25 gennaio 2015 - III Domenica del Tempo Ordinario: convertirsi è girarsi verso la Luce

News del 24/01/2015 Torna all'elenco delle news

Siamo al momento fresco, sorgivo del Vangelo. C'è una bel­la notizia che inizia a cor­rere per la Galilea ed è questa: il tempo è com­piuto, il regno di Dio è qui. Il tempo è compiuto, co­me quando si compiono per una donna i giorni del parto. E nasce, viene alla luce il Regno di Dio. Gesù non spiega il Regno, lo mostra con il suo primo agire: libera, guarisce, per­dona, toglie barriere, ri­dona pienezza di relazio­ne a tutti, anche a quelli marchiati dall'esclusione. Il Regno è guarigione dal male di vivere, fioritura della vita in tutte le sue forme.

A questo movimento di­scendente, di pura grazia, Gesù chiede una risposta: convertitevi e credete nel Vangelo. Immagino la conversione come il mo­to del girasole, che alza la corolla ogni mattino al­l'arrivo del sole, che si muove verso la luce: «gi­ratevi verso la luce perché la luce è già qui».

Credere nel Vangelo è un atto che posso compiere ogni mattino, ad ogni ri­sveglio. Fare memoria di una bella notizia: Dio è più vicino oggi di ieri, è al­l'opera nel mondo, lo sta trasformando. E costruire la giornata non tenendo gli occhi bassi, chini sui problemi da affrontare, ma alzando il capo, solle­vandolo verso la luce, verso il Signore che dice: so­no con te, non ti lascio più, ti voglio bene.

Credete nel Vangelo. Non al Vangelo ma nel Vange­lo. Non solo ritenerlo ve­ro, ma entrate e buttarsi dentro, costruirvi sopra la vita, con una fiducia che non darò più a nient'altro e a nessun altro.

Camminando lungo il mare di Galilea, Gesù vi­de ...

Gesù vede Simone e in lui intuisce la Roccia. Vede Giovanni e in lui in­dovina il discepolo dalle più belle parole d'amore. Un giorno guarderà l'a­dultera e in lei vedrà la donna capace di amare bene. Il suo sguardo è creatore.

Il maestro guarda anche me, e nonostante i miei inverni vede grano che germina, una generosità che non sapevo di avere, capacità che non cono­scevo. È la totale fiducia di chi contempla le stelle prima ancora che sorga­no.

Seguitemi, venite dietro a me. Non si dilunga in spiegazioni o motivazio­ni, perché il motivo è lui, che ti mette il Regno ap­pena nato fra le mani. E lo dice con una frase inedi­ta, un po' illogica: Vi farò pescatori di uomini. Co­me se dicesse: «vi farò cercatori di tesori». Mio e vo­stro tesoro è l'uomo. Li ti­rerete fuori dall'oscurità, come pesci da sotto la su­perficie delle acque, come neonati dalle acque ma­terne, come tesoro disse­polto dal campo. Li por­terete dalla vita sommer­sa alla vita nel sole. Mostrerete che l'uomo, pur con la sua pesantezza, è fatto per un'altra respirazione, un'altra aria, un'al­tra luce.

Venite dietro a me, anda­te verso gli uomini. Avere passione per Cristo, che passa e si lascia dietro lar­ghi sorsi di vita; avere pas­sione per l'uomo e dilata­re gli spazi che respira.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Finalmente oggi una bella notizia

Due motivi di riflessione spiccano in questa domenica. Primo: nel giorno in cui si ricorda la chiamata dell'apostolo Paolo sulla via di Damasco, si conclude la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani; nella preghiera comune trovano ulteriore motivo di unità tra loro, cattolici, ortodossi, valdesi, anglicani, luterani e gli altri professanti tutti la fede nel Dio Uno e Trino e in Gesù Figlio di Dio, Salvatore. Secondo: prende avvio la lettura sistematica del vangelo che caratterizza quest'anno le letture festive.

