Un invito rifiutato: vieni e seguimi

News del 10/10/2009 Torna all'elenco delle news

Il Vangelo di questa XXVIII domenica del Tempo Ordinario contiene da una parte l'offerta di Gesù a stare con Lui sempre e dall'altra l'incredibile rifiuto. Si preferiscono le cose della terra all'incommensurabile valore di accettare l'invito di Gesù, ossia la vocazione, la piena realizzazione di se stessi.
È una pagina che fa meditare tutti, a cominciare da chi Dio sceglie e chiama a 'stare con Lui'.
"Mentre Gesù stava per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e gettandosi in ginocchio davanti a lui gli domanda: 'Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?'.
Una domanda che la dice lunga sul desiderio di quel giovane di andare oltre le prospettive che offre il presente, incapaci di proiettarsi e proiettare verso l'eternità.
Gesù gli rispose: 'Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre.
Egli allora gli disse: 'Maestro tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza'.
Allora FISSATOLO, LO AMÒ e gli disse: 'UNA COSA SOIA TI MANCA: VA', VENDI QUELLO CHE HAI E DALLO AI POVERI E AVRAI UN TESORO IN CIELO, POI VIENI E SEGUIMI: Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni".
Credo sia necessario che ci fermiamo un momento per riflettere sull'invito e sul rifiuto: un invito a stare con Gesù, che certamente è la più grande ricchezza per l'uomo, ogni uomo, e la conseguente immaginabile tristezza del Maestro nel vedersi rifiutato, ma anche il dramma del giovane che gli volta le spalle 'perché aveva molti beni'. Ma non c'è confronto tra ciò che viene offerto e ciò che trattiene nell'accettare l'invito! Eppure è quello che avviene in tutti i tempi.
La reazione di Gesù non si fa attendere e la verità che proclama è terribile, e riguarda anche noi. "Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: 'Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno dei cieli!: I discepoli rimasero stupefatti a queste parole, ma Gesù riprese: 'Come è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco nel regno di Dio!'.
Ma i discepoli ancora più sbalorditi dicevano tra loro: 'E chi si può salvare?:
Ma Gesù, guardandoli, disse: 'Impossibile presso gli uomini ma non presso Dio! Perché tutto è possibile a Dio!: Pietro allora disse: 'Ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Gesù gli rispose: In verità vi dico: non v'è nessuno che abbia lasciato casa, fratelli, sorelle o padre o madre o figlio campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case, fratelli, sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni e nel futuro la vita eterna (Mc 10, 17-30).
Un Vangelo stupendo, ma duro per chi lo rifiuta, per tanti, anche oggi.
Difficile comprendere il cuore dell'uomo, anche ai nostri giorni. Quando dico 'cuore' intendo sempre riferirmi alla sede delle nostre scelte, delle nostre preferenze, con cui poi indirizziamo non solo gli affetti, ma l'intera vita.
Troppo spesso il nostro cuore diventa un groviglio di interessi che, a volte, si affacciano e pretendono di avere il primo posto.
Al mattino forse preghiamo: `Ti adoro, mio Dio, ti amo con tutto il cuore e sopra ogni cosa', poi ci accorgiamo di rincorrere tutto il giorno altri dèi, che sono gli interessi materiali cercati disordinatamente o, più semplicemente, il nostro egoismo e alla fine con amarezza, se siamo onesti con noi stessi, dobbiamo chiederci: 'Cosa o chi conta davvero nella mia vita e merita di essere amato veramente?' o meglio: 'Chi o cosa è l'amore a cui tengo di più, la mia vita, la mia forza, la mia felicità?'
Ci deve essere – credo – nel cuore di ciascuno CHI sì propone come sicuro amore, che sia come il respiro dell'anima. Era quello che cercava quel bravo giovane.
Era andato da Gesù attendendo non so quale risposta alla sua domanda: 'Maestro che devo fare per avere la vita eterna?'. Una domanda senza equivoci. Non chiedeva cosa fare per avere una buona salute o fortuna o altro, che è frutto di questa terra. Chiedeva quello che l'avrebbe reso eterno. Un'esigenza che è in tutti. Assediati da tante offerte terrene, illusorie e fallaci, forse in qualche momento di serenità e di fede, tanti si pongono la stessa domanda. In fondo è la domanda essenziale, che dovrebbe interessare e indirizzare lo stile della nostra vita: una domanda che non trova risposta in questa misera terra, che può dare soddisfazioni, come la salute, la fortuna o la ricchezza, ma non un 'senso', né tanto meno la verità della vita, che nasce per tornare nell'eternità.
