6 gennaio 2015 - Solennità dell'Epifania del Signore: oggi, come i Magi, vorremmo seguire la stella per provare poi la gioia di avere trovato Gesù...
News del 05/01/2015 Torna all'elenco delle news
Oggi, come i Magi, vorremmo seguire la stella per provare poi la gioia di avere trovato Gesù. Così ce li presenta il Vangelo: "Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, alcuni magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il Re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". (Mt. 2, 1-12) La risposta è davvero drammatica. Per Erode, il solo pensiero, che nella sua corte si accennasse a qualcuno, che si riteneva fosse venuto a prendere il suo posto, gli fa perdere la ragione, e così prende la sola decisione possibile di chi è ottenebrato nella mente e nel cuore dal proprio egocentrismo distruttivo, da un vero delirio di onnipotenza, ossia cercarlo per ucciderlo. Erode non poteva permettere che altri, al di fuori di lui, potesse gestire il potere e governare i sudditi. Si considerava l'unico capace di governare, o forse più semplicemente considerava il potere come l'unica via per garantirsi i privilegi di cui godeva. Un'assurdità, che farebbe sorridere, se non si considerano le conseguenze!
Basterebbe dare uno sguardo alla storia di sempre, dove gli uomini che governano o hanno un posto di prestigio, troppo spesso ne hanno seguito le orme, ieri e oggi, con tutte le sofferenze che ne sono derivate per il popolo. È l'ambizione del potere che si manifesta come uso e non come servizio degli altri e chiude il cuore e inaridisce l'anima. Non è il potere regale di Gesù, che ha dato tutto se stesso per noi; non è la strada che, sulle sue orme, percorrono i santi o i fratelli cristiani, che concepiscono la vita come un passaggio in cui servirsi vicendevolmente, per camminare insieme verso l'unica mèta: il Regno del Padre.
Il Vangelo dice che "Gesù era appena nato", aveva appena aperto gli occhi di bambino su questa terra, emesso il suo primo vagito, che già "chiamava" a Sé, tramite i Magi, tutte le genti, per proclamare la Buona Novella che Dio ama talmente il mondo ed esprime il Suo amore, mandando proprio Lui, il suo Figlio prediletto, l'Emmanuele, il Dio-con-noi.
Questo annuncio dona tanta gioia a noi uomini di buona volontà, che eravamo senza un futuro con Dio. E' la gioia e l'immensità di amore che Dio continua ad annunciare a ciascuno e a tutta l'umanità con il Santo Natale.
Avevano fatto tanta strada, i Magi, attirati dalla stella, che certamente per loro era un segno di un qualche evento straordinario: non sapevano tutto, non conoscevano tutto, ma si erano affidati al mistero di quel segno.
Erano uomini che amavano la luce, quella che brilla dentro, nell'anima, quella che illumina ogni uomo e gli fa capire il senso e la verità di se stesso e quindi la vera felicità, ma solo se vuole lasciarsi... illuminare!
I Magi non erano uomini disposti a farsi deviare, nella ricerca di questa luce inattesa, dalla stupidità o dal non senso del loro tempo; dalla cecità con cui tante volte gli uomini percorrono le vie della vita. Erano persone, i Magi, - e con loro tanti fratelli e sorelle ieri e oggi - che volevano arrivare fino in fondo alla ricerca. La verità, quella luce apparsa, era per loro più importante della stessa vita e valeva la pena di affrontare ogni fatica. È la storia dei santi di ogni tempo... anche oggi.
Del resto Dio li teneva e ci tiene come sotto il suo sguardo: tracciava e traccia nel cielo o nelle ispirazioni interiori la via da percorrere, ognuno con la sua stella, fino a fermarli e fermarci solo quando giungono alla capanna di Betlemme o alle nostre Betlemme.
Ne conosco tanti magi tra di noi, anche se sfuggono all'attenzione di troppi. Ne ho conosciuti alcuni per cui è anche venuto il tempo, non solo di vivere la ricerca, ma anche di darne testimonianza con la vita. Pensiamo anche solo a Madre Teresa di Calcutta, a Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, santi del nostro tempo. La proclamazione della loro santità è proprio mostrare al mondo, come anche ai nostri tempi, come in ogni tempo, vi sono uomini e donne che dopo aver tanto cercato Gesù, lo hanno incontrato e vissuto per lui, donandosi ai fratelli.