Soffermandosi sul brano odierno di Marco (1,14-20), è da notare come egli condensi gli esordi della vita pubblica di Gesù, direttamente presentandolo in Galilea a proclamare: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo". La frase probabilmente riassume un annuncio più articolato; ma anche così come è riportata appare altamente significativa. Il tempo è compiuto: è il lungo tempo di attesa della salvezza, cominciata con Abramo, preparata nello svolgersi delle vicende del popolo d'Israele, annunciata dai profeti e finalmente giunta a maturazione con l'opera che Gesù stava per compiere. Con la sua morte e risurrezione egli è venuto a salvare gli uomini dalla misera condizione spirituale in cui si trovavano, per offrire loro la possibilità di accedere al regno di Dio.

E' questo, propriamente, "il Vangelo", parola che significa "buona novella", "bella notizia": e davvero, per chi si preoccupa del proprio autentico bene, non può darsi notizia migliore. "Vangelo" è dunque la parola e l'opera di Gesù, attestata da tutta la Bibbia e in particolare dagli scritti che la tradizione chiama appunto Vangeli.

Dei quattro, dicono gli esperti che quello di Marco sia il più antico, composto da lui mettendo per iscritto principalmente quello che aveva imparato ascoltando la predicazione dell'apostolo Pietro, di cui principalmente fu discepolo e accompagnatore negli itinerari che lo condussero al martirio a Roma. Scopo del suo scritto, destinato in primo luogo ai cristiani provenienti dal paganesimo, fu quello di affermare la divinità di Gesù, come dichiara sin dall'esordio ("Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio"). 

Ecco in altre parole la "bella notizia".

Omelia di mons. Roberto Brunelli

 

Il discepolato: vivere con

Con l'ascolto della Liturgia della Parola di questa domenica torniamo al tema che già la scorsa settimana ci ha fatto compagnia: la Vocazione. La vicenda di Samuele nella prima lettura ci ha detto che ogni persona può sentire il suo nome pronunciato con amore e quella dei primi discepoli che nella versione dell'evangelista Giovanni sono rimandati da Gesù al desiderio che abita il loro cuore: "che cercate?" (è la grande domanda che personalmente mi ha accompagnato...). Oggi il profeta Giona e la chiamata dei primi discepoli nella versione del vangelo di Marco.

Anche oggi la figura di Giovanni Battista, sia pur appena citata, ci ricorda che è sempre attraverso qualcun altro che noi crediamo, ci ricorda che abbiamo bisogno di aiuto, che abbiamo bisogno di una guida, che da soli non ce la facciamo: è attraverso alcuni incontri che la nostra fede si nutre e che la vita si apre all'incontro con Dio.

La prima lettura ci fa gustare la figura del profeta Giona, un profeta controvoglia, alla cui predicazione anche i peggiori, anche i più cattivi, anche i più violenti si convertono. E' molto interessante la vicenda di Giona: non vuole annunciare, predicare, un po' per paura (Ninive è una città nemica, straniera, pagana...), un po' per convincimento: per lui Dio era il Dio di Israele e basta, che non doveva aver niente a che fare con gli altri popoli. La salvezza è soltanto per il popolo d'Israele. Dio però non la pensa così e si rivela come il Dio di tutti, provando ad aprire all'universalità la mente di Giona. Ninive città nemica, crudele, pagana, si converte e crede alla parola del Signore e i versetti 5 e 6 che oggi (purtroppo) non leggiamo testimoniano tutto questo: I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. Che bello: Ninive è una città di tre giorni di cammino e Giona predica soltanto per un giorno; il secondo giorno la Parola di Dio corre sulla bocca dei niniviti fino al re e il terzo giorno è il re che con le sua scelte annuncia di aver creduto alla necessità della conversione, del cambiamento (sento un bel collegamento con il vangelo di Marco, che è tutto un cammino verso il credere, verso la fede, e che giunge al suo vertice, al suo punto più alto con la confessione di fede del centurione che contemplando la morte in croce di Gesù giunge alla fede, che per Marco è il miracolo più grande). Qui allora già due buone notizie ci raggiungono grazie alla prima lettura: 1) ogni uomo è capace di conversione, di cambiamento; 2) Dio è il Dio della misericordia, del perdono. Siamo invitati allora, come il profeta Giona ad annunciare la misericordia di Dio, misericordia non riservata a pochi o ad alcuni in particolare, ma offerta a tutti! Accogliere la misericordia può essere un bell'invito che raccogliamo dalla prima lettura e la misericordia è anche la grande domanda con la quale termina il libro di Giona: "e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali? 

