi previa.

Che cosa vuol dire questa parola «conversione», alla quale la nostra mente moderna è così poco disposta, fino quasi a cancellarla dal dizionario stesso della vita spirituale?

Qual è il vero significato di tale richiamo?

A cominciare da quello etimologico, molto semplice, convertirsi vuol dire cambiare strada, scegliere una direzione, un indirizzo. Ebbene la Quaresima chiama tutti a rivolgersi a Dio; a tracciare fra noi e il Signore una linea diretta, quella completa attenzione che molte volte è distratta dalle cose profane, con le faccende quotidiane, gli affanni della vita.

Occorre, invece, che risplenda su tutta questa esperienza così complessa, talvolta confusa e talvolta non del tutto limpida, lo splendore del raggio di immediatezza che ci indica Iddio.

E non si tratta di muoverci verso di Lui materialmente, fisicamente: sarebbe già gran cosa, perché ciò implica la pratica degli esercizi che a Dio ci portano.

C'è assai di più. Sappiamo tutti che la parola «conversione» indica un senso di mutamento, di rivolgimento, di metànoia: il rinnovarsi, cioè. Ora ed è ciò che più conta - tale rivolgimento non tocca tanto le cose esteriori, le abitudini, le vicende a cui è legata la nostra esistenza, bensì, invece, la cosa tanto nostra, e tanto poco nostra: il cuore.

C'è non poco da cambiare dentro di noi: è necessario rimodellare la nostra mentalità; avere il coraggio di entrare fin nel segreto della nostra coscienza, dei nostri pensieri, e là operare un cambiamento. Questo, inoltre, deve essere così vivo e sincero da produrre - e siamo ancora al contenuto della parola «conversione» - una novità.

Qui sta l'esigenza prima del grande esercizio ascetico e penitenziale della Quaresima. Allora ci chiediamo: che cosa fare per ottenere un tale risultato e come comportarci?

La risposta è ovvia: entrare in se stessi, riflettere sulla propria persona, acquisire una nozione chiara di quel che siamo, vogliamo e facciamo; e, a un certo momento - qui la frase drammatica, ma risolutiva - convertire, rompere qualche cosa di noi, spezzare questo o quell'elemento che magari ci è molto caro ed a cui siamo abituati, sì da non rinunciarvi facilmente.

Il termine «conversione» entra in queste profondità e dimostra queste esigenze.

E non è tutto. Stabilito il rinnovamento, è d'uopo incominciare di nuovo, far sorgere in noi un po' di primavera, di rifioritura; una manifestazione anche esteriore del fenomeno verificatosi all'interno del nostro essere.

Si diceva poco fa' che ricordare queste nozioni a chi già conosce le vie del Signore, ha ormai vissuto le ore decisive ed ha orientato nella maniera giusta la sua vita, sembrerebbe cosa superflua, convenzionale e quasi retorica.

Così non è: perché tutti abbiamo sempre bisogno di convertirci.

C'è un bel paragone, addotto da esperto maestro di spirito. Esso si riferisce al navigante il quale deve, di continuo, rettificare la guida del timone, e perciò guardare che la direzione sia sempre quella esatta indicata dalla bussola. Per sua natura, la nostra vita è incline a deviare. Siamo volubili, fragili; i nostri stati d'animo sono contraddittori, successivi, complicati, e soggetti agli stimoli esteriori, al punto che la nostra rettitudine interiore ne risulta compromessa.

È perciò logico, indispensabile ad ogni stagione ed anno, ad ogni Quaresima, riportarci al buon cammino primitivo se già fu determinato; trovare la direzione giusta se non fosse ancora allineata perpendicolarmente verso il Signore.

A così alta finalità mirano i doni e i carismi che la santa Quaresima ci offre. Come si fa a convertirsi?

Il primo passo - tutti lo sappiamo - consiste nell'ascoltare, sentire il richiamo e orientare la nostra mente là donde parte la voce. Questa voce è la parola di Dio, che deve risuonare sempre nuova, e quale eco personale che il Signore suscita nelle nostre anime.

Oh, come piacerebbe sostare in conversazione con ciascuna delle persone qui presenti e chiedere se hanno questa capacità di udito, se ascoltano la parola divina, a cominciare da quella che arriva dal di fuori con la sacra predicazione, che ora, nella Quaresima e nella riforma liturgica, diviene tanto organizzata, premurosa, sollecita, urgente.

Abbiamo tutti questa indispensabile ricettività? o non forse imitiamo anche noi tanti superficiali, allorché mormorano: sono cose già note, già sentite, non sono per me... e così via? (3 marzo 1965)

"Pregare non significa macinare 'avemaria' e poi essere lontani dalla legge del Signore; non è fare una doppia vita: fare delle scelte comode.