Sono tanti i fratelli e le sorelle che, proprio nel nostro oggi, in tante parti del mondo, rischiano ogni giorno la vita, per la loro fede in Gesù: sono i testimoni viventi del Maestro, l'epifania del Signore, che interpella noi e la nostra fede. Sì perché - rincresce dirlo - troppo ci siamo adattati all'oscurità di questo mondo, che non può offrire una stella che ci indichi un'attuale Betlemme con Gesù e che valga la pena di raggiungere.
La testimonianza di tanti nostri fratelli ci aiuti dunque a cercare la stella, che Dio fa risplendere nella vita di ciascuno, per giungere all'incontro con Gesù, risorto e vivente, l'unico che può davvero dare senso e pienezza alla nostra esistenza.
Ricordiamolo sempre: nella vita c'è per tutti la buona stella, ossia quella luce interiore, che ci indica la strada da percorrere. Ma siamo capaci di scorgerla e seguirla?
Ricordiamoci che lontani da Gesù c'è solo oscurità e smarrimento, che sono facili da notare, oggi, sul volto di tanti, troppi: è un vivere senza sapere dove si va e qual è la via da percorrere.
Non resta che chiedere la fortezza dei Magi di ieri e di oggi, decisi ad arrivare fino in fondo. Gesù non si stanca di attenderci, con Maria, sua madre, per poterci far partecipare alla loro gioia.
Così, Paolo VI, il 6 gennaio 1964, proclamava la bellezza e necessità che Cristo sia la vera luce del mondo: Il Cristo che noi portiamo all'umanità, è il Figlio dell'uomo: così si chiamava lui stesso. È il primogenito, il prototipo della nuova umanità, il fratello, l'amico per eccellenza. Solo di lui si può dire in tutta verità che egli ben sapeva cosa ci fosse nell'uomo. Egli è l'inviato di Dio, ma non per condannare il mondo, ma per salvarlo. È il buon pastore dell'umanità... Accogliamolo".
Omelia di mons. Antonio Riboldi
Dio parla la lingua della gioia
Magi voi siete i santi più nostri, naufraghi sempre in questo infinito, eppure sempre a tentare, a chiedere, a fissare gli abissi del cielo fino a bruciarsi gli occhi del cuore (Turoldo).
Messaggi di speranza oggi: c'è un Dio dei lontani, dei cammini, dei cieli aperti, delle dune infinite, e tutti hanno la loro strada. C'è un Dio che ti fa respirare, che sta in una casa e non nel tempio, in Betlemme la piccola, non in Gerusalemme la grande. E gli Erodi possono opporsi alla verità, rallentarne la diffusione, ma mai bloccarla, essa vincerà comunque. Anche se è debole come un bambino.
Proviamo a percorrere il cammino dei Magi come se fosse una cronaca dell'anima.
Il primo passo è in Isaia: «Alza il capo e guarda». Saper uscire dagli schemi, saper correre dietro a un sogno, a una intuizione del cuore, guardando oltre.
Il secondo passo: camminare. Per incontrare il Signore occorre viaggiare, con l'intelligenza e con il cuore. Occorre cercare, di libro in libro, ma soprattutto di persona in persona. Allora siamo vivi.
Il terzo passo: cercare insieme. I Magi (non «tre» ma «alcuni» secondo il Vangelo) sono un piccolo gruppo che guarda nella stessa direzione, fissano il cielo e gli occhi delle creature, attenti alle stelle e attenti l'uno all'altro.
Il quarto passo: non temere gli errori. Il cammino dei Magi è pieno di sbagli: arrivano nella città sbagliata; parlano del bambino con l'uccisore di bambini; perdono la stella, cercano un re e trovano un bimbo, non in trono ma fra le braccia della madre.
Eppure non si arrendono ai loro sbagli, hanno l'infinita pazienza di ricominciare, finché al vedere la stella provarono una grandissima gioia. Dio seduce sempre perché parla la lingua della gioia.
