Un tesoro in cielo

News del 10/10/2009 Torna all'elenco delle news

Nel vangelo di questa domenica Gesù ci aiuta a riflettere sul rapporto che dobbiamo avere con i soldi, con la ricchezza, con l'attaccamento alle cose.
C'è questo giovane, che è buono, che può affermare con verità davanti a Gesù che ha osservato i comandamenti fin dalla giovinezza. E Gesù lo guarda con amore e forse ripone molta fiducia in lui. Ma quando lo invita a fare quella cosa che gli manca, "Va vendi quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi", il giovane se ne va triste, perché era attaccato alle sue cose, alle sue ricchezze.
Gesù allora dà il suo insegnamento chiaro e deciso.
I soldi sono e devono essere un aiuto alla vita delle persone e delle famiglie. Devono essere un mezzo, non il fine della vita. Quando qualcuno è attaccato alle ricchezze e alle cose materiali, quando ha solo la preoccupazione di fare soldi, senza guardare se in modo giusto o disonesto, la ricchezza diventa il suo idolo, il suo "dio". E Gesù dice che non si può servire a due padroni: Dio e il denaro.
Noi sappiamo anche come i mali più grandi nel mondo e tra le persone derivano proprio dalla bramosia del denaro. Perché si fanno le guerre? Perché si commerciano armi, droga, e tante altre cose cattive? Perché tante persone litigano fra loro, anche parenti o amici? Solo per i soldi.
I soldi sono solo un mezzo per vivere. In caso contrario diventano una rovina per tante persone e anche per sé: "Non entrerà nel regno di Dio".
Gesù dopo aver denunciato con estrema chiarezza l'iniquità dell'idolatria del denaro, invita alla fiducia: "Tutto è possibile presso Dio".
Si tratta allora di riflettere sul vero valore della vita e sul significato di tutte le cose che sono e devono essere un mezzo per la vita nostra e degli altri.
Che cosa è importante nella vita dell'uomo? La Bibbia risponde che la cosa più importante è la sapienza della vita: cioè il vivere la vita cercando i valori più grandi sia sulla terra, sia per l'eternità. "Di fronte alla sapienza, la ricchezza è un nulla; tutto l'oro è come un po' di sabbia o di fango..."
Certo, molti di noi non solo non sono ricchi, ma soffrono per tanti problemi. Ma per tutti si tratta di non attaccarsi alle tante cose della terra, che possono illudere, ma che non sono di aiuto. Si tratta di pensare anche a tutti coloro che nel mondo sono veramente in situazioni di povertà estrema e di impegnarsi per la giustizia, la dignità, la pace. Si può ricordare la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro: tante situazioni sulla terra oggi sono come le descrive quella parabola.
Il vangelo che poteva sembrare duro e pessimista si conclude invece con l'esperienza meravigliosa degli apostoli e dei discepoli di Gesù.
Il giovane ricco non riesce a seguirlo, ma gli apostoli e tanti discepoli ci sono riusciti. E tantissimi ci sono riusciti lungo la storia; anche oggi ci sono tanti bravi cristiani, che vivono, lavorano, si impegnano per il bene degli altri, che reagiscono alle tentazioni delle cose materiali, che vivono nella bontà, nell'amore e nel sacrificio per la famiglia, nell'impegno per chi ha più bisogno materialmente e nell'affrontare la vita con sapienza.
E Gesù promette tutte le cose più belle a costoro e anche a noi, quando ci mettiamo su questa strada.
"Pietro gli disse: Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito.
Gesù rispose: "Chi avrà lasciato casa, fratelli, sorelle, madre, padre, figli, campi... per me, riceverà già al presente cento volte tanto, anche se ci sono a volte sacrifici, e la vita eterna: un tesoro in cielo!"
Per comprendere questo, diciamo: Donaci, Signore, la sapienza del cuore!

Testo di padre Ermes Ronchi
tratto da www.lachiesa.it


Il giovane ricco dice no al tesoro in cielo

Una grande domanda, quella dell'uo­mo ricco e senza nome: Maestro buo­no, cosa devo fare per trovare la vita?
La risposta di Gesù appare solenne, eppure quasi deludente: elenca cinque comanda­menti che riguardano il prossimo, e ne ag­giunge un sesto, non frodare.
Ma l'uomo ric­co non è soddisfatto: «tutto questo l'ho sem­pre osservato. Dovrei essere in pace e invece mi manca qualcosa».
Cosa c'è di meglio del dovere compiuto, tut­to e sempre? Eppure all'uomo non basta. In- quietudine divina, tarlo luminoso che rode le false paci dell'anima e fa nascere i cercatori di tesori.
Gesù lo fissa, dice Marco, come se prima non l'avesse neppure visto, e vede apparire, farsi largo, avanzare un cercatore di vita. E lo ama. Poi parla: vendi tutto, dona ai poveri, segui me. L'uomo si spaventa e si rattrista per quel­le tre parole. Marco usa un verbo come per il cielo che diventa cupo: il suo volto si oscura. Era arrivato correndo, se ne va camminando. L'uomo che fioriva di domande se ne va mu­to. Il ribelle si è arreso, il cercatore si è spa­ventato: la vetta è troppo lontana, ci vuole troppo coraggio. E non capisce che la felicità dipende non dal possesso ma dal dono, che il cuore pieno dipende non dai beni (Luca 12,15) ma dai volti, che la sicurezza non è nel denaro, ma nelle mani del Pastore grande. E per tutta la vita resterà così, onesto e triste, osservante e cupo. Quanti cristiani sono co­me lui, onesti e infelici. Osservano tutti i co­mandamenti, tutti i giorni, come lui, e non hanno la gioia: lo fanno per ottenere qualco­sa, per avere e non per essere, lo fanno come dentro un universo carcerario dove quasi tut­to è proibito e il resto è obbligatorio. Tutto sanzionato da premio o castigo. E il cuore è assente, una morale senza amori.
Gesù propone all'uomo ricco la comunione, cento fratelli, ma egli preferisce la solitudine; propone un tesoro di persone, egli ne prefe­risce uno di cose. Propone se stesso: «segui me, la mia vita è sorgente di vita buona, bel­la e beata». Ma l'uomo segue il denaro.
Tutto finito? No, a conclusione ecco un sus­sulto di speranza in una delle parole più bel­le di Gesù: tutto è possibile presso Dio. La passione di Dio è moltiplicare per cento quel poco che hai, quel nulla che sei e riempirti la vita di affetti e di luce: «ti darò un tesoro di volti, non possederai nulla eppure godrai del mondo intero, sarai povero e signore, come me». Seguirti, Signore, è stato il migliore af­fare della mia vita.