Solo Dio, da cui proveniamo, conosce la risposta e suggerisce il cammino, ossia la nostra vocazione.
Ma scrive, giustamente, Paolo VI: “Tra la chiamata di Dio e noi c'è sempre il dono della libertà. Non può esserci amore vero, che non sia fondato sulla libertà nel donare o accettare le scelte. Per libertà intendiamo l'oblazione personale e volontaria alla causa di Cristo e della sua Chiesa. Non vi possono essere vocazioni se non libere; la vocazione è offerta spontanea di sé. Oblazioni, diciamo, e qui sta praticamente il vero problema. Come, per esempio, avrà ancora oggi la Chiesa l'offerta di giovani vite, che si consacrano al suo servizio? Il mondo della religione non ha più le suggestive attrattive di un tempo: in certi ambienti è un mondo screditato dall'ateismo ufficiale e di massa, o dall'edonismo diventato ideale di vita; è un mondo senza ideale di vita, reso quasi incomprensibile alla psicologia delle giovani generazioni. Eppure la Chiesa attende, chiama, chiede. Chiama la gioventù specialmente, perché sa che i giovani hanno ancora udito buono ad intendere la voce. È una voce che invita alle cose difficili, alle cose eroiche, alle cose vere. È una voce umile e penetrante di Cristo, che dice oggi, come ieri, vieni!
La libertà è posta al suo supremo cimento, quello appunto dell'oblazione, della generosità, del sacrificio” (aprile 1968).
Ed ha ragione: oggi le voci di aiuto per una vita dignitosa, che conosca la verità del suo esistere, la ricerca della vera felicità sono tante. Direi che sono la domanda di tutti: non si può far finta di non sentirla. Pericoloso voltare le spalle a Dio che chiama – attraverso questa urgenza dei nostri fratelli -per preferire ciò che non è voce di verità, ma solo affezione a cose che passano e sono davvero poco o nulla davanti alla vita eterna.
Mi piace ricordare che la vocazione si estende anche ad ogni genere di vita e sono tante e diverse le vocazioni a cui Dio chiama: ne è pieno, per fortuna, il mondo e sono così belle e variegate da costituire il meraviglioso 'arcobaleno' che brilla già nel cielo di quaggiù.
Ogni vocazione chiede con libertà di essere accettata e vissuta, come è ad esempio nel matrimonio. E piace ricordare quello che mi disse un giorno papà, in un momento di dialogo – ero già sacerdote – "Sono 35 anni che vivo il matrimonio con tua mamma. Ma ogni giorno è come il primo. E sento che senza di lei la mia vita sarebbe un vuoto incolmabile, quasi da chiedermi: perché vivo?'. A dieci anni ero chierichetto nella mia parrocchia ed un giorno venne a impartire le cresime il cardinal Schuster. Lo accompagnavo in tutti i passi ed era per me 'Dio sulla terra'. A bruciapelo, entrando nella casa canonica mi chiese se non mi sarebbe piaciuto essere prete. Restai confuso. Nei giorni successivi continuò ad essere una voce che mi accompagnava in attesa di una risposta. Alla fine dissi sì. Ora guardo ad una vita spesa totalmente al servizio di Dio e della Chiesa, possibile solo perché quel sì non è stata solo una 'mia' risposta, ma la certezza donatami di essere sostenuto dalla incredibile grazia di Dio che mi aveva chiamato.
Una preghiera alla Madonna:
Maria, donna del sì, noi intuiamo che il mistero del primo incontro con l'Altissimo è legato a quello della croce: uno spiega l'altro, uno è radice dell'altro, ma non abbiamo sempre il coraggio di vivere le conseguenze del tuo sì. Donaci di comprendere le radici misteriose dell'amore, che ti ha unita al Padre e al Figlio e insieme a tutti noi, perché anche noi impariamo a dire il nostro umile sì
alla vita, alla giustizia, alla solidarietà, a D
io”.

testo di mons. Antonio Riboldi tratto da www.lachiesa.it

foglietto della Messa di domenica 11 ottobre

liturgia della parola di domenica 11 ottobre

immagine tratta da www.cartantica.it