21 dicembre 2014 - IV Domenica di Avvento: nella vita quotidiana Dio parla il linguaggio della gioia
News del 20/12/2014 Torna all'elenco delle news
L'annunciazione si apre con l'elenco di sette nomi propri di luoghi e persone (Gabriele, Dio, Galilea, Nazaret, Maria, Giuseppe, Davide) per indicare, attraverso il numero sette che simboleggia la pienezza, la totalità della vita. Non ai margini, ma al centro della vita Dio viene, come evento e non come teoria. Un giorno qualunque, un luogo qualunque, una giovane donna qualunque: il primo affacciarsi del Vangelo è un annuncio consegnato in una casa. Al tempio Dio preferisce la casa. È bello pensare che Dio ti sfiora non solo nelle liturgie solenni delle chiese, ma anche - e soprattutto nella vita quotidiana. Nella casa Dio ti sfiora, ti tocca, lo fa in un giorno di festa, nel tempo delle lacrime o quando dici a chi ami le parole più belle che sai. La prima parola dell'angelo non è un semplice saluto, ma: Chaîre, sii lieta, gioisci, rallegrati! Non ordina: fa' questo o quello, inginocchiati, vai, prega... Ma semplicemente, prima ancora di ogni risposta: gioisci, apriti alla gioia, come una porta si spalanca al sole. Dio parla il linguaggio della gioia per questo seduce ancora. E subito aggiunge il perché della gioia: piena di grazia, riempita di tenerezza, di simpatia, d'amore, della vita stessa di Dio. Il nome di Maria è «amata per sempre». Il suo ruolo è ricordare quest'amore che dà gioia e che è per tutti. Tutti, come lei, amati per sempre.
Maria fu molto turbata. Allora l'angelo le disse: Non temere, Maria. Non temere se Dio non sceglie la potenza, non temere, l'umiltà di Dio, così lontana dalla luci della scena, dai riflettori, dai palazzi; non temere questo Dio bambino che farà dei poveri i principi del suo regno. Non temere l'amore.
Ecco concepirai e darai alla luce un Figlio, che sarà Figlio di Dio. La risposta di Maria non è un 'sì' immediato, ma una domanda: come è possibile? Porre domande a Dio non è mancanza di fede, è stare davanti a Lui con tutta la dignità di creatura, con maturità e consapevolezza, usare tutta l'intelligenza e dopo accettare il mistero.
Solo allora il 'sì' è maturo e creativo, potente e profetico: eccomi sono la serva del Signore. Serva è parola biblica che non ha niente di passivo, non evoca sottomissione remissiva; serva del re è la prima dopo il re, è colei che collabora, concreatrice con il creatore. E l'angelo partì da lei. Un inedito: per la prima volta in tutta la Bibbia è ad una creatura della terra, ad una donna, che spetta l'ultima parola nel dialogo tra il cielo e la terra: nuova dignità della creatura umana.
La tua prima parola, Maria, / ti chiediamo di accogliere in cuore: / come sia possibile ancora /concepire pur noi il suo Verbo (Turoldo).
Omelia di padre Ermes Ronchi
La testimonianza di Maria
Dopo la testimonianza di Giovanni Battista, ecco la testimonianza di Maria, madre di Dio, che ha serbato preziosamente in cuor suo le grandi cose che il Signore aveva fatto per lei. Il concepimento verginale di Cristo, così chiaramente esposto nel vangelo di oggi (Lc 1,34-35), non è un fatto isolato, una grazia a sé.
Ma non ci è presentato nemmeno come il modo più adatto per la nascita del Messia. Ci è dato come sicurezza che il figlio, nato da Maria, " sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio", perché "lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo ".
La nascita di Gesù dalla Vergine Maria non è una verità aggiunta alla verità dell'Incarnazione; è parte integrante di questo stesso mistero. E la divina condiscendenza, per mezzo della quale viene richiesto il consenso di Maria, perché possa realizzarsi il progetto divino, è ciò che san Paolo chiama la " rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora... a tutte le genti perché obbediscano alla fede " (Rm 16,25-26).
Lo sguardo pieno di speranza che ha nutrito la paziente attesa di Israele, e di ogni uomo, intravede all'orizzonte il compimento della promessa; Dio, canterà Maria nel suo inno di lode, «ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre» (Lc 1,54-55). Le letture di questa quarta domenica di Avvento, che ormai ci avvicina al mistero del Natale, ruotano attorno al compimento della promessa di un Dio che entra definitivamente nella storia dell'umanità accogliendo il volto stesso dell'uomo (è il mistero della Incarnazione): Dio si rivela come l'Emmanuele, come il Dio che, nella fedeltà, continua a camminare assieme al suo popolo, ma in modo oramai totalmente nuovo e definitivo poiché «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi»
L'evangelista Luca, l'unico che ci riporta il racconto della annunciazione della nascita di Gesù ci offre una narrazione coinvolgente ed essenziale allo stesso tempo, capace di condurci alla soglia del mistero che continuamente si affaccia in tutto il racconto e lo avvolge; di esso ci fa percepire contemporaneamente la vicinanza (soprattutto attraverso il dinamismo delle reazioni di Maria alle parole dell'angelo) e l'insondabile profondità (nelle continue aperture verso l'infinito di Dio, soprattutto attraverso le parole dell'angelo). Nel racconto si intrecciano continuamente parole e testi della Scrittura, formando così un complesso sottofondo biblico che orienta alla comprensione di ciò che sta avvenendo, senza d'altra parte esaurirlo. E questo radicarsi nell'Antico Testamento offre al racconto della annunciazione una tonalità del tutto particolare; ciò che sta accadendo ora è in continuità con gli eventi del passato, indice della fedeltà salvifica di un Dio che non viene meno alla sua promessa, ma una continuità nel contempo trascesa a motivo della inaudita novità. Data la ricchezza degli spunti che questo testo offre, ci soffermiamo solo su due temi.