Pregare significa soprattutto aderire alla volontà di Dio; entrare nella logica del Vangelo che è la logica della povertà, la logica della accoglienza, la logica del servizio, la logica della fiducia, la logica della speranza.

Logica di SPERANZA .. soprattutto nei momenti difficili, quando le cose vanno di traverso, quando la salute non c'è più.

Coltivare la speranza significa non darsi mai per vinti: significa sapere che Dio è più forte di tutti i nostri problemi, e che alla fine la spunta; significa sapere infine che la morte non è l'ultimo capitolo della vita .. Questo significa preghiera e speranza". (Tonino Bello) 

Omelia di mons. Antonio Riboldi

 

Il regno di Dio è vicino, fidiamoci

Il Vangelo di Marco non riporta, a differenza di Luca e Matteo, il conte­nuto delle tentazioni di Ge­sù, ma ci ricorda l'essen­ziale: essere tentato vuol dire dover scegliere. La ten­tazione è sempre una scel­ta tra due amori. E vinci quando scegli l'amore più grande. Scegliere è vivere.

Noi moriamo, scrive padre Turoldo, perché adoriamo cose da nulla, perché scegliamo amori da nulla.

Scegliere il bene più gran­de. È ciò che fa Gesù che, nei quaranta giorni di pro­va nel deserto, sceglie, a­dotta, fa sua la parola ge­neratrice di tutto il suo messaggio: il «Regno di Dio». E oppone alla sedu­zione di un mondo secon­do Satana, la seduzione vincente del mondo come Dio lo sogna.

Il male è presente, il male è ciò che fa male all'uomo.

Vuoi vincere il male dentro e fuori di te? Gesù stesso in­dica la via. Prima di lui e dopo di lui, molti sono ve­nuti come profeti e hanno cominciato con il denun­ciare il male, con il lamen­tare la caduta dei valori, ac­cusare la cattiveria dei tempi. Come se questa fos­se la via per far trionfare il bene.

Gesù sceglie un'altra via: piuttosto che denunciare, egli annuncia.

Non viene come un rifor­matore religioso, o come un contestatore moralisti­co, ma prima di tutto come un messaggero di una no­vità straordinariamente promettente. Il suo an­nuncio è un «sì», e non un «no».

Vuoi vincere il male? Non basta il tuo sforzo, devi pri­ma conoscere la bellezza di ciò che sta succedendo, la grandezza di un dono che viene da altrove. E questo dono è il Regno di Dio: che è vicino, che è qui, che è dentro di te, mite e pos­sente energia, come seme in grembo di donna.

Gesù vince la tentazione scegliendo, e sceglie la bel­lezza e la forza di un even­to, già accaduto e che sem­pre accade, il farsi vicino del Regno: Dio ha guarda­to, ha visto la sofferenza, ha detto «basta», viene, è qui, e lotta con te e il cuore e il mondo cambiano. Dio vie­ne e guarisce la vita. Ti dà il suo respiro, il suo sorriso, la sua vita. A tutti e senza misura. E non ti lascia più se tu non lo lasci. Viene perché il mondo sia total­mente diverso, un mondo altro dove si può vivere be­ne, dove si può trovare la pienezza della vita, la feli­cità.

Non possiamo iniziare la Quaresima con il volto ac­cigliato, ma con un sorriso, quel sorriso che intuisco in Gesù mentre dà avvio alla sua missione con un gioio­so annuncio: il regno di Dio è vicino, credeteci, fidatevi di questa cosa buona che è nata. La buona notizia che Gesù annuncia è l'amore.

Credi nel Vangelo equivale a dire: fidati dell'amore, dai fiducia all'amore in tutte le sue forme, come forma della terra, come forma del vivere, come forma di Dio. Ricomincia da qui. E sarà il Regno.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Convertitevi e credete nel Vangelo

Il piccolo brano di Mc.1,12-15 ci introduce nel tempo liturgico della Quaresima invitandoci a ritrovare la freschezza dell' esperienza della fede in un incontro nuovo con Gesù e con la sua parola.

Si tratta di quattro versetti densissimi, che congiungono la conclusione del prologo del Vangelo e l'inizio del ministero di Gesù.

I primi due versetti si collegano a ciò che precede: Gesù battezzato, "subito, salendo dall'acqua, vide i cieli squarciati e lo Spirito, come colomba, discendente su di lui". Così, Marco incomincia la narrazione su Gesù di Nazareth proclamando che il suo ingresso sulla scena della storia è un evento che anticipa la Pasqua: nel momento nel quale "discende" nell'acqua per essere battezzato, subito "ascende" e nella sua umanità irrompe lo Spirito mentre la voce che viene dai cieli squarciati gli parla: "Tu sei il Figlio mio, l'amato". Con Gesù di Nazareth inizia l'uomo nuovo, animato dallo Spirito, che fa di lui il Figlio di Dio: così il Vangelo di Marco colloca tutta la narrazione di Gesù nella luce pasquale, come Paolo proclama nell'inno della lettera ai Filippesi...