La parola cambiamento vale anche per quello che ci dice il vangelo di oggi: i discepoli sono chiamati a diventare pescatori di uomini, ovvero qualcosa di radicalmente diverso da prima. L'immagine dei "pescatori di uomini" significa senz'altro un cambiamento radicale. Ma possiamo domandarci se il termine "pescatori" non suggerisca che il vero cambiamento è interiore. Allora, non si tratterebbe tanto di un cambio di mestiere o di professione, quanto di una novità per quello che riguarda la nostra umanità e la nostra vita di fede, la nostra condizione di discepoli. Sarebbe riduttivo limitare il discorso ai soli apostoli: ogni discepolo, cioè ogni cristiano è sia pescato che pescatore.

Il brano di Vangelo ci offre una primizia: le prime parole di Gesù in Marco. Un programma, una sintesi. "Predicando il Vangelo di Dio" intanto... ovvero Gesù non enuncia una dottrina, ma rivolge la sua Parola a persone; dunque si tratta di una parola "detta a", una parola "rivolta", una parola che esprime una volontà di comunicare; e di più: oggi si vede bene l'intenzione di stabilire attraverso essa una relazione, un vincolo di comunione.

"Il tempo è compiuto", ovvero: siamo arrivati al momento importante, decisivo e questo momento coincide con il fatto che Dio si fa vicino. Dio si avvicina, si fa prossimo all'uomo ed è necessario cambiare per poter accorgersi, capire e credere in un Dio diverso da quello che si pensa ... credere nel vangelo specifica Gesù e nella teologia di Marco Vangelo non è soltanto l'annuncio in generale di quello che Gesù ha detto. Vangelo è la stessa persona di Gesù. La vicinanza del Regno non vuol dire che Dio fa tutto, no! La vicinanza del Regno è annuncio di una responsabilità, di un pezzo di strada che dobbiamo fare noi (convertirci e credere). E' bello che a questo invito segua immediatamente la chiamata dei primi discepoli. Gesù vede, parla, chiama... tutto questo ci dice che la parola di Gesù è efficace, mette in movimento e crea una comunità; non solo: appare qui la figura, fondamentale nel vangelo di Marco, del discepolo il cui cammino (e già oggi cominciamo a scoprirlo), è proprio della conversione, della sequela, della missione.

Con decisione poi Gesù invita i discepoli a seguirlo: su! Dietro di me!" Gesù non chiede ai discepoli di imparare, ma di seguire. E' un modo diverso di essere rabbì, maestro, perché per la prima volta in Israele un rabbì chiama i suoi discepoli non ad imparare ma a vivere con. Gesù chiama ad una comunione di vita

Mi piace infine anche il verbo che per due volte ritorna nel brano di vangelo di questa domenica, il verbo "lasciare" che spesso mettiamo in evidenza come chiesa quando ci si riferisce a qualcuno che entra in seminario per diventare prete o ad una monaca quando entra in noviziato e ci dimentichiamo che è presente, questo verbo, anche nel libro della Genesi e nel vangelo dello stesso Marco che riprende appunto il primo libro della Bibbia, quando si dice che i due lasceranno il padre e la madre e saranno una carne sola.

Certamente è del tutto essenziale alla verità e all'effettività della chiamata il "lasciare", presente due volte nel nostro brano; al punto che non si può pensare di seguire Gesù senza questo necessario lasciare. E anche questo non mi pare si possa riservarlo a speciali chiamate, ma sia da pensare per ogni persona che viene visitata dal Signore del Vangelo. In particolare il testo di Marco, qui al v.20, affermando che Zebedeo viene lasciato dai figli "sulla barca con i garzoni", sembra voler suggerire che la chiamata di Gesù è per una condizione nuova di libertà in confronto alla condizione dei "servi" con i quali rimane quel padre secondo la carne.