Entrati in casa videro il Bambino e sua Madre... Non solo Dio è come noi, non solo è con noi, ma è piccolo fra noi. Informatevi con cura del Bambino e fatemelo sapere perché venga anch'io ad adorarlo. Quel re, quell'Erode, uccisore di sogni ancora in fasce, è dentro di noi: è il cinismo, il disprezzo che distrugge i sogni del cuore.
Ma io vorrei riscattare le sue parole e ripeterle all'amico, al teologo, al poeta, allo scienziato, al lavoratore, a ciascuno: hai trovato il Bambino?
Cerca ancora, accuratamente, nei libri, nell'arte, nella storia, nel cuore delle cose; cerca nel Vangelo, nella stella e nella parola, cerca nelle persone, e in fondo alla speranza; cerca con cura, fissando gli abissi del cielo e del cuore, e poi fammelo sapere perché venga anch'io ad adorarlo.
Aiutami a trovarlo e verrò, con i miei piccoli doni e con tutta la fierezza dell'amore, a far proteggere i miei sogni da tutti gli Erodi della storia e del cuore.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Ricalcolo del percorso. Il navigatore dei Magi
Con addosso la nostalgia delle dimore lasciate e la fedeltà assoluta al fragile segno di una stella. Così ce li presenta il poeta inglese Thomas Eliot i tre Magi (The Journey of the Magi). Non tace sul duro inverno in cui i tre intrapresero il cammino: parla del fango, dei cammelli sfiniti e indocili, dei cammellieri che imprecavano e pretendevano donne e liquori. Dei fuochi che quella notte si spegnevano e dei paesi ostili: «infine preferimmo viaggiare di notte, / dormendo di quando in quando, / con le voci che ci cantavano nelle orecchie / dicendo che questo era tutto follia». Folli con le idee proprie piuttosto che saggi con le idee altrui: questo devono aver pensato quei tre camminatori che, non paghi di ricchezza e di sapienza, non vogliono solamente sapere tante cose, ma vogliono sapere l'essenziale. Han sentito il cuore vibrare e si sono scomodati, agganciando una stella al bramire dei loro animali allevati nelle stalle d'Oriente: "Dov'è il Re dei Giudei che è nato?" . A caccia del fondamentale nelle strade battute del quasi banale. Nelle strade di Erode, di Archelao e di Zoroastro. C'è l'inquietudine del cuore, ma anche la derisione nel momento stesso in cui scelsero il rischio dell'ignoto alla sicurezza dei calcoli universitari di Zoroastro. Con quell'ansia di andare a cercare un Bambino: «la ricerca della Verità era per i Magi più importante della derisione del mondo apparentemente intelligente» (Benedetto XVI). Nell'umiltà dei loro passi curiosi risuona l'eco di mille voci, anche di voci che «cantavano agli orecchi, dicendo che tutto questo è follia». Il rischio della follia o la sicurezza dell'ignoranza: i Magi preferirono la fragile rotta del Cielo all'abituale mappa tracciata dagli uomini; hanno accantonato scienza e sapienza e sono partiti alla volta di Betlemme, barattando la sicurezza delle loro abitudini con l'ingenuità di un viaggio.
Portarono l'oro, l'incenso e la mirra: sulla soglia di quella Grotta non trovarono di meglio che imbastire una piccola celebrazione liturgica: celebrare dona un senso, è il linguaggio della gratitudine, l'inginocchiarsi è il paradosso dei saggi. Uomini d'Oriente ma anche uomini del Cielo: seppero trafficare la ricchezza senza prendersi gioco della dottrina, entrano nel presepio in punta di piedi e altrettanto silenziosi rincasano nelle loro terre lontane. Rimangono giusto il tempo di depositare un testamento, forse il più imbarazzante tra le eredità dei Vangeli: tornarono a casa "per un'altra strada". E' un particolare strano, faticoso, sudato: la tentazione di Erode era infingarda, tremenda, ambigua. I Magi scelgono la fragilità di un Bambino all'arroganza di un incapace travestito da potente: lo si adora e poi si ritorna a casa "per un'altra strada". Si parte sempre da un luogo per incontrarlo; ma dopo averlo incontrato quasi mai la strada per la quale sei giunto sarà ancora una strada amica. Puoi anche ricordare com'eri e dov'eri quando Lo incontri, ma non potrai mai immaginare dove ti condurrà dopo averLo incontrato. Rimane il gaudio degli uomini di periferia (in un certo senso anche i Magi lo furono): in qualunque caos l'uomo e la donna abitino, quello sarà il punto di partenza verso di Lui. Il percorso di ritorno dipenderà dall'intensità di quell'incontro. Atteso e inimmaginabile.