Anzitutto la gratuità di Dio. Uno sconosciuto villano della Gallica e un contesto quotidiano fatto di gioie (una coppia di fidanzati, il desiderio di costruire una famiglia) e di povertà. Ecco ciò che attrae lo sguardo di Dio. È forte il contrasto con l'annuncio della nascita del Battista, nel quadro solenne del tempio. L'iniziativa di Dio appare in tutta la sua gratuità, come qualcosa di inatteso e che capovolge i criteri umani, fino a raggiungere l'umanamente assurdo: una vergine che non conosce uomo potrà concepire un figlio. Veramente «nulla è impossibile a Dio» (v. 37). Ma questa gratuità si rivela soprattutto nel saluto dell'angelo Gabriele a Maria: «Rallegrati piena di grazia, il Signore e con te» (v. 20). In queste parole è racchiuso il mistero che abita Maria, diventando il sottofondo trasparente in cui si riflette l'amore di Dio per l'uomo. In questo saluto è impressa, quasi come un sigillo, la vocazione di Maria, il suo nome segreto che solo Dio conosce. Nel cammino di Maria è racchiusa la gioia (in greco charà) di ogni promessa di Dio che troverà compimento nella lieta notizia che è Gesù di Nazaret; nel cammino di Maria si riflette tutta la benevolenza di Dio, la sua grazia (in greco charis) che trasforma radicalmente la povera ragazza di Nazaret rendendola degna dello sguardo di Dio; e, infine, nel corpo stesso di Maria, la gioia e la grazia prendono un volto, quello dell'Emmanuele, quello del Signore che abita in mezzo al suo popolo.
Omelia di mons. Vincenzo Paglia
Il Natale significa riflettere sulla libertà
La prima lettura cita la promessa fatta a Davide, che il suo regno non avrebbe avuto fine: promessa adempiuta con Gesù, discendente di Davide e Re per sempre. Nel tempo di Avvento, che precede la celebrazione del Natale, la liturgia richiama questo e i tanti altri eventi che hanno preparato l'ingresso del Figlio di Dio nel mondo.
Ma, tra tutti, l'attenzione dei fedeli è invitata a concentrarsi soprattutto su due figure. Una è Giovanni Battista, incontrato come protagonista dei vangeli delle due precedenti domeniche; l'altra è Maria, celebrata nella solennità dell'8 dicembre e riproposta oggi, attraverso il racconto dell'annunciazione (Luca 1,26-38). E' questa una delle pagine più dense dei vangeli, oggetto di ponderosi studi e commenti, ispiratrice di innumerevoli opere d'arte e, magari senza saperlo, citata di continuo: sono prese infatti da qui le prime parole della preghiera più ricorrente, l'"Ave Maria".
Scrive l'evangelista: "In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: ?Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te... Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande... il suo regno non avrà fine... Lo Spirito Santo scenderà su di te... Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio... Nulla è impossibile a Dio'. Allora Maria disse: ?Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola'".
La pagina appena condensata si legge oggi, ultima domenica prima del Natale, perché riferisce l'antefatto più diretto della nascita di Gesù: il suo concepimento, nel grembo di una vergine che tale continua a restare, perché quello che avviene in lei non è opera d'uomo. Da secoli e secoli Dio aveva manifestato la sua intenzione di intervenire beneficamente nella storia degli uomini, per redimerli dalla misera condizione di peccatori; ma nessuno neppure immaginava che l'avrebbe fatto addirittura diventando uno di noi. Se poi si pensa che questo prevedeva già la croce, cioè il totale dono di sé da parte del Figlio di Dio fattosi uomo, si rimane senza parole di fronte a tanta degnazione; quasi si tocca con mano la misura infinita dell'amore divino di cui gli uomini sono oggetto.
In questo quadro sublime si colloca in posizione preminente la figura di Maria, la "piena di grazia": per nessun altro la Bibbia usa questa espressione, che manifesta un amore di predilezione senza pari e un progetto che la coinvolge, assegnandole un ruolo unico e predisponendola a svolgerlo. Eppure, Dio non lo realizza senza la sua collaborazione: se Maria è obiettivamente importante perché da lei il Figlio di Dio ha preso la natura umana, è ancor più importante perché Dio l'ha fatto non obbligandola; per incarnarsi in lei ha chiesto il suo assenso, ed ella l'ha liberamente dato ("Sono la serva del Signore, avvenga quello che egli vuole"). Non è un caso: è l'abituale modo di procedere di Dio nel salvare gli uomini. Egli non costringe mai nessuno ad accogliere il suo dono; propone, invita, ma rispetta sempre la loro libertà, anche quella di rifiutarlo. Sta qui la drammatica grandezza dell'uomo: tanto caro a Dio, da indurlo a scendere al suo livello e donare la vita per lui, eppure libero di rifiutarla. Torna alla mente la parabola del figlio prodigo, con quel padre, figura di Dio, che pur con dolore rispetta la volontà del figlio minore di andarsene lontano da lui, né costringe il maggiore a restare; e con infinita pazienza e speranza tiene sempre aperta la casa per riaccogliere chi non ha apprezzato il suo amore. Celebrare il Natale significa riflettere sulla nostra libertà e sull'uso che ne abbiamo fatto; significa comprendere quanto Dio ci ami, e quanto sia appagante vivere con lui.
Omelia di mons. Roberto Brunelli
Liturgia e Liturgia della Parola della IV Domenica di Avvento (Anno B) 21 dicembre 2014