17 agosto 2014 - XX Domenica del Tempo Ordinario: la grandezza della fede di una madre pagana
News del 16/08/2014 Torna all'elenco delle news
La grandezza della fede di cui parla Gesù nel vangelo di questa domenica, nel quale ci viene presentata una mamma, di origine cananea, che chiede con insistenza a Gesù di salvare la sua figlia, posseduta dal demonio, non la si può misurare con metri umani e matematici o statistici, ma dalla grandezza del cuore. Gesù in un primo momento non ascolta la donna che chiede di essere aiutata, disperata come è di gestire una situazione impossibile come quella di una possessione diabolica. Poi l'ha ascolta e l'esaudisce, mettendo in risalto che la sua fede è grande. "Donna, grande è la tua fede". Quante volte Gesù nel suo ministero pubblico constatando la fede delle persone le guarisce e le esaudisce. Ma anche quante volte rimprovera proprio a chi gli sta più vicino, come i discepoli e gli apostoli, che la loro fede è fragile, è dubbiosa, non riconoscono in Cristo il Messia. Allora quando e come possiamo definire grande la nostra fede. Stando a questa lezione di vita, a questa catechesi di oggi fatta da Gesù stesso, la fede può classificarsi grande quando veramente la persona credente si affida totalmente nelle mani di Dio, riconosce in Gesù Cristo il salvatore. La professione della vera fede parte da Cristo ed approda a Cristo Redentore. La fede passa attraverso la richiesta di grazie e di interventi di Dio nella nostra vita. Questa mamma angosciata sa benissimo che lei e la sua figlia da sola non possono farcela nel liberarsi dalle forze del male che attanagliano la vita della sua giovane creatura. Incontra a Gesù che si era stabilito tra Tiro e Sidone, lei che era della Cananea, si rivolge a lui con parole di grande fiducia, riconoscendolo quale Egli è il Messia: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». La donna chiede perdono per se stessa, quasi a volersi colpevolizzare per quello che sta accadendo alla sua figlia, ma anche per chiede soccorso. Gesù non dà retta a questa prima istanza di aiuto. Poi subentrano gli apostoli che infastiditi dal fatto che grida e non vogliono che il maestro faccia brutta figura, gli chiedono di esaudirla, in modo che se la tolgono dai piedi. Le persone che chiedono con insistenza danno fastidio a tutti sulla terra, a Gesù no. Anzi sembra che il Signore voglia spingere questa donna a non fermarsi nel suo cammino di fede e fiducia in Dio al primo ostacolo. E così avviene. La donna replica la richiesta e lo fa con una maggiore enfasi e convinzione del cuore: «Signore, aiutami!». Anche in questa seconda richiesta di aiuto non arriva la risposta che la donna si attendeva. Anzi Gesù vuole fare risaltare che la sua missione è prima di tutto rivolta alla conversione di Israele. Alla terza domanda di aiuto, in cui ella pure si riconosce non appartenente al popolo eletto, chiede ugualmente quell'attenzione di Gesù al suo caso, a soddisfare la sua fame di serenità spirituale per se stessa e soprattutto per la sua figlia. E Gesù interviene e le dice con assoluta certezza: "Avvenga per te come desideri". La guarigione della figlia è immediata ed irreversibile, in quanto quando Cristo guarisce il cuore e la mente delle persone non fa per sempre, specie quando la fede è sincera e la volontà di camminare sulla via del bene è chiara e non ammette ripensamenti.
Grande lezione di vita e soprattutto un motivo in più per riflettere tutti su come è la nostra fede, come la sentiamo dentro di noi e come la manifestiamo e testimoniamo. Forse anche noi abbiamo bisogno di gridarla forte questa fede in Cristo, senza paura, senza timore di dare fastidio a Dio stesso o agli altri. Una fede grande che non deve assolutamente mettere in discussione la parola di Dio e quando Cristo ha rivelato e la chiesa ci ripropone nell'assoluta fedeltà al vangelo della gioia e della speranza cristiana.
Ce lo ricorda, senza mezze parole, il profeta Isaia nel brano della prima lettura di oggi, nel quale ci viene chiesto fedeltà, osservanza della legge di Dio, in particolare il giorno del Signore, e vita spirituale intensa e profondamente motivata per la conquista del cielo e non per la conquista della terra e delle cose del mondo. Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».
Entrare in questa dimensione spirituale e contemplativa della vita aiuta a far accrescere la fede. Questa si alimenta nell'ascolto e nella pratica attuazione della parola del Signore. Non può esserci fede vera e grande se non la si ancora alla preghiera, alla contemplazione del Dio vivente. Questa è prassi di ogni giorno, ma dovrebbe diventare un'esigenza imprescindibile soprattutto di Domenica, quando invece di onorare il giorno del Signore, lo dissacriamo in tanti modi e con tante forme di violenza, ingiustizie, guerre, odi e depravazioni morali di ogni genere.
