Santi del 28 ottobre: Simone e Giuda apostoli
News del 28/10/2024 Torna all'elenco delle news
Il 28 di ottobre la Chiesa commemora la festa liturgica di Simone e Giuda Taddeo, due apostoli scelti da Gesù per predicare e diffondere il suo messaggio a tutti i popoli del mondo. Nei vangeli i loro nomi figurano agli ultimi posti degli elenchi degli apostoli e le notizie che ci vengono date su di loro sono molto scarse. Secondo gli Atti degli Apostoli, però, sappiamo che gli apostoli furono testimoni della resurrezione, e questa è la gloria maggiore dell’apostolo e di ogni discepolo di Gesù.
Anche Giuda Taddeo, come Simone e tutti gli altri apostoli, così come aveva detto loro di fare il Messia, si mette in cammino senza denaro né altro bagaglio assieme a Simone. Di villaggio in villaggio, Giuda Taddeo racconta la vita del Messia, quello che ha visto, i miracoli da lui compiuti, le sue parabole, i suoi insegnamenti. Gli apostoli esercitano con gioia e impegno la missione affidata loro da Gesù: battezzano, compiono miracoli di guarigione, cacciano la malvagità dal cuore degli uomini.
Vengono festeggiati lo stesso giorno perché, secondo alcune fonti, nell’anno 107 sarebbero stati uccisi insieme in Persia, durante la persecuzione dei cristiani, sotto il dominio dell’imperatore romano Traiano (e Simone, alla sua morte, avrebbe avuto la bella età di 120 anni!). La loro festa il 28 ottobre è ricordata dal calendario geronimiano (sec. VI). In questo stesso giorno si celebra a Roma fin dal sec. IX.
Alcune reliquie dei due santi sono custodite insieme nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
A Venezia è a loro dedicata la chiesa di “S. Simone Piccolo”.
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Martirologio Romano: Festa dei santi Simone e Giuda, Apostoli: il primo era soprannominato Cananeo o “Zelota”, e l’altro, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo, nell’ultima Cena interrogò il Signore sulla sua manifestazione ed egli gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».
San Simone Apostolo (Cana di Galilea? – Pella (Armenia) o Suanir (Persia), 107)
da Luca soprannominato Zelota (Lc 6, 15; At 1, 13), forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli Zeloti, da Matteo e Marco è chiamato Cananeo (Mt 10, 4; Mc 3, 18) perché nativo di Cana in Galilea. Si crede che Simone, dopo la resurrezione e l’ascensione del Cristo in Cielo, abbia visitato l’Egitto, la Mesopotamia e la Persia per predicare il Vangelo, la pace e l’amore tra gli uomini e che sia stato il vescovo di Gerusalemme, dal 62 al 107, fino alla sua morte.
Secondo la tradizione, subì un martirio particolarmente cruento. Il suo corpo fu fatto a pezzi con una sega. Per questo è raffigurato con questo attrezzo ed è patrono dei boscaioli e taglialegna, oltre che di pescatori, muratori, fabbricanti e commercianti di pellami.
Nonostante sia il più sconosciuto degli Apostoli, nella cui lista è solo nominato all’undicesimo posto, numerosissime opere d’arte lo raffigurano, sparse in tutta Italia ed in Europa, a testimonianza di un culto molto diffuso nella cristianità.
Stranamente a differenza degli altri apostoli, le notizie pervenutaci sulle sue origini, sulla sua presenza in seno al collegio apostolico, sulla sua attività evangelizzatrice, sulla sua morte, sono tutte incerte e sempre state controverse negli studi dei vari esperti lungo tutti i secoli.
Quindi siamo obbligati a considerare le varie ipotesi, mancando la certezza per una sola. Prima di tutto Gesù scelse i suoi apostoli guardando solo al cuore degli uomini e li volle appartenenti alle varie correnti del giudaismo di allora, dai farisei ai discepoli di s. Giovanni Battista, dagli zeloti a personaggi diciamo appartenenti alla gente comune, come pure un pubblicano.
Simone, per distinguerlo da Simon Pietro, gli evangelisti Matteo e Marco gli danno il soprannome di “Zelota” o “Cananeo”, forse l’appellativo può indicare la sua appartenenza al partito degli Zeloti, i ‘conservatori’ delle tradizioni ebraiche e fautori della libertà dallo straniero anche con le armi, oppure dalla città d’origine cioè Cana di Galilea.
Molti identificano Simone con l’omonimo cugino di Gesù, più noto come Simone fratello dell’apostolo Giacomo il Minore, al quale secondo la tradizione riportata da Egesippo del II secolo, sarebbe succeduto come vescovo di Gerusalemme dal 62 al 107, anno in cui subì il martirio sotto Traiano (53-117) a Pella, dove si era rifugiato con la sua comunità, per sfuggire alla seconda guerra giudaica.
I Bizantini lo identificano con Natanaele di Cana e con il direttore di mensa alle nozze di Cana; i Latini e gli Armeni lo fanno operare e morire in Armenia.