Omelia di don Maurizio Prandi

 

Convertirsi e restare saldi

"Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo." Questa espressione, che secondo Marco costituisce la prima predicazione di Gesù, è in effetti l'inizio del "vero Vangelo" di Gesù Cristo. Con questa espressione infatti cominci l'annuncio evangelico vero e proprio, il contenuto essenziale della Buona Novella del Regno. Essa infatti afferma, testualmente che con Gesù Cristo Figlio di Dio è giunto il momento favorevole della salvezza (il tempo) e il Regno di Dio è a portata di mano. Si è realizzata l'antica promessa e il suo attuarsi in Cristo perdura nella storia fino alla fine dei tempi perché Cristo è Re universale non soltanto come Dio e Signore del mondo ma già adesso nelle sue parole e nelle sue opere. In Cristo Dio regna e arreca la salvezza. Non resta che convertirci, il che significa trasformare radicalmente noi stessi: pensieri, convinzioni, atteggiamenti, mentalità e assumere il nuovo punto di vista che è quello di Dio. La conversione è infatti un processo di trasformazione che rinnova l'uomo interiormente, esaltandolo sotto ogni aspetto e innalzandolo alla dignità divina e per ciò stesso strappandolo anche all'effimero e alla peccaminosità. La conversione inizia da Dio, perché lui prende per primo l'iniziativa di chiamarci alla comunione con sé interpellando il nostro cuore e la nostra coscienza; essa però richiede un atteggiamento di riposta da parte nostra, un acconsentire e un aderire all'opera divina che germina in noi. Quindi è un lasciarsi plasmare da Dio, un radicale trasformare noi stessi e plasmarci secondo aspettative non più nostre (umane) ma a tutti i costi divine. E' una radicale trasformazione in vista di Dio che incide innanzitutto sulla persona e impone il radicale mutamento interiore affinché mentalità, atteggiamenti, costumanze si orientino verso di Dio. La conversione avrà poi i suoi effetti nelle sincere e motivate opere di carità che ne testimonieranno l'efficacia e l'effettiva realizzazione. "Convertitevi e credete al vangelo" è la seconda parte del monito di Gesù che pone la conversone anche come condizione essenziale della fede. Secondo la struttura esegetica del testo e il suo senso letterale "credere nel vangelo" vuol dire infatti "radicarsi" ed "essere saldi" in esso senza mai distogliersene. Ma come sarà possibile realizzare una tale radicalità senza una previa conversione? Ma cosa può esseri di sprone affinché noi ci convertiamo? Quale motivazione fondamentale può mai incoraggiare in noi il processo di trasformazione interiore? Paolo ci fornisce una risposta decisiva: "L'amore di Dio ci spinge alla conversione" (Rm 2, 4). La certezza di essere amati straordinariamente da Dio, il fatto che questo suo amore ci ha sedotti in Cristo recuperandoci al peccato, la certezza di essere oggetto di predilezione e di attenzione divina ci sospinge al cambiamento e all'accettazione del dono che Dio ci fa del suo Cristo. Alla conversione radicale e sincera. La conversione non è imposizione coatta, ma convinzione. 

La conversione è un processo continuo che riguarda l'intero corso della vita cristiana, ...tutta l'esistenza cristiana è un processo inesauribile di conversione perché attimo dopo attimo siamo chiamati a fare i conti con la dicotomia fra l'atteggiamento divino di disponibilità e la reazione umana di insensibilità. La continua necessità da parte nostra di trasformare la nostra vita ci è di monito e di incoraggiamento affinché il Regno di Dio sia davvero a noi vicino.

Omelia di padre Gian Franco Scarpitta

 

Liturgia e Liturgia della Parola della III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) 25 gennaio 2015

tratto da www.lachiesa,it