La conversione del cuore e della vita dovrebbe riguardare tutti, partendo proprio da coloro che hanno avuto il dono della fede ed hanno avuto la possibilità di incontrare Cristo fin dai primi vagiti in questa vita. L'apostolo Paolo ce lo ricorda nel bellissimo brano della lettera ai Romani, la seconda lettura di questa domenica, con parole e accenti di speranza, perché la misericordia di Dio e per tutti e non solo per pochi eletti. La donna cananea del vangelo di oggi ci fa capire quando è infinita ed estesa la bontà di Dio che non ammette confini di popoli, razze, religiosi, condizioni personali, differenze sessuali e culturali, ma tutti, veramente tutti sono nella sua misericordia: "Fratelli, a voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti? Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch'essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch'essi ottengano misericordia.
Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!".
Come, allora non lasciarsi prendere per mano da Dio e farci accompagnare sulla via della vera vita? Diciamo con fede questa nostra preghiera domenicale che è di tutta l'assemblea eucaristica convocata in tutte le chiese cattoliche del mondo per elevare al Signore questa invocazione, insieme al Santo Padre, Papa Francesco che in questi giorni è in missione apostolica in estremo oriente e precisamente nelle due Coree, dove eleverà agli onori degli altari i tanti martiri cristiani che si sono avuti in questi luoghi di antica e recente evangelizzazione: "O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi in noi la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio".
Omelia di padre Antonio Rungi
La grandezza della fede: La donna cananea che «cambia» Gesù
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.
La straniera delle briciole, uno dei personaggi più simpatici del Vangelo, mette in scena lo strumento più potente per cambiare la vita: non idee e nozioni, ma l'incontro. Se noi cambiamo poco, nel corso dell'esistenza, è perché non sappiamo più incontrare o incontriamo male, senza accogliere il dono che l'altro ci porta.
Gesù era uomo di incontri, in ogni incontro realizzava una reciproca fecondazione, accendeva il cuore dell'altro e lui stesso e ne usciva trasformato, come qui. Una donna di un altro paese e di un'altra religione, in un certo senso, «converte» Gesù, gli fa cambiare mentalità, lo fa sconfinare da Israele, gli apre il cuore alla fame e al dolore di tutti i bambini, che siano d'Israele, di Tiro e Sidone, o di Gaza: la fame è uguale, il dolore è lo stesso, identico l'amore delle madri. No, dice a Gesù, tu non sei venuto per quelli di Israele, tu sei Pastore di tutto il dolore del mondo.
Anche i discepoli partecipano: Rispondile, così ci lascia in pace. Ma la posizione di Gesù è molto netta e brusca: io sono stato mandato solo per quelli della mia nazione, per la mia gente. La donna però non molla: aiutami! Gesù replica con una parola ancora più ruvida: Non si toglie il pane ai figli per gettarlo ai cani. I pagani, dai giudei, erano chiamati «cani». E qui arriva la risposta geniale della madre: è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. È la svolta del racconto. Questa immagine illumina Gesù. Nel regno di Dio, non ci sono figli e no, uomini e cani. Ma solo fame e figli da saziare, anche quelli che pregano un altro dio.
Donna, grande è la tua fede! Lei che non va al tempio, che prega un altro dio, per Gesù è donna di grande fede. La sua grande fede sta nel credere che nel cuore di Dio non ci sono figli e cani, che Lui prova dolore per il dolore di ogni bambino, che la sofferenza di un figlio conta più della sua religione. Non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che soffrono. Conosce Dio dal di dentro, lo sente all'unisono con il suo cuore di madre, lo sente pulsare nel profondo delle sue piaghe. E sa che Dio è felice quando vede una madre, qualsiasi madre, abbracciata felice alla carne della sua carne, finalmente guarita.
Avvenga per te come desideri. Gesù ribalta la domanda della madre, gliela restituisce: Sei tu e il tuo desiderio che comandate. La tua fede è come un grembo che partorisce il miracolo: avvenga come tu desideri.
Matura, in questo racconto, un sogno di mondo da far nostro: la terra come un'unica grande casa, una tavola ricca di pane, e intorno tanti figli. Una casa dove nessuno è disprezzato, nessuno ha più fame.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Se anche Dio "si converte"
È inusuale imbattersi in un Gesù scontroso tra le pagine del Vangelo. È addirittura improbabile avere a che fare con un Gesù sordo alle richieste e alle suppliche di chi si rivolge a lui per una necessità. Per questo, il triplice rifiuto da parte del Maestro di ascoltare la supplica di una povera donna Cananea che - come ci riferisce il Vangelo di oggi - si prostra dinnanzi a lui per chiedergli la guarigione della figlia indemoniata, ci appare come qualcosa di veramente spropositato, al punto che ci obbliga ad andare alla ricerca di una spiegazione plausibile tale da giustificare il comportamento di Gesù.