S. Fortunato vescovo di Poitiers, dice che Simone insieme a s. Giuda Taddeo apostolo, furono sepolti in Persia, dove secondo le storie apocrife degli Apostoli, sarebbero stati martirizzati a Suanir.
Un monaco del IX secolo affermava che una tomba di s. Simone esisteva a Nicopsis (Caucaso) dove era anche una chiesa a lui dedicata, fondata dai Greci nel secolo VII.
Altri ancora affermano che Simone visitò l’Egitto e insieme a s. Giuda Taddeo, la Mesopotamia, dove entrambi subirono il martirio, segati in due parti, da qui il loro patrocinio su quanti lavorano al taglio della legna, del marmo e della pietra in genere.
Ma al di là di tutte le incertezze, Simone lo ‘Zelota’ o il ‘Cananeo’, è senz’altro un Apostolo di Cristo e come tutti i discepoli del Signore, prese il suo bastone e percorse a piedi regioni vicine e lontane, per portare la luce della Verità e propagare la nuova religione fra i pagani.
Lo si può paragonare ai tanti discepoli di Cristo, che in ogni tempo hanno lavorato e lavorano nel silenzio e nascondimento per il trionfo del Regno di Dio, senza riconoscimenti eclatanti e ufficiali, in piena umiltà, perseveranza e sacrificio anche cruento della vita.
Simone comunque è sempre rappresentato con gli altri Apostoli, nell’iconografia di Cristo e della Vergine, quindi nelle raffigurazioni del Cenacolo e negli altri momenti comuni degli Apostoli, la Pentecoste e la ‘Dormitio Verginis’.
Nella ‘Leggenda Aurea’ e nel Martirologio Romano egli è accomunato all’altro apostolo s. Giuda Taddeo, con il quale si ritiene predicò il Vangelo in Egitto e Mesopotamia e subendo insieme il martirio secondo alcuni scrittori.
San Giuda Taddeo Apostolo
non va confuso con l’altro apostolo Giuda l’Iscariota, colui che tradisce Gesù per trenta denari. Si tratta infatti di Giuda fratello di Giacomo, detto Taddeo, che in aramaico significa «dal petto largo, buono, magnanimo».
Giuda è detto Taddeo (Mt 10, 3; Mc 3, 18) o Giuda di Giacomo (Lc 16, 16; At 1, 13). I biblisti sono oggi divisi sul significato di questa precisazione. Alcuni traducono con fratello, altri con figlio di Giacomo. Matteo e Marco lo chiamano invece Taddeo, che non designa un personaggio diverso.
Un nome ben conosciuto dalla tradizione ebraica quello di Giuda: era stato, infatti, di uno dei figli di Giacobbe, o Israele, e a Giuda si intitolò una delle dodici Tribù dalla quale sarebbe uscita la stirpe dello stesso Messia. Inoltre, nel secondo secolo avanti Cristo, Giuda Maccabeo eroe della rivolta giudaica contro Antioco IV e Giuda detto il Santo, maestro per eccellenza, avevano reso onore a quel nome, come gli rese onore l'Apostolo San Giuda, detto Taddeo, che possiamo immaginare alla mensa dei Redentore, proprio accanto al suo omonimo Giuda Iscariota.
Secondo il Vangelo di San Giovanni, nell’ultima cena proprio Giuda Taddeo chiede a Gesù: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». Gesù non gli risponde direttamente, ma va al cuore della chiamata e della sequela apostolica: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Gesù risponde che l’uomo è libero di amare Dio e di osservare la sua Parola e Dio amerà l’uomo e prenderà dimora presso di lui. La risposta di Gesù è che «Dio si manifesta a chi lo ama». L’unica via per la quale Dio giunge all’uomo, anzi prende dimora presso di lui è l’amore. Non è una caso che la domanda venga da Giuda. Il suo cuore magnanimo aveva, probabilmente, intuito la risposta del Maestro (Gv 14, 22-24).
E’ la lezione dell'amore mistico, che Giuda Taddeo provoca con la sua domanda. L'amore di Dio unisce, mentre l'amore di se stessi divide.
Per questo, San Giuda scrisse una breve LETTERA DEL NUOVO TESTAMENTO, nella quale rimprovera i fomentatori di discordie, che chiama "nuvole senza acqua, portate qua e là dai venti; alberi d'autunno, senza frutto, onde furiose del mare, che spumano le proprie turpitudini. astri erranti, ai quali sono serbate in eterno le tenebre più profonde".
"Costoro - egli dice - sono mormoratori queruli che vivono secondo i loro appetiti, e la loro bocca parla di cose superbe, e se lodano qualcuno, lo fanno per fini interessati". La breve lettera di Giuda, che fu giudicata "piena della forza e della grazia dei cielo", ci fa intravedere la figura di San Giuda come maestro fermo e sapiente, che esercitò con zelo e con amore quella missione affidata da Gesù ai suoi Apostoli, prima di lasciare la terra per il cielo.
E' invocato per i casi disperati.
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