Marco immediatamente ("subito") insiste sulla sorprendente novità di Gesù: è il "Figlio di Dio", è il "Signore" proprio perché accetta di essere pienamente uomo.

"Subito lo Spirito lo getta nel deserto; ed era nel deserto quaranta giorni tentato da Satana". "Subito", per sottolineare il senso della proclamazione filiale, lo Spirito "getta Gesù nel deserto": anche Lui, l'uomo Gesù potrebbe voler godere come un privilegio l'essere Figlio, mentre lo Spirito scende proprio nella debolezza umana. Il "deserto", se evoca l'esperienza del popolo di Dio nel cammino dell'Esodo, qui significa la condizione normale dell'esistenza umana in ogni tempo e in ogni situazione: Gesù è spinto dallo Spirito per entrare senza paura nella complessa ambiguità della storia.

Adesso Marco descrive con una pennellata veloce tutta l'esistenza umana del Figlio: "era nel desero quaranta giorni, tentato da Satana: stava tra le bestie selvagge e gli angeli lo servivano". Sullo sfondo della Bibbia e di alcuni testi della letteratura ebraica, Marco dice che Gesù viveva tutta la sua vita immerso nell'esperienza umana "tentato da Satana". A differenza di Matteo e Luca, Marco non descrive le tentazioni, semplicemente afferma che l'essere tentato da Satana era (l'imperfetto indica una azione che continua) la condizione quotidiana della sua vita: "era tentato da Satana" significa che, come ogni uomo, sentiva continuamente l'angoscia, il desiderio di un'esistenza perfetta nella quale non esista il limite e il male. L'esistenza storica di Gesù ("stava con le bestie selvagge e gli angeli lo servivano") si realizza restando nella concretezza di un'esperienza fragile accogliendo il dono dello Spirito che ha una forza rigenerante. Dentro il limite l'infinito, nella carne la Parola, sotto un cumulo di male il bene, nella creatura il Figlio: è Gesù, il mistero della sua forza, che ha fatto irruzione nel mondo nella sua radicale accettazione della condizione umana, proprio come tale riempita dall'Amore infinito di Dio. Non è il sogno del ritorno all'Eden primordiale ma il meraviglioso compimento del progetto di Dio, l'Amore incontenibile che si annienta per incarnarsi in una carne riempita di infinito.

Adesso può cominciare il ministero di Gesù: in Galilea, la regione simbolo del mondo nella sua realtà più concreta, Gesù viene, annunciando il Vangelo di Dio. Così Marco sintetizza la missione di Gesù: è l'annuncio del Vangelo di Dio, con la sua vita, con i suoi gesti e con la sua parola. Marco anticipa con una formula che risente della rielaborazione della sua comunità, il contenuto del Vangelo che sarà sviluppato lungo tutta la narrazione successiva: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio si è avvicinato; convertitevi e credete nel Vangelo". Si tratta di una formula che rielabora le parole di Gesù e le articola perché esprimano tutta la sua proposta essenziale. Composta in due parti, la prima contiene due verbi al perfetto che annunciano la meraviglia di ciò che è accaduto e che continua a produrre i suoi effetti, mentre la seconda, con due imperativi invita ad agire di conseguenza. Ed è tutta la novità cristiana! La conversione richiesta non è un nuovo impegno morale, ma un radicale cambiamento del modo normale di vedere, di pensare, di giudicare e di vivere di fronte all'annuncio di un evento accaduto che dà un senso nuovo a tutto. È il non scandalizzarci più di fronte al limite della realtà, al male che sta anche dentro di noi, perché ormai nella carne sta la gloria di Dio, l'infinitamente Altro si è fatto vicino a noi e il tempo si è riempito dell'eterno: la conversione è il veder Dio in tutte le cose e imparare a gustarlo. La conversione è "credere nel Vangelo": "credere" perché "il Vangelo" è il lieto annuncio, che ci riempie di felicità, di una trasformazione invisibile che solo nell'abbandono della fede possiamo gustare.

Tutto il Vangelo è un cammino che guida i discepoli a rimanere con Gesù dentro la concretezza della storia, sino al dramma della Croce credendo, sperimentando e gustando che anche nell'oscurità più profonda, è vivo il mistero dell'Amore infinito di Dio: è il cammino della nostra quaresima e di tutta la nostra vita.

Omelia di mons. Gianfranco Poma

 

Liturgia e Liturgia della Parola della Prima Domenica di Quaresima (Anno B) 22 febbraio 2015

tratto da www.lachiesa.it