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Già questa è una prima svolta nell'apostolato di Gesù: fa una digressione ed entra in territorio straniero, per il momento rivolgendosi però ancora e solo alle pecore perdute della casa d'Israele. Non passerà più un'altra volta in territorio straniero: si tratta veramente di un'occasione più unica che rara. Cosa che scribi e farisei, in costante contatto con Gesù, non riuscivano a cogliere. Chi invece coglie l'urgenza del momento è una donna straniera, una cananea, che chiede a Gesù di manifestare la sua potenza guarendo sua figlia tormentata da un demonio.
Gesù, però, tira dritto per la sua strada, intento solo ad andare in cerca delle pecore perdute della casa d'Israele. Nemmeno un grido d'aiuto e un gesto di prostrazione della donna lo fermano: il cibo, il pane della Parola di Dio di cui vive l'uomo, è per i figli d'Israele, anche se essi dimostrano di non volerne sapere. Di certo non è per gli stranieri, per i "cani", come venivano chiamati dagli ebrei: non lo mangiano ora, lo mangeranno più tardi, ma non è affatto opportuno gettarlo ai cani.
Gesù pare determinato a tirare dritto. Sennonché, avviene quella che a ragione alcuni studiosi definiscono in maniera forte e suggestiva la "conversione", il cambiamento di rotta di Gesù. E questa conversione non è frutto di un'esplicita richiesta del Padre, e nemmeno risulta da un'opportuna consultazione con il gruppo dei discepoli (ai quali nemmeno fa caso, quando essi lo implorano di ascoltare): chi fa cambiare rotta a Gesù è una donna, straniera, che forse nemmeno sa come le saranno uscite quelle parole così forti e così astute, pronunciate riprendendo l'offensiva comparazione di Gesù ("i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni"). Di certo sa che si trova di fronte a un profeta, a un uomo potente in parole e opere. Sa per certo pure che lei è straniera, cioè fuori dal discorso della salvezza. Sa benissimo di appartenere ai "cani": ma non ha alcuna pretesa in senso contrario. Continuerà a rimanere un cane, una scomunicata, una fuori da tutte le opportunità di salvezza: nonostante ciò, anzi, forse proprio per questo, non chiede molto. Si accontenta delle briciole di pane che i figli dei padroni lasciano indietro. A lei poco importa che i figli dei padroni facciano avanzare ceste di pane o piccoli frammenti di cibo: lei sa che anche solo una briciola di quel pane di salvezza che è Cristo servirà a fare cose grandi nella sua vita.
È l'unica volta nel Vangelo in cui Gesù cambia idea, ed è l'unica volta nel Vangelo di Matteo nella quale, incurante della provenienza sociale e religiosa della donna, addita una straniera a modello di fede per il popolo dei credenti d'Israele. Gesù si lascia sconvolgere dalla fede di una donna "ufficialmente" non credente. Ma ciò che più sconvolge è che noi, suoi discepoli, nonostante il suo esempio, non siamo capaci di convertirci dalle nostre visioni legaliste, formaliste, regionaliste e tradizionaliste con le quali cataloghiamo Dio e i fratelli.
Quante volte, come i farisei, rinchiudiamo la fede in una serie di precetti, compiuti i quali ci sentiamo autorizzati a non fare più nulla, se non addirittura a tralasciare evidenti e necessarie opere di carità? Quante volte anche noi facciamo coincidere la fede con la messa domenicale e qualche altra occasionale "processioncina" o gesto si devozione? Quante volte anche noi giudichiamo coloro che sono fuori dalla comunione piena con la comunità dei credenti come dei "diversi", degli "indegni", dei "peccatori pubblici" e impediamo loro di accedere all'incontro con Cristo, con il quale magari anche noi qualche difficoltà di fede l'abbiamo? E ciò che più fa male, è che il più delle volte non accettiamo nemmeno di rivedere questa nostra ottusa mentalità, ritenendola giusta e secondo i "canoni" della religione e della tradizione!
Ma se anche Dio "si converte" di fronte ad una fede pura, vera, sincera nonostante la sua presunta irregolarità, chi siamo noi per evitare di ricrederci? Chi ci autorizza a pensare che chi è fuori dalla Chiesa vi deve rimanere sempre e comunque? Chi siamo noi per giudicare e condannare il cuore dell'uomo se nemmeno Gesù nostro Maestro si permette di farlo? Dio ci liberi dalla presunzione di credere in lui in maniera perfetta, inequivocabile e discriminatoria!
Omelia di don Alberto Brignoli
Liturgia e Liturgia della Parola della XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) 17 agosto 2914