Fu un freddo avvento per noi,
Proprio il tempo peggiore dell'anno
Per un viaggio, per un lungo viaggio come questo
Le vie fangose e la stagione rigida
Nel cuore dell'inverno.
E i cammelli piagati, coi piedi sanguinanti, indocili
Sdraiati nella neve che si scioglie.
Vi furono momenti in cui noi rimpiangemmo
I palazzi d'estate sui pendii, le terrazze,
E le fanciulle seriche che portano il sorbetto.
Poi i cammellieri che imprecavano e maledicevano
E disertavano, e volevano, donne e liquori,
E i fuochi notturni s'estinguevano, mancavano ricoveri,
E le città ostili e i paesi nemici
Ed i villaggi sporchi e tutto a caro prezzo:
Ore difficili avemmo.
Preferimmo viaggiare di notte,
Dormendo solo a tratti,
Con le voci che cantavano agli orecchi, dicendo
Che questo era tutta follia.
Poi all'alba giungemmo a una valle più tiepida,
Umida, sotto la linea della neve, tutta odorante di vegetazione;
Con un ruscello in corsa ed un molino ad acqua che batteva il buio,
E tre alberi contro il cielo basso,
E un vecchio cavallo bianco al galoppo sul prato.
Poi arrivammo a una taverna con l'architrave coperta di pampini,
Sei mani ad una porta aperta giocavano a dadi monete d'argento,
E piedi davano calci agli otri vuoti.
Ma non avemmo alcuna informazione, e così proseguimmo
Ed arrivati a sera non un solo momento troppo presto
Trovammo il posto; cosa soddisfacente voi direte.
Tutto questo fu molto tempo fa, ricordo,
E lo farei di nuovo, ma considerate
Questo considerate
Questo: ci trascinarono per tutta quella strada
Per una Nascita o per una Morte?
Vi fu una Nascita, certo, Ne avemmo prova e non avemmo dubbio.
Avevo detto nascita e morte
Ma le avevo pensate differenti; per noi questa Nascita fu
Come un'aspra ed amara sofferenza, come la Morte, la nostra morte
Tornammo ai nostri luoghi, ai nostri Regni,
Ma ormai non più tranquilli, nelle antiche leggi,
Fra un popolo straniero che è rimasto aggrappato ai propri idoli.
Io sarei lieto di un'altra morte.
(Th. Eliot, Il viaggio dei Magi)
Nel Natale del 1940, nel campo di concentramento di Treviri, J.P. Sartre fece dire al re Magio Baldassarre in risposta al disperato Bariona: «E' vero che noi magi siamo molto vecchi e molto saggi e conosciamo tutto il male della terra. Tuttavia quando abbiamo visto quella stella in cielo, i nostri cuori hanno fatto un balzo di gioia come quello dei fanciulli e noi siamo stati simili a dei bambini e ci siamo messi incammino, perché volevamo compiere il nostro dovere di uomini, che è quello di sperare». A Betlemme Cristo - ancora custodito nel grembo di una Donna - camminò così vicino al suo popolo da lambire il loro quotidiano, ma la risposta fu netta: "non c'era posto per loro nell'albergo". Dall'Oriente tre uomini fecero spazio all'Eterno nel loro cuore: s'imbatterono in un Volto che divenne una strada. Quella che addita all'essenziale.
Omelia di don Marco Pozza
Liturgia e Liturgia della Parola della Solennità dell'Epifania del Signore 6 gennaio 2015
tratto da www.lachiesa.it